La nozione di condominio in senso proprio si configura infatti non solo in presenza di fabbricati che si estendono in senso verticale, ma anche in caso di costruzioni adiacenti orizzontalmente quando siano dotate delle strutture portanti e degli impianti essenziali di cui all'art. 1117 c.c..
L'odierna ricorrente proponeva opposizione contro un decreto ingiuntivo emesso in favore del Condominio per il pagamento di quote concernenti i lavori su beni condominiali, eccependo la nullità della delibera di costituzione del condominio che ne stava alla base e l'assenza dei beni comuni posti al servizio delle singole proprietà esclusive.
Prima il Tribunale e poi...
Svolgimento del processo
1. E. e F.C. hanno proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 1977/2002, emesso in favore del Condominio di Via (omissis) n. (omissis) di Firenze per il pagamento di quote relative a lavori su beni condominiali, eccependo la nullità della presupposta delibera di costituzione del condominio, assunta in data 30.9.2005, e l'assenza di beni comuni posti a servizio delle singole proprietà esclusive.
In contraddittorio con il Condominio, il tribunale ha confermato l'ingiunzione di pagamento, condannando gli opponenti al risarcimento del danno da responsabilità processuale aggravata, liquidato in importo di € 1000,00, oltre alle spese processuali.
La sentenza è stata confermata in appello.
La Corte di Firenze, dopo aver stabilito che i documenti attestanti i pagamenti già eseguiti dagli appellanti si riferivano proprio a quote spettanti al Condominio resistente per spese inerenti a opere ed impianti comuni, ha giudicato irrilevante accertare la validità della delibera di costituzione del condominio, in quanto già venuto in essere ipso iure in virtù dell'esistenza di opere ed impianti destinati a servizio delle singole proprietà esclusive.
Ha ritenuto insussistente il vizio di omessa pronuncia riguardo al carattere voluttuario o eccessivamente oneroso delle spese, ponendo in rilievo che le censure sollevate in proposito dagli opponenti erano generiche, che nessuna contestazione delle opere era stata sollevata al momento dell'approvazione delle delibere da parte dell'assemblea e che gli opponenti avevano anzi rinunciato a contestare la spesa, essendosi opposti all'espletamento della c.t.u., volta ad accertare e descrivere le opere e a quantificarne il costo di realizzazione.
Per la cassazione della sentenza, E.C. propone ricorso in tre motivi.
Il Condominio intimato ha depositato controricorso.
Motivi della decisione
1. Il ricorso non risulta notificato a F.C., che è stato parte del giudizio di appello e che figura come comproprietario dell'immobile e, quindi, come coobbligato in solido al pagamento delle quote condominiali oggetto del decreto opposto. Data la scindibilità del giudizio e l'avvenuta decorrenza del termine per proporre ricorso ex art. 327 c.p.c., non occorre procedere alla notifica dell'impugnazione, stante il disposto dell'art. 332 c.p.c. (Cass. 10171/2018; Cass. 9002/2007; Cass. 20972/2004).
1. Il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 1117 c.c., 61 e 62 disp. att. c.c. c.p.c., nonché l'illogicità e contraddittorietà della motivazione, assumendo che erroneamente la Corte d'appello abbia ritenuto sussistente un supercondominio orizzontale per la presenza di opere destinate a servizio dei singoli edifici, mentre, ai fini dell'applicazione dell'art. 1117 c.c., è necessario che i singoli edifici costituiscano non proprietà individuali, ma stabili condominiali.
Si sostiene inoltre che il condominio era stato costituito nel 2005, ma che la ricorrente aveva acquistato il proprio immobile, munito di tutti gli impianti e i servizi, nel 1992, il che escludeva la possibilità di ravvisare l'esistenza di un condominio di cui facessero parte anche gli opponenti.
Il motivo è infondato.
Questa Corte ha più volte precisato che «in considerazione del rapporto di accessorietà necessaria che lega le parti comuni dell'edificio (elencate in via esemplificativa - se il contrario non risulta dal titolo - dall'art. 1117 c.c.) alle proprietà singole, delle quali le prime rendono possibile l'esistenza stessa o l'uso, la nozione di condominio in senso proprio è configurabile non solo nell'ipotesi di fabbricati che si estendono in senso verticale, ma anche nel caso di costruzioni adiacenti orizzontalmente (ad es. le cosiddette case a schiera), se dotate delle strutture portanti e degli impianti essenziali indicati dal citato art. 1117 c.c. (Cass. 18334/2015; Cass. 27360/2016).
