Con la sentenza in commento, la Cassazione risponde al quesito.
Svolgimento del processo
1. Il tribunale di Matera, adito quale giudice dell'esecuzione nell'interesse di I. in nome e per conto di Siena N. 2018 s.r.l., e di J. s.p.a. in nome e per conto di Siena P. s.r.l., per l'ammissione dei rispettivi crediti al passivo della procedura di liquidazione di immobili confiscati al Consorzio I. e di servizi L., a L. M. club s.r.l., a C. s.r.l. e B. s.r.l., rigettava le istanze.
2. Avverso la ordinanza suindicata propongono ricorso per cassazione rispettivamente la società J. s.p.a., nell'interesse di Siena N. 2018 S.r.l. e il Ministero dell'Economia e delle Finanze, deducendo rispettivamente, mediante i propri difensori, la prima, un motivo di impugnazione con un primo ricorso, e un unico motivo con un secondo ricorso, il secondo un solo motivo di ricorso.
3. Con il primo ricorso, riguardante il credito ipotecario su beni confiscati nei confronti della società L. M. Club s.r.l., J. s.p.a. deduce il vizio di mancanza di motivazione, atteso che il tribunale si sarebbe espresso solo con riguardo alla domanda inerente i crediti ipotecari vantati sui beni confiscati al Consorzio L.. Si aggiunge che con l'istanza respinta si sarebbero evidenziati, in capo all'istituto. che concesse un'apertura di credito in conto corrente ipotecariamente garantita, i requisiti della buona fede e dell'affidamento incolpevole, specificamente illustrati in ricorso e rispetto alle cui illustrazioni il tribunale, omettendo ogni analisi della posizione della ricorrente, sarebbe rimasto silente. Vieppiù emergerebbe il dedotto vizio, in considerazione del fatto per cui il tribunale avrebbe dovuto conformarsi al dettato della sentenza della prima sezione penale n. 16527 del 2021, che in sede di annullamento con rinvio, riferito alle domande del creditore ipotecario sui beni del consorzio L., ha sottolineato la necessità di un attento vaglio della posizione del terzo creditore.
4. Con il secondo ricorso, riguardante i crediti ipotecari sui beni del Consorzio L., deduce i vizi ex art. 606 comma 1 lett. c) ed e) cod. proc. pen., in relazione all'art. 52 del Dlgs. n. 150/11. Premesso che la decisione in questione interviene in sede di rinvio disposto dalla prima sezione penale con sentenza 16527/2021, si osserva che il tribunale avrebbe trascurato di esaminare in via preliminare il nesso di strumentalità del credito con l'attività illecita del soggetto destinatario della confisca, trascurando il principio per cui, solo ove non sia stata esclusa la strumentalità del credito rispetto alla attività illecita incombe, in capo al creditore, perché possa far valere il suo diritto, l'onere di dimostrare l'ignoranza in buona fede di tale nesso di strumentalità. Sul punto, il tribunale non avrebbe svolto alcun accertamento idoneo a verificare l'esistenza o meno del citato nesso di strumentalità, avendo solo fatto uso dell'avverbio "certamente" per sostenere che le linee di credito concesse erano agevolatrici della truffa perpetrata, né potendo dimostrare ciò attraverso il rilievo per cui sui conti correnti giungevano i contributi pubblici, poi distratti, atteso che i crediti concessi dalla Banca Antonveneta al Consorzio sarebbero successivi al finanziamento erogato al consorzio e correlato ai fatti di rilevanza penale giustificativi della confisca, così che le linee di credito concesse non manifesterebbero alcuna strumentalità rispetto ad una attività illecita e non desumibile né conoscibile dagli organi della banca. Nè il tribunale specifica in che modo il mutuo ipotecario o l'apertura di credito in conto corrente abbia"'0 agevolato l'attività truffaldina degli amministratori del Consorzio citato. Tanto più in considerazione della anteriorità della consumazione dei due reati di truffa rispetto alla duplice erogazione di credito. Mancherebbe anche ogni indicatore presente al momento della erogazione del credito e dimostrativo di collegamenti tra gli amministratori del consorzio e la loro attività illecita rispetto alla concessione dei finanziamenti. In ogni caso, le attività illecite ascritte al Consorzio si sarebbero realizzate solo mediant la provvista finanziaria proveniente dal contribuito statale, senza coinvolgere quella, successiva, conseguente alla concessione del credito. Inoltre, si osserva che sino al 2005 non era emerso alcun indice di pericolosità nei confronti degli amministratori del Consorzio e la emersione di tale pericolosità non era pienamente intellegibile da parte di terzi, tra cui la Banca Antonveneta.
