Il primo, infatti, è funzionale alla successiva dichiarazione di un'adozione cd. piena o legittimante, mentre il secondo crea un vincolo di filiazione giuridica coesistente con quello con i genitori biologici.
Il Tribunale per i minorenni dichiarava lo stato di adottabilità della minore, disponendo la sospensione dell'esercizio della responsabilità genitoriale dei genitori e l'inserimento della medesima in una famiglia affidataria.
A seguito del gravame proposto dai genitori della piccola, la Corte d'Appello accoglieva parzialmente quello proposto dal padre, prevedendo...
Svolgimento del processo
1. Il Tribunale per i minorenni per il Piemonte e la Valle d’Aosta, con sentenza in data 5 giugno 2020, dichiarava lo stato di adottabilità della minore I.A.M. (nata a (omissis) l’(omissis)), disponendo, nel contempo, la sospensione dell’esercizio della responsabilità genitoriale di entrambi i genitori e l’inserimento della bambina in una famiglia affidataria in possesso dei requisiti per accedere ad una futura adozione.
2. La Corte d’appello di Torino, a seguito dell’impugnazione proposta da D.R. e A.S.M.M., rispettivamente madre e padre della minore, riteneva che la minore versasse in uno stato di abbandono perché la madre era deceduta nelle more del giudizio e il padre, pur nutrendo un grande affetto verso la figlia, non aveva sufficienti risorse personali per occuparsene adeguatamente. Riteneva tuttavia opportuno, nell’interesse della minore e per evitare un suo possibile pregiudizio psicologico, che il padre biologico non svanisse come figura, ma continuasse a vedere saltuariamente la figlia.
Dichiarava, pertanto, cessata la materia del contendere relativamente all’appello proposto dalla R. ed accoglieva, in parte, l’appello presentato dal M., prevedendo che l’adozione di I.A.M. avvenisse ai sensi dell’art. 44, lett. d), l. 184/1983 e regolando le visite del padre naturale alla discendente.
3. Per la cassazione di questa statuizione, pubblicata in data 26 maggio 2021, ha proposto ricorso il Procuratore generale presso la Corte d’appello di Torino prospettando tre motivi di doglianza.
Gli intimati A.S.M.M., P.M., quale tutore provvisorio di I.A.M., e Avv. I.B., curatore speciale della minore, non hanno svolto difese.
Motivi della decisione
4.1 Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione della l. 184/1983: al fine di valutare lo stato di abbandono e le modalità con cui applicare la normativa sull’adozione occorre valutare – in tesi del Procuratore ricorrente – non tanto l’esistenza di un legame fra il figlio e il genitore biologico, inevitabile nel caso in cui si provveda rispetto a un minore che abbia raggiunto una certa età, ma la natura della relazione.
La Corte di merito, nel verificare se dare corso a un’adozione mite piuttosto che a un’adozione legittimante, doveva considerare l’interesse della discendente e accertare se il mantenimento del rapporto con il genitore naturale potesse essere dannoso per quest’ultima.
I giudici distrettuali, al contrario, hanno accolto l’istanza del padre di disporre un’adozione mite ex art. 44, lett. d), l. 184/1983, pur in presenza di una relazione peritale che riteneva gravemente pregiudizievole la prosecuzione dei rapporti fra la bambina e il genitore naturale.
Per di più, una simile forma di adozione era stata disposta in assenza di un’istanza degli aspiranti all’adozione, che invece avevano presentato domanda di idoneità all’adozione legittimante ex art. 22 l. 184/1983.
4.2 Il secondo motivo di ricorso assume, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per difetto di motivazione in ordine al fatto che la situazione presa in esame integrasse una situazione di semiabbandono.
Non è dato conoscere, inoltre, le ragioni per cui i giudici distrettuali hanno ritenuto di dissentire rispetto alle conclusioni espresse dai consulenti tecnici d’ufficio nominati, i quali avevano sottolineato che quanto più a lungo si sarebbe protratta la relazione della bambina con i familiari, tanto maggiore sarebbe stata la possibilità di uno sviluppo distorto della sua personalità.
