In caso di domanda di conversione di un modello di utilità in brevetto, il giudice deve accertare se l'intento pratico perseguito dal richiedente possa essere realizzato dalla diversa privativa.
Il Tribunale di Torino dichiarava la nullità di un modello di utilità riguardante un sistema automatico di stabilizzazione per imbarcazioni.
In secondo grado, la Corte d'Appello respingeva l'impugnazione proposta, affermando tuttavia che il Tribunale aveva errato laddove aveva ritenuto sussistente ai fini della conversione del titolo nullo il...
Svolgimento del processo
La Corte d'appello di Torino con sentenza del 22 giugno 2017 ha respinto l'impugnazione avverso la decisione del Tribunale della stessa città del 16 giugno 2015, che, su domanda della R. Cantieri Navali s.p.a., aveva dichiarato la nullità del modello di utilità n. 272346, in titolarità della CMC Marine s.r.l., avente ad oggetto un sistema automatico di stabilizzazione per imbarcazioni, e respinto la domanda riconvenzionale, proposta dalla convenuta, volta all'accertamento della sussistenza nel modello di utilità predetto dei requisiti di validità per un corrispondente brevetto, disponendone la conversione ex art. 76 c.p.i..
La corte territoriale ha ritenuto, per quanto ora rileva, che - mentre non è stata censurata in appello la declaratoria di nullità del modello di utilità - ha errato il tribunale nel ritenere sussistente, al fine della conversione del titolo nullo, il requisito soggettivo ed insussistente quello oggettivo: al contrario, ai sensi della norma citata e dell'art. 1424 c.c., non può dirsi che l'elemento soggettivo fosse esistente. Infatti, la CMC Marine s.r.l. aveva, dapprima, depositato domanda di brevetto per invenzione italiana, e, poi, chiesto la conversione in modello di utilità, attese le obiezioni formulate nel corso della procedura di brevettazione avanti all'EPO: in tal modo palesando la precisa volontà di modifica della domanda in quella di modello di utilità; onde non si può più ipotizzare che, conoscendo la causa di nullità, essa avrebbe voluto il brevetto per invenzione.
Ha ritenuto assorbita ogni altra questione.
Avverso questa sentenza viene proposto ricorso per cassazione dalla soccombente, sulla base di due motivi.
Resiste con controricorso l'intimata. Le parti hanno depositato le memorie.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo, la ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 76, comma 3, e 84, comma 2, c.p.i., in quanto la corte territoriale ha ritenuto non sussistente il requisito soggettivo per la conversione del modello di utilità in brevetto di invenzione, a causa della primitiva istanza ex art. 84, comma 2, c.p.i., con la quale la società aveva chiesto trasformarsi la domanda di brevetto italiano in domanda per modello di utilità. Tale norma dispone che, se la domanda abbia ad oggetto un modello anziché un'invenzione o viceversa, l'ufficio italiano brevetti inviti l'interessato a modificarla: dunque, si tratta di un rilievo puramente tecnico, che nulla ha a che vedere con la volontà del richiedente, provenendo inoltre dall'ufficio e restando ad esso estranea, come invece non ha rilevato la corte d'appello, ogni volontà del richiedente di preferire il modello piuttosto che il brevetto. In tal modo, il giudice ha falsamente applicato le citate disposizioni, finendo per comportare l'inverosimile conclusione secondo cui chiunque proceda all'istanza di trasformazione ex art. 84, comma 2, c.p.i. non possa mai più servirsi della generale domanda di conversione ex art. 76, comma 3, c.p.i.; e ciò, sebbene sia evidente che la domanda di conversione derivi proprio dall'accertata erroneità della valutazione tecnica espressa nella domanda di privativa e che, dunque, la conversione del brevetto nullo in modello di utilità, o viceversa, resti possibile.