Con riguardo alla parte motivazionale dell'atto, inerente i profili della buona fede e dell'incolpevole affidamento, si premette che il primo aspetto va dimostrato solo in via subordinata, rispetto al nesso strumentale, ossia solo quando quest'ultimo sia ricorrente, e si osserva che il tribunale, per sostenere l'assenza di diligenza richiesta all'operatore bancario, avrebbe genericamente richiamato la sentenza di merito e il decreto di sequestro, senza indicare le pagine di tali provvedimenti a fondamento di tale rilievo né i fatti e condotte da cui evincere il predetto difetto. Con il sostenere, in particolare, che la prima tranche del contributo statale sarebbe stata immediatamente distratta, si sarebbero riferiti indistintamente movimenti bancari frutto di giroconti su altri conti correnti che avrebbero dovuto destare allarme negli operatori bancari, richiamando i "movimenti opachi" citati nella sentenza di condanna, e sostenendo in via puramente astratta che con verifiche contabili la banca avrebbe potuto individuare quanto poi emerso nel corso della istruttoria dibattimentale. Né si sarebbe tenuto conto della differenza tra l'efficacia e pervasività del controllo operato dagli investigatori e quello esercitabile dalla banca. Nessun peso poi, avrebbe la circostanza per cui era ridotto l'ammontare del fondo consortile, ove si consideri che f nonostante quel modesto fondo, il Consorzio ottenne già la prima tranche di 15 milioni del contributo statale, oltre al fatto che si trattava di un ente patrimonializzato, atteso che su suoi terreni erano state accese due ipoteche a garanzia dei crediti. Come anche insignificante sarebbe il rilievo espresso in ordine alla dimensioni, di portata nazionale, della banca.
5. Il Ministero dell'Economia e delle Finanze deduce i vizi ex art. 606 comma 1 lett. b) c) ed e) cod. proc. pen. per l'omessa pronunzia da parte del tribunale di Matera - ritenuta doverosa per ragioni di consequenzialità logica e giuridica rispetto alle questioni affrontate e decise dal giudice dell'esecuzione - riguardo alla domanda, formulata dal predetto ente, di ordinare al conservatore dei registri immobiliari la cancellazione delle ipoteche iscritte a garanzia dei crediti bancari azionati e di cui alle domande respinte da parte del tribunale.
Motivi della decisione
1. Il primo ricorso, proposto da J. s.p.a., riguardante il credito ipotecario su beni confiscati nei confronti della società L. M. Club s.r.l., è fondato, atteso che il tribunale ha concentrato le proprie considerazioni, come sarà di seguito illustrato, solo in ordine alle questioni riguardanti i crediti ipotecari relativi ai beni del Consorzio L..
2. Quanto al secondo ricorso, riguardante i crediti ipotecari sui beni del Consorzio L., con cui si prospettano i vizi ex art. 606 comma 1 lett.
c) ed e) cod. proc. pen., in relazione all'art. 52 del Dlgs. n. 150/11., esso è inammissibile.
Posto che l'indistinta invocazione, in rubrica, di vizi ex art. 606 comma 1 lett. e) cod. proc. pen., è causa del vizio di inammissibilità del ricorso, atteso che il ricorrente deve specificare con precisione se la deduzione di vizio di motivazione sia riferita alla mancanza, alla contraddittorietà od alla manifesta illogicità ovvero a una pluralità di tali vizi, che vanno indicati specificamente in relazione alle varie parti della motivazione censurata. (Sez. 2A, sentenza n. 31811 dell'8 maggio 2012, Rv. n. 254329), occorre verificare se e quale sia il vizio di motivazione in concreto dedotto in questa sede, ove risulti superabile l'indistinta invocazione in rubrica di deficit motivazionali..
Deve allora ritenersi che la censura qui in esame, inizialmente concentrata sul tema della verifica della previa sussistenza del nesso di strumentalità del credito vantato, con la attività illecita del condannato, al di là del richiamo indistinto al vizio ex art. 606 comma 1 lett. Q) cod. proc. pen., sia stata delimitata, alla luce della ulteriore e progressiva elaborazione del motivo, in punto di sola carenza di motivazione. Invero insussistente.
