Ai fini del delitto di dichiarazione fraudolenta, l'inesistenza delle operazioni fatturate non può essere desunta dal solo fatto che il soggetto erogatore delle prestazioni sia anche l'amministratore di fatto della società.
Svolgimento del processo
1. Con sentenza del 29 marzo 2019, il G.U.P. del Tribunale di Torino condannava MV alla pena, condizionalmente sospesa, di mesi 8 di reclusione, in quanto ritenuto colpevole del reato di cui all'art. 2 del d. lgs. n. 74 del 2000, a lui contestato al capo C, perché, quale legale rappresentante della AG s.r.l., al fine di evadere le imposte sui redditi e sull'iva, indicava nelle dichiarazioni annuali relative agli anni di Imposta 2011 e 2012 elementi passivi fittizi, avvalendosi di fatture per operazioni inesistenti emesse dalla ditta individuale AS di GL , per un importo complessivo, rispetto al 2011, di euro 35.554,24 di imponibile e di euro 7.328,90 di iva e, quanto al 2012, di euro 34.784,93 dì Imponibile e di euro 7.304,83 di iva; fatti commessi in Torino, rispettivamente, il 24 novembre 2011 e il 19 novembre 2012, ossia nelle date di presentazione delle rispettive dichiarazioni Mod. Unico.
Con sentenza del 29 marzo 2021, la Corte di appello di Torino, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, concedeva all'imputato Il beneficio della non menzione e confermava nel resto la decisione del G.U.P.
2. Avverso la sentenza della Corte di appello piemontese, V , tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando tre motivi.
Con Il primo, il ricorrente contesta come sia giuridicamente e logicamente errata l'affermazione della sentenza Impugnata, secondo cui la posizione di GL, quale amministratore di fatto della AG s.r.l., sarebbe incompatibile con quella di soggetto esterno che fornisce un contributo in termini di consulenza, non potendo da ciò desumersi l'Inesistenza delle fatture emesse. Ben può accadere, Infatti, che l'amministratore di una società svolga, sempre per la medesima compagine societaria, un'attività lavorativa ulteriore rispetto al ruolo gestorio e pretendere per questo un compenso separato e distinto, tanto è vero che il legislatore, a seguito della sentenza delle Sezioni Unite civili di questa Corte n. 3240 del 12 febbraio 2010, è intervenuto, sempre nel 2010 (con il decreto legge n. 70 del 2010, convertito dalla legge n. 122 del 2010), per introdurre una nuova norma, volta a fornire un'interpretazione autentica dell'art. 1 comma 208 della legge n. 662 del 1996, ciò al fine di individuare il regime previdenziale applicabile nel caso di svolgimento di duplice attività lavorativa all'interno della società, per cui la situazione ritenuta nella sentenza gravata sintomatica della falsità delle fatture emesse, in realtà, si presenta come lecita.
Con il secondo motivo, la difesa censura l'attribuzione all'imputato dei poteri gestori, dovendo V essere identificato come una mera "testa di legno", essendo egli mero prestanome di L , vero dominus della società, poiché era questi la persona che si occupava dei rapporti con clienti e fornitori.
È stata in tal senso dedotta la violazione dell'art. 2380 bis cod. civ., rilevandosi che le azioni concretamente intraprese non possono essere qualificate come attività di gestione della società, essendosi egli occupato di compiti meramente materiali, come la consegna di documentazione alla commercialista, risultando generica l'affermazione proveniente da un teste circa il fatto che V collaborasse con l'amministratore di fatto o avesse preso le redini della società.
Con il terzo motivo, infine, oggetto di doglianza è il giudizio sulla sussistenza dell'elemento soggettivo del reato, avendo le sentenze di merito ritenuto sussistente in capo a V il dolo eventuale, derivante dalla accettazione della carica e dall'adempimento dei doveri di controllo, senza tuttavia valutare in concreto gli indici di fatto dai quali desumere che l’imputato fosse a conoscenza dell'attività ritenuta illecita, o quantomeno che egli possa avere avuto il sospetto di ciò e abbia scelto deliberatamente di disinteressarsene. Il dolo eventuale, infatti, è compatibile con il reato contestato, ma deve essere inteso in termini di lucida accettazione da parte dell'agente dell'evento lesivo, e quindi anche del fine di evasione, come conseguenza della sua condotta, Il che nel caso di specie non è avvenuto, tanto più ove si consideri che della gestione di fatto della società si occupava una persona diversa dall'amministratore formale.
Motivi della decisione
Il ricorso è fondato, nei termini e con gli effetti di seguito esposti.
1. Prima di soffermarsi sulle censure difensive, occorre premettere che, secondo la prospettazione accusatoria (capo C) recepita dai giudici di merito, MV, quale amministratore di diritto della AG, avrebbe indicato nelle dichiarazioni annuali concernenti gli anni di imposta 2011 e 2012, elementi passivi fittizi, avvalendosi di fatture per operazioni inesistenti aventi ad oggetto "compenso per consulenza del dottore naturopata", fatture emesse nel confronti di AG s.r.l. dalla ditta individuale di cui era titolare GL il quale era anche amministratore di fatto della AG s.r.l.
