Nel caso di specie, anche se l'autorimessa si trovava sul lato opposto rispetto a quello in cui si trovava l'appartamento di proprietà della ricorrente, essa era comunque tenuta a contribuire alle spese per il consolidamento della struttura portante.
Una società conveniva in giudizio il Condominio presso il quale era proprietaria di un appartamento posizionato nel corpo sud, chiedendo l'annullamento della delibera assembleare con la quale erano stati ripartiti gli oneri condominiali in base ai millesimi generali in relazione ai lavori di consolidamento della struttura dei locali autorimessa. La società...
Svolgimento del processo
1.- La F.F.Im. – F.F. Immobiliare S.r.l. conveniva, davanti al Tribunale di Ravenna, il Condominio R.C. sito in Cervia, chiedendo: che fosse annullata la delibera assembleare del 15 giugno 2013, che aveva ripartito gli oneri condominiali in base ai millesimi generali quanto ai lavori di consolidamento della struttura dei locali autorimessa; che il Condominio fosse condannato ad effettuare la ripartizione delle spese tra i soli condòmini fruitori degli interventi edilizi realizzati.
Al riguardo, sosteneva: che era proprietaria di un appartamento posto nel corpo sud del fabbricato del Condominio C.; che l'assemblea condominiale del 30 settembre 2012 aveva deliberato i lavori di consolidamento statico del locale autorimessa del piano seminterrato per il ripristino e il recupero delle funzioni portanti del solaio, delle travi e dei pilastri in cemento armato; che l'assemblea aveva addebitato le spese dei predetti lavori a tutti i condòmini, in base ai rispettivi millesimi di comproprietà, a norma dell'art. 1117 c.c., trascurando che questi avevano interessato esclusivamente il corpo nord dell'edificio; che, pertanto, alcuna spesa avrebbe dovuto esserle imputata.
Si costituiva in giudizio il Condominio R.C., il quale resisteva alla domanda ed eccepiva la natura condominiale del locale autorimessa, come risultava dall'art. 2 del regolamento condominiale, che annoverava tra i beni comuni le strutture in cemento armato, tra cui rientravano anche quelle interessate dai lavori in questione.
Nel corso del giudizio era espletata una consulenza tecnica d'ufficio.
Il Tribunale adito, con sentenza n. 539/2016 del 5 maggio 2016, in accoglimento della domanda spiegata, annullava la delibera condominiale del 15 giugno 2013, con cui l'assemblea aveva posto le spese sostenute per i lavori di causa anche a carico della F.F.Im. S.r.l. e condannava il Condominio alla restituzione di quanto versato in esecuzione della delibera annullata.
In particolare, la pronuncia di prime cure evidenziava, sulla scorta dell'espletata consulenza tecnica d'ufficio, che le opere realizzate avevano apportato obiettiva utilità al solo corpo nord dell'edificio, dovendo quindi escludersi la natura di bene condominiale del locale autorimessa, ai sensi dell'art. 1117 c.c. e dell'art. 2 del regolamento condominiale, con l'effetto che la ripartizione delle spese doveva avvenire secondo le previsioni dell'art. 1123, terzo comma, c.c.
2.- Sul gravame interposto dal Condominio R.C., la Corte d'appello di Bologna, con la sentenza di cui in epigrafe, in totale riforma della pronuncia impugnata, accoglieva l'appello e, per l'effetto, rigettava la domanda di annullamento della delibera avanzata dalla F.F.Im., accertando la natura comune dei locali interessati dalle opere edili in oggetto e la conseguente obbligazione del condomino F.F.Im. per le spese relative.
A sostegno dell'adottata pronuncia la Corte territoriale rilevava: a) che, pur essendo l'appartamento della F.F.Im. allocato nel corpo sud del complesso, il rogito di acquisto della proprietà prevedeva il diritto di uso e godimento esclusivo di un posto macchina nel locale rimessa seminterrato, espressamente definito comune nella piantina che faceva parte integrante del rogito; b) che l'obbligazione, rispetto alle spese che il Condominio aveva sopportato per l'oggetto indicato, si basava sul diritto vantato dall'appellato sull'autorimessa; e) che la previsione del titolo della rimessa come parte comune era perfettamente coerente con il dettato dell'art. 1117 c.c., che includeva le aree destinate a parcheggio tra le parti comuni; d) che le opere realizzate avevano interessato il solaio che divideva l'autorimessa dal piano soprastante, sicché l'intervento posto in essere aveva riguardato una parte comune all'autorimessa; e) che le opere deliberate concernevano una parte comune, da cui la F.F.Im. traeva una specifica utilità, corrispondente al contenuto dei diritti che sull'autorimessa le attribuiva il titolo di acquisto, costituito dalla scrittura privata autenticata del 29 gennaio 1975; f) che nessun rilievo avevano le questioni tecniche relative alla natura strutturale dell'intervento realizzato.