Va osservato che al di là delle premesse teoriche, il tribunale ha dapprima esaminato - ancorchè il dictum di rinvio stabilito dalla Corte di Cassazione fosse incentrato essenzialmente sul profilo della buona fede del terzo creditore -, il tema del nesso di strumentalità sopra citato, rinvenendone la sussistenza attraverso una specifica motivazione, tale da escludere il vizio di carenza della stessa Motivazione che peraltro appare congrua, laddove il collegio ha rilevato come le linee di credito concesse al Consorzio L. e alle società in esso gravitanti erano agevolative della truffa ordita atteso che sui conti - ancorchè aperti dopo l'avvio dei reati - convergevano contributi progressivamente erogati, quali atti dispositivi della truffa stessa - reato quindi in corso - poi ulteriormente prelevati e distratti illecitamente.
Decisione questa che, invero, appare in linea con l'indirizzo dettato in tema di misure di prevenzione, per cui l'accertamento di strumentalità in parola deve avere riguardo alla verifica che il credito erogato sia o meno strumentale all'attività illecita ovvero anche a quella che ne costituisca il frutto o il reimpiego (Sez. 6, n. 55715 del 22/11/2017 Rv. 272232 - 01).
Né è dato rinvenire, per quanto sopra esposto, alcun vizio ex art. 606 comma 1 lett. c) cod. proc. pen. indicato in rubrica, in relazione al citato art. 52, posto peraltro che l'art. 606, comma 1, lett.b), cod. proc. pen., rimanda a violazioni di norme previste a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza, in cui non rientra quella citata.
Accertato quindi, da parte del tribunale di Matera, che il credito era strumentale all'attività illecita o a quella che ne costituiva il frutto o il reimpiego, si deve tenere conto, nel prosieguio dell'esame della ordinanza qui impugnata, del principio per cui è onere del creditore provare di avere ignorato in buona fede tale nesso di strumentalità, prestando un affidamento incolpevole nella relativa operazione negoziale; e la legge (art. 52, comma 3, del citato d.lgs. n. 159 del 2011) indica i criteri in base ai quali valutare la buona fede, precisando che il giudice deve tenere conto «delle condizioni delle parti, dei rapporti personali e patrimoniali tra le stesse e del tipo di attività svolta dal creditore, anche con riferimento al ramo di attività, alla sussistenza di particolari obblighi di diligenza nella fase precontrattuale nonché, in caso di enti, alle dimensioni degli stessi».
E' stato così precisato (da ultimo Sez. 6 - n. 27692 del 19/05/2021 Rv. 281821 - 01) che la buona fede è rinvenibile allorquando emerga una credibile inconsapevolezza delle attività svolte dal prevenuto e, a tal fine, il legislatore ha inteso richiamare il concetto civilistico della tutela dell'affidamento incolpevole, per cui il convincimento del terzo sulla situazione apparente deve essere incolpevole e la relativa indagine sul punto deve compiersi caso per caso, con riferimento alla ragionevolezza dell'affidamento, che non potrà essere invocato da chi versi in una situazione di negligenza, ad esempio per avere notevolmente trascurato l'osservanza di obblighi derivanti dalla stessa legge ovvero per non avere osservato comuni norme di prudenza, attraverso cui accertarsi della realtà delle cose, anziché affidarsi alla mera apparenza dei fatti (in questo senso cfr. Sez. 6, n. 25505 del 02/03/2017 Rv. 270028 - 01; Cass. Sez. 6, n. 50018 del 17 settembre 2015, Intesa Sanpaolo S.p.a., Rv. 265930; Cass. Sez. 2, n. 10770 del 29 gennaio 2015, Island Refinancing S.r.l., Rv. 263297).
Quanto poi alla verifica dell'onere di diligenza anche in correlazione alle connotazioni del creditore istante, ex art. 52 cit. terzo comma, con specifico riferimento alle ipotesi in cui il creditore ricorrente è un istituto di credito, si è condivisibilmente affermato che "glì operatori bancari esperti nelle norme e negli usi bancari nonché nella normativa in materia di reimpiego o riciclaggio di attività illecite, nella concessione del credito si attengono normalmente ad un livello di diligenza piuttosto elevato, essendo tenuti a verificare l'affidabilità di coloro che richiedono il finanziamento attraverso la richiesta e l'esame di tutta la documentazione necessaria per garantire opportunamente la banca, oneri che si sono rafforzati dopo l'entrata in vigore della Legge n.346/1986, cd. Rognoni- La Torre" (Sez. 6, n. 50018 del 17/09/2015, Intesa Sanpaolo S.p.a, 265930).
