L'adesione del singolo può avvenire con modalità spontanee e "aperte". Non è necessaria una specifica accettazione da parte del gruppo terroristico bensì è sufficiente che l'azione dell'adepto si innesti consapevolmente nella struttura organizzata.
Svolgimento del processo
1. Con sentenza del 17/3/2021 la Corte di Assise d'appello di Bari ha confermato la sentenza del 12/5/2020 del GUP del Tribunale in sede che, a seguito di giudizio abbreviato, aveva condannato I. O. M. alla pena di anni otto e mesi otto di reclusione per il delitto ex art. 270 bis cod. pen., perché ritenuto partecipe dell'associazione con finalità di terrorismo internazionale denominata D., in qualità di componente armato di quell'ala di tale gruppo terroristico di matrice jihadista operante nel Centro Africa (Capo A); e per gli ulteriori delitti, avvinti in continuazione, ex art. 302 cod. pen.: istigazione a commettere delitti contro la personalità internazionale e interna dello Stato (capo B), con finalità di terrorismo; delitto di cui all'art. 414, commi 3 e 4, cod. pen.: apologia di reato commessa attraverso strumenti informatici o telematici (capo C); delitto di tentate lesioni (capo D) aggravate da finalità di terrorismo e di odio religioso.
Fatti accertati in Bari e altri luoghi, quanto alla partecipazione associativa dal novembre 2016 con permanenza.
1.1. Riepilogati i caratteri distintivi del delitto ex art. 270 bis cod. pen., l'impugnata sentenza ha illustrato i tratti di concreta adesione dell'imputato all'associazione internazionale Daesh - Isis, pur connotata dalla non necessità di una esplicita accettazione del nuovo partecipe da parte del nucleo associativo centrale, né necessitante di una conoscenza diretta degli esponenti del Califfato, essendo sufficiente la dimostrazione di un "contatto operativo" dell'aderente, che si inserisca nella struttura a rete tipica di tale associazione, la quale consta di vari snodi ed articolazioni disseminati in vari Stati.
1.2. Si è dunque ritenuta provata tale partecipazione dell'I. in base ai contenuti di alcune intercettazioni telefoniche in cui l'imputato, conversando con vari interlocutori, affermava che gli attentati dovevano organizzarsi in modo da non colpire persone musulmane, dunque in luoghi con presenza di soli cristiani, individuando il giorno ideale nel 25 dicembre, ed informandosi su quale fosse la Chiesa cristiana più grande al mondo. La concretezza di tali propositi emergeva dalla telefonata del 9/12/2018, rivolta ad organizzare qualcosa per il successivo 27 dicembre, anche se l'interlocutore affermava di non avere ancora preparato niente. Da altre comunicazioni dell'I. emergevano le precauzioni che altri accoliti gli consigliavano di tenere, come il cambio del cellulare e la rarefazione dei contatti telefonici, accortezze che egli considerava e seguiva, a riprova della concreta partecipazione svolta in seno all'associazione, e della sua appartenenza alla M. N. Y.. Inoltre, era risultato che l'imputato aveva inviato la somma di cento dollari a Nairobi, in Kenia, in favore di A. A. H., per partecipare ad una raccolta di fondi per pagare la cauzione per un amico arrestato, somma ingente a fronte di un reddito lavorativo di appena 300 dollari mensili. Ancora, nella chat del 15/3/2017, I. aveva chiesto notizie sullo Stato Islamico in Siria ed aveva sollecitato l'interlocutore ad unirsi all'Isis, assicurando altresì che egli non avrebbe rivelato ai servizi segreti turchi di sostenere lo Stato islamico qualora lo avessero intercettato o fermato.
La pianificazione di attentati era confermata dalla visione di filmati dedicati alla preparazione di ordigni esplosivi, che l'imputato aveva rinvenuto nel c.d. deep web, in un portale interamente dedicato alla raccolta di materiali propagandistici dello Stato Islamico, al quale è possibile accedere soltanto mediante un broswer TOR, con chiave di accesso informatico riservata.
1.3. È stata confermata la condanna anche per i delitti sub capi B) e C), entrambi ritenuti non assorbiti dalla fattispecie associativa, poiché posti a garanzia di differenti oggettività giuridiche, riguardando il delitto ex art. 270 bis cod. pen. la tutela della personalità dello Stato, mentre l'istigazione a delinquere di cui all'art. 302 cod. pen. e l'apologia di reato ex art. 414, commi 3 e 4, cod. pen. la tutela dell'ordine pubblico. Per entrambi i delitti si è ravvisata la certa responsabilità dell'imputato, nel primo caso desunta dall'attività di indottrina mento svolta nei confronti di tale S. M., cittadino albanese, al quale I. aveva cercato di inculcare i precetti islamici per indurlo all'attivismo ideologico, con ricorso alla violenza e all'impiego della milizia combattente, il c.d. Jihad armato; nel secondo caso si è valorizzata la pubblicazione sul profilo FB dell'imputato delle fotografie di alcuni martiri - cioè autori di attentati, morti nel loro corso - in atteggiamento sorridente, c.d. "bassamat al farah", a significare che nella morte virtuosa essi avevano visto il Paradiso musulmano.
