Poiché assente alla delibera assembleare in cui era stata approvata la modifica del regolamento in punto di spese, un condomino aveva dichiarato di aderirvi con successiva lettera. Tale adesione costituisce una dichiarazione di accettazione avente valore negoziale?
La Corte d'Appello di Milano rigettava l'opposizione presentata dall'attuale ricorrente al decreto ingiuntivo per la riscossione di contributi condominiali intimata alla medesima dal Condominio. L'opponente, contestando l'importo delle somme ingiunte, chiedeva la declaratoria di nullità della delibera assembleare del 6 febbraio 1996 e conseguentemente della deliberazione del 17 settembre 2007, deducendo che la prima delibera aveva modificato senza il necessario consenso unanime di tutti i condomini il regolamento condominiale del 1955, il quale prevedeva originariamente la riduzione di 1/6 delle spese in favore dei proprietari dei locali negozi. Nello specifico, all'assemblea del 1996 parteciparono nove condomini, fra cui la dante causa dell'attuale ricorrente, e l'unico condomino assente aveva dichiarato di aderire alla modifica del regolamento in punto spese con lettera del 20 settembre 2004.
In sede di legittimità, la ricorrente critica la decisione della Corte d'Appello nel ritenere che la lettera di adesione proveniente dal condomino assente avesse reso «totalitaria» l'assemblea del 1996.
Con l'ordinanza n. 21086 del 4 luglio 2022, la Cassazione rigetta il ricorso e afferma il seguente principio di diritto: «in tema di condominio negli edifici, la convenzione sulla ripartizione delle spese in deroga ai criteri legali, ai sensi dell'
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
1. La I. s.p.a. ha proposto ricorso articolato in cinque motivi avverso la sentenza n. 2044/2014 della Corte d'appello di Milano, pubblicata il 3 giugno 2014.
2. Resiste con controricorso il Condominio (omissis) di (omissis).
3. La Corte d'appello di Milano ha rigettato il gravame avanzato dalla I. s.p.a. contro la sentenza resa dal Tribunale di Milano il 25 maggio 2011. È stata dunque respinta l'opposizione al decreto ingiuntivo n. (omissis) per la riscossione di contributi condominiali intimato alla I. s.p.a. dal Condominio (omissis). L'opponente I. s.p.a., contestando l'importo delle somme ingiunte, aveva domandato la declaratoria di nullità della deliberazione assembleare del 6 febbraio 1996 e conseguentemente della deliberazione del 17 settembre 2007, deducendo che la prima delibera aveva modificato senza il necessario consenso unanime di tutti i condomini il regolamento condominiale del 14 novembre 1955, il quale prevedeva originariamente la riduzione di 1/6 delle spese in favore dei proprietari dei locali negozi. La Corte d'appello ha esposto che l'art. 13 dell'originario regolamento prevedeva effettivamente la riduzione di 1/6 delle quote millesimali attribuite ai negozi. Al contrario, il regolamento del 6 febbraio 1996 disponeva per la determinazione delle quote millesimali e la ripartizione delle spese il riferimento all'allegata tabella. All'assemblea del 6 febbraio 1996 parteciparono nove condomini per un totale di 963 millesimi; l'unico condomino assente, R.C., aveva tuttavia dichiarato di aderire alla modifica del regolamento in punto spese con lettera del 20 settembre 2004. All'assemblea del 6 febbraio 1996 aveva partecipato anche "l'allora gestore dei locali B.A. s.p.a., accorpato poi nella I. s.p.a.". A tale delibera del 6 febbraio 1996, evidenzia ancora la Corte di Milano, la B. s.p.a. prima e la I. s.p.a. poi avevano dato esecuzione, pagando gli importi al Condominio in seguito chiesti in restituzione soltanto col giudizio in esame.
4. La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, comma 2, e 380 bis.1, c.p.c.
5. Il primo motivo del ricorso della I. s.p.a. denuncia la violazione o falsa applicazione dell'art. 1136 c.c.; avrebbe errato la Corte d'appello nel ritenere che la lettera del 20 settembre 2004 proveniente dal condomino R.C. aveva reso "totalitaria" l'assemblea del 6 febbraio 1996.
