Si tratta di puntualizzazioni concernenti il procedimento cautelare nel rito appalti, l'applicazione del principio del ne bis in idem e l'accertamento della sussistenza dell'interesse dell'impresa esclusa dalla partecipazione alla gara a ricorrere contro la successiva aggiudicazione in favore di altra impresa.
Con la sentenza n. 5966 del 14 luglio 2022, il Consiglio di Stato affronta 3 questioni processuali rilevanti:
- Procedimento cautelare nel rito appalti. Con la prima questione, il Consiglio di Stato analizza la disciplina oggetto dell'art. 120, comma 6, prima parte, c.p.a., interpretandola nel senso che all'interno di controversie vertenti su procedure di evidenza pubblica, il giudizio è di regola definito alla camera di consiglio che viene fissata ai fini dell'esame della domanda cautelare, se proposta, evidenziando che è in ogni caso rimessa al giudice la valutazione circa l'esistenza o meno di elementi impeditivi, i quali sono tipizzati nella stessa disposizione. In tal caso, la decisione sul merito sarà rinviata ad una successiva udienza. Con tale disciplina, osservano i Giudici, si rende tendenzialmente obbligatorio (salvo eventi eccezionali indicati nella stessa norma) l'iter processuale che esaurisce il giudizio in un'unica udienza, escludendo la sussistenza di un diritto potestativo di natura processuale in capo alla parte ricorrente volto alla calendarizzazione della decisione, con il chiaro intento di sollecitare la decisione di meritosenza rallentare eccessivamente le procedure di evidenza pubblica.
- Ne bis in idem. La seconda questione processuale affrontata dal Consiglio di Stato riguarda l'applicazione del principio del ne bis in idem: una volta chiarita la funzione, i Giudici precisano che la preclusione opera anche nel caso in cui la prima sentenza che si è pronunciata sulla questione non sia ancora passata in giudicato.
- Interesse a ricorrere dell'impresa esclusa. La terza questione concerne l'accertamento della sussistenza dell'interesse dell'impresa esclusa dalla partecipazione alla gara a ricorrere contro la nuova aggiudicazione che è successivamente intervenuta in favore di un'altra impresa, evidenziando che qualora l'impugnativa venga respinta sia in primo grado, sia in grado di appello, la proposizione del ricorso per revocazione e del ricorso per cassazione contro la sentenza di secondo grado (non sospesa nella sua efficacia esecutiva) che ha accertato definitivamente l'esclusione dell'impresa, non fa sorgere in capo a quest'ultima l'interesse ad impugnare l'aggiudicazione intervenuta successivamente in favore dell'altra impresa.
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza (ud. 30 giugno 2022) 14 luglio 2022, n. 5966
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
1. Con sentenza n. 4/2022 il T.A.R. della Calabria, sede di Catanzaro, ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dall’odierna appellante per l’annullamento del decreto del Dirigente generale della Stazione Unica Appaltante della Regione Calabria del 19 ottobre 2021, n. 10559, con cui, in seguito all’esclusione della ricorrente e dell’annullamento in autotutela dell’aggiudicazione alla stessa dei lotti 1 e 2 del servizio integrato di manutenzione e gestione delle apparecchiature elettromedicali delle aziende sanitarie ed ospedaliere della Regione Calabria, ha disposto l’aggiudicazione dei due lotti 1 e 2 in favore del RTI HC.
Polygon s.p.a. ha impugnato con ricorso in appello l’indicata sentenza.
Si sono costituiti in giudizio, per resistere, la Regione Calabria e le controinteressate GE medical System Italia s.p.a. e H.C. Hospital Consulting s.p.a.
Con decreto n. 553/2022 è stata respinta l’istanza di superamento dei limiti dimensionali.
Il ricorso in appello è stato trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 30 giugno 2022.
2. L’odierna appellante è stata esclusa dalla gara de qua con provvedimento impugnato davanti al T.A.R. Calabria, che ha respinto il ricorso con sentenza n. 1910/2020, confermata dalla sentenza di questo Consiglio di Stato n. 5659/2021 (impugnata sia con ricorso per revocazione – dichiarato nelle more inammissibile con sentenza di questa Sezione n. 3977/2022, sia con ricorso per cassazione).
Proseguito il procedimento a seguito di tale esclusione, ed aggiudicata la gara al raggruppamento controinteressato, Polygon ha quindi impugnato l’aggiudicazione deducendo sia vizi derivati dai vizi dell’impugnata esclusione, sia vizi autonomi.
