Il predicato dell'ingiustizia esige una lettura in chiave sostanziale, caratterizzandosi per la contrarietà del danno o del vantaggio rispetto a un interesse reale della Pubblica Amministrazione.
Il Tribunale di Sulmona condannava l'imputato per abuso d'ufficio continuato poiché egli, nelle vesti di responsabile dell'ufficio tecnico del Comune, aveva provveduto a frazionare artificiosamente alcuni lavori allo scopo di mantenerli sotto la soglia dei 40mila euro per poi procedere ad affidarli direttamente ad una specifica società, garantendogli in tal modo un...
Svolgimento del processo
1. La sentenza indicata in epigrafe dichiarava la prescrizione di alcuni episodi di reato e confermava, per il resto, la condanna di L.L.C. disposta dal Tribunale di Sulmona, per abuso d'ufficio continuato (art. 323 cod. pen.; art. 81 cod. pen.), per aver, in qualità di responsabile dell'Ufficio Tecnico del Comune di (omissis), frazionato artificiosamente alcuni lavori in modo da mantenere ciascuno al di sotto della soglia dei quarantamila euro e procedere quindi all'affidamento diretto delle opere alla società E.S. s.n.c., cui in tal modo garantiva un vantaggio ingiusto. Rideterminava di conseguenza la pena, riducendola dagli originari nove mesi ad otto mesi di reclusione.
2. Avverso la sentenza di appello, il difensore di L.L.C. presenta ricorso, articolandolo in tre motivi.
2.1. Il primo motivo di ricorso lamenta erronea applicazione dell'art. 157 cod. pen. in relazione all'art. 192, comma 2, cod. proc. pen., nonché mancanza o comunque manifesta illogicità della motivazione.
Con riferimento alle opere di manutenzione straordinaria presso lo stadio comunale, la Corte d'Appello non si sarebbe confrontata con gli elementi documentali di prova acquisiti in sede dibattimentale e allegati all'atto di appello, che comprovavano la mancata violazione del codice degli appalti (art. 125 n. 8 d.lgs. n. 163 del 2006), così da consentire una pronuncia assolutoria nel merito. Da tali elementi si desume che i lavori di manutenzione straordinaria dello stadio comunale furono disposti con urgenza, a seguito della proposta, proveniente dalla società M.S.E. e rivolta al Comune di (omissis), di ospitare il ritiro estivo del P. Calcio. Per questa ragione, con determina dell'Area Tecnica del 17 maggio 2012, fu affidata ad E.S. s.n.c. l'esecuzione dei lavori per la realizzazione di una tribuna, degli spogliatoi, del basamento per panchine campo gioco e della posa in opera di fontanella per atleti, per un importo netto di 37.265,03 euro. In data 13 giugno, e cioè circa un mese prima del previsto ritiro della squadra (15 luglio 2012), i responsabili della società organizzatrice dell'evento richiesero tuttavia l'esecuzione di ulteriori lavori di messa in sicurezza dello stadio e la sistemazione delle aree esterne (strade, parcheggio a pagamento, spazio coperto per la sala stampa e palestra per i calciatori). Anche tali lavori dovettero essere quindi deliberati dal Comune con urgenza ei furono affidati con diverse determine alla suddetta E.S. s.n.c., ma riguardarono opere tra loro affatto diverse.
2.2. Il secondo motivo di ricorso censura l'inosservanza o l'erronea applicazione dell'art. 323 cod. pen. in relazione all'art. 125 d.lgs. n. 163 del 2006, nonché mancanza o comunque manifesta illogicità della motivazione, quanto ai lavori di posizionamento di una casetta in legno all'interno del giardino comunale, di collocazione dei giochi acquistati dal Comune - lavori decisi con diversi percorsi di programmazione economica relativi ad annualità diverse - e per la manutenzione dell'area verde. Pure in questo caso si tratta di lavori non omogenei, da eseguirsi in parti diverse e nemmeno contigue del parco comunale, il che esclude la contestata artificiosità del supposto frazionamento delle opere. Il ricorrente aggiunge che la sentenza di appello non si è minimamente confrontata con le specifiche deduzioni della difesa sui punti indicati.
