Pertanto, essi sono soggetti alle prescrizioni dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
Con la sentenza n. 5893 del 13 luglio 2022, il Consiglio di Stato ha respinto i ricorsi proposti da alcuni corrieri italiani contro le prescrizioni di AGCOM ai fini dell'adozione della carta servizi a protezione dei consumatori più deboli, chiarendo la nozione di servizio pubblico e di fornitore di un servizio postale.
Palazzo Spada osserva, infatti, come il sistema dei servizi sia dominato a livello quantitativo dall'iniziativa privata ma con una stretta partecipazione del settore pubblico, rilavando come non si possa immaginare un sistema economico dei servizi privo dell'iniziativa privata ma allo stesso tempo anche senza il timore di un comando statale e della P.A..
Così il Consiglio di Stato richiama le disposizioni più significative in materia, rappresentate dall'art. 14 TFUE, il quale ha riequilibrato i due poli fondamentali portando in primo piano il valore sociale delle prestazioni e la natura oggettivamente pubblica dei servizi economici di interesse generale, e dall'
L'art. 106 TFUE, poi, prevede la possibilità di sottrarre alle regole sulla concorrenza alcuni servizi che vanno esclusi, in tutto o in parte, dalle logiche del mercato poiché caratterizzati da una missione di interesse sociale. Da qui la necessità di un'autorità amministrativa quale AGCOM in grado di assicurare condizioni di equità sociale nel campo dei servizi di interesse economico generale.
In tale contesto, i Giudici precisano la nozione di “fornitore di un servizio postale”: l'impresa, per essere qualificata come tale, deve svolgere almeno uno dei servizi tra raccolta, smaltimento, trasporto e distribuzione, e il servizio così svolto deve riguardare un invio postale. Non può parlarsi di fornitore di un servizio postale, però, se l'impresa si limita al servizio di trasporto. Da ciò deriva che le imprese di autotrasporto, di spedizione ovvero di corriere espresso che forniscono i servizi sopra specificati costituiscono fornitori di servizi postali.
A tal proposito, i Giudici evidenziano che nonostante sia possibile distinguere un servizio universale da un servizio di corriere espresso, tale distinzione resta comunque priva di rilevanza in relazione alla natura dei servizi elencati all'art. 2, punto 1, direttiva 97/67, dunque sia il servizio universale, sia il servizio di corriere espresso costituiscono “servizi postali” ai sensi della disciplina nazionale ed europea.
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza (ud. 30 giugno 2022) 13 luglio 2022, n. 5893
Svolgimento del processo
Con il primo degli appelli in esame la società Dhl ha impugnato la sentenza n. 5908 del 2020 con cui il Tar Lazio ha respinto l’originario gravame; quest’ultimo era stato proposto dalla stessa parte avverso il provvedimento di cui alla delibera n. 283/18/CONS recante “Ordinanza ingiunzione a DHL Express (Italy) S.r.l. per la violazione delle disposizioni della “Direttiva generale per l'adozione da parte dei fornitori di servizi postali delle carte dei servizi” (approvata con delibera n. 413/14/CONS)”, adottata il 27 giugno 2018.
In particolare, l’Autorità ha contestato a Dhl le seguenti condotte: a) l’omessa pubblicazione sul sito internet www.dhl.it della modulistica per la presentazione di domande di conciliazione e di quelle di risoluzione delle controversie dinanzi all’AGCOM (ai sensi della delibera 28 febbraio 2013, n. 184/13/CONS, recante “Approvazione del Regolamento in materia di definizione delle controversie derivanti dai reclami nel settore postale”), in asserita violazione degli artt. 7 comma 2 e 8 comma 3 lett. f della Direttiva AGCOM; b) l’indicazione sul medesimo sito internet, per il servizio di assistenza clienti, di un numero unico a pagamento (199.199.345) – “al costo massimo di 14,49 centesimi di euro al minuto per chiamate da rete fissa e 48,8 centesimi di euro al minuto per chiamate da rete mobile, con uno scatto alla risposta di 15,75 centesimi”, senza specificare se tali importi siano comprensivi di IVA – anziché gratuito, in ritenuta violazione del combinato disposto dei commi 1, 3 lett. e) e 5 dell’art. 8 della Direttiva AGCOM.