Il T.A.R. ha dichiarato inammissibile il ricorso, osservando per un verso che “questo Tribunale Amministrativo Regionale si è già pronunciato, con sentenza confermata in sede d’appello, sulla legittimità del provvedimento di esclusione di Polygon S.p.a. dalla gara, sicché, alla luce del divieto di bis in idem, non è possibile in questa sede ritenere che i provvedimenti a valle siano illegittimi quale conseguenza di quei vizi la cui sussistenza è stata esclusa con la già citata sentenza del 25 novembre 2020, n. 1910”; e, per altro verso, che “l’impugnativa, per vizi propri, del decreto di aggiudicazione rimane privo di interesse, non potendone Polygon S.p.a., legittimamente esclusa dalla gara, ricavare, dal suo eventuale annullamento, alcun vantaggio”.
3. Il primo motivo di appello deduce “Error in procedendo. violazione e falsa applicazione dell’art. 60 e dell’art. 120, comma 6, c.p.a.”: il mezzo lamenta che il T.A.R. abbia trattenuto in decisione il ricorso di primo grado nella camera di consiglio fissata per l’esame dell’incidente cautelare, rigettando la richiesta di rinvio e senza consentire pienamente alla ricorrente di esplicare le proprie difese.
La censura è infondata.
3.1. Dal fascicolo digitale del giudizio di primo grado risulta:
- che in data 10 dicembre 2021 la società ricorrente aveva depositato un’istanza di rinvio al merito motivata in relazione all’intenzione di proporre ricorso ex art. 112 cod. proc. amm. per l’esecuzione della sentenza n. 349/2021, e che tale giudizio, quando proposto, avrebbe presentato ragioni di connessione con quello di cui si discute, avente ad oggetto l’impugnazione della nuova aggiudicazione;
- che alla camera di consiglio del 14 dicembre 2021, fissata per l’esame dell’incidente cautelare, era “presente l'Avv. T., in dichiarata delega dell'Avv. M.A. per la Regione Calabria. Nessuno presente per la società ricorrente e per le altre part costituite. Il Collegio rileva possibile profilo di inammissibilità e preannuncia che potrebbe essere emessa sentenza breve. Dopo una breve discussione, e su istanza di parte, la causa passa in decisione”.
3.2. La sentenza gravata ha in proposito ritenuto che “non sussistano i requisiti di cui all’art. 120, comma 6 c.p.a. per disporre il rinvio della trattazione del ricorso, richiesta da parte ricorrente; al contrario, deve essere pronunciata sentenza secondo il combinato disposto del medesimo comma e dell’art. 60 c.p.a.”.
3.3. L’art. 120, comma 6, prima parte, del codice del processo amministrativo, di cui l’appellante deduce la violazione, nel testo attualmente vigente, stabilisce che “Il giudizio, qualora le parti richiedano congiuntamente di limitare la decisione all'esame di un'unica questione, nonché in ogni altro caso compatibilmente con le esigenze di difesa di tutte le parti in relazione alla complessità della causa, è di norma definito, anche in deroga al comma 1, primo periodo dell'articolo 74, in esito all'udienza cautelare ai sensi dell'articolo 60, ove ne ricorrano i presupposti, e, in mancanza, viene comunque definito con sentenza in forma semplificata ad una udienza fissata d'ufficio e da tenersi entro quarantacinque giorni dalla scadenza del termine per la costituzione delle parti diverse dal ricorrente”.
3.4. La richiamata disposizione prevede dunque che, in materia di giudizi aventi ad oggetto procedure di evidenza pubblica, il giudizio è di norma definito alla camera di consiglio fissata per l’esame della domanda cautelare (ove proposta).
In ogni caso rimette al Collegio la valutazione della sussistenza o meno di elementi impeditivi, tipizzati dalla stessa disposizione: nel qual caso la decisione sul merito, comunque da rendere in forma semplificata, viene rinviata ad una udienza prossima.
Tale disciplina rende tendenzialmente obbligato, salvo eventi eccezionali indicati dalla stessa disposizione, il percorso processuale che esaurisce il giudizio nell’unica udienza camerale fissate per l’esame della domanda cautelare.
In ogni caso la disposizione manifestamente esclude la sussistenza di un diritto potestativo di natura processuale della parte ricorrente, avente ad oggetto la calendarizzazione della decisione: dopo la proposizione della domanda cautelare, di cui la parte accetta evidentemente le conseguenze disciplinari sul piano processuale, la norma impone la decisione immediata, salvo eccezioni (la cui valutazione è comunque di competenza esclusiva del collegio).
Tale disciplina è del resto oltremodo ragionevole, dal momento che si fonda sulla necessità, in ragione della natura degl’interessi implicati, di una sollecita decisione di merito, onde consentire il sindacato giurisdizionale senza rallentare eccessivamente le procedure di evidenza pubblica
Poiché tale regime implica, inevitabilmente, la compressione di spazi processuali in danno di altre materie, parimenti afferenti la complessiva domanda di giustizia, la disposizione in esame coerentemente ricollega alla proposizione della domanda cautelare un effetto processuale non più negoziabile (salvo il ricorrere dei fatti impeditivi tipizzati).
