La Cassazione ha precisato che il termine triennale di cui all'art. 179 c.p. è inderogabile e non suscettibile di interpretazioni o di apprezzamenti discrezionali nella sua operatività.
Il Tribunale di sorveglianza di Perugia rigettava l'opposizione proposta nell'interesse del condannato contro l'ordinanza reiettiva dell'istanza di riabilitazione in relazione a una condanna divenuta irrevocabile nel 2016. A fondamento della decisione, l'assenza di prova circa il pagamento delle spese di giustizia e la sussistenza di un'altra condanna divenuta irrevocabile...
Svolgimento del processo
1. Con il provvedimento impugnato, il Tribunale di sorveglianza di Perugia ha rigettato l'opposizione relativa all'ordinanza con la quale era stata respinta, in data 8 aprile 2019, l'istanza di riabilitazione proposta nell'interesse di A.D., in relazione alla condanna della Corte d'appello di Milano resa il 4 gennaio 2015, irrevocabile in data 13 gennaio 2016.
1.1.11 Tribunale aveva respinto l'istanza a causa della carenza di prova del pagamento delle spese di giustizia, nonché delle obbligazioni civili nascenti da reato, rilevando altresì, l'esistenza di una condanna, risultante dal certificato del casellario giudiziale, con sentenza del Tribunale di Monza, del 14 marzo 2017, irrevocabile il 19 maggio 2017, per reato di falsità materiale commessa da privato in autorizzazioni amministrative, con la recidiva reiterata infraquinquennale, accertato il 20 maggio 2014, per il quale era stata applicata la pena di giorni 80 di reclusione, sostituita con quella pecuniaria di euro ventimila, interamente pagata.
1.1.1. Il Tribunale, in sede di opposizione,, ha osservato che a fronte dei motivi dedotti (pagamento delle spese processuali e delle obbligazioni civili per la sentenza emessa dal Tribunale di Milano, assolvimento della multa irrogata, in sostituzione della pena detentiva applicata dal Tribunale di Monza), questa andava respinta, in considerazione della circostanza che D. aveva riportato condanna per condotta successiva, con sentenza di applicazione di pena, del Tribunale di Monza, emessa il 14 marzo 2017 e che questa doveva essere considerata ai fini del requisito della buona condotta, rilevando, altresì, che le informazioni raccolte dalla Questura di (omissis) indicavano il controllo, in tempo recenti di D. assieme a soggetti pregiudicati.
2. Avverso il provvedimento descritto propone ricorso per cassazione il condannato, per il tramite del difensore, Avv. C. G., deducendo violazione dell'art. 179 cod. pen. e vizio di motivazione.
2.1. Si rileva che D. ha dimostrato il pagamento integrale delle spese processuali e delle obbligazioni civili nascenti dal reato giudicato con la condanna in relazione alla quale si chiede la riabilitazione. Inoltre, si sottolinea che D. ha pagato integralmente la multa di euro ventimila, pena pecuniaria in cui era stata convertita quella detentiva di cui alla sentenza di applicazione di pena del Tribunale di Monza del 14 marzo 2017, irrevocabile in data 16 maggio 2017, per reato risalente al 20 maggio 2014, antecedente, quindi, alla domanda di riabilitazione.
Quanto alle frequentazioni con pregiudicati, si osserva che una delle persone con le quali questi si accompagnava è incensurata, mentre gli altri erano con il D. soltanto per ragioni occasionali ed anzi, uno di questi, non era assieme al predetto ma viaggiava nello stesso scompartimento di un treno.
2.Con requisitoria scritta il Procuratore generale presso questa Corte, A. P., ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
2. Con memoria del 2 dicembre 2021., il difensore, Avv. C. G. ha reiterato le ragioni del ricorso ulteriormente argomentandole, nonché ha insistito per l'annullamento del provvedimento impugnato.
Motivi della decisione
Il ricorso è fondato.
1. Va premesso che, secondo la formulazione testuale dell'art. 179 cod. pen., la concessione della riabilitazione, istituto annoverato tra le cause estintive del reato con effetto di eliminazione delle conseguenze penali della condanna e di piena reintegrazione della capacità giuridica del condannato, postula quale condizione la dimostrazione del ravvedimento del richiedente, desumibile dai comportamenti regolari tenuti nel periodo minimo previsto dalla legge e sino alla data della decisione sull'istanza, nonché dalla sua attivazione per l'eliminazione delle conseguenze pregiudizievoli, derivate dalla condotta criminosa.
La norma indica, espressamente, che la riabilitazione può essere concessa "quando siano decorsi almeno tre anni dal giorno in cui la pena principale sia stata eseguita o siasi in altro modo estinta" ed il condannato nello stesso arco temporale abbia dato prova di buona condotta, dovendosi intendere il relativo termine come decorrente dal momento di conclusione dell'espiazione della pena detentiva e dal pagamento effettivo della pena pecuniaria e il destinatario del provvedimento come colui che ha già riportato condanna con sentenza dibattimentale o emessa nel giudizio abbreviato, cui è pacificamente equiparabile la sentenza di patteggiamento. È stata ritenuto in giurisprudenza che il termine dilatorio (triennale o di almeno otto anni di cui al secondo comma del citato art. 179) sia inderogabile e non suscettibile di interpretazioni o di apprezzamenti discrezionali nella sua operatività in modo tale da consentire l'ammissione alla riabilitazione in via anticipata o facendo riferimento ad una frazione temporale diversa da quella prevista dal legislatore che ha inteso ancorare la verifica dei requisiti positivi o negativi ad un ambito temporale preciso, delimitato nella sua estensione, sul presupposto che sia stata irrogata una pena certa ed eseguibile o, in alternativa, suscettibile di estinzione, il che implica la già intervenuta pronuncia di condanna irrevocabile (Sez. 1, n. 16540 del 06/04/2011, De Vizia, Rv. 250346, in motivazione; Sez. 1, n. 44574 del 09/12/2010, Saccone, Rv. 249120).