Nulla è stato detto pure in merito al preminente interesse della minore ad avere tutela ex art. 44 l. 184/1983 piuttosto che nelle forme di cui all’art. 25 l. 184/1983.
4.3 Il terzo motivo di ricorso lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e discusso fra le parti, costituito dalle conclusioni a cui erano giunti i C.T.U. nominati e dal contenuto delle relazioni del servizio di neuropsichiatria infantile, i quali avevano segnalato non soltanto la rescindibilità del rapporto con il genitore naturale, ma anche il pregiudizio che la figlia avrebbe subito nel caso in cui lo stesso fosse stato mantenuto.
5. I motivi, da esaminarsi congiuntamente in ragione della loro parziale sovrapponibilità e del rapporto di connessione che li lega, sono fondati, nei termini che si vanno a illustrare.
5.1 La stessa sentenza impugnata ha fatto espressa menzione della giurisprudenza di questa Corte secondo cui “nel nostro ordinamento convivono modelli di adozione fondati sulla radicale recisione del rapporto con i genitori biologici con altri che escludono la ricorrenza di tale requisito. La pluralità di forme di genitorialità adottiva volute dal legislatore e l’intervento interpretativo compiuto dalla giurisprudenza di merito e di legittimità (Cass. 12692 del 2016; S.U. 12193 del 2019) sulla ipotesi normativa contenuta nella lettera d) dell’art. 44 l. n. 184 del 1983 in modo da valorizzarne la natura di ipotesi residuale ed aperta consentono di adeguare il nostro sistema legislativo della filiazione adottiva con le rilevanti indicazioni provenienti dalla giurisprudenza EDU” (si veda, in questi termini, Cass. 3643/2020 al punto 4.5; in senso conforme Cass. 1476/2021, Cass. 40).
La pronuncia di questa Corte appena citata, però, ha anche chiarito che l'adozione legittimante o piena di un minore consegue a un accertamento giurisdizionale articolato in due giudizi separati, caratterizzati da una radicale diversità dell'oggetto della decisione, cosicché il secondo giudizio (che non ha autonomia, non potendo che conseguire da uno solo degli esiti possibili del giudizio precedente) non può essere introdotto se non all'esito del preventivo accertamento della condizione di abbandono del minore a cui si attribuisce lo status di figlio adottivo.
L'accertamento di una condizione di abbandono e la conseguente dichiarazione di adottabilità non sono, invece, il necessario antecedente processuale del procedimento ex art. 44 l. 184/1983, che è un modello di filiazione adottiva caratterizzato dalla partecipazione dei genitori biologici del minore, i quali, ove esistenti, devono prestare, ai sensi del successivo art. 46, comma 1, il loro consenso, salvo l'intervento sostitutivo del tribunale, secondo le modalità procedimentali stabilite nel successivo capoverso.
“Il legislatore ha introdotto, nell'adozione in casi particolari, una pluralità di percorsi che conducono alla genitorialità adottiva, incentrati sulla continuità delle relazioni con i genitori biologici o comunque (come nell'ipotesi sub a e c) con il nucleo parentale originario. I giudizi che hanno ad oggetto questi diversi modelli adottivi si fondano su un esame rigoroso della idoneità degli adottanti o del singolo richiedente” (Cass. 3643/2020, punto 4.4).
5.2 La pronuncia di questa Corte appena richiamata ha sottolineato che l’oggetto dell'indagine fattuale posta a base del giudizio rivolto alla dichiarazione di adottabilità è l'accertamento, positivo o negativo, della condizione di abbandono del minore, sicché il giudice di merito non può estendere la decisione all'acquisto di differenti status genitoriali tratti dalla legge n. 184/1983, quale quello previsto dall’art. 44, in quanto per pervenirvi è necessario un apposito procedimento avente a oggetto un accertamento di fatto di contenuto diverso, incentrato sull'idoneità degli adottanti ad assumere un simile status.
