La funzione dell'indennizzo è quella di compensare l'iniquità prodottasi mediante lo spostamento patrimoniale privo di giustificazione di fronte al diritto, sancendone la restituzione, e non di reintegrare il concreto ammontare del danno subito.
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
1. Con atto notificato in data 28/3/2001, Z. G. convenne dinnanzi al Tribunale di Mantova, sez. distaccata di Castiglione dello Stiviere, B. C., proponendo opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti per il corrispettivo dovuto per l'esecuzione della costruzione di una stalla.
Con la formulata opposizione, Z. eccepì la nullità del contratto perché l'opera era stata eseguita in assenza di concessione edilizia. Costituendosi, l'opposto B. rappresentò che la mancanza di concessione era nota all'opponente e giustificata dall'urgenza della realizzazione dell'opera a causa di un'alluvione e, in via subordinata, spiegò domanda di indennizzo per arricchimento senza causa ex art. 2041 cod.civ ..
Il Tribunale respinse l'opposizione con sentenza n. 36/2005 del 25/28-2-2005; la sentenza di rigetto fu confermata dalla Corte d'appello di Brescia n. 756/2016 del 9/8/2016 e in forza di questa sentenza, a seguito di pignoramento presso terzi, Z. G. versò a B. C., in data 15/5/2009, la somma di euro 51.088,33, comprensiva di sorte capitale, interessi e spese.
Avverso questa sentenza Z. G. propose ricorso per cassazione che questa Corte accolse con sentenza n. 21350/2014, ritenendo sussistente la nullità del contratto d'appalto dedotto in giudizio siccome relativo alla costruzione di un immobile in assenza di concessione edilizia e cassando la sentenza impugnata, con conseguente rinvio della causa ad altra sezione della Corte d'appello di Brescia.
Riassunto il giudizio da Z. G., la Seconda sezione della Corte d'appello di Brescia, con sentenza n.756 del 9/8/2016, ha revocato il decreto ingiuntivo n.45/2001 pronunciato dal Tribunale di Mantova nei confronti del ricorrente, ha dichiarato la nullità del contratto di appalto intercorso, ha condannato per l'effetto B. C. a restituire a Z. G. l'importo da quest'ultimo corrispostogli di euro 51.088,33, oltre interessi legali dal 15/5/2009 al soddisfo; quindi, in accoglimento della domanda subordinata di indennizzo per arricchimento senza causa formulata dall'appellato B., ha condannato Z. a pagare in favore di quest'ultimo la somma di euro 27. 702,75, oltre interessi legali sul capitale rivalutato di anno in anno, trattandosi di debito di valore, a far data dal 15/12/2000 per un totale pari, al 30/6/2016, di euro 47.003,47, oltre interessi sul capitale via via rivalutato fino all'effettivo soddisfo, con vittoria di spese.
Per quel che ancora rileva in questa sede, la Corte di rinvio ha quantificato l'indennizzo commisurandolo all'importo delle due fatture azionate in via monitoria per ottenere il pagamento del prezzo nella misura pattuita, aventi ad oggetto la fornitura e la posa in opera della struttura di ricovero per bovini che Z. aveva utilizzato e continuato ad utilizzare; ha sostenuto a riguardo, in particolare, che la diminuzione patrimoniale sofferta dall'imprenditore non consistesse soltanto nell'importo delle spese affrontate per effettuare le forniture, ma anche nel "mancato guadagno per utile d'impresa connesso alle prestazioni erogate" e ha ritenuto, conseguentemente, che questa diminuzione potesse "presumersi coincidente" con il prezzo fatturato e non riscosso, mentre il vantaggio conseguito dall'accipiens fosse corrispondente al prezzo della costruzione. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso Z. G. sulla base di due motivi a cui l'intimato B. C. nella qualità ha resistito con controricorso.
Z. ha depositato memoria ai sensi dell'art. 380-bis.1 c.p.c., con cui ha eccepito l'inammissibilità per tardività del controricorso e rinunciato al primo motivo del suo ricorso.
Anche il B. ha depositato memoria illustrativa.
2. Rileva, in via preliminare, il collegio che il controricorso è, in effetti, inammissibile perché notificato a mezzo pec al difensore del ricorrente oltre il termine stabilito nel disposto degli artt. 370 e 369 c.p.c. (venti giorni dalla scadenza del termine stabilito per il deposito del ricorso e, cioè, venti giorni dall'ultima notificazione), ovvero soltanto in data 6/3/2018, seppure il ricorso fosse stato notificato in data 18/7/2017.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente ha censurato l'impugnata sentenza per violazione dell'art. 183 VI comma c.p.c. nella formulazione vigente all'epoca dei fatti di causa in relazione all'art.360 n.4, insistendo per l'inammissibilità della domanda ex art. 2041 c.c. e lamentandone l'omesso rilievo d'ufficio.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente ha denunciato la violazione dell'art. 2041 c.c. in riferimento all'art.360 comma I n.3 c.p.c. per avere la Corte d'appello quantificato l'indennizzo in misura pari al prezzo fatturato, includendo così il lucro cessante invece escluso dalla consolidata giurisprudenza di legittimità dalla nozione di diminuzione patrimoniale indennizzabile.
