Nell'ipotesi di “doppia conforme” prevista dall'art. 348-ter c.p.c., comma 5, il ricorrente in cassazione, per evitare l'inammissibilità del motivo di cui all'art. 360 c.p.c., n. 5, deve provare che le ragioni di fatto poste alla base della decisione di primo grado e quelle poste alla base della sentenza di rigetto dell'appello sono tra loro diverse.
Il Tribunale di Roma confermava quanto statuito dal Giudice di Pace in merito al rigetto dell'opposizione proposta dall'odierno ricorrente alla sanzione amministrativa a lui inflitta.
Lo stesso impugna la decisione mediante ricorso per cassazione.
Con l'ordinanza n. 19849 del 20 giugno 2022, la Suprema Corte dichiara inammissibile il ricorso e con...
Svolgimento del processo
1. E.S. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del Tribunale di Roma di conferma della sentenza del giudice di pace di rigetto di opposizione a sanzione amministrativa.
2. Roma Capitale si è costituita con controricorso.
3. Su proposta del relatore, ai sensi degli artt. 391-bis, comma 4, e 380-bis, commi 1 e 2, c.p.c., che ha ravvisato la manifesta inammissibilità o infondatezza del ricorso il Presidente ha fissato con decreto l'adunanza della Corte per la trattazione della controversia in camera di consiglio nell'osservanza delle citate disposizioni.
Motivi della decisione
1. Il Relatore ha avanzato la seguente proposta ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ.: «Con il primo motivo di appello il ricorrente deduce un error in procedendo del Tribunale che non avrebbe preso in esame i motivi di nullità della sentenza di primo grado. Il motivo è inammissibile perché il Tribunale ha esaminato nel merito le ragioni dell’opposizione e la dedotta nullità della sentenza di primo grado non poteva che portare ad un nuovo esame del merito non essendo tra le ipotesi tassative previste per la regressione del giudizio in primo grado.
Con il secondo motivo si deduce altro error in procedendo per aver deciso in ordine ad un motivo di impugnazione non sollevato dal ricorrente in relazione all’istituto della continuazione. Il motivo è parimenti inammissibile in quanto l’interpretazione dei motivi di opposizione è attività propria del giudice di merito che ha correttamente motivato in ordine all’art. 198 del cds.
Con il terzo motivo si censura l’omessa e illogica motivazione e l’omesso esame di un fatto decisivo.
Il motivo di ricorso ex art. 360, n. 5, c.p.c. non è ammissibile trattandosi di una sentenza di conferma della sentenza di primo grado».
2. Il Collegio condivide la proposta del Relatore. Deve aggiungersi, quanto al secondo motivo, che non vi è stata alcuna omissione di pronuncia in ordine alla esimente di cui all’art. 3 l. n. 689 del 1981 la cui sussistenza è stata espressamente esclusa.
Il terzo motivo relativo all’omesso esame di fatto decisivo ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., è inammissibile ex art. 348 ter c.p.c., vertendosi in ipotesi di “doppia conforme”.
Deve farsi applicazione del seguente principio di diritto: Nell’ipotesi di “doppia conforme” prevista dall’art. 348 ter c.p.c., comma 5, il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. 5528/2014), adempimento non svolto. Va invero ripetuto che ai sensi del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 2, le regole sulla pronuncia cd. doppia conforme si applicano ai giudizi di appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del citato decreto (id est, ai giudizi di appello introdotti dal giorno 11 settembre 2012). Ai sensi del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 3 la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 si applica alle sentenze pubblicate dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del decreto (id est, alle sentenze pubblicate dal giorno 11 settembre 2012).
3. La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate come da dispositivo.
4. Ricorrono i presupposti di cui all'art. 13 comma 1- quater D.P.R. n. 115/2002 per il raddoppio del versamento del contributo unificato, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore della parte controricorrente che liquida in euro 2000 oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell'art. 13 comma 1 -quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.