Ora, a prescindere dalle successive valutazioni circa la configurabilità dell'elemento oggettivo del reato, deve osservarsi, in risposta al secondo e al terzo motivo di ricorso, che, almeno sul piano soggettivo, l'ascrivibilità della condotta al ricorrente appare immune da censure, avendo V sottoscritto le dichiarazioni ritenute fraudolente quale legale rappresentante della società.
Peraltro, come evidenziato dai giudici di merito all'esito .di un rigoroso accertamento fattuale non suscettibile di essere messo in discussione in questa sede, il ricorrente non era affatto una "testa di legno" o una sorta di fattorino, come evocato dalla difesa, operando egli nella società, dove peraltro percepiva un compenso mensile, con poteri gestori effettivi unitamente a GL.
Ciò è stato riferito dalla dipendente C e dai commercialisti V e s , avendo quest'ultimo precisato che era lo stesso V a consegnargli presso il suo studio le dichiarazioni e le scritture riguardanti la società.
Dunque, alla stregua delle convergenti dichiarazioni di persone a conoscenza dei fatti, dichiarazioni con cui il ricorso non si confronta adeguatamente, non può affatto sostenersi che l'imputato fosse all'oscuro delle dinamiche aziendali, il che si riverbera anche sulla sussistenza del dolo, essendosi in presenza di un amministratore di diritto che, in coerenza con la sua veste formale, era inserito comunque nella gestione societaria, in sinergia con l'amministratore di fatto.
2. Ribadita l'infondatezza del secondo e del terzo motivo di ricorso, devono ritenersi tuttavia pertinenti le obiezioni difensive articolate nel primo motivo e relative alla sussistenza del reato dal punto di vista oggettivo.
Deve rilevarsi in proposito che sia il G.U.P. (pag. 7-8 della sentenza di primo grado) che la Corte di appello (pag. 6 della sentenza impugnata), al fine di sostenere l'ìnesistenza delle operazioni sottese alle fatture di cui si è avvalsa la società amministrata dall'Imputato, hanno valorizzato Il fatto che GL non avrebbe potuto operare come consulente dei clienti all'Interno della AG s.r.l., atteso che egli gestiva di fatto la società, essendo la AG s.r.l. la naturale prosecuzione della ditta individuale GO continuando a operare con gli stessi mezzi della predetta impresa fallita: era stato infatti L a rivolgersi a V, suo cugino, per chiedergli di rivestire la carica di amministratore dì diritto che egli non avrebbe potuto ricoprire.
Di qui l'affermazione secondo cui le prestazioni dì consulenza fatturate erano relative a operazioni inesistenti, non potendo L essere qualificato come un professionista esterno che prestava pagamento consulenza a favore dei clienti.
2.1. Orbene, tale Impostazione non appare immune da censure.
Deve richiamarsi al r guardo l'1:1rt, 1 del d. lgs. n. 74 del 2000, che, nel contenere le definizioni delle principali nozioni sottese alle fattispecie incriminatrici contenute nel medesimo decreto, precisa, alla lettera a), che per "fatture o altri documenti per operazioni inesistenti", si intendono "le fatture o gli altri documenti aventi rilievo probatorio analogo in base alle norme tributarie, emessi a fronte di operazioni non realmente effettuate In tutto o in parte o che indicano i c6rrlspettjvi o l'imposta sul valore aggiunto In misura superiore a quella reale, ovvero che riferiscono l'operazione a soggetti diversi da quelli effettivi".
Dra, premesso che l'art. 2 del d. lgs. n. 74 del 2000, n I riferirsi all'uso di fatture o altri documenti concernenti operazioni inesistenti, non distingue tra il tipo di inesistenza eventualmente configurabile, il che impone di fare riferimento alla nozione generale di cui all'art. 1 lett. a, deve ribadirsi (cfr. Sez. 3, n. 1998 del 15/11/2019, dep. 2020, Rv. 278378) che il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti sussiste sia nell'ipotesi di inesistenza oggettiva dell'operazione, che si verifica quando la operazione o non è stata mai posta in essere, o è stata svolta in maniera parziale rispetto a quanto indicato in fattura, sia nel caso di inesistenza soggettiva, che si ha allorché la prestazione indicata nella fattura sia stata effettivamente eseguita, ma da o a favore dì un soggetto diverso da quello che risulta nel documento contabile, sia infine nell'ipotesi della cd. inesistenza giuridica o qualitativa, che ricorre quando l'operazione vi sia stata, ma siano indicati in fattura, rispetto al corrispettivo o all'iva, importi differenti da quelli reali; dunque, entro questi limiti, oggetto di repressione penale è ogni tipo di divergenza tra la realtà commerciale e la sua espressione documentale.