3.- Avverso la sentenza d'appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, la F.F.Im. – F.F. Immobiliare S.r.l. Ha resistito con controricorso l'intimato Condominio R.C. in Cervia.
4.- Le parti hanno presentato memorie.
Motivi della decisione
1.- In ordine all'eccezione preliminare sollevata dal controricorrente, si rileva che l'attività di notificazione svolta dagli avvocati, ai sensi della legge n. 53/1994, in mancanza dei requisiti prescritti dalla legge stessa (nella specie, quello relativo alla previa autorizzazione del consiglio dell'ordine, difettando la produzione della relativa delibera), va considerata nulla e non inesistente. Ne consegue che tale nullità, quand'anche riscontrata, è sanata dalla rituale e tempestiva costituzione dell'intimato e, quindi, dall'accertato raggiungimento dello scopo della notificazione stessa (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 11466 del 15/06/2020; Sez. 2, Sentenza n. 5743 del 10/03/2011; Sez. 5, Sentenza n. 15081 del 05/08/2004).
2.- Passando all'esame delle doglianze sollevate, con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell'art. 345 c.p.c., per avere la Corte d'appello statuito sull'accertamento del diritto di proprietà comune, anche in capo alla F.F.Im., di una parte del locale rimessa seminterrato, nonostante che la domanda fosse stata proposta solo in sede di appello e / la sua novità fosse stata espressamente eccepita dalla appellata.
Sul punto, si deduce che, alla luce della comparazione tra le conclusioni rassegnate tra le parti nel giudizio di primo grado e nel giudizio di gravame, integralmente trascritte nel corpo del ricorso, sarebbe emersa la proposizione solo nel giudizio di impugnazione della domanda di accertamento della proprietà comune.
2.1.- La doglianza è infondata.
E ciò perché la verifica della contitolarità della proprietà sull'autorimessa costituiva condizione imprescindibile per valutare la legittimità della delibera impugnata sulla ripartizione delle spese relative ai lavori di consolidamento del solaio di tali locali.
La decisione sulla questione dipendente implicava dunque l'accertamento della questione pregiudiziale in senso tecnico-giuridico, ai sensi dell'art. 34 c.p.c.
Lo stesso ricorrente sostiene che aveva impugnato la delibera condominiale proprio sulla base dell'assunto che non fosse comproprietario dei locali seminterrati destinati ad autorimessa.
3.- Con il secondo motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 832 e 1021 c.c. nonché degli artt. 1362 e ss. c.c., per avere la Corte territoriale interpretato il contratto di acquisto della proprietà dell'appartamento in favore della ricorrente nel senso che spettasse ad essa la comproprietà sulla autorimessa, e ciò avendo riguardo all'espressione "condominiale e/o in comune", contenuta in una piantina che non era quella catastale.
Per converso, nella piantina catastale sarebbero stati esclusivamente delimitati e numerati i posti-auto in uso e godimento esclusivo e nella legenda del rogito del 29 gennaio 1975 sarebbe stata riportata la sola locuzione "Posti macchina in uso esclusivo alle ditte".
In ordine a tale aspetto, la ricorrente evidenzia che il mero diritto di uso e godimento deve essere nettamente distinto rispetto al riconoscimento del pieno diritto di proprietà sul bene.
3.1.- La doglianza è inammissibile.
Pur dovendo essere rimarcata la distinzione tra diritto di uso per il parcheggio su un'area pertinente ad un fabbricato e diritto di proprietà (Cass. Sez. U, Sentenza n. 28972 del 17/12/2020; Sez. 2, Sentenza n. 3115 del 01/04/1999; Sez. 2, Sentenza n. 12736 del 17/12/1997), nella specie la ricorrente non ha riportato, nella loro interezza, i brani dell'atto da cui poteva desumersi che fosse stato riconosciuto esclusivamente un mero diritto di uso e non già di comproprietà dell'autorimessa, sicché il motivo difetta del requisito della specificità.