L’Autorità ha quindi intimato alla odierna appellante di pagare la somma complessiva di euro
110.000,00 (centodiecimila/00) a titolo di sanzioni amministrative pecuniarie per le seguenti violazioni: - euro 30.000,00 (trentamila/00), per la prima condotta; - euro 80.000,00 (ottantamila/00), per la seconda condotta.
Nel ricostruire in fatto e nei documenti la vicenda, parte appellante ha formulato i seguenti motivi di appello:
- error in iudicando per violazione e falsa applicazione della Direttiva AgCom “per l’adozione da parte dei fornitori di servizi postali delle carte dei servizi” (delibera n. 413/14/CONS), motivazione insufficiente, contraddittoria e perplessa, travisamento dei fatti con riferimento all’attività svolta da DHL;
- sulla prima condotta, error in iudicando per violazione e falsa applicazione degli artt. 8, comma 1, comma 3, lett. e) ed f), e comma 5 della Direttiva AgCom, violazione del principio di certezza del diritto, travisamento dei fatti;
- sulla seconda condotta, error in iudicando per violazione e falsa applicazione degli artt. 8, comma 1, comma 3, lett. e) ed f), e comma 5 della Direttiva AgCom;
- travisamento ed erronea valutazione del IV motivo di ricorso con il quale DHL ha censurato l’illegittimità derivata del provvedimento, omessa applicazione degli artt. 79 c.p.a. e 295 c.p.c.;
- illegittimità della sanzione e del suo ammontare, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 21 del d. lgs. n. 261/1999 e dell’art. 11 della l. n. 689/1981, violazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza della sanzione, disparità di trattamento.
L’autorità si è costituita in giudizio chiedendo il rigetto dell’appello.
Con ordinanza n. 494 del 2022, condivisa la rilevata (in specie con il quarto motivo di appello) pregiudizialità con la causa già pendente dinanzi a questo Consiglio (r.g. n. 6169 del 2021, recante appello della sentenza n. 3951 del 2021 con cui il Tar Lazio ha respinto il ricorso proposto avverso la direttiva AgCom predetta), è stata fissata una nuova udienza per la trattazione congiunta.
Alla pubblica udienza del 30 giugno 2022 la causa è passata in decisione.
Con il secondo appello di cui in epigrafe l’associazione appellante ha impugnato la sentenza n. 3951 del 2021 con cui il Tar Lazio ha respinto l’originario gravame; quest’ultimo era stato proposto dalla stessa associazione, nella qualità di rappresentante delle imprese attive a livello internazionale nell'attività di trasporto aereo e distribuzione di pacchi e documenti in modalità "express" (associate DHL, Federal Express, TNT, UPS), avverso i seguenti atti: la "Direttiva generale per l'adozione da parte dei fornitori di servizi postali delle carte di servizi" approvata con la delibera n. 413/14/CONS; l'atto presupposto "Regolamento in materia di definizione delle controversie derivanti dai reclami nel settore postale" approvato dall'AGCOM con la delibera n. 184/13/CONS, pubblicata in G.U. n. 72 del 27.3.2013; con motivi aggiunti la Delibera dell'AGCOM 129/15/CONS, che approva "il Regolamento in materia di titoli abilitativi per l'offerta al pubblico di servizi postali".
All’esito del giudizio di primo grado, il ricorso è stato dichiarato in parte irricevibile ed in parte, infondato. In particolare, è stata dichiarata tardiva l’impugnativa avverso la delibera n. 184/13/ CONS (pubblicata nella G.U. del 26 marzo 2013, n. 72), essendo al momento della notifica del ricorso (10.11.2014) decorso il termine decadenziale; le restanti censure sono state respinte.