Il secondo motivo del ricorso della I. s.p.a. denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 1137 comma 2 e 1421 c.c., nella parte in cui la Corte d'appello ha negato la legittimazione della ricorrente a far valere la nullità della deliberazione del 6 febbraio 1996.
Il terzo motivo di ricorso deduce la violazione o falsa applicazione dell'art. 1423 c.c., quanto al rilevo sanante attribuito all'esecuzione della delibera nulla.
Il quarto ed il quinto motivo di ricorso allegano la violazione o falsa applicazione degli artt. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e 118 comma 1 disp. att. c.p.c. per l'assenza di motivazione della sentenza impugnata.
6. I cinque motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, per la loro evidente connessione, e si rivelano infondati.
6.1. Innanzitutto, non sussiste la lamentata nullità della sentenza per violazione dell'art. 132, n. 4, c.p.c. e dell'art. 118 disp. att. c.p.c., contenendo evidentemente la stessa le argomentazioni rilevanti per individuare e comprendere le ragioni, in fatto e in diritto, della decisione. Ciò è del resto logicamente confermato dal fatto che la stessa ricorrente ha poi dedotto nei primi tre motivi il vizio di violazione e falsa applicazione con riferimento a varie norme di diritto, presupponendo tali censure che i giudici del merito abbiano preso in esame le questioni oggetto di doglianza e le abbiano risolte in modo giuridicamente non corretto.
6.2. Va premesso che si ha riguardo ad un giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, e che in tale ambito si procede al sollecitato sindacato di nullità della deliberazione assembleare del 6 febbraio 1996 (e conseguentemente della deliberazione del 17 settembre 2007), avendo la stessa, secondo la ricorrente, modificato senza il necessario consenso unanime di tutti i condomini il regolamento condominiale del 14 novembre 1955 in punto di convenzione di ripartizione delle spese, nella quale si prevedeva la riduzione di 1/6 delle quote millesimali attribuite ai negozi.
6.3. Ribadendo il principio da ultimo precisato in Cass. Sez. Unite, 14 aprile 2021, n. 9839, sono nulle le deliberazioni con le quali, a maggioranza, siano stabiliti o modificati i generali criteri di ripartizione delle spese previsti dalla legge o dalla convenzione, da valere per il futuro, trattandosi di materia che esula dalle attribuzioni dell'assemblea previste dall'art. 1135, nn. 2) e 3), c.c., mentre sono meramente annullabili le deliberazioni aventi ad oggetto la ripartizione in concreto tra i condomini delle spese relative alla gestione delle parti e dei servizi comuni adottate in violazione dei criteri generali previsti dalla legge o dalla convenzione stessi, trattandosi di deliberazioni assunte nell'esercizio di dette attribuzioni assembleari. Come anche precisato da Cass. Sez. Unite, 14 aprile 2021, n. 9839, nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, il giudice può sindacare sia la nullità dedotta dalla parte o rilevata d'ufficio della deliberazione assembleare posta a fondamento dell'ingiunzione, sia l'annullabilità di tale deliberazione, a condizione che quest'ultima sia però dedotta mediante apposita domanda riconvenzionale di annullamento.
6.4. Ora, per quanto accertato in sentenza e per quanto espone la stessa ricorrente, il Condominio (omissis) di (omissis) aveva originariamente adottato una "convenzione" sul riparto delle spese condominiali, ai sensi dell'art. 1123 c.c., inserita nel regolamento condominiale del 14 novembre 1955, che prevedeva, in deroga ai criteri legali, la riduzione di 1/6 delle quote millesimali attribuite ai negozi.