La buona fede, dunque, in siffatte situazioni non può che passare dalla regolarità delle attività di istruzione della pratica secondo le comuni regole e prassi bancarie nonché dal rispetto della normativa antiriciclaggio (Sez. 6, n. 36690 del 30/06/2015, Banca Monte Dei Paschi Di Siena s.p.a., Rv. 265606). Per l'esclusione del credito, l'inosservanza degli obblighi gravanti sull'operatore del settore non rileva in quanto tale, ma deve sussistere un nesso di causalità tra il mancato rispetto di detti obblighi e la mancata conoscenza del nesso di strumentalità prima dell'erogazione del credito (Sezione 2, n. 7879 del 30 gennaio 2020, n.m.).
Di tali principi il tribunale ha fatto applicazione, redigendo una motivazione in sintonia con gli stessi, come tale ancora una volta lontana dall'unico vizio dedotto sul piano argomentativo dell'atto impugnato, come enucleabile alla luce della progressiva formulazione del motivo in esame, ovvero di carenza di motivazione (pur a fronte di una reiterata, indistinta invocazione, al termine del motivo stesso, ancora una volta del triplice vizio di mancanza, contraddittorietà e illogicità della motivazione).
Laddove l'unico richiamo ad una ritenuta contraddittorietà, collegata al tema del rapporto tra concessione del credito ed epoca (anteriore) di emersione della truffa, appare eminentemente incidentale nell'economia della· censura, oltre che privo di ogni illustrazione sulla incidenza, travolgente, del vizio, in ordine alla complessiva argomentazione; tanto più ove si consideri la linearità dell'argomentazione circa la correlazione tra l'erogazione del credito e la truffa (oltre che gli altri delitti correlati), ancora in corso in relazione alle progressive erogazioni statali: posto che la strumentalità può anche essere sopravvenuta rispetto ad un reato già in corso.
Significativamente, in particolare, il tribunale, nel ritenere che l'istante non avrebbe dimostrato la dovuta diligenza del creditore originario nello svolgere doverosi accertamenti nei confronti del Consorzio e delle società aderenti, ha dapprima osservato come, di seguito alla distrazione della prima tranche erogata dallo Stato, fossero derivati movimenti bancari, opachi, con giro conti su altri conti correnti accessi presso la Filiale di Matera, tali da mettere in allarme l'istituto di credito. Con indicazioni, quali il collegamento esistente tra l'erogazione statale e la sua movimentazione opaca e distrattiva su conti della stessa filiale dell'Istituto creditore, certamente non privi di riferimenti individuabili, quanto alla possibilità di eventualmente contestare il fondamento delle predette affermazioni. Notazioni analoghe si rinvengono anche laddove il tribunale ha sottolineato la rilevabilità, da parte dell'Istituto di Credito, anche in ossequio alle norme antiriciclaggio, di una osmosi tra i vari conti e di giri di danaro irregolari, come emerso in sede di istruttoria dibattimentale e citato nella finale sentenza. Senza che tale ultima affermazione possa essere contestata solo negando - come nel caso di specie - l'esistenza di precise indicazioni in sentenza, senza alcuna allegazione della medesima, come doveroso in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso.
In tale cornice si innesta, in maniera organica, la notazione dell'avvenuta concessione del credito secondo "avventatezza", posto che il consorzio era stato costituito con un fondo di soli 7500,00 euro e che, peraltro, talune delle società costituenti il medesimo consorzio erano inattive, "scatole vuote", tanto da non disporre di dipendenti, di macchinari o impianti e da non avere svolto in precedenza lavori né da avere attività produttive in corso. Così che il credito concesso mostrava rischiosità anche a fronte di oscurità dei soggetti finanziati, tanto più in considerazione, come congruamente ha rilevato in tale quadro complessivo il tribunale, della conoscibilità delle caratteristiche reali del consorzio da parte dell'Istituto originario creditore, in ragione sia delle dimensioni di rilievo nazionale sia della conoscibilità della situazione siccome inserita in una piccola realtà provinciale, tale per cui erano da ritenersi facilmente conoscibili gli operatori economici di interesse.