Nel ricostruire in fatto e nei documenti la vicenda, parte appellante ha formulato i seguenti motivi di appello:
- violazione dell’art. 2 della legge 481/1995, dell’art. 13, comma 13, d.l. del 23 dicembre 2013 n. 145 conv. in legge n. 9/2014, dell’art. 21, commi 13 e 19, d.l. 201/2011 conv. in legge n. 214/2011, dell’art. 41 Cost., in quanto la legge 481/1995 non si presta affatto ad essere applicata ai servizi postali, quale che sia la materia attratta alla regolazione;
- analoghi vizi, nella lettura data dalla giurisprudenza amministrativa consolidata, non perché la legge 481 cit. trovi applicazione “generalizzata” ma in quanto norma di chiusura;
- violazione della direttiva 97/67/CE, del d.lgs, 261/1999, violazione delle decisioni della CGUE (sentenza del 16 novembre 2016 DHL Express; e nelle cause riunite C 259/16 e C 260/16, definite dalla sentenza CGUE del 31 maggio 2018), in quanto non sono estensibili alle ricorrenti gli obblighi informativi e di qualità che la normativa nazionale fa gravare sul fornitore del servizio universale;
- violazione degli artt. 29 e 41 cod proc amm per erroneità della rilevata tardività, in quanto il Regolamento è stato impugnato quale atto presupposto della direttiva carta dei servizi, perché solo con questa l’AGCOM ha cercato di imporre alle ricorrenti il Regolamento per la definizione delle controversie in luogo del d.m. 75/2000, con conseguente riproposizione dei motivi dedotti in primo grado in parte qua:
- violazione degli artt. 2, lett. f), e 14 del d.lgs. 261/1999, 19, comma 1, della direttiva 67/97/CE, errore di diritto ed eccesso di potere;
- violazione degli artt. 2, lett. f) e 6, comma 3, d.lgs. 261/1999 che hanno trovato attuazione con il d.m. n. 75/2000 e s.m.i., errore di diritto ed eccesso di potere;
- analoghi vizi per difetto di istruttoria;
- violazione dell’art. 14, comma 1, cit. sotto altro profilo, del principio di ragionevolezza e dell’art. 97 Cost., sul difetto di “semplicità e poca onerosità” delle misure;
- eccesso di potere per difetto di motivazione e motivazione illogica;
- violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia sui seguenti motivi:
- violazione dell’art. 2, lett. f) del d.lgs. 261/1999, illegittimità del regolamento approvato con la delibera 413/14 per contrasto con il d.m. 75/2000 e s.m.i., eccesso di potere e contraddittorietà tra atti;
- violazione del d.lgs. 261/1999, con particolare riferimento agli artt. 3, 6, comma 1 bis e 12, eccesso di potere;
- violazione degli artt. 2, lett. f), 14 e 6, comma 3, d.lgs. 261/1999, difetto di istruttoria;
- violazione e errata applicazione dell’art. 19, comma 1, della direttiva 2008/6, eccesso di potere;
- errore di fatto, travisamento dei fatti, violazione dell’art. 112 c.p.c.;
- illogicità manifesta, motivazione contraddittoria, violazione dell’art. 132, n. 4, c.p.c.;
- analoghi vizi su inapplicabilità della legge 481 cit.;
- errore di fatto ed omessa pronuncia sul secondo motivo;
- violazione dell’art. 112 c.p.c. e della decisione della CGUE del 31 maggio 2018;
- analoghi vizi per l’eccesso di informazioni richieste;
- violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 9, comma 3, della direttiva 67/97/CE, per assenza della genericità dell’ottavo motivo aggiunto.
L’autorità non si è costituita in giudizio.
Alla pubblica udienza del 30 giugno 2022 la causa è passata in decisione.
Motivi della decisione
1. Preliminarmente, ribadita la pregiudizialità rilevata in sede di ordinanza collegiale n. 494 del 2022, va disposta la riunione degli appelli di cui in epigrafe.
1.1 Al riguardo, vanno ribadite le considerazioni poste a base della precedente ordinanza collegiale, nel senso della sussistenza, nel caso di specie, di una pregiudizialità tecnico giuridica: da un lato, il provvedimento di cui al primo gravame è attuativo della stessa direttiva impugnata nell’ambito del secondo gravame, che quindi ne costituisce presupposto sia logico che giuridico; dall’altro lato, le censure di entrambi i giudizi si muovono nella medesima direzione, tesa c contestare la qualificabilità del servizio svolto alla stregua del servizio postale, soggetto agli oneri indicati dall’Autorità regolatoria del settore.
1.2 Se sul versante soggettivo le parti del primo giudizio di cui in epigrafe lo sono anche del secondo, su quello oggettivo la risoluzione delle questioni dedotte avverso l’impugnativa della direttiva presupposta è idonea a definire, in tutto od in parte in relazione all’esito del giudizio stesso, la res controversa in relazione alla sanzione irrogata a Dhl.
2. Passando all’esame del merito, l’ordine logico delle questioni impone di prendere le mosse dall’impugnativa della direttiva e del regolamento presupposto.
