L'aggressione, infatti, era riconducibile all'adempimento delle funzioni dell'aggredito (che in quel momento era libero dal servizio), il quale un paio di anni prima aveva sequestrato l'auto dell'imputato perché trovata priva di copertura assicurativa.
La vicenda trae origine dall'arresto dell'imputato per il delitto di lesioni aggravate dall'
Svolgimento del processo
1. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Vicenza propone ricorso per cassazione avverso l'ordinanza del Tribunale di Vicenza del 9 dicembre 2021, con la quale non è stato convalidato l'arresto di D.F. e non è stata disposta la misura cautelare sul presupposto dell'insussistenza della circostanza aggravante di cui all'art. 585 cod. pen. in relazione all'art. 576, comma primo, n. 5-bis. cod. pen., dovendosi escludere, secondo il Tribunale, che il fatto era stato commesso nei confronti di un agente della Polizia locale "nell'atto o a causa dell'adempimento delle funzioni o del servizio".
2. Il Pubblico Ministero affida le proprie censure ad un unico ed articolato motivo con cui deduce la violazione di legge e il correlato vizio di motivazione in riferimento alla qualificazione giuridica del fatto in quanto il giudice della convalida avrebbe errato nel non ritenere la contestata aggravante in relazione ad un fatto di lesioni causate ad un agente di polizia municipale proprio a causa del servizio da questo espletato in occasione di un controllo stradale, effettuato circa due anni prima, a cui era seguito, a norma dell'art. 183 c.d.s., il sequestro dell'autovettura del F..
Motivi della decisione
1. Il ricorso è fondato.
In sede di convalida dell'arresto, il giudice è chiamato a valutare la sussistenza, con giudizio ex ante, degli elementi che legittimavano l'adozione del provvedimento, cioè, deve verificare l'esistenza degli estremi della flagranza e della configurabilità di un reato e le altre condizioni elencate nell'art. 381, comma 4, cod.proc.pen.; in caso di arresto facoltativo, deve, pure, verificare l'uso ragionevole del potere discrezionale affidato alla polizia. Per espletare tale verifica, il giudice deve prendere in considerazione tutti gli elementi fattuali, desumibili dal verbale di arresto, che erano noti alla polizia giudiziaria ed anche le circostanze che la stessa avrebbe potuto agevolmente apprendere usando l'ordinaria diligenza; deve tenere presenti elementi pertinenti forniti dall'arrestato e dal suo difensore per verificare la legittima privazione della libertà. Tale controllo deve avere riguardo alla situazione in cui ha operato la polizia giudiziaria senza tenere conto degli elementi, non conosciuti o non conoscibili dalla stessa, successivamente emersi. (ex multis, Sez. 1, n. 15296 del 4/4/2006, Pm. in proc. Oprea, Rv. 234211; Sez. 5, n. 49340 del 16/9/2019, P, R. 278382). La polizia giudiziaria è tenuta a indicare le ragioni che l'hanno indotta a esercitare il proprio potere di privare della libertà - in relazione alla gravità del fatto e alla pericolosità dell'arrestato - ma non occorre un'apposita motivazione, essendo sufficiente che tali ragioni emergano dal contesto descrittivo del verbale d'arresto o dagli atti complementari, in modo da consentire al giudice bella convalida di prenderne conoscenza e di sindacarle (Sez. 6, n. 31281 del 6/5/2009, Spennati, Rv. 244680; Sez. 3, n. 35304 dell'll/5/2016, P.M. in proc. Cobuccio, Rv. 267999).
Tali principi e quelli di cui si dirà appresso devono essere tenuti presenti nella valutazione del provvedimento impugnato.
2. D.F. è stato arrestato per il delitto di lesioni aggravato dall'art. 585, comma 1, cod, pen. in relazione all'art. 576, comma primo, n. 5-bis, cod. pen. in quanto causate ai danni di un agente di polizia locale a causa del servizio da questo espletato. L'aggressione, secondo quanto è dato leggere nel verbale di arresto, era avvenuta poiché, due anni prima, nel corso di un controllo stradale, la persona offesa, quale agente di polizia stradale, aveva sequestrato al F. l'autovettura perché priva di copertura assicurativa; questi, quindi, alla vista dell'agente, all'interno di un bar e in abiti borghesi, memore del provvedimento subito, gli si era avvicinato con fare minaccioso, dicendogli «che oggi gliela avrebbe fatta pagare» e, quindi, lo aveva colpito al volto ripetutamente causandogli un trauma cranico e lesioni giudicate guaribili in dieci giorni.