La manifesta infondatezza dei vizi dedotti, emerge oltre che alla luce delle pregresse considerazioni, dimostrative della sussistenza di un'adeguata analisi della carenza di elementi dimostrativi di buona fede, anche in ragione dell'affermato onere, del terzo creditore, di dimostrare la propria buona fede, e quindi il corretto affidamento in sede di erogazione del credito, certamente non realizzabile esclusivamente contestando, come nel caso di specie, la mancata dimostrazione della insussistenza della invocata buona fede, con assente deduzione degli elementi di adeguato conforto di tale tesi: infatti, per quanto sin qui rilevato circa l'onere del terzo creditore di dimostrare la propria buona fede, ancor più si deve richiedere allo stesso, quale ricorrente, l'adempimento di un onere di specificità nel confutare le considerazioni di eventuale rigetto della richiesta di ammissione al riparto della somma ricavata dalla vendita di beni confiscati, ove queste non si riducano ad una mera motivazione carente ovvero apparente.
3. Il ricorso proposto dal Ministero dell'Economia e delle Finanze è manifestamente infondato con riferimento, in parte qua, al rigetto, da parte del tribunale, della domanda avanzata con riguardo al credito ipotecario su beni
confiscati nei confronti della società L. M. Club s.r.l., in ragione della sopra rilevata fondatezza del ricorso al riguardo proposto da J. s.p.a.,
Fondati invece sono gli analoghi ricorsi proposti per l'omessa pronunzia, da parte del tribunale di Matera - ritenuta doverosa per ragioni di consequenzialità logica e giuridica rispetto alle questioni affrontate e decise dal giudice dell'esecuzione - riguardo alla domanda, formulata dal predetto ente, di ordinare al conservatore dei registri immobiliari la cancellazione delle ipoteche iscritte a garanzia dei crediti bancari azionati e di cui alla domanda proposta da I. e J. S.P.A. in ordine ai beni confiscati al Consorzio L., C. s.r.l. e B. s.r.l. e respinte da parte del tribunale. Con queste ultime due rimaste incontestate in questa sede.
In proposito, questo tollegio ritiene debba ribadirsi il condivisibile orientamento espresso da questa suprema Corte, per cui spetta al giudice dell'esecuzione, che accerti, nel corso dell'apposito incidente, la mancanza di buona fede del terzo che vanti diritti reali di garanzia sul bene confiscato, il potere di ordinare la cancellazione delle garanzie reali costituite in mala fede, in quanto provvedimento meramente consequenziale al compiuto accertamento circa la mancanza di buona fede, l'inefficacia del diritto reale di garanzia e, quindi, la sua estinzione per effetto della confisca con trasferimento della proprietà allo Stato. (Sez. 1, n. 29378 del 29/04/2010 Rv. 247859 - 01)
5. Alla stregua di quanto sinora esposto, deve essere annullata senza rinvio l'ordinanza impugnata limitatamente all'omesso ordine al conservatore dei registri immobiliari territorialmente competente di provvedere alla cancellazione dell'ipoteca iscritta su beni confiscati a garanzia del credito vantato da Siena N. 2018 SRL nei confronti del consorzio "L.", C. s.r.l. e B. s.r.l., ordine che dispone. Annulla la medesima ordinanza in relazione al credito vantato da Siena N. 2018 SRL nei confronti della società " L. M. Club S.R.L." e rinvia per nuovo giudizio sul punto al Tribunale di Matera. Rigetta nel resto i ricorsi del Ministero dell'economia e delle Finanze e del Demanio. Dichiara inammissibile il ricorso della J. SPA, quale rappresentante di Siena N. 2018 SRL., a firma dell'avv. Ettore Lo Nigro Guida, e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata limitatamente all'omesso ordine al conservatore dei registri immobiliari territorialmente competente di provvedere alla cancellazione dell'ipoteca iscritta su beni confiscati a garanzia del credito vantato da Siena N. 2018 SRL nei confronti del consorzio "L.", C. s.r.l. e B. s.r.l., ordine che dispone. Annulla la medesima ordinanza in relazione al credito vantato da Siena N. 2018 SRL nei confronti della società " L. M. Club S.R.L." e rinvia per nuovo giudizio sul punto al Tribunale di Matera. Rigetta nel resto i ricorsi del Ministero dell'economia e delle Finanze e del Demanio. Dichiara inammissibile il ricorso della J. SPA, quale rappresentante di Siena N.2018 SRL., a firma dell'avv. Ettore Lo Nigro Guida, e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.