6.4.1 I criteri di ripartizione delle spese condominiali, stabiliti dall'art. 1123 c.c., possono essere derogati, come prevede la stessa norma, e la relativa convenzione modificatrice della disciplina legale di ripartizione può essere contenuta sia nel regolamento condominiale (che perciò si definisce "di natura contrattuale"), ovvero in una deliberazione dell'assemblea che venga approvata all'unanimità, o col consenso di tutti i condomini (ad esempio, Cass. 17 gennaio 2003, n. 641). La natura delle disposizioni contenute negli artt. 1118, comma 1, e 1123 c.c. non preclude, infatti, l'adozione di discipline convenzionali che differenzino tra loro gli obblighi dei partecipanti di concorrere agli oneri di gestione del condominio, attribuendo gli stessi in proporzione maggiore o minore rispetto a quella scaturente dalla rispettiva quota individuale di proprietà.
6.4.2. Problema ulteriore - non affrontato nelle censure qui in esame - è quello dell'efficacia, ovvero dell'opponibilità, anche nei confronti dei successori dei condomini originari dell'eventuale clausola regolamentare contenente una convenzione sulla ripartizione delle spese in deroga ai criteri di cui all'art. 1123 c.c. ( cfr. Cass. 9 agosto 1996, n. 7353; Cass. 16 dicembre 1988, n. 6844; Cass. 23 dicembre 1988, n. 7039).
La sostanza di una "diversa convenzione", ex art. 1123, comma 1, c.c., è quella di una dichiarazione negoziale, espressione di autonomia privata, con cui i condomini programmano che la portata degli obblighi di contribuzione alle spese sia determinata in modo difforme da quanto previsto negli artt. 1118, 1123 e ss. c.c. e 68 disp. att. c.c.
L'efficacia di una convenzione con la quale, ai sensi dell'art. 1123, comma 1, c.c., si deroga al regime legale di ripartizione delle spese è perciò soggetta alla regola della relatività degli effetti del contratto, di cui all'art. 1372 c.c., sicché essa è limitata alle parti che la stipulano e non si estende ai loro aventi causa a titolo particolare, se non attraverso uno degli strumenti negoziali all'uopo predisposti dall'ordinamento (delegazione, espromissione, accollo e cessione del contratto). Occorre, altrimenti, che gli aventi causa abbiano preso conoscenza della preesistente convenzione ex art. 1123, comma 1, c.c. al momento dell'acquisto ed abbiano manifestato il loro consenso nei confronti degli altri condomini (e non quindi soltanto nei confronti di chi abbia loro alienato la proprietà dell'immobile) (cfr. ancora Cass. 9 agosto 1996, n. 7353).
Non sovviene per la convenzione sul riparto delle spese la regola della vincolatività del regolamento nei confronti di eredi ed aventi causa dei condomini che siano stati direttamente chiamati ad approvarlo, alla stregua dell'art. 1107, comma 2, c.c. (che al condominio si applica in forza dell'art. 1139 c.c. e che viene espressamente richiamato dal comma 3 dell'art. 1138 c.c.), trattandosi di clausola di contenuto contrattuale, eccentrica rispetto al contenuto normativo tipico del regolamento.
Nemmeno è ipotizzabile la trascrivibilità di una convenzione di deroga ai criteri legali delle spese condominiali: vi osta il principio di tassatività della trascrizione immobiliare, essendo l'apponibilità degli effetti conseguente alla trascrizione propria soltanto degli atti e delle sentenze specificamente indicati negli artt. 2643 e 2645 c.c. Funzione della trascrizione, del resto, è quella non di fornire notizie sulle vicende riguardanti il patrimonio immobiliare, ma di risolvere eventuali conflitti fra più aventi causa; e la tipicità degli effetti della trascrizione e dei di ritti reali non fa acquisire carattere reale ad un'obbligazione solo perché essa sia stata annotata nei registri immobiliari.
6.4.3. Viene, dunque, imposta, a pena di radicale nullità l'approvazione di tutti i condomini per le delibere dell'assemblea di condominio con le quali siano stabiliti i criteri di ripartizione delle spese in deroga a quelli dettati dall'art. 1123 c.c., oppure siano modificati i criteri fissati in precedenza in un re9olamento "contrattuale" (Cass. 19 marzo 2010, n. 6714; Cass.. 27 luglio 2006, n. 17101; Cass. 8 gennaio 2000, n. 126).
