La clausola, inserita nelle fatture emesse per il pagamento di una fornitura commerciale, non può derogare al criterio che individua la giurisdizione in relazione al luogo di consegna materiale della merce in mancanza di un univoco accordo contrattuale sul punto.
Svolgimento del processo
1. Con ricorso del 2020 la F. s.p.a. chiedeva al Tribunale di Treviso emettersi decreto ingiuntivo per il pagamento della somma di euro 85.831,55 (iva compresa) nei confronti di E. Sales & Marketing (d'ora in poi solo "E."), a titolo di saldo di alcune fatture relative alla vendita di beni mobili eseguita con modalità "franco fabbrica", che erano stati prelevati presso la sede di essa società ricorrente nell'ambito del Circondario del predetto Tribunale da un vettore incaricato dalla società ingiunta per la consegna nel Regno Unito.
Il giudice adito emetteva il richiesto decreto monitorio (provvisoriamente esecutivo), che era opposto dalla suddetta società E. con atto di citazione notificato tempestivamente nel dicembre 2020, mediante il quale veniva eccepito, in via pregiudiziale, il difetto di giurisdizione del giudice italiano in favore di quello del Regno Unito, in conformità ed in coerenza con la previsione di cui all'art. 4 del Reg. UE n. 1215 del 2012, non risultando conclusa alcuna pattuizione idonea a derogare al criterio fattuale della determinazione della giurisdizione in relazione al luogo della destinazione finale della spedizione, identificantesi in quello di consegna materiale della merce (così dovendosi ritenere inapplicabile il criterio della "competenza speciale" contemplato dall'art. 7, paragrafo 1, dello stesso Reg. UE n. 1215/2012).
All'esito dell'udienza ex art. 183 c.p.c., in cui venivano concessi i termini di cui al suo comma 6, il giudice adito, con l'ordinanza mediante la quale scioglieva la riserva per l'adozione del provvedimento di cui all'art. 649 c.p.c., rilevata prima facie l'infondatezza dell'eccepito difetto di giurisdizione del giudice italiano, respingeva l'istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva dell'opposto decreto ingiuntivo.
All'esito di tale fase processuale e nella persistente pendenza del giudizio di opposizione, la società ingiunta E. ha proposto regolamento preventivo dinanzi a queste Sezioni unite per sentir dichiarare il difetto di giurisdizione del giudice italiano (in conformità alla suddetta eccezione pregiudiziale), basato su un unico complesso motivo.
Si è costituita con controricorso la F. s.p.a., con il quale ha chiesto il rigetto del proposto regolamento di giurisdizione.
Il P.G. ha depositato conclusioni scritte e le difese di entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell'art. 380-ter, comma 2, c.p.c. .
Motivi della decisione
1. Con il formulato motivo la società ricorrente, previa rappresentazione dell'ammissibilità del regolamento in ipotesi di preventiva adozione di un provvedimento ex art. 649 c.p.c. e dell'applicabilità ratione temporis del Reg. UE n. 1215/2012 nella vicenda dedotta in giudizio, ha denunciato la violazione dell'art. 4, paragrafo 1, del citato Regolamento e l'inapplicabilità alla controversia in questione della competenza speciale prevista dal già richiamato art. 7, paragrafo, 1, lett. b) del medesimo Regolamento per difetto e/o omessa dimostrazione dei relativi presupposti.
In particolare, la ricorrente - al fine di sostenere l'appartenenza della cognizione della causa alla giurisdizione del Regno Unito - ha inteso sottolineare che, nella vicenda contrattuale dedotta in giudizio, non solo difettava una pattuizione "chiara ed univoca" derogatoria del criterio riferibile alla destinazione finale della merce, ma era risultato inequivocabilmente che la stessa F. s.p.a. aveva da sempre indicato (negli ordini di acquisto, nelle conferme d'ordine, nelle fatture e nei CMR) il Regno Unito quale luogo relativo all'esecuzione finale e di consegna della merce da essa ricorrente acquistata.