1.4. È stata confermata la responsabilità dell'imputato anche per le tentate lesioni per finalità di terrorismo in danno di un ignoto passante, al quale I. si era avvicinato armato di una bottiglia di vetro, senza riuscire a colpirlo poiché l'uomo era scappato gridando "aiuto", episodio accaduto a Bari, nei pressi della stazione ferroviaria, nelle festività natalizie tra il 2017 e il 2018.
1.5. Infine, è stata confermata l'aggravante della transnazionalità, prevista dall'art. 61 bis cod. pen., rilevando che detta aggravante può accedere a qualsiasi delitto (che risponda ai limiti edittali fissati dalla norma), alla cui commissione abbia contribuito un gruppo dedito ad attività criminali operante a livello internazionale. Infatti, l'imputato è originario della Somalia ed aveva collegamenti con altri soggetti aderenti all'Isis che si trovavano in Danimarca, Kenia e Somalia.
2. Avverso detta sentenza l'imputato ha proposto ricorso per cassazione a mezzo del difensore, avv. Vittorio Platì, avanzando dieci motivi di impugnazione.
2.1. Vizio di motivazione, ritenuta contraddittoria con riferimento al reato di cui all'art. 270 bis cod. pen.
Osserva il ricorrente che la Corte territoriale ha ritenuto la responsabilità dell'I. in ragione del contatto operativo, ancorché flessibile, con l'organizzazione, la quale aveva consapevolezza, anche se indiretta, della sua adesione, ma tale consapevolezza indiretta non si concilia con il necessario ruolo concreto nell'organigramma criminale, né si concilia con i principi dettati dalla esegesi di legittimità in ordine al rapporto biunivoco tra singolo e struttura.
2.2. Erronea applicazione di legge penale con riferimento all'art. 270 bis cod. pen. Il ricorrente censura il ragionamento seguito dalla Corte territoriale per ritenere la partecipazione associativa, in quanto violerebbe i principi regolatori della materia, nella parte in cui è necessario che la condotta del singolo si innesti nella struttura organizzata, e sia espressiva dell'assunzione di un ruolo concreto nell'organigramma, con la creazione di un effettivo contatto operativo, che costituisca un legame biunivoco consapevole tra la struttura ed il singolo.
L'impugnata sentenza ha invece erroneamente teorizzato la sufficienza di un contatto operativo "flessibile" con l'organizzazione, e la consapevolezza "indiretta" o mediata dall'uso di strumenti informatici dell'adesione dell'imputato, così violando i canoni fissati dall'esegesi di legittimità per individuare un'adesione associativa che sia rispettosa del principio di materialità della condotta e non attribuisca rilevanza penale a meri atteggiamenti interiori o a condotte passive di informazione tramite web.
2.3. Ulteriore profilo di violazione di legge, riferito all'individuazione del delitto ex art. 270 bis in rapporto all'art. 115 cod. pen., si rileva nella valorizzazione del proposito dell'imputato di mettere bombe in tutte le chiese, nonché del proposito di recarsi in Siria, intenzioni che non potrebbero ritenersi rilevanti in mancanza di successivi atti idonei: invero, il mero proposito rileva solo se accompagnato dalla idoneità dell'associazione o del singolo a portare a compi mento atti di violenza. Erroneamente la Corte territoriale avrebbe ritenuto che dal contenuto intercettivo emergesse la concretezza dei propositi dell'I., essendo mancato il passaggio intermedio che - anche in un reato di pericolo presunto come quello in discorso - è necessario per adeguarsi al principio di necessaria offensività della condotta, cioè la predisposizione di mezzi idonei che siano potenzialmente in grado di concretizzare il proposito del compimento di atti di violenza connotati da finalità di terrorismo o di eversione.
2.4. Violazione di legge per erronea applicazione dell'aggravante ex art. 61 bis cod. pen. L'impugnata sentenza ha individuato detta aggravante confondendo il contributo di un gruppo criminale transnazionale con l'operatività transfrontaliera del gruppo; inoltre ha impropriamente valorizzato la provenienza dell'imputato dalla Somalia e la consultazione di siti dello Stato islamico al fine di realizzare i propositi di attentati a Roma.
La corretta interpretazione dell'aggravante ex art. 61 bis cod. pen. Risiede invece nella considerazione del contributo alla commissione del reato da parte di un gruppo transnazionale, a prescindere dalla provenienza territoriale dei partecipi, e tale contributo deve apprezzarsi in termini di concorso nel reato, secondo i criteri dell'art. 110 cod. pen.