6.4.4. Avendo i condomini, allora, nell'esercizio della loro autonomia, espressamente dichiarato di accettare l'articolo 13 del regolamento condominiale del 14 novembre 1955, il quale prevedeva originariamente la riduzione di 1/6 delle spese in favore dei proprietari dei locali negozi, ovvero che le loro quote nel condominio venissero determinate in modo difforme da quanto previsto negli artt. 1118 c.c. e 68 disp. att. c.c., dando vita alla "diversa convenzione" di cui all'art. 1123, comma 1, ultima parte, c.c., mediante dichiarazione di accettazione avente valo re negoziale, tale convenzione di natura contrattuale era successivamente modificabile soltanto tramite un rinnovato con senso unanime dei condomini (arg. da Cass. Sez. 2, 10 marzo 2020, n. 6735; Cass. 25 gennaio 2018, n. 1848).
6.4.5. Siffatta unanime convenzione modificatrice è stata ritenuta perfezionata dalla Corte d'appello di Milano allorché R.C., unico condomino assente all'assemblea del 6 febbraio 1996 (che aveva approvato la modifica regolamentare con il voto favorevole dei nove restanti condomini, fra cui la dante causa della attuale ricorrente), aveva dichiarato di aderirvi con lettera del 20 settembre 2004. Ciò che rileva nella specie non è l'attività dell'assemblea, quanto alle operazioni di voto, all'esito delle stesse, alla verifica delle maggioranze, ma la formazione di un consenso negoziale, che ben può manifestarsi al di fuori della riunione, anche mediante successiva adesione di una parte al contratto con l'osservanza della forma prescritta per quest'ultimo.
6.4.6. Se una delibera di condominio deve assumersi all'unanimità ed è volta, in realtà, ad esprimere la volontà contrattuale nei reciproci rapporti tra i partecipanti, essa non è impugnabile secondo la disciplina delle delibere assembleari (art. 1137 c.c.), con la conseguente possibilità, da un lato, del successivo perfezionamento di essa al di fuori dell'assemblea (artt. 1326 e segg. c.c.); dall'altro, della costituzione, modifica, estinzione di un rapporto giuridico in forma non vincolata, con il solo limite della sua riconoscibilità (arg. da Cass. 2 febbraio 1998, n. 982; Cass. 21 maggio 1976, n. 1830; Cass. 2 agosto 1969, n. 2916).
6.4.7. Può pertanto enunciarsi il seguente principio:
in tema di condominio negli edifici, la convenzione sulla ripartizione delle spese in deroga ai criteri legali, ai sensi dell'art. 1123, comma 1, c.c. - che deve essere approvata da tutti i condomini, ha efficacia obbligatoria soltanto tra le parti ed è modificabile unicamente tramite un rinnovato consenso unanime - presuppone una dichiarazione di accettazione avente va lore negoziale, espressione di autonomia privata, la quale prescinde dalle formalità richieste per lo svolgimento del procedimento collegiale che regola l'assemblea e può perciò manifestarsi anche mediante successiva adesione al contratto con l'osservanza della forma prescritta per quest'ultimo.
6.4.8. Trattandosi, quindi, di giudizio sull'avvenuta conclusione o meno di un contratto, esso implica un mero accertamento di fatto, che rientra nel potere esclusivo del giudice di merito e si sottrae al sindacato di legittimità, se non per vizio riconducibile all'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.
6.4.9. Escluso, in definitiva, il vizio di invalidità della deliberazione assembleare del 6 febbraio 1996 e quello conseguente della deliberazione del 17 settembre 2007, posta a fondamento del decreto ingiuntivo per la riscossione di contributi condominiali oggetto di opposizione da parte della I. s.p.a., il ricorso è infondato.
7. Il ricorso va perciò rigettato, con condanna della ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese del giudizio di cassazione nell'importo liquidato in dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l'impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi € 3.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater del D.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a ti tolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.