A fronte di questa lacuna processuale, il controricorrente, nel corpo della memoria depositata ai sensi dell'art. 380-bis-1. c.p.c., ha dedotto che la scrittura privata autenticata del 29 gennaio 1975 espressamente prevedrebbe che la F.F.Im., unitamente all'appartamento, ha acquistato una quota corrispondente, pari a 203,05 millesimi, delle parti e cose comuni dell'edificio espressamente riportate, tra cui è indicata anche "l'area adibita a posti macchina nel piano seminterrato denunciata al N.C.E.U. di Cervia con scheda reg.ta il 15/6/1974 al n. (omissis)".
Senonché, rispetto a questa ricostruzione - e alle diverse versioni fornite dalle parti -, in mancanza della specifica trascrizione dei passi rilevanti a cura del ricorrente (e segnatamente della trascrizione di tutte le clausole individuatrici dell'effettiva volontà delle parti in ordine al riconoscimento del diritto reale spettante sull'autorimessa), al fine di consentire alla Corte di verificare l'erronea applicazione della disciplina normativa, la censura è inammissibile.
Occorre, all'uopo, precisare che l'interpretazione della volontà delle parti in relazione al contenuto di un contratto o di una qualsiasi clausola contrattuale importa indagini e valutazioni di fatto affidate al potere discrezionale del giudice di merito, non sindacabili in sede di legittimità ove non risultino violati i canoni normativi di ermeneutica contrattuale e non sussista un vizio nell'attività svolta dal giudice di merito, tale da influire sulla logicità, congruità e completezza della motivazione. Peraltro, quando il ricorrente censuri l'erronea interpretazione di clausole contrattuali da parte del giudice di merito, per il principio di autosufficienza del ricorso, ha l'onere di trascriverle integralmente, perché al giudice di legittimità è precluso l'esame degli atti per verificare la rilevanza e la fondatezza della censura (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 6735 del 08/03/2019; Sez. L, Sentenza n. 25728 del 15/11/2013; Sez. 3, Sentenza n. 2560 del 06/02/2007).
4.- Con il terzo motivo la ricorrente prospetta, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell'art. 1117 c.c. e degli artt. 1223 e 1225 c.c., per avere la Corte di merito trascurato di attribuire rilevanza al regolamento di condominio, predisposto dal costruttore dell'edificio e richiamato dal proprio atto di acquisto, le cui risultanze sarebbero state conformi alle planimetrie catastali e avrebbero dato atto che tra i beni comuni non vi è il locale autorimessa seminterrato, trattandosi invece di locale con uso limitato ad alcuni condòmini.
Il che avrebbe dovuto escludere che si rientrasse tra le parti comuni ai fini del riparto delle spese.
4.1.- Il motivo è infondato.
In primis, si rileva che anche le censure in ordine all'asserita errata lettura del regolamento di condominio sono generiche, in quanto non supportate dalla trascrizione dei punti in tesi trascurati dal giudice di merito. E ciò a fronte dello specifico rilievo del controricorrente secondo cui, ai sensi del combinato disposto degli artt. 2 e 23 del citato regolamento, le spese di mantenimento e conservazione degli elementi costituenti le strutture in cemento armato devono essere ripartite tra tutti i condòmini.
Pertanto, sulla scorta della esistenza di un diritto di comproprietà sui locali autorimessa - esistenza rimasta impregiudicata all'esito della dichiarazione di inammissibilità del motivo innanzi scrutinato -, anche la ricorrente era tenuta a concorrere alle spese relative ai lavori di consolidamento statico di tale bene posto al piano seminterrato, per il ripristino e il recupero delle funzioni portanti del solaio, delle travi e dei pilastri in cemento armato, secondo la ripartizione di cui alla delibera impugnata.
E ciò alla stregua del principio secondo cui, mentre vanno ripartite tra tutti i condòmini, in proporzione al valore della quota di ciascuno, le spese che attengano a parti dell'edificio comuni o ritenute tali in base a norma regolamentare e che adempiano, attraverso le opere poste in essere, ad una funzione di prevenzione di eventi che potrebbero interessare l'intero edificio condominiale, non così accade quando l'utilità riguardi la singola proprietà esclusiva e l'intervento non possa in alcun modo servire ad uno o più condòmini, non essendo gli stessi obbligati a contribuire alle spese relative (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 24166 del 08/09/2021; Sez. 2, Ordinanza n. 791 del 16/01/2020; Sez. 2, Sentenza n. 7077 del 22/06/1995; Sez. 2, Sentenza n. 5179 del 29/04/1992).