2.5. Vizio di motivazione, ritenuta mancante in relazione agli artt. 270 bis e 270 sexies cod. pen., per essere stata omessa la trattazione dell'elemento soggettivo del reato, con riguardo al contenuto specificante dell'art. 270 sexies cod. pen., che ha chiarito che la finalità terroristica deve esplicarsi in un grave danno a carico di un Paese o di una istituzione internazionale.
2.6. Violazione di legge in relazione al reato di cui all'art. 302 cod. pen.
Afferma il ricorrente che la Corte territoriale non ha valutato la idoneità istigatoria delle condotte dell'imputato nei confronti di S. M., onde verificarne la capacità di determinare il rischio, non teorico ma effettivo, di indurre costui alla consumazione di reati lesivi di interessi omologhi, cioè diretti contro la personalità dello Stato.
2.7. Vizio di motivazione, mancante sul punto dell'aggravante del nesso teleologico ex art. 61, n. 2, cod. pen.
2.8. Violazione di legge con riguardo al delitto ex art. 414, comma terzo, cod. pen. La motivazione per cui si è ritenuto sussistente tale reato è fondata esclusivamente sull'avere l'imputato postato sulla piattaforma Face-book alcune fotografie ritraenti miliziani sorridenti, ormai deceduti, e materiale propagandi stico riguardante lo Stato islamico. Ma, a prescindere dalla inconferenza di tale attività ad integrare il reato in questione, non si è motivata la idoneità di tale condotta a produrre il pericolo - non teorico ma effettivo - che altri possano commettere reati analoghi a quelli di cui si opera l'apologia.
2.9. In stretta connessione con il motivo precedente, è stata denunciata la mancanza di motivazione relativa all'aggravante del nesso teleologico ex art. 61 n. 2 cod. pen., anche se lo sviluppo del motivo ha invece, ancora una volta, richiamato l'impossibilità che il reato istigatorio o apologetico sia integrato dalla sola pubblicazione di notizie riguardanti lo Stato Islamico, senza nemmeno riferirne il contenuto onde verificarne la natura delittuosa.
2.10. Violazione di legge con riferimento al reato di tentate lesioni aggravate ai sensi dell'art. 604 ter cod. pen., in quanto nella specie potrebbe al più trattarsi di una condotta di minaccia. Ma anche in ordine alla ritenuta sussistenza delle tentate lesioni, non vi è stata adeguata analisi con riferimento al criterio ordinariamente usato per il delitto tentato, della prognosi postuma con valutazione ex ante della idoneità degli atti; nemmeno è stata delineata la sussistenza dell'aggravante della finalità di terrorismo e odio religioso, avendo la Corte territoriale limitato la motivazione al rilievo che in altri casi le aggressioni per detti fini erano state commesse con mezzi rudimentali.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è complessivamente infondato, ad eccezione dell'ultimo motivo, nei termini che seguiranno.
1.1. I primi tre motivi si esaminano congiuntamente, trattandosi di rilievi che sollevano criticità in ordine alla possibilità di configurare nei confronti dell'I. la contestata fattispecie del delitto ex art. 270 bis cod. pen., alla luce dei principi generali di materialità e necessaria offensività della condotta, che si assumono violati nel caso in esame.
1.2. È noto che le associazioni con finalità di terrorismo internazionale, specie quelle di matrice islamista e jihadista come nel caso in esame, presentano una struttura peculiare rispetto alle organizzazioni criminali e terroristiche interne, composte da persone, mezzi e luoghi di incontro, essendo caratterizzate da un'adesione aperta, anche se non indiscriminata, di regola realizzata con modalità informatizzata su base planetaria, propugnando la diffusione del credo religioso e politico attraverso cellule "figlie" che, aderendo al programma, svolgono, sia pure attraverso un rapporto del tutto smaterializzato con l'organizzazione "madre", un ruolo strumentale per la realizzazione del fine criminoso, da un lato consentendo la più efficace forma di proselitismo e dall'altro fornendo supporti didattici operativi (quali, ad esempio, l'individuazione di obiettivi sensibili, i modi di utilizzazione di bombe ed esplosivi, i suggerimenti per rendere alto e credibile il rischio di attentati) per la realizzazione delle finalità criminose dell'organizzazione.