2.1 Come emerge dalla documentazione in atti, in particolare, con la prima delibera n. 184/13/CONS, l’Autorità ha adottato il regolamento che disciplina, nel settore specifico dei servizi postali, la definizione delle controversie nascenti dai reclami presentati dagli utenti ai sensi dell'articolo 14 del decreto legislativo n. 261 del 1999 e concernenti, in buona sostanza, la corretta esecuzione del rapporto contrattuale ed il rispetto dei diritti degli utenti medesimi, anche con riferimento alle prestazioni rientranti nel servizio universale.
In dettaglio, con l’art. 2 si prevede che l’Autorità definisce le controversie derivanti dai reclami relativi "al mancato rispetto delle disposizioni relative al servizio universale, degli obblighi derivanti dai titoli abilitativi in capo ai fornitori di servizi postali e delle disposizioni relative ai diritti degli utenti previste da atti legislativi, da delibere della stessa Autorità, da condizioni contrattuali e da carte dei servizi, con particolare riferimento ai casi di smarriemnto, furti, danneggiamento o mancato rispetto delle norme di qualità del servizio; quindi agli artt. 3 e seguenti ha definito, da un lato, le modalità ed i termini per la gestione del reclamo da parte del fornitore e, dall'altro, la procedura per la risoluzione della controversia che l'utente può instaurare innanzi all'amministrazione in caso di esito negativo del tentativo di composizione bonaria della controversia.
2.2 Con la seconda delibera - n. 413/14/CONS – è stata approvata la "Direttiva generale per l’adozione da parte dei fornitori di servizi postali delle carte dei servizi", con cui l’Autorità ha dettato a tutti gli operatori postali le regole per predisporre una Carta dei servizi da rendere disponibile al pubblico. Con tale atto l’Autorità regolatoria ha esplicitato e dettagliato i principi ed i criteri che debbono permeare i rapporti tra i fornitori di servizi postali e la loro clientela, principalmente focalizzati sulla necessità di garantire un’informazione chiara e completa sulle modalità giuridiche, economiche e tecniche di erogazione dei servizi postali offerti e un’adeguata gestione dei reclami e dell'assistenza.
3. A fronte di tali contenuti, le deduzioni delle parti appellanti si fondano, in via principale, sulla tesi dell’inapplicabilità della disciplina contestata, in quanto, se per un verso, il servizio postale non rientrerebbe in quelli oggetto della legge 481 del 1995, per un altro verso, non sarebbero estensibili alle imprese associate appellanti gli obblighi informativi e di qualità che la normativa nazionale fa gravare sul fornitore del servizio universale.
4. Tale prospettazione non può essere condivisa.
4.1 In linea generale, anche alla luce della giurisprudenza europea, va ricordato come ai sensi dell'articolo 2, punti 1 bis e 6, della direttiva 97/67/CE, un'impresa deve essere qualificata come «¿fornitore di un servizio postale¿», quando essa svolge almeno uno dei servizi (raccolta, smistamento, trasporto e distribuzione) elencati all'articolo 2, punto 1, della menzionata direttiva e il servizio o i servizi così svolti riguardano un invio postale, non dovendo tuttavia la sua attività essere limitata unicamente al servizio di trasporto. Ne consegue che le imprese di autotrasporto, di spedizione o di corriere espresso che forniscono servizi di raccolta, smistamento, trasporto e distribuzione degli invii postali costituiscono, salvo nel caso in cui la loro attività sia limitata al trasporto degli invii postali, fornitori di servizi postali.
4.2 Inoltre, benché sia possibile operare una distinzione fra il servizio universale e il servizio di corriere espresso, basata sulla sussistenza o meno di un valore aggiunto apportato dal servizio, occorre constatare che un simile criterio di differenziazione è del tutto privo di rilevanza quanto alla natura dei servizi elencati all'articolo 2, punto 1, della direttiva 97/67, sicché tanto il servizio universale quanto il servizio di corriere espresso costituiscono «¿servizi postali¿», ai sensi della menzionata disposizione
4.3 Nel caso degli spedizionieri, l’interpretazione della normativa vigente si muove in piena coerenza con l’evoluzione della relativa attività; in particolare, nel nuovo contesto economico sociale – caratterizzato anche dall’enorme sviluppo del commercio elettronico – le imprese in questione non sono certo qualificabili alla stregua di meri trasportatori, avendo un evidente rapporto diretto con l’utente finale, cui documenti e beni vengono consegnati direttamente; ciò anche attraverso il tracciamento diretto dell’attività dello spedizioniere, individuato sin dall’acquisto o dall’ordine, da parte dell’utente finale - consumatore e destinatario – nonché dell’azienda che invia, parimenti qualificabile in termini di utente del servizio in questione. L’attività ormai avviene addirittura in pieno regime di concorrenza con quella svolta dal titolare del servizio universale. Appare altresì evidente la capacità di incidenza sull’orientamento del consumatore.