Con il secondo motivo, deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1362, 1424 c.c. e 76, comma 3, c.p.i., in quanto la corte del merito ha, in tal modo, omesso di operare l'accertamento effettivamente richiesto dalla norma in ordine alla volontà ipotetica del soggetto, in presenza di una causa di nullità del modello, atteso inoltre che la società aveva sempre richiesto una protezione per il suo impianto «sistema automatico di stabilizzazione anti-rollio per imbarcazioni», onde è contrario a ragionevolezza ritenere che essa non abbia voluto la più lunga tutela concessa dal brevetto. E la volontà oggettiva, manifestata dalla società sin dal momento del deposito della domanda, era proprio quella di ottenere un brevetto per invenzione.
2. I due motivi, entrambi volti a censurare la ritenuta insussistenza dell'elemento soggettivo ai fini della conversione del modello in brevetto di invenzione, ove ne abbia i requisiti, possono essere congiuntamente trattati e sono fondati.
2.1. L'erroneità della pronuncia impugnata deriva dalla commistione operata tra due autonome fattispecie.
L'art. 84, comma 2, c.p.i., in tema di procedimento brevettuale, prevede che, se la domanda «ha per oggetto un modello anziché un'invenzione o viceversa, l'Ufficio italiano brevetti e marchi invita l'interessato, assegnandogli un termine, a modificare la domanda stessa, la quale tuttavia ha effetto dalla data di presentazione originaria».
La disposizione esprime un principio di collaborazione dell'ufficio rispetto al richiedente, prevedendo la sollecitazione di quello, entro un termine all'uopo assegnato, a modificare la domanda, ogni volta che la stessa non sia dall'ufficio ritenuta correttamente proposta sul piano tecnico.
Invero, il trovato potrebbe, pur presentando il requisito della novità, difettare di sufficiente attività inventiva ed essere quindi insuscettibile di tutela quale brevetto per invenzione, ma, nel contempo, trovare invece tutela come modello di utilità in virtù di una sua originalità sul piano dell'efficacia e della comodità di impiego.
La norma prevede che, a garanzia del richiedente che si sia visto indirizzare verso una diversa privativa, l'effetto della domanda decorra sin dalla data originaria di presentazione.
Del tutto differente il disposto dell'art. 76 c.p.i., il quale disciplina il vizio di nullità del brevetto, al comma 3 disponendo: «Il brevetto nullo può produrre gli effetti di un diverso brevetto del quale contenga i requisiti di validità e che sarebbe stato voluto dal richiedente, qualora questi ne avesse conosciuto la nullità», regolando i particolari profili processuali.
Infatti, la norma prosegue nel senso che: «La domanda di conversione può essere proposta in ogni stato e grado del giudizio. La sentenza che accerta i requisiti per la validità del diverso brevetto dispone la conversione del brevetto nullo. Il titolare del brevetto convertito, entro sei mesi dal passaggio in giudicato della sentenza di conversione, presenta domanda di correzione del testo del brevetto. L'Ufficio, verificata la corrispondenza del testo alla sentenza, lo rende accessibile al pubblico».
Il principio esprime la regola di conservazione dei negozi giuridici per la sicurezza dei traffici (artt. 1367, 1424, 1444 c.c.), onde si applica anche ai modelli di utilità.
Più in particolare, la domanda di conversione del brevetto nullo, prevista dall'art. 76, comma 3, c.p.i., si introduce in conseguenza del vizio di nullità del brevetto, venendo proposta in connessione al giudizio di nullità ed all'accertamento giudiziale che di esso forma oggetto.
Non costituisce, pertanto, un criterio ermeneutico corretto il desumere dal mutamento della originaria istanza di brevettazione ex art. 84, come sollecitata dall'ufficio, la volontà contraria ad un recupero della privativa originariamente richiesta, ove si palesi la nullità del titolo così ottenuto.
Una simile conclusione si pone, del resto, in contrasto con la ratio della disposizione conservativa, sopra ricordata, che permette e favorisce la detta conversione; mentre la disposizione generale dell'art. 1424 c.c., dal medesimo fondamento, palesa come i requisiti «di sostanza e di forma» siano quelli introdotti dal legislatore per preservare i fini della riscontrata situazione di nulliti:11 a tutela degli interessi generali cui la reazione ordinamentale della nullità offre protezione, laddove il requisito della "volontà" si pone a tutela degli interessi di parte, pur incorsa nella predetta sanzione, che sollecita il giudice al relativo accertamento.