La giurisprudenza di legittimità, poi, ha anche riscontrato che, poiché il termine triennale per la concedibilità della riabilitazione decorre dal passaggio in giudicato della sentenza che ha irrogato la condanna oggetto dell'istanza, di per sé non hanno automatico rilievo ostativo eventuali condanne per fatti commessi successivamente al decorso del termine sopra indicato (Sez. 1, n. :1.4662 del 18/03/2008, Ridaoui, Rv. 239908; Sez. 1, n. 11654 del 27/02/2008, Ortu, Rv. 239718).
1.1 A tale interpretazione letterale, si perviene anche in base alla lettura dei commi 2 e 3 dell'art. 179 cod. pen., i quali stabiliscono termini differenziati e protratti per l'ammissione alla riabilitazione dei recidivi in un caso, dei delinquenti abituali, professionali e per tendenza nell'altro. Il dato normativo conferma che i comportamenti devianti pregressi alla condanna, anche se integrino autonome fattispecie di reato e siano stati accertati con pronuncia di condanna irrevocabile che accerti anche la condizione della recidiva, non costituiscono, in sé, elementi ostativi, ma giustificano un maggiore rigore nella valutazione dei presupposti applicativi, perché determinano l'aumento del periodo minimo durante il quale il condannato deve avere mantenuto buona condotta (Sez. 1, n. 55063 del 14/11/2017, Fiumefreddo, Rv. 271916).
2. Tanto premesso, il Tribunale di sorveglianza ha assegnato rilievo quale elemento negativo al dato oggettivo del comportamento, tenuto dal condannato, di frequentazione di pregiudicati ed al suo compimento in un momento successivo al fatto di reato ("in tempi recenti": cfr. pag. 2 dell'ordinanza impugnata), per il quale era stata pronunciata la sentenza di condanna. Ciò senza confrontarsi con la critica difensiva relativa alla natura occasionale, accidentale ed involontaria del comportamento.
Inoltre, si assegna dirimente rilievo a una successiva pena applicata con sentenza ex art. 444 cod. proc. pen., relativa a fatto commesso in data 20 maggio 2014, cioè prima del passaggio in giudicato della sentenza per la quale è stata chiesta la riabilitazione.
2.1. Si osserva, dunque, quanto al primo rilievo, che il Tribunale non chiarisce se nella considerazione di tali dati conoscitivi, proponga di non tenere in alcun conto la prescrizione del decorso del numero di anni indicati dall'art. 179, comma 1 o 2, cod. pen. (considerato che, nella pronuncia di applicazione di pena concordata, risulta riconosciuta la recidiva qualificata, di cui ai capoversi dell'art. 99 cod. pen.) oppure se, ferma restando la pretesa di tale condizione, consideri di dover estendere la propria indagine sin dalla data di perpetrazione del reato.
2.2. In relazione alla pronuncia ai sensi dell'art. 444 cod. proc. pen., poi, si osserva che, ai fini del requisito della buona condotta, è stato ritenuto dalla giurisprudenza di legittimità non ostative, di per sé, eventuali condanne successive alla sentenza cui la richiesta di riabilitazione si riferisce.
2.3. Ciò posto, si osserva che, nel caso in esame, il reato di falsità materiale giudicato con la seconda sentenza, è stato accertato prima del passaggio in giudicato di quella in relazione alla quale viene promossa la richiesta di riabilitazione. Tanto, non senza considerare che il condannato ha, pacificamente, pagato le spese processuali, assolto integralmente alle obbligazioni civili nascenti da reato e pagato la pena pecuniaria di euro ventimila di multa, in cui la pena detentiva patteggiata è stata convertita.
3. Deriva da quanto sin qui esposto, la violazione della disposizione di legge che regola l'istituto della riabilitazione, perché il provvedimento pone a base della decisione reiettiva frequentazioni, senza chiarire se queste siano o meno costanti, nonché come si pongano in relazione al periodo temporale di valutazione di cui all'art. 179, comma 1 e 2, cod. pen. Inoltre, si è dato rilievo ad informazioni relative a comportamenti di chiara valenza negativa, in quanto condotte penalmente rilevanti ed antisociali, accertate con sentenza di applicazione di pena irrevocabile, ma tenute prima del passaggio in giudicato della sentenza, per la cui pena si è chiesto di essere riabilitati.
3.1. Consegue l'annullamento dell'ordinanza impugnata con rinvio, per nuovo giudizio, al Tribunale di sorveglianza di Perugia il quale nel riesaminare la proposta opposizione, pur in piena autonomia valutativa quanto alle vicende fattuali, dovrà attenersi al seguente principio di diritto: la valutazione del presupposto della buona condotta va effettuata in riferimento esclusivo al periodo di tre anni o di almeno otto anni, (quando si tratti di recidivi nei casi previsti dai capoversi dell'art. 99 cod. pen.), decorrenti dalla data di espiazione della pena detentiva o di pagamento della pena pecuniaria, oppure dalla data di estinzione per altra causa della pena principale; non possono essere tenuti in considerazione comportamenti, ancorché di chiara valenza negativa, compiuti dal condannato in un momento antecedente a quello prescritto dall'art. 179, comma 1 e 2, cod. pen.
P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Perugia.