Pertanto, la normativa risulta coerentemente intesa sulla scorta della necessaria estensione degli obblighi e delle garanzie dettate in favore del consumatore e degli utenti; non è pensabile che l’applicazione delle regole di tutela dettate in favore di questi ultimi possa dipendere dal ricorso ad uno piuttosto che all’altro imprenditore.
4.4 In tale contesto, appare pienamente ragionevole e proporzionata la scelta dell’Autorità di regolare tale attività, estendendo modalità di garanzie, invero minime e doverose stante la ampiezza dell’attività di svolta dalle imprese in questione.
4.5 Va altresì evidenziato come, se da un canto proprio i principi di origine sovranazionale abbiano garantito alle imprese in questione la possibilità di estendere la propria attività nei termini predetti, in coerenza ai principi di apertura del mercato e tutela della concorrenza, da un altro canto è impensabile che a tale estensione non si accompagni l’applicazione delle regole di tutela, previste per i settori interessati.
4.5.1 Sul primo versante, come noto, la stessa Corte giustizia UE (cfr. ad es. sentenza sez. VIII , 02/05/2019 , n. 259), ha statuito che l’art. 7, par. 1, e l'art. 8 della direttiva 97/67/Ce del parlamento europeo e del consiglio, del 15 dicembre 1997, concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e il miglioramento della qualità del servizio, come modificata dalla direttiva 2008/6/Ce del parlamento europeo e del consiglio, del 20 febbraio 2008, devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale, come quella controversa nel procedimento principale, che assicura all'operatore designato per la fornitura del servizio postale universale un diritto esclusivo per la distribuzione di mezzi di affrancatura diversi dai francobolli. Con ciò ribadendo la necessaria apertura del mercato, in coerenza ai principi fondamentali della stessa istituzione dell’Unione.
4.5.2 Sul secondo versante, la stessa Corte giustizia UE (cfr. ad es. sez. V , 31/05/2018 , n. 259 ) ha ribadito che ai sensi dell'articolo 7, par. 4, e dell' articolo 9, par. 2, della direttiva 97/67/CE , ai titolari di un'autorizzazione generale per la fornitura di servizi postali può essere imposto di contribuire a un fondo di compensazione degli oneri del servizio universale allorché i servizi offerti possono, nell'ottica di un utente, essere considerati come servizi che rientrano nell'ambito del servizio universale poiché denotano un livello di intercambiabilità sufficiente rispetto al servizio universale stesso.
4.6 In tale contesto si colloca il principio a mente del quale la disciplina europea (cfr. articolo 2, punto 19, e l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 97/67/CE) non osta ad una normativa nazionale che impone a tutte le imprese di autotrasporto, di spedizione e di corriere espresso di disporre di un'autorizzazione generale per la fornitura di servizi postali, allorché siffatta normativa sia giustificata da esigenze essenziali, quali il rispetto delle condizioni di lavoro e dei sistemi previdenziali e la riservatezza della corrispondenza, e osservi il principio di proporzionalità, nel senso che sia tale da garantire l'obiettivo perseguito e non ecceda quanto necessario per raggiungerlo.
Ai sensi dell'articolo 2, punti 1 bis e 6, della direttiva 97/67/CE, un’impresa deve essere qualificata come “fornitore di un servizio postale”, quando essa svolge almeno uno dei servizi (raccolta, smistamento, trasporto e distribuzione) elencati all'articolo 2, punto 1, della menzionata direttiva e il servizio o i servizi così svolti riguardano un invio postale, non dovendo tuttavia la sua attività essere limitata unicamente al servizio di trasporto. Ne consegue che le imprese di autotrasporto, di spedizione o di corriere espresso che forniscono servizi di raccolta, smistamento, trasporto e distribuzione degli invii postali costituiscono, salvo nel caso in cui la loro attività sia limitata al trasporto degli invii postali, fornitori di servizi postali. Inoltre, benché sia possibile operare una distinzione fra il servizio universale e il servizio di corriere espresso, basata sulla sussistenza o meno di un valore aggiunto apportato dal servizio e sulla presenza nel primo caso di incisivi obblighi di servizio a tutela della generalità dei cives o degli utenti avendo il servizio universale la funzione di garantire i livelli da garantire con il “servizio universale”, ovvero la definizione quantitativa e qualitativa dell'offerta di cui devono godere tutti i cittadini (a condizioni geograficamente ed economicamente accessibili si tratta della c.d. rete postale pubblica), occorre constatare che un simile criterio di differenziazione è del tutto privo di rilevanza quanto alla natura dei servizi elencati all'articolo 2, punto 1, della direttiva 97/67, sicché tanto il servizio universale quanto il servizio di corriere espresso costituiscono «¿servizi postali¿», ai sensi della menzionata disposizione.