In tali termini hanno descritto il fenomeno associativo terroristico di matrice islamista svariati arresti di legittimità (Sez. 2, n. 7808 del 04/12/2019, dep. 2020, El Khalfi, Rv. 278680; Sez. 2, n. 14704 del 22/04/2020, Bekaj, Rv. 279408), evidenziando altresì che la spiccata pericolosità di tali organizzazioni trova causa nella loro fluidità strutturale: non richiedono forme particolari per l'assunzione del ruolo partecipativo, non si qualificano per articolazioni organiz zative statiche ma, facendo leva sull'intensità della cifra ideologica, possono reclutare adepti anche soltanto incitando alla jihad, da realizzare non già attraverso una pianificazione centralizzata di atti violenti ma per mezzo di scelte autonome del singolo quanto all'individuazione del luogo e degli strumenti di commissione del fatto e alle vittime da colpire, qualificate soltanto dall'essere infedeli, miscredenti, e quindi non aderenti a un determinato credo religioso (Sez. 1, n. 51654 del 09/10/2018, Rahman, Rv. 274985). E coerentemente a tale modello strutturale, che si è definito "polverizzato", è stata analizzata la peculiare modalità di adesione del partecipe, desumibile da concrete condotte sintomatiche della condivisione ideologica delle finalità dell'associazione, in cui si sostanzia la messa a disposizione del singolo verso il gruppo criminale e si struttura il relativo rapporto. Così, si è affermato che l'adesione ad un'associa zione di matrice jihadista può avvenire con modalità spontaneistiche e "aperte", non implicanti una formale accettazione da parte del gruppo terroristico, ma volte ad includere progressivamente il partecipe, attraverso contatti con i livelli intermedi o le propaggini finali, anche mediatamente e flebilmente riconducibili alla "casa madre", purché idonei a dare una qualche consapevolezza, anche indiretta, della sua adesione (Sez. 5, n. 8891 del 18/12/2020, dep. 2021, Lutumba, Rv. 280750; Sez. 5, n. 50189 del 13/07/2017, Bekaj e altri, Rv. 271647; per un'applicazione in fase cautelare: Sez. 6, n. 40348 del 23/02/2018, Affii, Rv. 274217 - 01). In tale prospettiva, si sono ritenuti rilevanti i propositi di partire per combattere gli "infedeli", la dichiarata vocazione al martirio e l'opera di indottrinamento, a condizione che l'azione del singolo si innesti nella struttura organizzata, ovverossia che esista un contatto operativo, anche flessibile, ma concreto tra il singolo e l'organizzazione che, in tal modo, abbia consapevolezza, anche indiretta, dell'adesione da parte del soggetto agente. A garanzia della rispondenza di tale modello partecipativo ai principi generali di materialità e necessaria offensività delle condotte penalmente rilevanti, si è richiesto che la condotta di partecipazione consista in un rapporto di stabile e organica compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio, tale da implicare, più che uno "status" di appartenenza, un ruolo dinamico e funzionale, in attuazione del quale l'interessato "prende parte" al fenomeno associativo, rimanendo a disposizione dell'ente per il perseguimento dei comuni fini criminosi (Sez. 2, n. 25452 del 21/02/2017, Beniamino e altri, Rv. 270171: in motivazione, la Corte ha osservato che l'affermazione di penale responsabilità dell'agente a titolo di partecipazione presuppone la dimostrazione dell'effettivo inserimento del mede simo nella struttura organizzata attraverso condotte univocamente sintomatiche, le quali possono consistere, oltreché nell'assunzione di un ruolo concreto nell'organigramma criminale, anche nello svolgimento di attività preparatorie rispetto all'esecuzione del programma).
1.3. Alla luce di tali direttive, tratte dall'elaborazione esegetica di questa Corte, deve essere valutata la significatività del materiale probatorio che le concordi sentenze di merito hanno accertato e valorizzato a carico di I. O. M.. Pertanto, è necessario ricapitolare i punti salienti ivi riportati a fondamento dell'affermazione di responsabilità per il delitto di associazione con finalità di terrorismo anche internazionale.
Nel compendio probatorio, oltre a contatti informatici con utenti della rete aderenti all'ideologia jihadista dell'Isis, rilevano le intercettazioni in cui l'imputato parla con ignoti interlocutori a proposito di attentati contro gli infedeli, da effettuarsi in modo da non coinvolgere persone musulmane; all'uopo era indicato opportunamente il giorno di Natale nelle chiese italiane, progettando di colpire la più grande di Roma, individuata - previa consultazione informatica, nei giorni 2 e 4 dicembre - nella Basilica di San Pietro, e preconizzando che tutte le chiese sarebbero diventate moschee; nel progr. 977 del 9/12/2018 I. diceva all'interlocutore che c'era ancora un po' di tempo (fino al 27 dicembre), ma quello rispondeva che non aveva ancora preparato niente, senza smorzare i propositi dell'imputato, che ribatteva che sarebbe andato tutto bene.
