Il decreto di espropriazione, non essendo dotato di autonomia propria, è da ritenersi caducato qualora gli atti a cui è inscindibilmente legato vengano meno.
Svolgimento del processo
Ritenuto che:
Con sentenza nr 4476/2016 la Corte di appello di Napoli accoglieva parzialmente l’appello principale proposto dal Comune di Casalnuovo nei confronti degli eredi di S. M. e condannava il predetto Comune al pagamento in favore degli appellati a titolo di indennità di esproprio per i manufatti e per le opere su di essi ricadenti , della complessiva somma di € 97.309,72 al netto della somma depositata presso la Cassa Depositi e Prestiti oltre agli interessi legali sulla differenza fra quest’ultima somma e quella riconosciuta con la sentenza del 30.12.2004.
Avverso tale sentenza V.M., G. M., V. M. e C. M. propongono ricorso per cassazione affidato a sette motivi cui resistono con controricorso il Comune di Casalnuovo di Napoli e la Presidenza del Consiglio dei Ministri-Commissario Straordinario per il contenzioso ed il trasferimento delle opere di cui al titolo VIII della l. 219/1981 ex DCPM 6.12.2012 la quale insta per la sospensione del presente giudizio ( opposizione all’indennità di stima) in attesa della definizione di quello avente ad oggetto il risarcimento dei danni da occupazione usurpativa che con sentenza nr 26763/2016 è stato cassato e rinviato avanti alla Corte di appello di Napoli e ritualmente riassunto dagli eredi M..
Il Comune di Casalnuovo di Napoli ha depositato in data 14 giugno memoria illustrativa.
In essa ha rappresentato che gli odierni ricorrenti parallelamente all’odierno giudizio avevano promosso un secondo nei confronti del Comune di Casalnuovo per ottenere la declaratoria di nullità o disapplicazione del decreto di esproprio emesso dal Comune, in ragione della sopravvenuta inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità, e la condanna alla restituzione dell’area espropriata.
L’odierno controricorrente ha sottolineato che detto giudizio dopo due sentenze di rigetto nella fase di merito, è pervenuto all’esame della Suprema Corte che, con sentenza n. 26763/2016 aveva accolto il ricorso per l’assorbente motivo della sopravvenuta inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità in conseguenza dell’inutile decorrenza del termine triennale di cui all’art. 1, 3° comma della legge 1/1978 (pag. 9, punto 6 della motivazione), ed aveva cassato la sentenza con rinvio alla Corte di Appello, la quale con sentenza n. 2333/2019 depositata in data 29.04.2019 – quindi successivamente alla proposizione del ricorso oggi all’esame – facendo applicazione dei principi sanciti nella sentenza della Suprema Corte, preso atto delle istanze degli appellanti, che non avevano riproposto la domanda di restituzione che formava oggetto dell’originario atto di citazione (pag. 6 penultimo ed ultimo capoverso), atteso, altresì, che il Comune aveva dichiarato che il terreno era già tornato nella disponibilità degli istanti (pag. 6 penultimo capoverso), aveva dichiarato cessata la materia del contendere; detta sentenza è passata in giudicato.
Motivi della decisione
Considerato che:
Con il primo motivo si deduce la violazione dell’art 80, comma sesto della legge 219/1981 per avere la Corte di appello riconosciuto una indennità di esproprio nella misura determinata in primo grado dal Tribunale di Napoli poi ridotta in sede di gravame in luogo dell’originaria indennità offerta dal Consorzio sulla quale si sarebbe perfezionato l’invocato titolo negoziale.
Con un secondo motivo si denuncia la violazione dell’art 9, comma terzo del Dlgs 354/1999 per avere la Corte di Appello in sede di trasferimento delle opere e degli alloggi agli enti ed ai comuni destinatari limitato la competenza di questi ultimi al compimento delle sole attività occorrenti per l’emanazione dei decreti di espropriazione.
Con il terzo motivo si duole della violazione e falsa applicazione del punto 3 dell’ordinanza 70/1982 e dell’art 12 della legge 865/1971 con riferimento all’art 360 primo comma nr 3 c.p.c. per avere la Corte di appello escluso la formazione del vincolo negoziale in assenza della relativa prova.
Con un quarto motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione della legge 219/1981 art 80 comma sesto in relazione all’art 360 primo comma nr 3 c.p.c.
Con il quinto motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione della legge 865/1971 art 20 comma terzo in relazione all’art 360 primo comma nr 3 c.p.c. per non avere riconosciuto la Corte di appello il diritto dei ricorrenti a percepire l’indennità di occupazione relativa all’area di mq 2540 in ragione della mancata immissione nel possesso.
Con il sesto motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione della legge 865/1971 art 20 comma terzo in relazione all’art 360 primo comma nr 3 per avere la Corte di appello rigettato la richiesta di pagamento dell’indennità di occupazione legittima di mq 1400,00 .
