Può un'azienda ospedaliera stipulare una polizza, oltre che per tutelare sé stessa, anche per tenere indenni i propri medici dipendenti da eventuale responsabilità civile?
Gli attori convenivano in giudizio l'Azienda ospedaliera e il medico dipendente della stessa per chiedere il risarcimento dei danni patiti per via della morte del familiare riconducibile alla mancata tempestività con cui essi avevano diagnosticato la malattia tumorale dalla quale egli era affetto.
I convenuti chiamavano a loro volta in causa le rispettive...
Svolgimento del processo
1. Nel 2011 D.F., M.P. e M.P. convennero dinanzi al Tribunale di Roma l'Azienda Ospedaliera S. e la dottoressa C.L., medico dipendente della suddetta Azienda, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni patiti in conseguenza della morte del proprio familiare B.P., ascritta dagli attori all'intempestività con cui i convenuti diagnosticarono la malattia tumorale da cui quest'ultimo era affetto.
2. L'Azienda Ospedaliera si costituì e, oltre a chiedere il rigetto della domanda, chiamò comunque in causa i propri assicuratori della responsabilità civile, e cioè i L. e la F. Assicurazioni s.p.a., per esserne garantita in caso di accoglimento della domanda.
3. Anche C.L. si costituì e chiamò in causa, per essere manlevata in caso di accoglimento della domanda attorea:
-) le società I.-A. e F.-S. s.p.a. (che in seguito muterà ragione sociale in U. s.p.a., e come tale sarà d'ora innanzi indicata), con le quali aveva stipulato altrettanti contratti di assicurazione della propria responsabilità civile;
-) i L., assumendo che la polizza da questi ultimi stipulata con l'Azienda Ospedaliera copriva anche la responsabilità dei medici dipendenti dell'amministrazione contraente.
4. I L. si costituirono eccependo:
-) nei confronti dell'Azienda Ospedaliera, di aver sottoscritto una quota di coassicurazione del rischio pari al 50%; l'esistenza di una franchigia e l'infondatezza della domanda di manleva con riferimento alle spese di chiamata in causa;
-) nei confronti di C.L., che la copertura a favore dei propri dipendenti stipulata dall'Azienda Ospedaliera prevedeva che, qualora i dipendenti dell'Azienda avessero stipulato per proprio conto altre polizze a copertura della propria responsabilità civile, l'indennizzo dovuto dai L. sarebbe stato limitato alla quota risultante dall'applicazione dei criteri di cui all'art. 1910 c.c..
Sicché, avendo C.L. stipulato per proprio conto altre due assicurazioni della propria responsabilità civile, la garanzia prestata dai L. andava limitata nei suddetti termini.
5. Con sentenza 6 giugno 2013 n. 12396 il Tribunale di Roma accolse la domanda principale; condannò L. a tenere indenni integralmente l'Azienda Ospedaliera e C.L. dalle pretese attoree; rigettò la domanda di garanzia proposta da quest'ultima nei confronti dell'I.-A. e della U..
La sentenza venne appellata in via principale dai L., ed in via incidentale dalla U. e dai tre danneggiati.
6. Con sentenza 4 luglio 2019 n. 4509 la Corte d'appello di Roma accolse parzialmente il gravame dei L., limitando l'obbligo di manleva alla sola quota di coassicurazione da essi sottoscritta (come s'è detto, il 50%). La Corte d'appello ritenne, invece, corretta la decisione del Tribunale nella parte in cui aveva rigettato l'eccezione di riduzione dell'indennizzo ex art. 1910 c.c. nei confronti di C.L., per effetto della clausola "a secondo rischio".
Osservò la Corte d'appello che tale clausola non giovasse all'assicuratore per due ragioni: sia per "la mancata adesione" ad essa da parte "dell'assicurato"; sia perché la clausola "a secondo rischio" esclude l'obbligo indennitario dell'assicuratore quando l'assicurato abbia stipulato un'altra assicurazione a copertura del medesimo rischio. Nel caso di specie, invece, la polizza stipulata da C.L. con la U. e la G. aveva ad oggetto "un rischio del tutto diverso" rispetto a quello coperto dalla polizza stipulata dall'Azienda Ospedaliera con i L.. Quest'ultima, infatti, aveva ad oggetto la responsabilità dell'ospedale e non quella dei medici suoi dipendenti; la polizza stipulata da C.L. aveva invece ad oggetto la responsabilità personale del medico stipulante.