Vi sono poi i consigli di tale A. per le sorti dell'I., al quale il primo consigliava di cambiare casa e di fare attenzione all'uso del cellulare, di non contattare le persone per sette/otto mesi: dopo un paio di giorni, l'imputato effettivamente cambiava utenza telefonica e account di posta elettronica.
Inoltre, I. mandava 100 dollari in Kenia in favore di A. A. H. per concorrere alla colletta per liberare un soggetto ivi arrestato.
Nella chat messenger accessoria al profilo FaceBook dell'I. vi erano comunicazioni intercorse con Mohamed El Shami, appartenente ad un gruppo terroristico frangia di Al Quaeda in Siria, al quale l'imputato diceva di volersi recare in Siria. In una telefonata di novembre 2018 auspicava che gli attentatori degli Stati Uniti del 2001 fossero considerati martiri; a dicembre 2018 commentava l'attentato terroristico di Strasburgo avvenuto il giorno prima; I. si riconosceva in una fotografia - contrassegnata in un angolo dalla bandiera di Daesh - raffigurante due ragazzi di spalle, armati di fucile mitra gliatore, parlando con un interlocutore danese, che sarebbe stato l'altro soggetto raffigurato nella fotografia.
Infine, tramite la rete TOR, riservata alla raccolta di materiale jihadista, I. consultava siti di propaganda Isis utilizzati anche per la raccolta di fondi da destinare all'organizzazione, accedendovi mediante credenziali riservate; consultava anche siti reperiti nel cosiddetto deep web, per apprendere la preparazione di ordigni esplosivi.
La notizia dell'arresto dell'I., avvenuto il 13/12/2018, era stata pubblicata nell'edizione n. 161 del 22/12/2018 dal giornale di propaganda dello Stato islamico "AI-Naba", che ordinariamente rivendica ogni attentato terroristico nel mondo riconducibile agli obiettivi perseguiti dall'organizzazione.
Questi elementi di prova sono stati correttamente interpretati in senso indicativo dell'adesione concreta dell'imputato alla struttura madre D., preliminarmente rilevando che il carattere terroristico di tale associazione - denominata anche Stato islamico - è stato asseverato dalle risoluzioni dell'Organizzazione delle Nazioni Unite n. 2170 e n. 2178 del 2014 (la seconda volta a contrastare il fenomeno dei "combattenti terroristi stranieri" - foreign terrorist fighters), riconoscimento vincolante nel nostro ordinamento per effetto del recepimento legislativo delle fonti sovranazionali ed in virtù dell'obbligo di conformazione prescritto dall'art. 10 della Costituzione.
Né può dubitarsi della sussistenza del rapporto "biunivoco" tra l'imputato e l'organizzazione madre, come attesta la pubblicazione della notizia dell'arresto dell'I. sulla rivista propagandistica jihadista "AI-Naba", elemento che è stato ritenuto avvalorare la consapevolezza dell'organizzazione dell'affiliazione e dell'operatività del suo adepto (vds. sentenza di primo grado, pag. 6). Invero, non va trascurato che la fattispecie associativa ex art. 270 bis cod. pen. è un reato di pericolo presunto, e che l'adesione all'Isis avviene anche in forme individuali, per rispondere ad una precisa "chiamata alle armi" dei dirigenti dell'organizzazione che, proprio attraverso i media presenti nella rete internet, sollecitano i militanti sparsi nel modo a compiere atti di uccisione dei "crociati" (cristiani), considerati missioni virtuose di martirio: ciò è stato pure evidenziato nell'impugnata sentenza, a pag. 25-26, dove si dà atto che I. si era collegato a siti web in cui erano fruibili filè audio inneggianti al martirio in onore di Allah, nonché imperniati su tematiche di terrorismo jihadista, tra i quali quelli del portavoce dell'Isis Abu Mohammad AI-Adnani, ucciso il 30/8/2016, che per l'appunto incitava i fedeli in tal senso. Sull'onda di tali sollecitazioni, I. comunicava con Mohamed El Shami, manifestandogli la volontà di recarsi in Siria, destinazione elettiva dei combattenti jihadisti, assicurando che in caso di cattura non avrebbe rivelato ai servizi segreti turchi di essere un sostenitore dello Stato islamico.
Deve condividersi dunque l'inquadramento dell'azione di I. nella contestazione associativa in discorso, respingendo le suggestioni difensive dirette a classificare le elencate azioni come meri atteggiamenti interiori o condotte passive di informazione tramite web. Al contrario, entrambe le sentenze di merito, con valutazione logica e congrua, hanno rilevato che l'imputato, indottrinato dalle fonti informative jihadiste alle quali accedeva tramite codici riservati - ulteriore riprova di stretti rapporti con l'organizzazione madre - stava passando all'azione, all'uopo consultando i siti di apprendimento della costru- zione di ordigni esplosivi e con individuazione di obiettivi terroristici di facile approccio, come le chiese cristiane, in specie la Basilica di San Pietro.