Né - ha aggiunto la stessa E. - l'inserimento unilaterale (ovvero per iniziativa del solo venditore) della clausola "ex work"("', al pari dell'eventuale accettazione della clausola medesima da parte della compratrice, avrebbero potuto rappresentare elementi idonei a derogare al suddetto criterio fattuale ed economico.
2. Ritengono queste Sezioni unite che, in via preliminare, non può discutersi dell'ammissibilità del proposto regolamento preventivo ancorché formulato dopo l'adozione del provvedimento (non impugnabile, ma comunque modificabile e destinato ad essere superato dalla successiva sentenza) di cui all'art. 649 c.p.c. (previa valutazione incidentale della sussistenza della giurisdizione italiana, da ritenersi, quindi, non affermata con un provvedimento definitivo e, perciò, inidoneo al giudicato) da parte del Tribunale di Treviso investito dell'opposizione al decreto ingiuntivo, dovendosi rilevare che il rimedio di cui all'art. 41 c.p.c. risulta comunque azionato "in pendenza di giudizio" (cfr. Cass. SU nn. 10941/2007 e 10132/2012).
Ciò premesso, si rileva che il regolamento di giurisdizione è fondato, ragion per cui deve ritenersi insussistente la giurisdizione del giudice italiano nella citata controversia pendente dinanzi al Tribunale di Treviso, in favore di quella del Regno Unito.
È pacifico, innanzitutto, che - con riferimento alla causa di cui trattasi (incardinata nel 2020) - si applica, "ratione temporis", il Regolamento UE n. 1215/2012.
Orbene, secondo l'univoca giurisprudenza della Corte di Giustizia della UE (evocata anche in ricorso, con riferimento alla sentenza del 25 febbraio 2010, Car Trim, C-381/08 e alla sentenza 9 giugno 2011, E. Europe SA c. . Edil Centro s.p.a., C-87/10), al fine di verificare se il luogo di consegna sia determinato "in base al contratto", il giudice nazionale adito deve tenere conto di tutti i termini e di tutte le clausole rilevanti del contratto stesso che siano idonei ad identificare con certezza tale luogo, ivi compresi i termini e le clausole generalmente riconosciuti e sanciti dagli usi del commercio internazionale.
Pertanto, con riguardo alla fattispecie dedotta in giudizio e secondo la prospettazione dei suoi termini come rappresentata con il ricorso, si rendeva necessario verificare se potesse essere rinvenibile, dal contenuto complessivo del contratto commerciale intercorso tra le parti, una pattuizione idonea all'univoca individuazione del luogo di consegna, altrimenti operando - in difetto, per l'appunto, di una diversa convenzione - il criterio attributivo della giurisdizione - di cui all'art. 7, punto 1, lett. b), del Reg. UE n. 1215/2012 - in capo al giudice del luogo di esecuzione dell'obbligazione dedotta in giudizio, conformemente alla previsione del foro generale del convenuto individuata nell'art. 4 dello stesso Regolamento UE.
Al riguardo, si osserva che l'univoco orientamento della giurisprudenza di queste Sezioni unite (v. ord. SU n. 24279/2014; ord. SU n. 32362/2018; sent. SU n. 17566/2019 e, da ultimo, sent. SU n. 15891/2022) ha ritenuto che il riferimento alla dicitura (c.d. "incoterm") "ex works" (come indicata nello ; stesso ricorso per decreto ingiuntivo) unilateralmente inserita nelle fatture (come è noto costituenti documenti di formazione e provenienza unilaterali) emesse per il pagamento di una fornitura commerciale non può valere, di per sé, come derogativa del criterio di attribuzione giurisdizionale generale, in mancanza di un'espressa e chiara accettazione della clausola e, quindi, della formazione di un univoco accordo contrattuale sul punto, che, nel caso in questione, non si evince, non risultando desumibile - inequivocamente - nemmeno da tutti gli altri documenti prodotti in giudizio.
Del resto, l'inserimento della citata clausola "ex works" è, invero, finalizzato, di regola, a disciplinare l'aspetto del passaggio dei rischi e dei costi del trasporto successivo in capo all'acquirente ma non ad incidere sulla determinazione dell'attribuzione della giurisdizione.