È appena il caso di rilevare che la giurisprudenza citata dall’appellante a sostegno della tesi della rinunciabilità della domanda cautelare è del tutto inconferente, sia perché riferita agli artt. 60 e 71 cod. proc. amm. (laddove qui viene in considerazione lo specifico regime in materia di appalti); sia perché, in ogni caso, di molto antecedente la riforma del citato art. 120, comma 6, recata dall’art. dall'art. 4, comma 4, lett. a), del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla l. 11 settembre 2020, n. 120.
3.5. Nel caso di specie, peraltro, l’istanza di rinvio in primo grado è stata motivata in relazione ad un evento incertus an et quando (vale a dire in relazione ad un ricorso ipoteticamente connesso a quella data neppure notificato); inoltre la parte ricorrente non ha ritenuto (peraltro del tutto legittimamente) di partecipare all’udienza camerale in questione, nella quale la controparte ha chiesto il passaggio in decisione (risulta infatti dal riferito verbale che la parte resistente, in maniera altrettanto legittima, era presente ed ha chiesto che la causa fosse decisa).
3.6. Né dal richiamato verbale, prodotto dalla parte appellante, né da altra documentazione, risulta peraltro l’impedimento (legittimo) del procuratore della parte ricorrente che avrebbe consentito alla stessa a domandare un rinvio dell’udienza per cause comunque diverse da quelle di cui all’istanza di rinvio di cui si è detto: dunque nemmeno sotto questo profilo il Tribunale di primo grado si è reso responsabile della violazione contestata, da momento che di tale impedimento non aveva potuto avere contezza.
3.7. L’appellante sostiene poi, in relazione all’eccezione d’inammissibilità sollevata dalla controparte, che “Su tale eccezione, formulata con memoria del 10.12.2021, l’odierna appellante non è stata messa in condizione di replicare posto che il TAR ha deciso la causa con sentenza breve, senza neanche sentire in Camera di Consiglio il difensore dell’odierna appellante né consentire repliche in merito”.
In argomento è sufficiente osservare che la parte ricorrente avrebbe potuto replicare nell’udienza camerale: la scelta di non partecipare alla stessa, per quanto legittima, non può evidentemente determinare la conseguenza di impedire al Collegio di decidere, tanto più in assenza di un legittimo impedimento documentato.
La parte appellante pretende che l’inciso dell’art. 120, comma 6, cod. proc. amm. che prevede la decisione immediata “compatibilmente con le esigenze di difesa di tutte le parti in relazione alla complessità della causa” debba intendersi nel senso che l’assenza di difese (scritte od orali) della parte ricorrente sulle eccezioni della parte resistente impone un rinvio della trattazione: il che è palesemente contrario, per quanto già argomentato, sia alla lettera che allo spirito della disposizione (tale risultato è anzi proprio ciò che il legislatore ha inteso evitare).
4. Il secondo motivo di appello deduce “Error in iudicando. Violazione e falsa applicazione del principio del ne bis in idem. Violazione dell’art. 35, comma 1, lett. “b”, c.p.a.”.
Il mezzo contesta l’applicazione del principio del ne bis in idem ad una fattispecie in cui non si era formato il giudicato – in ragione delle impugnazioni proposte - sulla precedente pronuncia di rigetto del ricorso proposto avverso l’esclusione dalla gara.
4.1. Il T.A.R. ha in proposito ritenuto che “questo Tribunale Amministrativo Regionale si è già pronunciato, con sentenza confermata in sede d’appello, sulla legittimità del provvedimento di esclusione di Polygon S.p.a. dalla gara, sicché, alla luce del divieto di bis in idem, non è possibile in questa sede ritenere che i provvedimenti a valle siano illegittimi quale conseguenza di quei vizi la cui sussistenza è stata esclusa con la già citata sentenza del 25 novembre 2020, n. 1910; infatti, costituisce ius receptum in relazione al processo amministrativo (cfr. Consiglio di Stato sez. V, 10 maggio 2021, n.3618; Cons. Stato, Sez. IV, 23 giugno 2015, n. 3158), che ai sensi degli artt. 2929 c.c. e 324 c.p.c., applicabili anche al processo amministrativo, la regola del ne bis in idem presuppone l'identità nei due giudizi delle parti in causa e degli elementi identificativi dell'azione proposta, e quindi che in quei giudizi sia chiesto l'annullamento degli stessi provvedimenti, o di provvedimenti diversi ma legati da uno stretto vincolo di consequenzialità in quanto inerenti ad un medesimo rapporto, sulla base di identici motivi di impugnazione. (….) di conseguenza, l’impugnativa, per vizi propri, del decreto di aggiudicazione rimane privo di interesse, non potendone Polygon S.p.a., legittimamente esclusa dalla gara, ricavare, dal suo eventuale annullamento, alcun vantaggio”.