Anche quando manchi un così stretto nesso strutturale, materiale e funzionale, non può essere esclusa la condominialità neppure per un insieme di edifici indipendenti, giacché, secondo quanto si desume dagli artt. 61 e 62 disp. att. c.c. - che consentono lo scioglimento del condominio nel caso in cui un gruppo di edifici si possa dividere in parti che abbiano le caratteristiche di edifici autonomi - è possibile la costituzione "ab origine" di un condominio fra fabbricati a sé stanti, aventi in comune solo alcuni elementi, o locali, o servizi o impianti condominiali (Cass. 23001/2019; Cass. 8066/2005).
Il relativo accertamento implica valutazioni in fatto, sottratte al giudizio di legittimità.
La sussistenza del condominio non era quindi esclusa dal fatto che le singole unità servite dagli impianti comuni non costituissero a loro volta edifici in condominio (caratterizzati quindi da una pluralità di proprietà esclusive in collocazione verticale), ma immobili appartenenti ad un unico proprietario.
Per altro verso, la data di costituzione del condominio non poteva farsi risalire alla delibera adottata nel 2005, atto avente mero valore ricognitivo: come ha precisato la sentenza - il condominio era venuto in essere al momento in cui l'originario proprietario dell'intero complesso aveva alienato il primo immobile, dovendo a tale data sussistere opere o impianti posti a servizio delle singole unità esclusive, purché la condominialità non fosse esclusa da un titolo contrario (Cass. 20693/2018; Cass. 11812/2011; Cass. 11844/1997).
Resta irrilevante che l'atto di acquisto della ricorrente risalisse al 1992 e non contemplasse opere a servizio dell'immobile: non risulta (né è dedotto) che proprio tale rogito costituisse la prima vendita effettuata dall'originario titolare dell'intero complesso e che contenesse espressamente una riserva di proprietà a favore del venditore di tutti i beni o servizi posti a servizio dei singoli immobili, condizioni essenziali per escludere la stessa sussistenza di un condominio orizzontale.
2. Il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 1102 c.p.c. e vizio di motivazione ai sensi dell'art. 360, comma 1, nn. 3 e 5 c.p.c., per aver la sentenza ritenuto che sia la strada di collegamento alle singole proprietà che gli impianti fognari, di elettricità, dell'acqua e del telefono fossero poste a servizio delle proprietà esclusive, pur essendo emerso dalla documentazione in atti che la C. non aveva affatto aderito al progetto di realizzazione dei vari impianti e che nessuno di essi serviva anche l'immobile si sua proprietà.
Sostiene inoltre la ricorrente di aver acquistato un mero diritto di servitù sulla strada, non partecipando, neppure sotto tale profilo, al condominio, stante l'inammissibilità della comunione che abbia ad oggetto il diritto reale di passaggio.
Il terzo motivo denuncia la violazione degli artt. 1121 c.c. e 115 c.p.c., nonché vizio di motivazione, ai sensi dell'art. 360, comma primo, nn. 3 e 5 c.p.c., lamentando che, ai fini dell'applicabilità del regime delle innovazioni e dell'esonero nella spesa, non occorreva dimostrare il carattere oneroso o voluttuario delle opere deliberate dall'assemblea sia perché tale requisito era incontestato, sia perché dalle stesse delibere acquisite risultava il rilevante costo degli impianti e degli interventi.
I due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati.
La pronuncia ha accertato in fatto l'esistenza di impianti comuni - quali le condotte fognarie - e la destinazione funzionale della strada ad accesso alle singole costruzioni in proprietà esclusiva, giustificando, sulla base di tale verifica ed in assenza di un titolo contrario, l'operatività della presunzione di condominialità e quindi l'esistenza di un condominio orizzontale.
Anche rispetto ad un impianto fognario posto in rapporto di accessorietà con una pluralità di edifici costituiti in distinti condomini, giacché oggettivamente e stabilmente destinato all'uso o al godimento di tutti i fabbricati, trova applicazione la disciplina specifica del condominio, anziché quella generale della comunione, ed opera quindi la presunzione dell'art. 1117 c.c. (Cass. 2623/2021; Cass. 13883/2010).
Parimenti, la strada era funzionale all'uso delle porzioni esclusive, fungendo - come detto - da accesso ai singoli edifici.