Non risulta dunque integrata alcuna violazione dei principi di materialità e necessaria offensività della condotta, essendosi i giudici di merito mantenuti scrupolosamente nei confini giurisprudenziali che si sono richiamati, con precisa descrizione degli atti compiuti dall'I. intesi a contribuire all'azione dell'organizzazione terroristica madre, in un rapporto di fidelizzazione intrapreso volontariamente e mantenuto nel corso del tempo, del quale il processo ha offerto numerose evidenze.
2. È parimenti infondato il motivo di impugnazione relativo alla erronea applicazione dell'aggravante ex art. 61 bis cod. pen.
Deduce il ricorrente che i giudici hanno confuso il contributo di un gruppo criminale transnazionale con l'operatività transfrontaliera del gruppo, e che è stata impropriamente valorizzata la provenienza dell'imputato dalla Somalia e la consultazione di siti dello Stato islamico al fine di realizzare i propositi di attentati a Roma; ma si tratta di critiche che non colgono nel segno.
Va premesso che, in termini generali, la speciale circostanza aggravante della transnazionalità, prevista dall'art. 4 della legge 16 marzo 2006, n. 146 (oggi art. 61-bis cod. pen.), presuppone che la commissione di un qualsiasi reato in ambito nazionale, purché punito con la reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni, sia stata determinata o anche solo agevolata, in tutto o in parte, dall'apporto di un gruppo criminale organizzato, impegnato in attività illecite in più di uno Stato (Sez. U, n. 18374 del 31/01/2013, Adami e altro, Rv. 255033).
Con riguardo al caso in esame, l'aggravante de qua è stata correttamente applicata. Assodato che essa può accedere a qualsiasi delitto, purché questo assuma, per connotati soggettivi od oggettivi, un carattere che esula dai confini di un singolo Paese, nel caso di specie tale necessaria operatività transnazionale è stata individuata nei collegamenti dell'imputato con altri aderenti al Daesh ubicati in Danimarca, Somalia e Kenia, e nel proposito di realizzare attentati a Roma, nonché di effettuare opera di proselitismo in Italia, servendosi di materiali scaricati dai siti dello Stato islamico. A prescindere dalla provenienza di I. dalla Somalia, elemento che effettivamente risulta neutro rispetto all'integra zione dell'aggravante, gli ulteriori indici elencati ben concorrono ad integrare l'aggravante della transnazionalità, considerando peraltro che essa può applicarsi ai reati-fine consumati dai membri di un'associazione per delinquere anche in caso di immedesimazione tra tale associazione e il gruppo criminale organizzato transnazionale (Sez. 3, n. 38009 del 10/05/2019, Assisi, Rv. 278166; Sez. 3, n. 10116 del 24/11/2020, dep. 2021, Ausili, Rv. 281481).
3. È infondata la censura di carente trattazione dell'elemento psicologico del reato, con riguardo al contenuto specificante dell'art. 270 sexies cod. pen., in quanto detta doglianza, già genericamente devoluta come motivo di gravame, quindi non necessitante di particolare approfondimento nella sentenza di appello (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtelli, Rv. 268822), ripropone il tema dell'insufficienza del proposito ad integrare il compimento di atti di violenza con finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico.
Detto tema è stato esaurientemente trattato nell'impugnata sentenza, da integrare con le perspicue argomentazioni esposte dal primo giudice in punto di tenuta costituzionale della fattispecie di reato a tutela avanzata dell'art. 270 bis cod. pen., così da dare conto dell'oltrepassato confine di rilevanza penale delle condotte dell'I., in prospettiva del grave danno da arrecare all'Italia e alla Chiesa Cattolica, ai sensi dell'art. 270 sexies cod. pen.
L'azione dell'imputato - lungi dall'essere rimasta confinata a livello interiore - ma senz'altro connotata da particolari cautele e precauzioni (cambio dell'utenza cellulare e rarefazione dei contatti telefonici, come gli era stato raccomandato da altri affiliati; ricorso ad artifici linguistici; cancellazione di post e fotografie tratte dai siti jihadisti), rende ragione della piena consapevolezza dell'I. dell'illiceità delle sue condotte, estrinsecatesi in attività di proselitismo ed indottrinamento, nonché di autoaddestramento alla costruzione di armi non convenzionali da utilizzare contro i cristiani, progettazione di attacchi terroristici contro i simboli della cristianità, come la Basilica di San Pietro, obiettivo
- quest'ultimo - verso il quale l'imputato risultava concretamente impegnato e che è stato, infatti, valorizzato dai giudici di merito a fini dimostrativi della ricorrenza dell'aggravante ex art. 270-sexies cod. pen.