7. La sentenza d'appello è stata impugnata per cassazione dai L., con ricorso fondato su due motivi ed illustrato da memoria.
Hanno resistito con controricorso la G.I. s.p.a. (nuova ragione sociale della I.-A.) e la U. s.p.a., la quale ha altresì depositato memoria.
Motivi della decisione
1. Col primo motivo i L. lamentano, ai sensi dell'art. 360 n. 3 c.p.c., la violazione degli artt. 1362 e 1363 c.c..
Formulano una tesi giuridica così riassumibile:
-) la polizza stipulata dai L. con l'azienda ospedaliera S.C. definiva quali soggetti assicurati "i dipendenti del contraente", e precisava che l'Azienda ospedaliera stipulava il contratto sia per conto proprio, "sia per conto delle altre persone assicurate";
-) a fronte di questa chiara lettera, la Corte d'appello aveva tuttavia ritenuto che il contratto stipulato dall'Azienda Ospedaliera con i L. coprisse soltanto la responsabilità propria dell'ospedale (sia per fatto proprio, sia per fatto altrui), ma non la responsabilità dei dipendenti dell'ospedale;
-) di conseguenza, poiché il contratto stipulato dalla Azienda Ospedaliera doveva qualificarsi (anche) come un'assicurazione per conto altrui a beneficio dei dipendenti, questi ultimi avrebbero potuto invocare i benefici della polizza soltanto "a secondo rischio", e dunque nell'ipotesi in cui non avessero beneficiato di altre coperture assicurative, oppure nell'ipotesi in cui queste ultime fossero state incapienti od inefficaci;
-) nel caso di specie la dottoressa C.L. aveva stipulato ben due diverse assicurazioni a copertura della propria responsabilità civile, e pertanto la Corte d'appello avrebbe potuto condannare i L. a tenere indenne C.L. soltanto nel caso di inoperatività o incapienza delle altre assicurazioni da lei stipulate.
1.1. Il motivo è fondato.
I L. e l'Azienda Ospedaliera hanno stipulato un contratto di assicurazione della responsabilità civile.
L'assicurazione della responsabilità civile è un'assicurazione di patrimoni, non di cose. Il rischio coperto è l'impoverimento del responsabile d'un fatto illecito o d'un inadempimento, costretto a risarcire i danni causati a terzi con la propria condotta.
1.2. Come tutte le assicurazioni contro i danni, anche l'assicurazione di responsabilità civile può essere stipulata per conto proprio o per conto altrui (art. 1891 c.c.).
L'assicurazione di responsabilità civile stipulata per conto proprio coprirà il rischio di impoverimento del contraente; quella stipulata per conto altrui coprirà il rischio di impoverimento di persone diverse dal contraente, a prescindere dal fatto che quest'ultimo possa o non possa essere chiamato a rispondere del loro operato.
1.3. La distinzione tra assicurazione per conto proprio ed assicurazione per conto altrui non va confusa con quella tra assicurazione della responsabilità civile per fatto proprio e assicurazione della responsabilità civile per fatto altrui.
La prima distinzione dipende, come s'è detto, dalla coincidenza o meno tra il contraente e il titolare dell'interesse esposto al rischio: e quindi dipende dall'interesse assicurato.
La distinzione tra assicurazione (della responsabilità civile) per fatto proprio e assicurazione (della responsabilità civile) per fatto altrui dipende invece dal titolo della responsabilità dedotta ad oggetto del contratto.
Nel primo caso (assicurazione della r.c. per fatto proprio) l'assicuratore copre il rischio di impoverimento dell'assicurato derivante da una condotta tenuta da lui personalmente; nel secondo caso (assicurazione della r.c. per fatto altrui) l'assicuratore copre il rischio di impoverimento dell'assicurato derivante da fatti commessi da persone del cui operato quello debba rispondere.
1.4. In virtù della distinzione strutturale tra i due tipi di assicurazione della responsabilità civile appena ricordati, essi possono tra loro cumularsi. E' dunque possibile stipulare:
(a) una assicurazione della responsabilità civile per fatto dell'assicurato (ad es., un ospedale che si garantisce contro il rischio di dovere risarcire danni causati da propri deficit strutturali od organizzativi);
(b) una assicurazione della responsabilità civile per fatto di persone del cui operato l'assicurato debba rispondere (ad es., un ospedale che si garantisce contro il rischio di dovere risarcire danni causati dai propri dipendenti);
(e) una assicurazione della responsabilità civile altrui (sia per fatto dell'assicurato, che per fatto di persone del cui operato l'assicurato debba rispondere).