Quindi, difettando - alla stregua delle svolte argomentazioni sorrette dalla precedente giurisprudenza di queste Sezioni unite - la prova univoca dell'esistenza di un accordo tra le parti circa il luogo di consegna della merce, deve trovare applicazione il criterio generale che individua tale luogo in quello in cui l'acquirente avrebbe conseguito "il potere di disporre effettivamente dei beni alla destinazione finale dell'operazione di vendita" e, quindi, nel caso di specie, presso la società ricorrente avente sede nel Regno Unito.
Oltretutto, il criterio del luogo della consegna materiale della merce oggetto del contratto rappresenta il criterio da preferire perché presenta un alto grado di prevedibilità e risponde ad un obiettivo di prossimità, in quanto garantisce l'esistenza di una stretta correlazione tra il contratto e il giudice chiamato a conoscerne, e ciò in quanto, in linea di principio, i beni che costituiscono l'oggetto del contratto devono trovarsi in tale luogo dopo l'esecuzione di tale contratto (a questo inquadramento è, del resto, ispirato anche il paragrafo 15 delle premesse del citato Reg. UE n. 1215/2012); né va trascurato il rilievo per cui l'obiettivo fondamentale di un contratto di compravendita di beni è il trasferimento degli stessi dal venditore all'acquirente, operazione che si conclude soltanto quando detti beni giungono alla loro destinazione finale (così la citata sent. della Corte Giust. 25 febbraio 2010, in causa C-381/08), non potendosi in senso contrario ricorrere all'applicazione, come criterio generale a i fini della individuazione del giudice munito di giurisdizione, del criterio di diritto sostanziale che determina il trasferimento del rischio e\o la liberazione del venditore con la consegna, come nella specie, dei beni compravenduti al vettore incaricato dalla società E., in quanto lo stesso non garantisce in pari modo le esigenze di semplificazione, uniformità e prevedibilità delle decisioni.
Alla stregua delle argomentazioni complessivamente svolte, il proposto regolamento preventivo di giurisdizione deve, quindi, essere accolto, con l'affermazione della sussistenza della giurisdizione del Regno Unito a conoscere della controversia in questione pendente fra le parti dinanzi al Tribunale di Treviso.
Il dichiarato del difetto di giurisdizione del giudice italiano che ha emanato il decreto monitorio implica la perdita, da parte dello stesso, della relativa "potestas iudicandi" e comporta, dunque, anche l'accoglimento, in rito, dell'opposizione e la caducazione per nullità dell'opposto decreto ingiuntivo.
A tal proposito, queste Sezioni unite (v. sent. n. 8166/1999 e, da ultimo, ord. n. 22433/2018) hanno, infatti, chiarito che, in tema di opposizione a decreto ingiuntivo, quando all'esito del regolamento preventivo di giurisdizione venga dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice nazionale, si determina una improseguibilità del giudizio di merito, in quanto il giudice italiano, pure avendo avuto il potere di adottare il provvedimento poi opposto, non ha più quello di decidere la relativa controversia, se non limitandosi a dichiarare la nullità dello stesso decreto monitorio.
Pertanto, con la presente statuizione dichiarativa del difetto di giurisdizione del giudice italiano, va, altresì, dichiarata la nullità dell'emesso decreto monitorio.
In conclusione, il ricorso deve essere accolto, con dichiarazione del difetto di giurisdizione dell'autorità giudiziaria italiana e con la revoca definitiva del / 1 decreto ingiuntivo opposto, per sua sopravvenuta nullità.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, sia in relazione alla causa di opposizione a decreto ingiuntivo, caducatosi con la / presente pronuncia, che in ordine al presente giudizio conseguente alla proposizione del regolamento preventivo.
P.Q.M.
La Corte, a Sezioni Unite, dichiara il difetto di giurisdizione del giudice italiano, appartenendo la stessa alla competente autorità giudiziaria del Regno Unito, e revoca il decreto ingiuntivo opposto.
Condanna la controricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio e di quelle del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, liquidandole, per il primo, in complessivi euro 6.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre contributo forfettario, iva e cpa nella misura e sulle voci come per legge, e, per il secondo, in complessivi euro 3.500,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre contributo forfettario, iva e cpa nella misura e sulle voci come per legge