Fermo restando che il beneficio può essere accordato quando l'esecuzione dei colloqui in presenza è impossibile, le videochiamate non possono essere autorizzate in forza della normativa emergenziale poiché sono decadute le restrizioni legate al Covid-19.
Svolgimento del processo
1. Con ordinanza del 30 settembre 2021 il Tribunale di sorveglianza di Sassari ha respinto il reclamo proposto dal Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria avverso l'ordinanza del Magistrato di sorveglianza di Sassari in data 13 aprile 2021, con la quale era stato ordinato alla direzione della Casa circondariale di Sassari di consentire a D.P. (detenuto in regime ex art.41-bis Ord. pen., il quale aveva fatto istanza di svolgere i colloqui visivi tramite video-collegamento con i propri famigliari impossibilitati a viaggiare a causa della pandemia) di effettuare mediante video-chiamata il colloquio telefonico mensile, cui il medesimo ha diritto ai sensi del citato art. 41-bis, comma 2-quater, lett. b), mediante l'uso di piattaforma validata dalla D.G.S.I.A. e nel rispetto delle previsioni della circolare della Direzione generale detenuti e trattamento del 30 gennaio 2016 n.0031246.U e della circolare D.A.P. del 2 ottobre 2017 n.3676/6126.
2. Il Ministero della Giustizia, il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria e la direzione della Casa circondariale di Sassari - per mezzo dell'Avvocatura distrettuale dello Stato di Cagliari - propongono ricorso per cassazione avverso la citata ordinanza, chiedendone l'annullamento sulla base dei motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione a norma dell'art. 173disp. att. cod. proc. pen.
2.1. In particolare, i ricorrenti lamentano la violazione dell'art.41-bis, comma 2 quater, lett. b) Ord. pen. come interpretato dalla Corte di cassazione con la sentenza n.19826/2021, che ha stabilito il diritto del detenuto sottoposto al regime differenziato di potere effettuare il colloquio visivo tramite video collegamento, anche con familiari in libertà, laddove sussistano situazioni oggettive ed eccezionali che impediscano lo svolgimento del colloquio in presenza. Nel caso di specie, invece, si verte in materia di colloquio telefonico di talché il ragionamento svolto dal Magistrato di sorveglianze e confermato dal Tribunale di sorveglianza risulta ultroneo.
2.2. Inoltre, i ricorrenti evidenziano che la citata sentenza n.19826/2021 si riferisce alla impossibilità di svolgere i colloqui in presenza per situazioni impeditive oggettive ed eccezionali; nel caso in esame l'originario reclamo del detenuto era stato presentato il 20 marzo 2020 ed era fondato sul divieto di spostamento tra regioni imposto con la normativa derivante dalla pandemia da Sars 2-COVID 19. Poiché il predetto divieto di spostamento tra regioni è venuto meno con il d.l. n. 52/2021, nel caso in esame non sussiste l'impossibilità allo svolgimento del colloquio in presenza.
2.3. Con il ricorso si lamenta anche la falsa applicazione, da parte del Tribunale di sorveglianza, della circolare D.A.P. del 29 gennaio 2019 n.0031246U per avere ingiustificatamente esteso al contesto della detenzione del regime differenziato ex art.41-bis Orci. pen. le valutazioni dell'Amministrazione in ordine alla sicurezza della linea intranet a disposizione del Ministero della Giustizia riguardante invece i detenuti sottoposti al differente regime di media sicurezza.
2.4. Infine, i ricorrenti censurano l'ordinanza impugnata per violazione degli artt. 69, comma 6, lett. b), 1, 35-bis e 41-bis Orci. pen., 96 Cast., 5, I. n. 2248/1865 AII. E per non avere rilevato che il Magistrato di sorveglianza ha comunque ecceduto i limiti dei suoi poteri prevedendo - in caso di impossibilità per il congiunto di recarsi nell'istituto di pena prossimo al luogo di residenza, ove effettuare il video collegamento, a causa delle limitazioni agli spostamenti per la pandemia da COVID-19 - che del collegamento con il detenuto ristretto in regime differenziato debba farsi carico l'ufficio di polizia giudiziaria più vicino al luogo di residenza del congiunto.