4.2. L’appellante deduce in contrario che “Alla data dell’udienza del 14.12.2021, allorquando la causa è stata inopinatamente trattenuta in decisione, non si era formato alcun giudicato in merito all’esclusione dell’odierna appellante, posto che in data 30.11.2021 era stato notificato sia ricorso per revocazione sia ricorso per cassazione, poi rispettivamente depositati il 7.12.2021 e il 13.12.2021. Il 14.12.2021 pendevano dunque ben due impugnative avverso la sentenza Cons. Stato n. 5659/2021, il che esclude che l’esclusione della odierna ricorrente poteva (e può) considerarsi coperta da giudicato”.
L’appellante contesta altresì la sentenza del T.A.R. anche nella parte in cui questa afferma che il concorrente escluso dalla gara non avrebbe interesse ad impugnare l’aggiudicazione ad altro concorrente, deducendo ancora una volta la non definitività dell’esclusione recata dal giudicato in corso di formazione a quella data.
4.3. La censura è infondata.
Per costante e pacifica giurisprudenza il principio del ne bis in idem, comportante la preclusione da giudicato esterno, mira ad evitare la formazione di giudicati contrastanti, in quanto “corrisponde ad un preciso interesse pubblico, sotteso alla funzione primaria del processo, e consistente nell'eliminazione dell'incertezza delle situazioni giuridiche, attraverso la stabilità della decisione (essendo tale garanzia di stabilità, collegata all'attuazione dei principi costituzionali del giusto processo e della ragionevole durata, i quali escludono la legittimità di soluzioni interpretative volte a conferire rilievo a formalismi non giustificati da effettive e concrete garanzie difensive) (cfr. Cass. S.U. n. 13916/2006)” (Corte di Cassazione, sez. VI civile, ordinanza n. 16589/2021; nello stesso senso Consiglio di Stato, sez. V, sentenza n. 5422/2018).
Ne consegue che la preclusione, come correttamente affermato dal primo giudice, opera anche nel senso di evitare la possibile formazione di giudicati contrastanti.
4.4. In ogni caso va precisato che ciò che caratterizza la fattispecie dedotta è il rilievo che la sentenza pronunciata in grado di appello da questo Consiglio di Stato, che ha statuito in merito alla legittimità della esclusione di Polygon dalla gara, ancorchè gravata da revocazione (poi dichiarata inammissibile) e da ricorso per cassazione, è tuttavia pienamente efficace, sicchè in atto l’odierna appellante si trova a contestare l’aggiudicazione di una gara rispetto alla quale essa è stata esclusa, con provvedimento la cui legittimità è stata accertata da una sentenza i cui effetti impediscono di configurare un interesse al sindacato della successiva aggiudicazione.
Dal che la correttezza della valutazione del primo giudice in merito (e ciò anche al di là del rilievo che nelle more il ricorso per revocazione è stato dichiarato inammissibile).
5. Il carattere assorbente del rigetto dei primi due motivi d’appello esime il Collegio dallo scrutinio dei motivi del ricorso di primo grado, riproposti dall’appellante ai sensi dell’art. 101, comma 2, cod. proc. amm., nonché di ogni altra questione in rito e nel merito.
Quanto alla richiesta di sospensione, o di rinvio della trattazione, del presente giudizio, in attesa della decisione della Corte di Cassazione, ritiene il Collegio che la stessa non possa essere accolta, dal momento che la decisione relativa alla pretesa della parte appellante, rispetto alle censure avanzate, prescinde – per le ragioni che si sono illustrate – dall’esito di tale giudizio (anche per quanto indicato dalla sentenza di questo Consiglio di Stato, sez. IV, n. 4911/2020, che il Collegio condivide, la quale ha posto in evidenza che in simile fattispecie non si pone un problema di conflitto fra giudicati, “dal momento che, ai sensi dell'art. 336 comma 2 c.p.c., la riforma o la cassazione della sentenza resa sulle questioni logicamente precedenti determina l’automatica caducazione della sentenza resa sulle questioni logicamente successive”).
6. Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la regola della soccombenza.
6.1. Il Collegio ritiene che non sussistano i presupposti per l’oscuramento richiesto dall’odierna appellante ai sensi dell’art. 52 del d. lgs. n. 196 del 2003, non avendo essa addotto alcun argomento od elemento che suffraghi detta istanza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Condanna la parte appellante al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi euro cinquemila, oltre accessori come per legge, in favore di ciascuna parte appellata costituita.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.