Riguardo alla sussistenza di una mera servitù di passaggio a vantaggio dell'immobile della ricorrente, l'assunto è smentito - in fatto - dalla sentenza, che ha negato che il rogito di acquisto del 1992 ne prevedesse la costituzione (sentenza, pag. 4).
Ciò posto, va considerato che l'assemblea aveva approvato migliorie ai beni comuni e la realizzazione di impianti ulteriori a servizio delle singole unità indipendenti (impianto di gas, luce e telefono, illuminazione della strada, impianto citofonico e di apertura automatica del cancello), e quindi vere e proprie innovazioni, ponendo l'onere a carico di tutti i condomini.
La Corte di merito ha rilevato che la contestazioni riguardo al carattere eccessivamente oneroso o voluttuario della spesa era formulata in termini estremamente generici e che la C., essendosi opposta all'espletamento della c.t.u. descrittiva dei lavori, aveva rinunciato a contestare la spesa.
Nel merito la pronuncia ha poi posto in rilievo che l'eccessiva onerosità delle innovazioni non era stata contestata nel corso delle assemblee e che la C. non aveva impugnato le delibere con cui erano state decise le innovazioni, risultando indimostrato - secondo il giudice di merito - anche il carattere oneroso degli interventi.
In effetti, ai sensi dell’art. 1120 c.c., nel testo anteriore alle modifiche introdotte dall'art. 5 L. 220/2012, l'assemblea ha il potere di deliberare tutte le innovazioni finalizzate al miglior uso e godimento delle parti esclusive, osservando le maggioranze prescritte dalla disposizione, fatto salvo il divieto di innovazioni che pregiudichino la stabilità o la sicurezza dei fabbricati, che ledano il decoro architettonico o i diritti individuali.
Al di fuori di tali ipotesi, le deliberazioni vincolano i dissenzienti in applicazione del metodo maggioritario (art. 1137, comma primo, c.c.). Solo nel caso in cui le innovazioni siano voluttuarie o particolarmente onerose e riguardino beni o servizi suscettibili di utilizzazione separata, il condomino ha diritto ad ottenere l'esonero dalla spesa, se non intenda trarne vantaggio.
E' però necessario che il dissenso sia manifestato in assemblea o mediante la successiva impugnazione della delibera (Cass. 1215/1969).
Come ha evidenziato la Corte di merito, occorreva - inoltre - la prova dell'eccessiva onerosità della spesa, posto che la previsione dell'art. 1121 c.c. costituisce un'eccezione alla regola della generale obbligatorietà delle delibere nei confronti di tutti i condomini.
Tale onerosità non poteva evincersi dal contenuto delle delibere, ove era indicato il rilevante costo complessivo dei lavori, dovendo essere vagliata in termini relativi, rispetto alle particolari condizioni e all'importanza degli edifici (Cass. 428/1984). Gli importi risultanti dai verbali riportati a pag. 17 si riferivano - inoltre - al costo complessivo degli interventi, mentre, come si evince dal prospetto riportato a pag. 14, la ricorrente aveva chiesto di beneficiare di alcuni di essi, con esclusione di altri.
Quanto - infine - alla non contestazione dei requisiti di gravosità dei costi di realizzazione, la censura appare del tutto generica, non illustrando minimamente il contenuto delle difese del Condominio, e comunque tale atteggiamento processuale poteva riguardare solo i fatti materiali dedotti in causa e non le circostanze e gli accertamenti che implicavano un'attività di giudizio, quale quelle di cui si discute (Cass. 11108/2007; Cass. s.u. 761/2002).
Resta comunque che, come ha precisato la sentenza, era onere della ricorrente invocare l'esonero in assemblea o impugnare la successiva delibera di spesa, e che, inoltre, la C. aveva rinunciato ad avvalersi dell'esonero di cui all'art. 1121 c.c., statuizioni che il ricorso non censura in alcun modo e che devono ritenersi ormai definitive, risultando sufficienti a sostenere anche da sole le decisioni adottate. Il ricorso deve essere rigettato, con conseguente aggravio delle spese processuali liquidate in dispositivo.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi dell'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1- quater dell'art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 - della sussistenza dei presupposti processuali dell'obbligo di versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano in complessivi € 5000,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali, pari al 15% sui compensi, ed accessori di legge.
Ai sensi dell'art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall'art. 1, co. 17, l. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato per il ricorso principale a norma dell'art. 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.