Ciò nonostante, nel procedimento volto alla dichiarazione di adottabilità, proprio perché finalizzato in via pressoché esclusiva a creare le condizioni per la successiva pronuncia di adozione piena o legittimante (ovvero per la forma di adozione che impone la recisione, nel nostro ordinamento, di ogni legame con il nucleo genitoriale originario), è necessario che l'indagine sulla condizione di abbandono morale e materiale del minore, e sulla correlata capacità genitoriale dei genitori biologici, sia completa e non trascuri alcun rilevante profilo inerente i diritti del minore.
Ne discende che l'indagine posta a base della dichiarazione di adottabilità non deve trascurare alcuno degli elementi utili a individuare e definire il perimetro del preminente interesse del minore, accertando se l’opzione per la recisione del legame con i genitori naturali debba prevalere o meno rispetto al quadro deficitario delle loro capacità genitoriali.
5.3 Dai superiori rilievi si ricava che la determinazione relativa alla pronuncia di adozione, piena o in casi particolari, esula dal giudizio avente ad oggetto la dichiarazione di adottabilità.
La verifica in concreto dei margini di conformazione della situazione del minore ai modelli di filiazione adottiva previsti all'interno dell'art. 44 l. n. 184 del 1983 può adottarsi, nel caso in cui sia stata domandata la dichiarazione dello stato di adottabilità, soltanto dopo l'eventuale accertamento negativo della condizione di abbandono.
Costituisce, invece, uno dei fondamenti dell'accertamento relativo alla dichiarazione di adottabilità la corrispondenza all'interesse del minore della conservazione del legame con i genitori naturali e la prevalenza o la recessività di tale interesse in relazione alla valutazione finale sulla condizione di abbandono.
Sul punto occorre enunciare, ai sensi dell’art. 143 disp. att. cod. proc. civ., il seguente principio di diritto: il giudizio di accertamento dello stato di adottabilità di un minore in ragione della sua condizione di abbandono, ai sensi degli artt. 8 e ss. l. 184/1983, e il giudizio volto a disporre un’adozione mite, ex art. 44, lett. d), l. 184/1983, costituiscono due procedimenti autonomi, di natura differente e non sovrapponibili fra loro, dato che il primo è funzionale alla successiva dichiarazione di un'adozione cd. piena o legittimante, ai sensi dell’art. 25 l. 184/1983, costitutiva di un rapporto sostitutivo di quello con i genitori biologici, con definitivo ed esclusivo inserimento in una nuova famiglia del minore, mentre il secondo crea un vincolo di filiazione giuridica coesistente con quello con i genitori biologici, non estinguendo il rapporto del minore con la famiglia di origine pur se l'esercizio della responsabilità genitoriale spetta all’adottante.
La diversità dei procedimenti e delle statuizioni adottate all’esito degli stessi impedisce che nell’ambito del giudizio di accertamento dello stato di adottabilità sia assunta alcuna statuizione che faccia applicazione dell’art. 44 l. 184/1983.
Ciò nondimeno, nel procedimento volto alla dichiarazione di adottabilità è necessario – in funzione di un eventuale diniego di tale dichiarazione - che l'indagine sulla condizione di abbandono morale e materiale del minore, e sulla correlata capacità dei genitori biologici, sia completa e non trascuri alcun rilevante profilo inerente i diritti del minore, verificando se l’interesse di quest’ultimo a non recidere il legame con i genitori naturali debba prevalere o recedere rispetto al quadro deficitario delle loro capacità genitoriali, che potrebbe essere integrato, almeno in via temporanea, da un regime di affidamento extrafamiliare potenzialmente reversibile o sostituibile da un’adozione ex art. 44 legge 184/1983.
5.4 La decisione impugnata non ha fatto corretta applicazione dei principi di questa Corte a cui ha sostenuto di volersi ispirare.