Tale valutazione risulta in linea con l'esegesi di legittimità che, per la configurabilità dell'aggravante della finalità terroristica di cui all'art. 270-sexies cod. pen., ha reputato insufficiente la direzione dell'atteggiamento psicologico dell'agente, richiedendo che la condotta posta in essere del medesimo sia concretamente idonea a realizzare uno degli scopi indicati nel predetto articolo (intimidire la popolazione, costringere i poteri pubblici a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto, destabilizzare o distruggere le strutture politiche fondamentali, costituzionali ecc. di un Paese o di un'organizzazione interna zionale), determinando un evento di pericolo di portata tale da incidere sugli interessi dell'intero Paese (Sez. 6, n. 28009 del 15/05/2014, Alberto E;! altri, Rv. 260076: in motivazione, si è precisato che il riferimento al "contesto", contenuto nel citato art. 270 sexies, e sulla base del quale deve essere valutato il significato della condotta, impone di dar rilievo al pericolo del "grave danno" anche quando questo non dipenda solo dall'azione individuale considerata, ma sia piuttosto il frutto dell'innesto di essa in una più ampia serie causale non necessariamente controllata dall'agente, fermo restando che questi deve rappresentarsi e volere tale interazione).
4. Nei quattro motivi successivi, si so.no avanzate censure in ordine alla sussistenza dei reati di istigazione a commettere delitti contro la personalità internazionale e interna dello Stato (art. 302 cod. pen.), e di apologia di reato commessa attraverso strumenti informatici o telematici (art. 414, commi 3 e 4, cod. pen.); in ambedue i casi si è altresì lamentata la mancanza di motivazione relativa all'aggravante del nesso teleologico ex art. 61 n. 2 cod. pen.
I motivi sono complessivamente infondati.
Per entrambi i delitti, descritti ai capi B) e C), si è contestata la idoneità delle condotte a porre in pericolo il bene tutelato dalla norma incriminatrice, da un canto rilevando che non vi era stata potenzialità della pretesa istigazione a determinare effettivamente l'indottrinato S. M. alla consumazione di reati lesivi di interessi omologhi, cioè diretti contro la personalità dello Stato; dall'altro contestando la capacità della presunta condotta apologetica di produrre il pericolo - non teorico ma effettivo - che altri possano commettere reati analoghi a quelli di cui si opera l'apologia.
Le sentenze di merito, con motivazione logica e priva di vizi giuridici, hanno dato risposte diverse. Si è rilevato che le condotte, come descritte nelle imputazioni ed accertate alla stregua del materiale probatorio raccolto, corrispondono alle fattispecie incriminatrici sia sotto il profilo storico-materiale che per il profilo psichico.
Quanto all'imputazione sub B), è stata descritta l'azione di martellante indottrinamento attuata dall'I. nei confronti del S., particolarmente durante un viaggio in Emilia-Romagna, in cui sottoponeva l'albanese all'inces sante ascolto di preghiere islamiche, nonché mediante l'esibizione di video di esaltazione della jihad ed esprimendo commenti di elogio per gli attentatori delle Torri Gemelle di New York del 2001, considerati martiri, così come l'autore dell'attentato terroristico di Strasburgo del dicembre 2018.
Altresì conforme a legge è l'inquadramento dell'istigazione come reato formale punito a titolo di dolo generico: al riguardo l'esegesi di questa Corte ha enunciato che «Ai fini della configurabilità del delitto di cui all'art. 302 cod. pen. è necessario che l'istigazione sia diretta ad un soggetto identificato e sia concretamente idonea a suscitare il proposito della commissione di uno o più delitti contro la personalità interna od internazionale dello Stato specificamente determinati, anche se non necessariamente indicati con il loro nomen iuris» (Sez. 1 n. 36816 del 27/10/2020, Cropo, Rv. 280761). Ne consegue che si tratta di un reato di pericolo concreto e non presunto, che richiede per la sua configurazione un comportamento che sia ritenuto concretamente idoneo, sulla base di un giudizio ex ante, a provocare la commissione di delitti: infatti, nella struttura del reato rientra la condizione negativa che l'istigazione non sia accolta o che, se accolta, il delitto non sia commesso, sicché la valutazione della effettiva idoneità istigatrice della condotta risente di tale incompiutezza e deve essere considerata nelle circostanze concrete della vicenda. I termini in cui essa è stata ritenuta concordemente sussistente dalle sentenze di merito sono logici e congruenti, e dunque non passibili di rivalutazione in questa sede.
