Risposta negativa dalla Cassazione. L'assicurazione deve tenere indenne l'assicurato ove quest'ultimo abbia effettivamente sostenuto le spese legali coperte da polizza.
Svolgimento del processo
1.-S. B. ha avuto un incidente stradale con A. D. a seguito del quale quest'ultimo è deceduto.
Ne sono scaturite due cause: l'una iniziata dalla B. nei confronti degli eredi del D. e l'altra da parte di questi ultimi nei confronti di quella; cause nelle quali ciascuna delle parti sosteneva la responsabilità esclusiva o prevalente dell'altra nell’ incidente.
2.-Riunite le cause, Il Tribunale in primo grado ha ritenuto responsabile al 20% il D. e all’80% la B., e questa decisione è stata parzialmente riformata in appello, dove le percentuali sono state rideterminate nella misura del 40% a carico di D. e del 60% a carico di B..
3.-Definito questo giudizio, la B. ha agito nei confronti della propria compagnia di assicurazione, ossia la Groupama assicurazioni SPA, onde ottenere la ripetizione delle spese sostenute per resistere nei due gradi di giudizio di cui si è detto in precedenza.
La compagnia di assicurazioni si è costituita eccependo che l'articolo 1917 c.c. prevede il diritto al rimborso nel caso in cui le somme siano state effettivamente erogate, e non vi era alcuna prova che lo fossero.
Il Tribunale di Venezia, in primo grado, ha rigettato la domanda col duplice argomento che l'attrice non aveva resistito in giudizio ma aveva iniziato lei la causa, e con l’ulteriore argomento che alcuna prova era stata fornita dell'effettivo esborso della somma.
Questa decisione è stata confermata dalla Corte d'appello di Venezia che ha insistito sulla circostanza per cui l'assicurazione è tenuta a tenere indenne l'assicurato ove quest'ultimo abbia effettivamente sostenuto le spese legali coperte da assicurazione.
4.-S. B. ricorre con quattro motivi di ricorso di cui chiede il rigetto la Groupama assicurazioni spa che si è costituita con controricorso. Memorie di entrambe le parti.
Motivi della decisione
5.- Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione dell'articolo 1917, 3^ comma c.c., nonché dell'articolo 1914 del codice civile.
La sua tesi è nel senso che l'espressione utilizzata dalla norma, secondo la quale l'assicuratore deve tenere indenne l'assicurato, deve intendersi in senso ampio, cioè come comprensivo anche dell’obbligo di anticipazione di tali spese, pur se non effettivamente corrisposte dall'assicurato.
Ritiene il ricorrente che la norma si applichi non solo qualora l'assicurato sia chiamato a resistere in un giudizio, ma anche quando anche egli abbia iniziato la causa, e che una tale ampiezza di significato si ricava anche dal secondo comma dell'articolo 1917 c.c., che prevede che l'assicuratore ha facoltà di pagare direttamente al terzo danneggiato l'indennità dovuta, ed è obbligato a farlo quando glielo chieda l'assicurato: da cui si ricaverebbe che l'espressione “tenere indenne” non è affatto subordinata al preventivo pagamento da parte dell'assicurato.
Ciò troverebbe conferma nella circostanza che il rimborso spetta per l'oggettivo fatto di aver dovuto affrontare un processo causato dal fatto stesso dell'assicurato.
5.1.- In subordine, con il secondo motivo, la ricorrente chiede che si sollevi questione di legittimità costituzionale della norma, ove venisse intesa nel senso che essa richiede il preventivo pagamento dell'assicurato, e ciò per violazione degli articoli 3, 24 e 41 della Costituzione poiché questa interpretazione discriminerebbe fra gli assicurati che sono in grado di sostenere le spese di giudizio e quelli che invece non hanno tale capacità, e questa discriminazione sarebbe ingiustificata. Inoltre, una tale interpretazione lede il diritto di difesa proprio perché costringe ad agire o resistere in giudizio anticipando le spese della procedura e ottenendo la ripetizione solo dopo averle versate, con limitazione del diritto di accedere alla giustizia per ragioni patrimoniali.
6.- Con il terzo motivo si denuncia violazione dell'articolo 112 del codice di procedura civile, nel senso che la Corte d'appello avrebbe rilevato d'ufficio una questione non posta dalla difesa dell'assicurazione, vale a dire proprio quella del mancato preventivo pagamento delle spese di resistenza che la compagnia aveva sollevato solo tardivamente.