3.1. Con memoria a sua sola firma, il difensore del ricorrente, senza specifico mandato, ha rinunciato al primo motivo di ricorso. Sulla fondatezza di tale mezzo, pertanto, questa Corte ritiene non sia più dovuta una decisione, dando seguito al principio per cui "la rinuncia ad uno o più motivi di ricorso - che rende superflua una decisione in ordine alla fondatezza o meno della relative censura - è efficace anche in mancanza della sottoscrizione della parte o del rilascio di uno specifico mandato al difensore, in quanto, implicando una valutazione tecnica in ordine alle più opportune modalità di esercizio della facoltà d'impugnazione e non comportando la disposizione del diritto in contesa, è rimessa alla discrezionalità del difensore stesso e resta perciò sottratta alla disciplina prevista all'art.
390 cod. proc. civ. per la rinuncia al ricorso" (cfr. da ultimo, Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 414 del 2021).
3.2. E' fondato il secondo motivo.
La Corte designata quale giudice di rinvio ha quantificato l'indennizzo in riferimento al prezzo fatturato con ciò considerando, oltre ai costi, l'intero profitto atteso dall'imprenditore appaltatore, riconoscendogli l'intero prezzo pattuito come riportato dalle fatture.
La scelta dei criteri di liquidazione non è condivisibile.
La nullità del contratto di appalto avente ad oggetto la costruzione di un'opera senza la prescritta concessione edilizia consegue all'illiceità dell'oggetto e scopo della sua previsione è proprio quello di reprimere e scoraggiare gli abusi edilizi.
Il contratto, pertanto, non può produrre alcun effetto sin dall'origine, perché il trasferimento dell'opera al committente - che si realizza con il suo completamento, in virtù di accessione, ex art. 934 c.c. - è invece impedito dalla mancanza di concessione al tempo della conclusione dei lavori, come accaduto nella fattispecie.
Ciò posto, la funzione dell'indennizzo per ingiustificato arricchimento è quella di "compensare l'iniquità prodottasi mediante lo spostamento patrimoniale privo di giustificazione di fronte al diritto, sancendone la restituzione" e non quella di reintegrare il concreto ammontare del danno subito, come previsto nell'azione risarcitoria.
Per giurisprudenza consolidata di questa Corte, sono estranei alla funzione dell'indennizzo I' "ottica redistributiva" e il fine di ripristinare l'equilibrio tra le prestazioni, perché il limite invalicabile dell'attribuzione compensativa è costituito dalla minor somma fra diminuzione patrimoniale (depauperatio) e arricchimento (ocupletatio).
L'esecutore di una prestazione in forza di un contratto invalido non può perciò pretendere, per compensare la diminuzione patrimoniale subita, di ottenere quanto avrebbe percepito a titolo di lucro cessante se il rapporto negoziale fosse stato valido ed efficace, perché l'esigenza restitutoria che fonda l'istituto comunque non può neutralizzare sostanzialmente l'invalidità originaria o sopravvenuta di quel rapporto. Non a caso, infatti, nell'art. 2042 c.c. è prospettato un "indennizzo" del "pregiudizio" per riparare lo squilibrio seguito all'ingiustificato spostamento patrimoniale, laddove nell'art. 2043 c.c. è previsto il "risarcimento del danno ingiusto" e, cioè, l'integrale reintegrazione della situazione patrimoniale alteratasi per effetto di un'illecita ingerenza (v. Sez. U, Sentenza n. 23385 del 11/09/2008).
Riconoscendo l'indennizzo nella misura del prezzo fatturato, la Corte ha violato questi principi, perché assicurando all'appaltatore il diritto ad ottenere il prezzo della sua controprestazione come convenzionalmente stabilito con il committente gli ha di fatto assicurato una corrispettività che, al contrario, il legislatore ha inteso escludere sia ritenendo illecita l'attività costruttiva in assenza di concessione, sia formulando l'indennizzo ex art. 2041 c.c. in funzione unicamente recuperatoria (v. ad es. Sez. 3 -, Ordinanza n. 20884 del 22/08/2018, Sez. 1, Sentenza n. 11446 del 2017).
4. Per questi motivi, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte d'appello di Brescia in diversa composizione che, nel conformarsi all'anzidetto principio di diritto, tenuto conto della locupletazione conseguita dal committente con l'impiego dell'opera e delle utilità economiche ricavatene, nonostante la precarietà del suo diritto dominicale sull'immobile abusivamente costruito, quantificherà anche in via equitativa l'indennizzo spettante all'appaltatore in riferimento alle utilità e valori già sussistenti nel suo patrimonio alla conclusione del contratto e poi perduti in conseguenza della realizzazione dell'opera e, perciò, in riferimento agli esborsi sostenuti quali costi dei materiali, della manodopera e della progettazione, nei limiti dell'arricchimento.
P.Q.M.
La Corte, preso atto della rinuncia al primo motivo di ricorso, accoglie il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata in riferimento al motivo accolto e rinvia alla Corte d'appello di Brescia in diversa composizione anche per le spese.