Motivi della decisione
1. La Corte rileva che il ricorso è fondato per le ragioni di seguito indicate.
2. Occorre premettere che, secondo la giurisprudenza di legittimità, i colloqui visivi costituiscono un fondamentale diritto del detenuto alla vita familiare e al mantenimento di relazioni con i più stretti congiunti, riconosciuto da numerose disposizioni dell'ordinamento penitenziario, quali gli artt. 28 Orci. pen., secondo 3 cui «particolare cura è dedicata a mantenere, migliorare, o ristabilire le relazioni dei detenuti e degli internati con le famiglie»; 18, comma 3, che riconosce «particolare favore (...) ai colloqui con i familiari»; 1, comma 6, e 15 Orci. pen. (i quali collocano i colloqui nel trattamento, attribuendo loro rilevanza anche ai fini dell'attività di recupero e rieducazione del condannato); 61, comma 1, lett. a), e 73, comma 3, d.P.R. 30 giugno 2000, n. 230, il quale contempla il mantenimento del diritto ai colloqui con i familiari anche in caso di sottoposizione del detenuto alla sanzione disciplinare dell'isolamento con esclusione dalle attività in comune (cfr. Sez. 1, n. 7654 del 12/12/2014, dep. 2015, T., in motivazione; Sez. 1, n. 47326 del 29/11/2011, P., Rv. 251419; Sez. 1, n. 33032 del 18/4/2011, S., Rv. 250819; Sez. 1, n. 27344 del 28/5/2003, E., Rv. 225011; Sez. 1, n. 22573 del 15/5/2002, V., Rv. 221623; Sez. 1, n. 21291 del 3/5/2002, F., Rv. 221688). Un diritto, quello ai colloqui, che, peraltro, presenta un saldo radicamento sul piano costituzionale (cfr. gli artt. 29, 30 e 31 Cost. posti a tutela della famiglia e dei suoi componenti) e convenzionale (v. l'art. 8, Convenzione europea dei diritti dell'Uomo, il quale stabilisce che «ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare..». ), sicché le limitazioni all'esercizio di tale diritto devono essere previste dalla legge e devono essere giustificate da esigenze di pubblica sicurezza, di ordine pubblico e prevenzione dei reati, di protezione della salute, dei diritti e delle libertà altrui (così Sez. 1, n. 23819 del 22/6/2020, M., in motivazione).
2.1. Consegue alle considerazioni che precedono che il diritto ai colloqui è pacificamente riconosciuto anche ai ristretti sottoposti al regime differenziato dell'art. 41-bis Ord. pen., ai quali, nondimeno, si applicano disposizioni restrittive in relazione al numero di essi e alle relative modalità di svolgimento, senza che però possa impedirsi al detenuto di effettuarli. Infatti, ai sensi dell'art. 41-bis, comma 1-quater, lett. b), Ord. pen., il detenuto sottoposto al regime differenziato ha diritto a un colloquio al mese con i familiari e conviventi, da svolgersi in locali attrezzati in modo da impedire il passaggio di oggetti, con obbligo di controllo auditivo e di registrazione, previa autorizzazione dell'autorità giudiziaria competente. Inoltre, per chi non effettua colloqui è prevista, solo dopo i primi sei mesi di applicazione del regime differenziato, l'effettuazione di un colloquio telefonico mensile con i medesimi soggetti, della durata massima di 10 minuti, sottoposto anch'esso a registrazione e «comunque» a videoregistrazione.
Nel caso di specie, il Tribunale di sorveglianza ha confermato la decisione del Magistrato di sorveglianza, il quale a sua volta aveva disposto che il colloquio telefonico mensile fosse sostitutivo del colloquio visivo e che al medesimo dovesse essere applicata la disciplina dell'art. 16.2. della Circolare D.A.P. del 2 ottobre 2017, n. 3676/6126, con conseguente obbligo, ai sensi dell'art. 16.2, comma 4, di sottoporre la telefonata a registrazione e ascolto, nonché di effettuarla presso l'istituto penitenziario più vicino al luogo di residenza o di domicilio dei familiari destinatari della conversazione. E, una volta operata la surroga del colloquio telefonico rispetto a quello visivo, il Collegio ha ritenuto che la comunicazione dovesse avvenire nelle forme della videochiamata.
Sul punto, deve osservarsi che le modalità di svolgimento del colloquio rientrano in un ambito che appartiene certamente alle competenze dell'Amministrazione penitenziaria, chiamata a definire, attraverso disposizioni con cui si esplica la sua potestà organizzatoria, le concrete modalità di esercizio di quello che, come detto, si configura come un vero e proprio diritto, costituente estrinsecazione dell'ulteriore diritto, di ascendenza costituzionale, al mantenimento delle relazioni familiari, ai sensi degli artt. 29 Cost. e 28 Ord. pen. Potestà che, con riferimento ai detenuti sottoposti al regime dell'art. 41-bis Ord. pen., deve esplicarsi attraverso la considerazione delle peculiari esigenze sottese al regime differenziato, che impongono di adottare le cautele necessarie a impedire forme di indebita comunicazione con l'esterno, attraverso cui il detenuto intenda perpetuare una posizione operativa all'interno del sodalizio di appartenenza. Nondimeno, va ribadito che, secondo i principi affermati dalla Corte costituzionale, la disciplina più restrittiva prevista per i detenuti sottoposti al suddetto regime può ritenersi giustificata a condizione che le deroghe al regime ordinario siano strettamente connesse alle esigenze di ordine e di sicurezza e che esse siano non altrimenti gestibili, atteso che, ove le limitazioni non siano funzionali a tali esigenze, esse assumerebbero una portata puramente afflittiva, esulante dagli scopi che l'ordinamento attribuisce alla disciplina in questione (cfr. Corte cast., sentenza nn. 97 del 2020 e 351 del 1996; nonché Sez. 1, n. 43436 del 29/5/2019, G., in motivazione).