2.2. Ciò posto, non può non evidenziarsi che, nel caso di specie, i giudici di merito non hanno specificato a quale categoria di operazione inesistente sarebbero riconducibili le fatture indicate nell'imputazione: invero, la stessa contestazione non specifica di che tipo di inesistenza si tratti, ma ciò non integra alcun profilo di incertezza, posto che l'art. 2 del d. lgs. n 74 del 2000, nel disciplinare il reato di dichiarazione fraudolenta, non distingue tra operazioni inesistenti dal punto di vista oggettivo, giuridico o soggettivo, ma incentra il suo disvalore sul solo utilizzo in dichiarazione di fatture o altri documenti concernenti operazioni inesistenti, senza specificare a quale categoria si riferiscano, tanto è vero che questa Corte ha precisato che non viola li principio di correlazione tra accusa e sentenza la decisione con cui l'imputato, accusato di avere, al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, indicato elementi passivi fittizi nella dichiarazione, avvalendosi di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti, sia stato condannato per l'utilizzo di fatture relative ad operazioni soggettivamente inesistenti (cfr. Sez. 3, n. 30874 del 02/03/2018, Rv. 273728). Ciò non toglie, ovviamente, che sia onere del giudice di merito chiarire in cosa sia consistita in concreto l'inesistenza delle operazioni sottese alle fatture indebitamente utilìzzate, dovendo cioè essere chiarito se si sia in presenza di un'inesistenza di tipo oggettivo, soggettivo o di tipo giuridico (o qualitativo).
Nel caso di specie, invece, i giudici di merito hanno posto l'accento solo sul dato che il soggetto erogatore delle prestazioni fosse l'amministratore di fatto della società, d to questo che, pur potendo avere un'indubbia valenza indiziaria, tuttavia non è sufficiente di per sé a giustificare l'affermazione dell'inesistenza oggettiva, soggettiva o qualitativa delle operazioni, non potendosi escludere che un amministratore, di fatto o di diritto, svolga consulenza per la sua società.
La ipotesi non incontra ostacoli normativi, avendo posto qualche incertezza sotto altri profili, come ad esempio sul regime previdenziale applicabile, come si evince dalla delle Sezioni Unite civili n. 3240 del 12/02/2010, Rv. 611599, che si è occupata della disciplina assicurativa applicabile in caso di svolgimento di attività autonome assoggettabili a forme diverse dì assicurazione obbligatoria.
Le stesse sentenze di merito, del resto, non parlano di un divieto formale circa lo svolgimento da parte del legale rappresentante di una società di attività di consulenza per conto della medesima compagine, ma evocano l'anomalia di tale situazione, senza però affrontare Il tema decisivo della configurabilità net caso di specie dell'inesistenza delle prestazioni sottese alle fatture incriminate e senza specificare se si sia in presenza di un'inesistenza oggettiva, parziale o totale, di un'inesistenza soggettiva o di un'inesistenza di tipo qualitativo o giuridico.
A tal fine, la verifica da compiere in sede di merito non può esaurirsi nel mero accertamento della coincidenza soggettiva tra amministratore e consulente della società, essendo necessario acquisire adeguati elementi probatori, anche di tipo indiziario, in grado di corroborare la tesi dell'inesistenza delle operazioni, Il che presuppone ovviamente che si chiarisca anche di che tipo di inesistenza si tratti.
3. Alla luce di tali considerazioni, stante l'accoglimento del primo motivo dì ricorso, la sentenza Impugnata andrebbe annullata con rinvio rispetto a entrambe le dichiarazioni contestate, ma, In ordine alla condotta relativa alla dichiarazione presentata Il 24 novembre 2011 rispetto all'anno di imposta 2010, deve prendersi atto dell'avvenuto decorso del termine massimo di prescrizione, pari a 10 anni ai sensi dell'art. 17 comma 1 bis del d. lgs. n. 74 del 2000, per cui, in assenza di sospensioni, il reato contestato, rispetto a tale condotta, risulta prescritto Il 24 settembre 2021, il che impone l'annullamento senza rinvio della sentenza Impugnata, essendo il reato prescritto quanto alla prima dichiarazione. Rispetto invece alla dichiarazione presentata il 19 novembre 2012, riferita all'anno di Imposta 2011, la prescrizione decennale non risulta maturata, per cui, In relazione a tale condotta, si impone l'annullamento con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Torino perché, nel solco dei principi prima affermati, verifichi se e quale ipotesi di inesistenza delle operazioni sia ravvisabile nel caso di specie, dovendosi Il ricorso essere disatteso rispetto ai due restanti motivi.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla condotta relativa alla dichiarazione riguardante l'anno di imposta 2010 per essere il reato estinto per prescrizione e con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Torino quanto alla restante condotta. Rigetta nel resto il ricorso.