Nella specie, correttamente la Corte d'appello di Bologna ha ritenuto legittima la delibera condominiale che aveva posto a carico del condomino F.F.Im., quale proprietario esclusivo di un appartamento posto nel corpo sud del complesso edilizio, in quanto comproprietario anche dell'autorimessa posta nel seminterrato del corpo nord, le spese concernenti il consolidamento statico dell'autorimessa posta al piano seminterrato, stante la sussistenza di una specifica utilità, in ragione del titolo vantato sul bene, e del beneficio diretto ritratto.
Ed invero, le spese previste dall'art. 1123, primo comma, c.c. rientrano nella categoria delle obbligazioni propter rem, nelle quali il nesso immediato tra l'obbligo e la res non è modificato dalla interferenza di nessun elemento soggettivo. Di conseguenza, il quantum resta sempre commisurato alla proporzione espressa dalla quota che, per determinazione normativa, esprime la misura della appartenenza. Il contributo riflette, quindi, l'estensione dell'oggetto del diritto, da cui l'obbligazione ha origine, al cui pagamento nessun condomino può sottrarsi, neppure rinunziando alla comproprietà sulla cosa comune stessa (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8924 del 02/07/2001; Sez. 2, Sentenza n. 8292 del 19/06/2000).
L'art. 1123, secondo comma, c.c. soggiunge che la partecipazione a ciascuna spesa deve essere proporzionata al godimento che ogni condomino può trarre dalla cosa comune (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 11152 del 12/11/1997; Sez. 2, Sentenza n. 10214 del 20/11/1996).
L'obbligazione che si consacra nel concorso alle spese in relazione all'uso (non già in senso soggettivo, ma commisurato alla diversa misura della destinazione del bene ai condòmini), implica che il condomino non è tenuto a sopportare le spese relative alla cosa che in alcun modo, per ragioni strutturali o attinenti alla sua destinazione, possano arrecargli utilità.
L'obbligo di contribuire alle spese deve essere, in conseguenza, fondato sull'utilità che ad ogni singola proprietà esclusiva può derivare dalla cosa comune, sicché, se la cosa oggetto dell'intervento non può servire ad uno o più condòmini, non vi è obbligo di contribuire alle spese. Il criterio della ripartizione delle spese in relazione all'uso trova ulteriore regolamentazione nell'ipotesi di condominio parziale, configurabile ex lege tutte le volte in cui un bene risulti, per le sue obbiettive caratteristiche strutturali e funzionali, destinato oggettivamente al servizio e/o al godimento, in modo esclusivo, di una parte soltanto dell'edificio in condominio. In tal caso, i partecipanti al gruppo non hanno il diritto di partecipare all'assemblea relativamente alle cose di cui non hanno la titolarità e, conseguentemente, non concorrono alle spese se dalle cose indicate dall'art. 1117 c.c. (scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una parte del fabbricato) essi non traggano utilità, salva diversa attribuzione per titolo (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 791 del 16/01/2020; Sez. 2, Sentenza n. 8292 del 19/06/2000).
Nel caso in esame, facendo corretta applicazione dei principi innanzi esposti, la Corte di merito ha accertato che la F.F.Im. era comproprietaria dell'autorimessa sita nel piano seminterrato, rispetto alla quale è stato effettuato il consolidamento statico delle strutture portanti.
A tal fine non ha rilievo il fatto che, sulla scorta del titolo di comproprietà sul bene, sia stato concordato un criterio di godimento spaziale separato, in forza del quale alla F.F.Im. è stato assegnato l'uso dell'area corrispondente al posto I, non direttamente interessata dai lavori (attinenti, invece, alla parte di solaio posta in corrispondenza dei posti IV, V e VI). Resta fermo, infatti, che - nonostante tale criterio interno di godimento separato per aree - l'autorimessa è di proprietà comune.
Per l'effetto, anche la F.F.Im., in quanto comproprietaria della autorimessa, doveva concorrere nelle spese sostenute dal Condominio R.C. per il consolidamento statico di solai, travi e pilastri dei predetti locali.
E tanto in quanto dai lavori riguardanti i locali autorimessa la ricorrente ha tratto una specifica utilità, appunto perché attinenti alla garanzia di stabilità sulla comproprietà cui partecipa, al fine di rendere agibili i posti auto.
5.- In definitiva, il ricorso deve essere disatteso.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento - ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l'impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla refusione, in favore del controricorrente, delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 5.500,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.