Ciò alla luce del principio che individua, nella congruità tra misura e scopo, una declinazione del principio di proporzione, in forza del quale la Corte europea dei diritti dell'Uomo richiede che le misure che incidono sulle libertà riconosciute dalla Convenzione EDU debbano, per poter essere considerate legittime, perseguire un fine legittimo; essere idonee rispetto all'obiettivo di tutela; risultare necessarie, non potendo essere disposte misure meno restrittive e parimente idonee al conseguimento dello scopo; non realizzare un sacrificio eccessivo del diritto compresso (così Sez. 1, n. 43436 del 29/5/2019, G., in motivazione).
3. Lungo la delineata cornice interpretativa, va evidenziato che questa Corte di legittimità ha recentemente affermato che il detenuto sottoposto a regime differenziato, ai sensi del citato art. 41-bis, può essere autorizzato a effettuare colloqui visivi con i familiari mediante forme di comunicazione audiovisiva controllabili a distanza, secondo modalità esecutive idonee ad assicurare il rispetto delle esigenze imposte dal citato regime, ove ricorrano situazioni di impossibilità o, comunque, di gravissima difficoltà rispetto all'esecuzione dei colloqui in presenza (così Cass. Sez. 1, n. 23819 del 22/6/2020, M., Rv. 279577; analoghi pronunciamenti si sono avuti, successivamente, tra le altre, con Sez. 1, n. 28614 del 20/5/2021, M, non massimata; Sez.,1, n. 32802 del 20/5/2021, N., non massimata; Sez. 1, n. 28615 del 20/5/2021, G., non massimata).
Nel caso di specie, il Tribunale di sorveglianza ha poi correttamente evidenziato come la videochiamata debba essere effettuata utilizzando le apparecchiature presenti nel carcere in cui il detenuto in regime ex art. 41-bis Ord. pen. si trova ristretto e quelle installate nell'istituto in cui dovrà essere presente il familiare che debba effettuare la video-chiamata; ciò che, ragionevolmente, consente di escludere la possibilità di veicolare messaggi occulti o impliciti, atteso che, diversamente opinando, dovrebbe pervenirsi a escludere anche il colloquio visivo, rispetto al quale ricorrerebbe un analogo rischio.
4. Ciò posto la Corte osserva però che - fermi restando i principi sopra richiamati - risulta fondata la censura relativa alla situazione emergenziale connessa alla diffusione della pandemia da Sars 2 Covid-19 e posta alla base del provvedimento impugnato. Invero, il colloquio in videochiamata è stato giustificato dalle esigenze fondanti la disciplina introdotta dal decreto legge 10 maggio 2020, n. 29, dettato per la gestione della cd. emergenza Sars 2 Covid- 19, che ha previsto la possibilità per i condannati, gli internati e gli imputati di svolgere «a distanza» colloqui con i congiunti, proprio per la impossibilità di effettuare i colloqui in presenza determinata dalla situazione pandemica. La situazione nel frattempo si è però modificata in quanto il divieto di spostamento tra regioni è venuto meno con il decreto legge n. 52/2021 (convertito dalla l. n. 87/2021) e quindi ormai è venuta meno anche l'impossibilità allo svolgimento del colloquio in presenza che era la ragione di carattere emergenziale che giustificava i colloqui in videochiamata oggetto della presente impugnazione.
Non è quindi possibile, proprio sulla base della giurisprudenza sopra indicata, autorizzare le videochiamate in forza della normativa emessa in ragione della situazione emergenziale legata alla pandemia considerato che, oramai, sono venute meno sia le limitazioni degli spostamenti tra diverse regioni ed in genere quasi tutte le restrizioni legate al Covid-19.
5. Alla luce delle assorbenti considerazioni che precedono, il ricorso deve essere accolto con il conseguente annullamento della ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Sassari.
P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Sorveglianza di Sassari.