2.3 Con il terzo motivo, il ricorrente si duole dell'inosservanza o erronea applicazione della fattispecie di abuso d'ufficio in relazione all'elemento soggettivo doloso nonché della mancanza o comunque della manifesta illogicità della motivazione, per aver la Corte d'Appello desunto la sussistenza dell'elemento soggettivo da: il carattere macroscopico della violazione; la particolare dimestichezza dell'agente con la normativa e le procedure in materia di appalti pubblici; la particolare frequenza, infine, con la quale E.S. s.n.c. risultava destinataria di commesse presso il comune di (omissis). Peraltro, come già dedotto in appello, il carattere macroscopico della violazione sarebbe negato dal fatto che le determine in oggetto - ammesso che fossero state assunte in violazione di legge - erano sostenute da un evidente interesse pubblico; nessun rilievo potrebbe attribuirsi alla dimestichezza dell'agente in mancanza di altri elementi rivelatori del dolo; non è vero che la E.S. ;.n.c. sarebbe stata destinataria con particolare frequenza di affidamenti diretti dai lavori da parte del Comune, come dimostrato dalle tabelle riepilogative prodotte e acquisite agli atti del processo, le quali dimostrano come le percentuali di affidamento si attestassero rispettivamente sul 13,94% nel 2012, sul 2,16% nel 2013 e sull'8,66% nel 2014. A ciò il ricorrente aggiunge che sussiste il dolo dell'abuso d'ufficio soltanto quando l'agente si rappresenta e vuole l'evento di vantaggio proprio o altrui come conseguenza diretta ed immediata della sua condotta nonché come obiettivo primario perseguito: non invece quando, quale obiettivo primario, egli intenda perseguire l'interesse pubblico. Circostanza, questa, inveratasi nel caso di specie ma su cui la sentenza non avrebbe speso alcuna motivazione contraria, incorrendo, anzi, in contraddizione, là dove afferma il dolo di L.C. ma riconosce espressamente la sussistenza dell'interesse pubblico nell'ampliamento e miglioramento delle opportunità di fruizione dei giardini comunali.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è fondato, per le ragioni che saranno esposte di seguito e che consentono la trattazione unitaria dei motivi.
2.1. L'addebito penale nei confronti di L.L.C. si basa sul presupposto che, in qualità di responsabile dell'ufficio tecnico del comune di (omissis), egli avesse violato la normativa che vieta l'affidamento diretto dei lavori da parte del responsabile del procedimento, nel caso di importi pari o superiori a 40.000 euro, (al tempo dei fatti, art. 125, comma 8, d. lgs. n. 163 del 2006, poi sostituito dall'art. 36 d.lgs. n. 50 del 2016).
In particolare, è ipotizzato che L.C., allo scopo di eludere la suddetta normativa, avesse artificiosamente parcellizzato i lavori per realizzare opere invece omogenee, così da procedere all'affidamento diretto degli stessi, favorendo intenzionalmente un'impresa, cui avrebbe in tal modo assicurato un ingiusto vantaggio patrimoniale.
2.2. In questa sede si prescinde dalla questione se L.C. abbia eluso la normativa in oggetto, giudizio che peraltro implicherebbe una ricostruzione in fatto e che sarebbe quindi interdetta a questa Corte.
Interessa piuttosto osservare che l'area applicativa della fattispecie dell'art. 323 cod. pen. non può essere fatta coincidere sic et simpliciter con l'elemento della violazione di legge.
Come noto, la fattispecie di abuso di ufficio è stata oggetto di plurimi interventi legislativi volti a circoscriverne l'ambito applicativo, allo scopo di evitare un'indebita sovrapposizione tra vizio dell'atto amministrativo e area di rilevanza criminale, nonché nel rispetto del principio di sussidiarietà del diritto penale.