Con il settimo motivo si denuncia la violazione dell’art 91 e ss c.p.c. in relazione all’art 360 primo comma nr 3 c.p.c. per avere la Corte di appello non correttamente applicato la disciplina sulla soccombenza incorrendo in un errore di calcolo la cui correzione richiesta dal Comune avrebbe “ stravolto la sentenza”.
Ragioni di evidente priorità sul piano logico-giuridico impongono di esaminare gli effetti del giudizio conclusosi nelle more del presente giudizio con la decisione della Corte di appello, resa in sede di rinvio ed ormai passata in giudicato, sull’odierno procedimento afferente alla determinazione dell’indennità di esproprio.
Va rilevato ,in via preliminare, che la produzione della sentenza non trova ostacolo nel divieto posto dall'art. 372 c.p.c., che è limitato ai documenti formatisi nel corso del giudizio di merito.
L'art. 372 c.p.c. pertanto consente la produzione dei documenti che non potevano essere prodotti nel giudizio di merito e cioè quelli attestanti la successiva formazione del giudicato (Sez.2, 22/01/2018, n. 1534; Sez. un., 02/02/2017, n. 2735; Sez. lav., 21/11/2012, n. 20427; Sez. 1, 23/12/2010, n. 26041 Sez. 5, n. 11112 del 07/05/2008, Rv. 603135 - 01; Sez. U, n. 13916 del 16/06/2006, Rv. 589695 - 01; Sez. L, n. 16376 del 30/10/2003, Rv. 567825 - 01).
Ciò posto dagli atti di causa ed in particolare dalla decisione di questa Corte nr 26763/2016 emerge che la dichiarazione di pubblica utilità era divenuta inefficace in conseguenza dell’inutile decorrenza del termine triennale di cui all’art. 1, 3° comma della legge 1/1978 (pag. 9, punto 6 della motivazione).
Ciò ha comportato il venir meno dell’efficacia del decreto di esproprio cui è inscindibilmente legata, nella sequela procedimentale, la dichiarazione di pubblica utilità e la declaratoria della cessazione della materia del contendere da parte della Corte di appello , la quale in sede di rinvio afferente il giudizio risarcitorio, con sentenza n. 2333/2019 depositata in data 29.04.2019 ,ormai divenuta irrevocabile (come attestato dal passaggio in giudicato apposta dalla cancelleria del giudice del gravame ), ha rilevato che la domanda di restituzione dei beni non era stata più riproposta e che il terreno era già tornato nella disponibilità degli istanti (pag. 6 penultimo capoverso).
Il decreto di esproprio infatti, in quanto atto non dotato di propria autonomia ma inscindibilmente legato agli altri , è da ritenersi caducato una volta che gli atti che ne costituivano il presupposto siano stati annullati.
La rimozione delle determinazioni che ab origine hanno dato l'avvio alla procedura ablatoria infatti, come ha avuto modo di affermare la giurisprudenza amministrativa ,oltre a comportare la illegittimità dell'occupazione dei suoli avvenuta sine titulo produce un effetto "domino", con l'invalidazione dei successivi atti del procedimento espropriativo ivi compreso quello conclusivo, rappresentato dal decreto finale di esproprio che viene anch'esso travolto ( Consiglio di Stato nr 4193/2015; Tar Bolzano 2016 nr 394 , Tar Milano nr 2013 nr 854).
L’intervenuta caducazione del decreto inevitabilmente riverbera i suoi effetti anche nel presente giudizio di opposizione non consentendo più di pervenire ad una statuizione sull'ammontare della indennità definitiva se non in presenza del provvedimento ablatorio qui non più esistente, costituendo il decreto di espropriazione, come riconosciuto dalla costante giurisprudenza di questa Corte di legittimità, una condizione dell'azione avente ad oggetto la determinazione - in modo non più modificabile o revocabile ed impugnabile - dell'indennità di espropriazione. (Cass. SU 07/07/1999 n. 385, in motivazione par. 3.4.2.; Cass. SU 02/03/2004 n. 4241; Cass. 31/05/2016 n. 11261).
Il giudice non può pertanto esaminare il merito della causa senza che esso venga ad esistenza ed il menzionato decreto costituisce la fonte del credito indennitario sia nel senso che non è possibile addivenire ad una statuizione definitiva sull'indennità in assenza del provvedimento ablatorio, sia nel senso che solo una volta che sia stato emanato quest'ultimo sorge ed è azionabile il diritto del proprietario a percepire l'indennizzo, da determinarsi con riferimento alla data del trasferimento coattivo (ex multis: Cass. 31/05/2016 n. 11261; Cass. 14/02/2017 n. 3840).
Da quanto sopra discende che il venir meno degli effetti del decreto di esproprio nel corso del giudizio comporta quale naturale conseguenza l’improcedibilità della domanda per la mancanza di una delle condizioni dell’azione.
Alla stregua delle considerazioni sopra esposte la sentenza impugnata va cassata senza rinvio.
Le spese dell’ intero giudizio vanno compensate fra le parti stante la sopravvenuta inefficacia del decreto nelle more del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte pronunciando sul ricorso cassa senza rinvio la decisione impugnata; compensa fra le parti le spese dell’intero procedimento.