Una struttura ospedaliera può dunque teoricamente assicurare:
(a) la responsabilità propria, tanto se dipendente da deficit organizzativi (assicurazione di r.c. per conto proprio e per fatto proprio); quanto se dipendente da colpa dei sanitari (assicurazione di r.c. per conto proprio e per fatto altrui, espressamente prevista dall'art. 1900, comm2 2, c.c.);
(b) la responsabilità dei medici (assicurazione di r.c. per conto altrui, ex art. 1891 c.c.).
1.5. E' alla luce di questi princìpi che va esaminata la censura proposta dai L. col primo motivo di ricorso.
Nel caso di specie il contratto di assicurazione stipulato dall'Azienda Ospedaliera stabiliva che esso era stipulato "per conto proprio e per conto delle altre persone assicurate".
Il glossario delle definizioni contrattuali, poi, elencava tra i soggetti rientranti nella nozione di "assicurati" i seguenti: ''tutti i dirigenti, i funzionari e i dipendenti del contraente e tutti i soggetti non dipendenti che partecipano, a qualsiasi titolo, alle attività" dell'Azienda Ospedaliera.
Un contratto di assicurazione della r.c. nel quale si affermi che la polizza è stipulata "per conto del contraente e degli altri assicurati"; e poi includa tra gli "altri assicurati" i dipendenti del contraente, non consente dubbi di sorta sulla sua qualificazione: si tratta di una polizza stipulata a copertura tanto della responsabilità della struttura (per fatto proprio od altrui); quanto della responsabilità dei suoi dipendenti.
La Corte d'appello di Roma, nonostante la limpidezza del testo contrattuale, ha nondimeno ritenuto che il contratto di assicurazione stipulato dalla Azienda Ospedaliera coprisse unicamente la responsabilità della struttura per fatto proprio od altrui, non quella dei medici in essa operanti.
1.6. Questa statuizione è doppiamente erronea.
In primo luogo è erronea perché ha effettivamente violato l'art. 1362 c.c., attribuendo al contratto un significato apertamente incoerente col senso fatto proprio dalla connessione delle parole.
In secondo luogo è erronea per manifesta illogicità: se, infatti, davvero la polizza stipulata dall'Azienda Ospedaliera con i L. avesse coperto soltanto la responsabilità civile dell'Azienda stessa, e non quella dei suoi dipendenti, la domanda di garanzia proposta da C.L. nei confronti dei L. non si sarebbe potuta accogliere, ma si sarebbe dovuta rigettare per mancanza ab imis di un contratto di assicurazione.
1.7. Una volta stabilito che tanto la polizza stipulata dall'Azienda Ospedaliera con i L., quanto le polizze stipulate da C.L. con G. e U., avevano tutte ad oggetto la responsabilità personale di C.L., spetterà al giudice di rinvio stabilire se ed in che misura L., G. I. ed U. siano tenuti alla manleva, applicando i patti contrattuali o, in mancanza, le previsioni di cui all'art. 1910 c.c..
2. Col secondo motivo i L. censurano la sentenza d'appello nella parte in cui ha ritenuto inoperante la clausola "a secondo rischio", inserita nel contratto stipulato con l'Azienda Ospedaliera, sul presupposto che ad essa avesse "aderito l'assicurato".
Deduce che la Corte d'appello, così statuendo, ha violato l'art. 1891 c.c., in virtù del quale nell'assicurazione per conto altrui i patti concordati tra contraente ed assicuratore sono senz'altro opponibili al terzo beneficiario.
2.1. Il motivo è fondato.
Qualsiasi patto contenuto in un contratto di assicurazione per conto altrui è valido ed efficace a prescindere dalla "adesione" ad esso del terzo beneficiario, come è chiaramente stabilito dall'art. 1891, terzo comma, c.c..
3. Le spese del presente giudizio di legittimità saranno liquidate dal giudice del rinvio.
P.Q.M.
la Corte di cassazione:
(-) accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d'appello di Roma, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.