La tutela della volontà c.d. oggettiva dei contraenti, o della parte, è dunque il criterio guida che presiede al relativo accertamento, onde il giudice potrà escludere la sussistenza di qualsiasi contratto (o privativa) solo all'esito di una ricostruzione, secondo tutti i canoni della ermeneutica contrattuale, della portata della prima situazione dichiarata nulla.
Con riguardo all'istituto della conversione del negozio nullo, il quale richiede che risulti la manifestazione di volontà delle parti propria del negozio diverso, questa Corte ha già chiarito che, a tal fine, non occorre tuttavia l'accertamento della volante concreta delle parti di accettare il contratto trasformato per effetto della conversione, poiché ciò comporterebbe la coscienza della nullità dell'atto compiuto, esclusa per definizione dall'art. 14, comma 4 c.c.: «ciò che occorre è, invece, la considerazione dell'intento pratico perseguito, cosicché il contratto nullo può convertirsi in un altro contratto i cui effetti realizzino in tutto o in parte quell'intento» (Cass. 27 febbraio 2002, n. 2912).
Invero, si è già rilevato che la legge, nello stabilire che il contratto nullo possa produrre gli effetti di un contratto diverso, non intende vincolare la volontà delle parti, né comunque presumere che esse vogliano il negozio diverso per il solo fatto che gli effetti di questo non si discostano sostanzialmente da quelli specificamente perseguiti: ma vuole offrire la possibilità di argomentare dalle circostanze del caso e, soprattutto, dalle finalità perseguite dai contraenti elle, se avessero conosciuto la nullità del negozio concluso, avrebbero voluto il diverso negozio; consegue che l'identità dei requisiti di sostanza e forma tra negozio nullo e quello il quale lo si voglia convertire non esaurisce i requisiti in presenza dei quali la conversione può essere attuata, essendo necessario anche che risulti la manifestazione di volontà delle parti propria del negozio diverso (Cass. 1° agosto 2001, n. 10498).
Ancora, in ambiti vari, è sulla oggettiva finalizzazione di un contratto o di un atto allo scopo pratico ad essere evidenziata quale requisito richiesto in sede di conversione del negozio nullo (cfr., es., Cass. 9 maggio 2018, n. 11201; Cass. 16 marzo 2018, n. 6586).
Fermo dunque che occorre il c.d. elemento soggettivo, va ora ribadito che occorre considerare le finalità o intento pratico perseguito dal soggetto, con una nozione che si avvicina a quella di causa negoziale, quale funzione o scopo pratico-economico alla cui realizzazione il negozio è rivolto. Non si tratta, invece, del necessario accertamento della volontà concreta delle parti: al momento della sua proposizione, invero, questa viene manifestata con riguardo alla (necessaria) domanda di conversione del negozio, noto essendo che la conversione del negozio nullo non può essere disposta dal giudice d'ufficio (Cass., sez. un., 12 dicembre 2014, n. 26242).
La denunziata violazione delle norme menzionate, dunque, sussiste, dovendo ritenersi che la ricerca e la determinazione dell'intento pratico perseguito dalle parti non sia stata effettuata dalla corte territoriale nel rispetto dei criteri dettati da tali disposizioni.
2.3. Occorre, in conclusione, enunciare il seguente principio di diritto: «In caso di domanda di conversione di un modello di utilità in brevetto, del quale siano presenti i necessari requisiti, il giudice del merito, ai sensi dell'art. 76, comma 3, c.p.i., deve accertare se l'intento pratico perseguito dal richiedente possa essere realizzato dalla diversa privativa».
3. La sentenza impugnata va dunque cassata e la causa rinviata innanzi alla Corte d'appello di Torino, in diversa composizione, perché riesamini il materiale istruttorio e le domande delle parti, alla stregua del principio esposto. Ad essa si demanda anche la liquidazione delle spese di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa innanzi alla Corte d'appello di Torino, in diversa composizione, cui demanda anche la liquidazione delle spese di legittimità.