Quanto al capo C), è stato rilevato nell'impugnata sentenza che strutturalmente il reato di istigazione ex art. 414 cod. pen. è costituito dall'esaltazione di un fatto delittuoso, finalizzata a determinarne l'emulazione, ed è punito a titolo di dolo generico. Concretamente, si è accertato che l'imputato aveva pubblicato sul suo profilo Face-Book, aperto ed accessibile a chiunque, materiale propagandistico dell'Isis ed aveva condiviso video apologetici; inoltre, aveva apposto il. segnale di gradimento - cosiddetto like - a diverse pagine informatiche di siti islamisti, tra cui "Risveglio islamico", contenente pubblicazioni ostili nei confronti dei miscredenti, in particolare gli infedeli occidentali. È stato evidenziato che, in tal modo, I. aveva potenziato la diffusione del materiale propagandistico, accrescendo il pericolo che altri potessero non solo emulare atti di violenza e martirio, secondo i principi della jihad, ma anche e soprattutto aderire all'associazione terroristica.
Tale valutazione è indenne da rilievi di illogicità o vizi di legittimità, trattandosi di un congruo apprezzamento di merito strettamente aderente agli elementi probatori raccolti, dovendosi dare continuità all'insegnamento per cui
«l'esaltazione di un fatto di reato, finalizzata a spronare altri all'imitazione integra il delitto di istigazione a delinquere quando, per le sue modalità, sia concretamente idonea a provocare la commissione di delitti, il cui accertamento, riservato al giudice di merito, è incensurabile in sede di legittimità se corretta mente motivato» (Sez. 1, n. 25833 del 23/04/2012, Testi, Rv. 253101).
In altri precedenti arresti di legittimità, si è ritenuta integrata detta
fattispecie di reato, con le medesime modalità espressive: «Integra il reato di apologia di uno o più delitti, previsto dall'art. 414 cod.pen., la diffusione di un documento di contenuto apologetico mediante il suo inserimento su un sito internet privo di vincoli di accesso, in quanto tale modalità ha una potenzialità diffusiva indefinita» (Sez. 1, n. 47489 del 06/10/2015, Halili, Rv. 265265). E ancora: «Integra il reato di istigazione a delinquere, la diffusione, mediante l'inserimento su profilo personale Facebook, di comunicazioni contenenti riferimenti alle azioni militari del conflitto bellico sire-iracheno e all'Isis che ne è parte attiva, dai quali, anche solo indirettamente, possa dedursi un richiamo alla jihad islamica e al martirio, in considerazione, sia della natura di organizzazioni terroristiche, rilevanti ai sensi dell'art. 270-bis cod. pen., delle consorterie di ispirazione jihadista operanti su scala internazionale, sia della potenzialità diffusiva indefinita della suddetta modalità comunicativa» (Sez. 1, n. 24103 del 04/04/2017, Pm in proc. Dibrani, Rv. 270604: fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio l'ordinanza del Tribunale del riesame che aveva disposto la liberazione dell'indagato, escludendo la rilevanza apologetica di alcune video registrazioni postate sul profilo Facebook tra le quali alcune, riguardanti il conflitto bellico siro-iracheno, prive di espliciti riferimenti all'Isis e alla matrice islamica radicale che ispirava le sue azioni, ma altre inneggianti esplicitamente alla jihad e al martirio).
Quanto al silenzio serbato sulle circostanze della connessione teleologica, si rileva che di esse non si è tenuto alcun conto nella determinazione del tratta mento sanzionatorio, così da ritenere che siano state implicitamente disattese. Pertanto, non vi è interesse a dedurne l'insussistenza, non avendo dette circostanze esplicato concreti effetti negativi sulla posizione dell'imputato.
5. L'unico motivo che fonda un annullamento parziale della sentenza è quello attinente al reato di tentate lesioni in danno di un passante, aggravate dalla finalità di terrorismo e di odio religioso (capo D).
Invero, ritiene questa Corte che le accertate modalità del fatto non siano univocamente ascrivibili alla contestata fattispecie di reato, alla stregua della stessa descrizione della vicenda che l'imputato aveva reso in un'intercettazione (progr. 777), la stessa in cui evidenziava la necessità di compiere attentati senza danni per le persone musulmane. In tale registrazione I. aveva raccontato all'interlocutore che, in un'occasione - dopo aver visto un video in cui si esaltava la guerra "con questi bastardi" - si era munito di una bottiglia di vetro ed aveva minacciato un passante facendolo fuggire. Pertanto, andrà vagliata in sede di merito la ricorrenza di tale diversa fattispecie di reato, ovvero confermata quella dell'imputazione, previa verifica di ulteriori elementi che assicurino circa l'intenzionalità lesiva perseguita nell'occasione dall'imputato.
6. A tal fine, la sentenza va annullata in parte qua, con rinvio per ulteriore esame ad altra sezione della Corte di Assise di appello di Bari.
Nel resto, invece, il ricorso deve essere respinto.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo D) e rinvia per nuovo giudizio su tale capo ad altra sezione della Corte di Assise di appello di Bari. Rigetta nel resto il ricorso.