7.- Con il quarto motivo si denuncia omesso esame di un fatto decisivo e controverso, e si sostiene che la Corte d'appello non ha tenuto conto del fatto che, proponendo appello, ed ottenendo la riforma della decisione impugnata in senso a lei favorevole, la ricorrente ha fatto risparmiare alla compagnia di assicurazione una ingente somma: che dunque proprio per questo motivo la difesa della ricorrente è stata di particolare utilità per l'assicurazione.
8.- I motivi possono trattarsi insieme e sono infondati.
Va intanto premesso che non bisogna confondere l'obbligo della compagnia di assicurazione di pagare l'indennità al danneggiato con l'obbligo, sempre in capo alla compagnia di assicurazione, di pagare invece le spese legali al proprio assicurato. Si tratta di due obblighi che hanno naturalmente funzione e contenuto diversi.
Ciò si dice in quanto la ricorrente, a dimostrazione del fatto che l’assicuratore è tenuto a rimborsare le spese legali anche se non sono state effettivamente sborsate, cita la regola che obbliga l'assicuratore al pagamento diretto e preventivo dell'indennizzo a favore del danneggiato, e cita altresì la giurisprudenza che su quest'ultima regola si è affermata.
Che l'assicuratore debba direttamente pagare, o possa farlo, l'indennizzo al danneggiato, come previsto dal secondo comma dell'articolo 1917 del codice civile, è situazione diversa dal caso che ci occupa, ossia dalla questione se anche le spese legali sostenute dall'assicurato debbano essere corrisposte dall'assicurazione a prescindere dalla circostanza che l'assicurato le abbia effettivamente sostenute: dall'obbligo di pagare direttamente l'indennizzo non si può certamente desumere un analogo obbligo di pagare preventivamente le spese legali, anche se il proprio assicurato non le ha effettivamente sostenute.
Conseguentemente, non dell'interpretazione del primo comma si tratta, e dunque della espressione “tenere indenne”, in esso contenuta, come propone il ricorrente, ma dell’interpretazione del terzo comma dell'articolo 1917 c.c., il cui tenore letterale è nel senso che sono a carico dell'assicurato le spese sostenute per resistere all'azione del danneggiato, e già l'argomento letterale dimostra che tali spese, per poter essere ripetute, devono essere state per l'appunto “sostenute” dall'assicurato e che costui non possa quindi pretenderne il rimborso se per l'appunto non le ha affrontate.
In secondo luogo, una conferma di questa interpretazione viene anche dall'articolo 1914 c.c. sull'obbligo di salvataggio, ove è previsto che sono a carico dell'assicuratore le spese di salvataggio fatte dall'assicurato.
In entrambi i casi le norme postulano che l'assicuratore rimborsi l'assicurato di una spesa effettivamente sostenuta e non già di una che costui non ha ancora affrontato.
Nè si può ovviamente sospettare di illegittimità costituzionale una simile interpretazione posto che alcuna discriminazione, tra chi ha le sostanze per affrontare la causa e chi non le ha, è posta da questa norma, essendo invece essa nei fatti, e senza tacere del fatto che il rimborso della spesa annulla l'esborso economico sostenuto dall'assicurato ponendolo, qualora non abbia sufficienti capacità economiche, nella stessa situazione di colui che invece le ha.
Allo stesso modo, la difficoltà di accesso alla giustizia, dovuta al pagamento delle spese processuali non può considerarsi un effetto ingiusto conseguente alla interpretazione, qui addotta, della norma: le spese seguono la soccombenza e non si pagano preventivamente per poter adire la giustizia.
Né infine può dirsi che la questione di quale sia il significato della norma costituisca una domanda o un'eccezione in senso stretto, dalla quale la parte possa decadere, e che quindi, se il giudice adotta un'interpretazione non prospettata dalla parte, possa dirsi che ha pronunciato ultra petita. Aggiungasi che, costituendo l’effettiva sopportazione delle spese di resistenza fatto costitutivo del diritto azionato, il giudice ha il potere/dovere di rilevare d’ufficio la carenza di tale fatto.
Infine, quanto alla denuncia di vizio motivazionale per omesso esame dell’utilità dell’iniziativa giudiziaria della debitrice che avrebbe cagionato un risparmio all’assicuratore (avendo ottenuto una riduzione della percentuale di responsabilità), si tratta di fatto non decisivo perché la controversia è stata decisa sulla base della ragione più liquida costituita dalla mancanza del presupposto dell’effettiva sopportazione delle spese.
Il ricorso va rigettato, ma la novità della questione giustifica la compensazione delle spese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.