Ai fini della sua configurazione, sul piano dell'elemento oggettivo, è dunque richiesto che, in conseguenza della violazione di legge, l'agente procuri altresì, per sé o per altri, un vantaggio patrimoniale che il legislatore caratterizza come "ingiusto".
2.3. La più recente giurisprudenza di questa Corte ha peraltro chiarito che il requisito in oggetto non può formalisticamente coincidere con il riflesso della condotta posta in violazione di legge, pena la vanificazione di un elemento costitutivo della fattispecie (Sez. 6, n. 26429 del 14/04/2021, Ronconi e/Ferrigno, Rv. 281582; Sez. 6, n.12075 del 06/02/2020, Stefanelli, Rv. 278723; Sez. 6, n. 47978 del 27/10/2009, Calzolari, Rv. 245447), la cui previsione mira appunto a circoscrivere il campo applicativo della fattispecie rispetto all'area della mera illiceità amministrativa, garantendo, specularmente, il rispetto del principio di offensività penale.
Il predicato dell'ingiustizia esige, di conseguenza, una lettura in chiave sostanziale, dovendo denotare la contrarietà del danno o del vantaggio ad un interesse reale della pubblica amministrazione.
3. Nel caso di specie, il vantaggio non era, all'evidenza, "ingiusto".
3.1. Quanto alle condotte realizzate nel 2012 e dichiarate prescritte, vale a dire, quanto all'affidamento delle opere di ristrutturazione dello stadio, l'assegnazione, alla medesima ditta, di lavori aggiuntivi e diversi era stata suggerita da esigenze sopravvenute e non prevedibili al momento della prima deliberazione. L'urgenza della relativa esecuzione fu dettata dalla richiesta, avanzata dai responsabili della società organizzatrice dell'evento, di provvedere a lavori ulteriori di miglioramento degli impianti, nonché alla sistemazione e alla messa in sicurezza della viabilità e dei parcheggi esterni allo stadio. Tale richiesta fu formulata soltanto un mese prima del ritiro estivo della squadra calcistica del P. presso lo stadio di (omissis), sicché., lungi dal procurare un vantaggio in contrasto con l'interesse del Comune, la decisione di investirei la stessa ditta che aveva appena concluso i precedenti lavori sembra rispondere, semmai, ad un principio di sensato governo dell'amministrazione, apparendo suscettibile di assicurare una maggiore funzionalità sul piano esecutivo delle opere e, quantomeno in astratto, un annesso risparmio economico.
Per queste ragioni, e cioè per l'insussistenza di un vantaggio ingiusto quale conseguenza dell'asserita violazione di legge, l'assoluzione nel merito avrebbe dovuto prevalere sulla prescrizione del delitto.
3.2. Quanto alle condotte poste in essere nel 2014 e inerenti alla realizzazione di varie opere all'interno dei giardini comunali, da nessun elemento della sentenza di appello si desume che la relativa assegnazione alla ditta E.S. s.n.c., quand'anche per ipotesi realizzata in violazione di legge, abbia leso interessi della pubblica amministrazione diversi da una mera idea di imparzialità, degradata ad esangue riflesso dell'asserita violazione del Codice degli appalti. Per contro, i giudici di secondo grado ammettono - sebbene ad altri fini - che l'intervento fu «volto, in effetti, a valorizzare il patrimonio comunale e, in particolare, ad ampliare e migliorare le opportunità di fruizione dei Giardini in funzione soprattutto ricreativa per i più piccoli».
Anche in relazione alle condotte realizzate nel 2014 difetta, pertanto, l'evento del delitto.
4. Non potendosi configurare un ingiusto vantaggio, non è ipotizzabile la sussistenza del dolo dell'abuso d'ufficio, con la conseguenza che il terzo motivo di ricorso, sull'elemento soggettivo, resta assorbito.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il fatto non sussiste.