In primo luogo, non era possibile addivenire a una forma di statuizione ibrida, che, da una parte, accertasse lo stato di abbandono in funzione di successiva pronuncia di adozione piena o legittimante e, dall’altra, disponesse l’adozione della minore ai sensi dell’art. 44, lett. d), l. 184/1983.
La Corte di merito non ha tenuto conto che la pronuncia di adozione, piena o in casi particolari, esula dal giudizio avente ad oggetto la dichiarazione di adottabilità e che l’adozione ai sensi dell’art. 44, lett. d), l. 1983/1984 poteva essere dichiarata nel caso di specie, in ragione dell’avvenuta presentazione di un ricorso per la dichiarazione di adottabilità della minore, soltanto dopo l'eventuale accertamento negativo della condizione di abbandono, all’esito di un apposito procedimento incentrato sull’idoneità degli adottanti ad assumere tale status.
Peraltro, i giudici distrettuali, nell’apprezzare la situazione della minore portata alla loro valutazione, erano chiamati a effettuare una scelta alla luce dell’interesse della bambina, acclarando o negando l’esistenza di una situazione di abbandono, cosicché non era possibile addivenire a una statuizione che, da un lato, confermasse la dichiarazione dello stato di adottabilità in funzione della successiva declaratoria di un'adozione legittimante, costitutiva di un rapporto sostitutivo di quello con i genitori biologici, e dall’altro creasse un vincolo di filiazione giuridica di carattere non estintivo del rapporto del minore con la famiglia di origine.
Ove la conservazione del legame fra il padre biologico e la minore, all’esito di un'attenta valutazione, fosse stata ritenuta indispensabile, l’approdo della Corte territoriale non sarebbe potuto essere che quello del rigetto della domanda volta alla dichiarazione dello stato di adottabilità, seppur con l’evidenziazione delle criticità connesse alle capacità genitoriali del M. (il quale, a dire dei giudici distrettuali, non aveva sufficienti risorse personali per occuparsi adeguatamente della figlia), in quanto la conservazione del rapporto con il genitore biologico non era incompatibile con l’interesse della minore.
5.5 La Corte di merito, nell’optare fra accertamento o disconoscimento dello stato di abbandono, doveva spiegare le ragioni del proprio convincimento applicando il criterio discretivo dell’interesse superiore della minore e non del genitore naturale, di modo che il mantenimento o l’interruzione del legame di genitorialità naturale venisse apprezzato verificando se il suo permanere corrispondesse o meno alle esigenze educative e di accudimento della bambina.
Nel caso di specie, la Corte di merito ha ritenuto che il legame con il padre dovesse essere mantenuto in ragione dell’ “autentico affetto e legame dimostrato dalla figlia verso il padre durante gli incontri” “ai fini di un’equilibrata costruzione dell’identità personale della minore”, senza prendere però in alcuna considerazione i rilievi dei consulenti tecnici d’ufficio da lei stessa nominati, i quali avevano segnalato che quanto più a lungo si sarebbe protratta la relazione con i familiari, con i quali si era strutturata una forma di accudimento invertito, tanto maggiore sarebbe stata la possibilità di uno sviluppo distorto della personalità.
Questa omissione comporta un evidente vizio di motivazione, in quanto il giudice che abbia disposto una consulenza tecnica cd. percipiente può anche disattenderne le risultanze, ma solo ove motivi in ordine agli elementi di valutazione adottati e a quelli probatori utilizzati per addivenire alla decisione, specificando le ragioni per le quali ha ritenuto di discostarsi dalle conclusioni del C.T.U. (Cass. 200/2021, Cass. 27411/2021, Cass. 36638/2021).
6. La sentenza impugnata andrà dunque cassata, con rinvio della causa alla Corte distrettuale, la quale, nel procedere al suo nuovo esame, si atterrà ai principi sopra illustrati.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di Appello di Torino in diversa composizione. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri titoli identificativi a norma dell'art. 52 d.lgs. 196/2003 in quanto imposto dalla legge.