Il Giudice non ha convalidato l'arresto poiché la persona offesa non riveste né la qualifica di agente di polizia di stato, né quella di agente di pubblica sicurezza e, a fondamento della propria decisione, ha evidenziato, inoltre, che non solo l'agente al momento dell'aggressione era libero dal servizio, ma ha richiamato quanto affermato da questa Corte di legittimità nella sentenza Sez. 6, n. 31231 del 25/09/2020, Loconte, Rv. 279886, secondo cui «La circostanza aggravante di cui all'art. 576, comma primo, n. 5-bis, cod. pen. non risulta sempre configurabile nel caso di reato commesso ai danni di appartenenti alla polizia municipale, in quanto questi ultimi rivestono la qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria solo se risulti in concreto lo svolgimento delle attività previste dall'art. 57 cod. proc. pen., ovvero quella di agente di pubblica sicurezza a condizione che vi sia un formale provvedimento prefettizio adottato ai sensi dell'art. 5 della legge 7 marzo 1986, n. 65». Il giudice ha poi rilevato che, pur trattandosi di un reato per il quale, ove non ritenuto nella forma circostanziata, a norma dell'art. 381, comma 2, lett. f), cod. proc. pen., é comunque consentito l'arresto in flagranza facoltativo, nella specie tale possibilità doveva ritenersi esclusa, a norma dell'art. 2, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 274 del 2000, in quanto, trattandosi di lesioni personali dolose perseguibili a querela di parte, esse sono di competenza del giudice di pace.
2.1. Il provvedimento impugnato, nel suo complesso, non è da condividersi.
Val la pena ricordare che, ai sensi dell'art. 5 co.1 l. 65/86, il personale della Polizia Municipale svolge anche funzioni di polizia giudiziaria, polizia stradale e pubblica sicurezza e che, come correttamente messo in rilievo dal ricorrente, non occorre, perché sia configurabile l'aggravante in questione, che l'agente di polizia municipale ponga in essere una specifica funzione di polizia giudiziaria predefinita in un ordine di servizio essendo sufficiente, argomentando dal combinato disposto di cui agli artt. 55 e 57 cod. proc. pen., che al momento del fatto sussista la qualifica di agente di polizia giudiziaria.
Orbene, è pacifico che al momento dell'aggressione la persona offesa non era in servizio, ma è altrettanto pacifico, per quanto emerge dal verbale di arresto, che l'aggressione è avvenuta a causa del forte risentimento nutrito dall'aggressore nei confronti dell'aggredito per un suo precedente atto di servizio. Orbene, a norma dell'art. 576, comma primo, n. 5-bis cod. pen. l'aggravante è configurabile non solo quando il fatto venga commesso nei confronti di un ufficiale o agente di polizia giudiziaria o di un ufficiale o agente di pubblica sicurezza nel momento in cui sta esplicando le proprie funzioni o il proprio servizio, ma anche quando il fatto sia stato commesso a causa dell'adempimento delle funzioni o del servizio ossia trovi la sua ragion d'essere proprio per il compimento di tale atto. La lettera della norma, infatti, induce a ritenere che il legislatore abbia inteso apprestare una tutela rafforzata a determinati soggetti in considerazione dello specifico ruolo svolto non solo quando il fatto sia stato commesso contro uno di loro mentre compivano un atto della propria funzione o del proprio ufficio, ma anche quando sia posto in essere a causa di tale atto sicché tale aggravante è configurabile anche quando il fatto venga compiuto - come deve ritenersi sia accaduto, facendo riferimento agli elementi tratti dalla valutazione della condotta tenuta, nella vicenda che qui ci occupa - nei confronti di uno di tali soggetti mentre sono nella veste di privati cittadini per vendicarsi di un atto di ufficio da costoro compiuto, a nulla rilevando l'arco di tempo intercorso tra il reato e l'atto d'ufficio che lo abbia determinato.
Alla luce di tali considerazioni, in tale situazione, la polizia, al momento in cui ha proceduto all'arresto, ha fatto un uso corretto dei doveri-poteri che le competono e conseguentemente l'ordinanza impugnata deve essere annullata.
3. Come questa Corte ha ormai più volte avuto modo di affermare (cfr., per tutte, Sez. 6, 11/7/2006, P.M. in proc. Adamo, Rv. 235136), l'annullamento viene disposto senza rinvio poiché il ricorso, avendo ad oggetto la rivisitazione di una fase ormai definitivamente perenta, è finalizzato esclusivamente alla definizione della correttezza dell'operato degli agenti di polizia giudiziaria e l'eventuale rinvio del provvedimento impugnato solleciterebbe soltanto una pronuncia meramente formale, senza concreti effetti giuridici.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata perché l'arresto è stato legittimamente eseguito.