4.7 Va altresì ricordato come la Corte giustizia UE (cfr. ad es. sez. VI , 15/06/2017 , in causa. 368/15), abbia statuito che ai sensi dell'articolo 9, par. 1, della direttiva 97/67/CE, come modificata dalla direttiva 2008/6/CE, la fornitura di servizi postali che esulano dall'ambito del servizio universale può essere subordinata agli obblighi di cui all'articolo 9, par. 2, secondo comma, secondo trattino, di tale direttiva, relativi alla qualità, alla disponibilità e all'esecuzione dei servizi corrispondenti, poiché l'applicazione di tale disposizione non è limitata a servizi specifici ed è quindi generalizzabile ad ogni operatore ( proprio nell’ottica del favor eurounitario all’apertura del mercato che non significa oblio dei diritti degli utenti ).
Orbene, la Corte nel precedente del 2017 ha ricordato di essere è già stata chiamata a pronunciarsi su tale questione nella sentenza del 16 novembre 2016, DHL Express (Austria) (C-2/15, EU:C:2016:880) e che la risposta che ivi aveva fornito era ancora interamente applicabile alla causa.
Infatti, al punto 26 di tale sentenza del 2016, la Corte ha rilevato che l’articolo 9, paragrafo 2, secondo comma, secondo trattino, di detta direttiva, consente agli Stati membri di subordinare la concessione di autorizzazioni al rispetto di obblighi in merito alla qualità, alla disponibilità e all’esecuzione dei servizi corrispondenti.
Essa ha ritenuto che, in mancanza di precisazioni sui servizi contemplati da tale obbligo, va sottolineato che dai lavori preparatori della direttiva 2008/6, emerge che il legislatore dell’Unione ha inteso eliminare non solo gli ultimi ostacoli alla completa apertura del mercato per taluni fornitori di servizio universale, ma altresì tutti gli altri ostacoli alla fornitura di servizi postali.
La Corte ne ha tratto la conclusione che, in assenza di indicazione contraria e alla luce della natura dell’obbligo di cui trattasi, risulta pertanto che tutti i fornitori di servizi postali possono essere assoggettati all’obbligo di cui all’articolo 9, paragrafo 2, secondo comma, secondo trattino, della direttiva 97/67.
4.8 Va anche considerato l’art. 17 – che segue l’art. 16 dedicato specificamente al servizio universale – prevede che gli Stati membri stabiliscono norme di qualità per il traffico postale nazionale (traffico postale essendo una nozione di carattere inclusivo anche dei servizi dei fornitori postali).
Rilevano altresì le disposizioni di cui all’ articolo 19 paragrafo 1 e 2 della direttiva citata ai sensi del quale si disciplinano i servizi postali anche non universali imponendo un sistema di reclami mentre i paragrafi seguenti nominano in modo specifico il fornitore del servizio universale con regole ad hoc:
“Gli Stati membri assicurano che vengano stabilite procedure trasparenti, semplici e poco onerose per la gestione dei reclami degli utenti, in particolare in caso di smarrimento, furto, danneggiamento o mancato rispetto delle norme di qualità del servizio.
Gli Stati membri adottano misure atte a garantire che tali procedure consentano di risolvere le controversie in maniera equa e celere, prevedendo, nei casi giustificati, un sistema di rimborso e/o compensazione.
Fatte salve le altre possibilità di ricorso previste dalle legislazioni nazionale e comunitaria, gli Stati membri garantiscono che gli utenti, agendo individualmente o, quando il diritto nazionale lo prevede, in collegamento con gli organismi che salvaguardano gli interessi degli utilizzatori e/o dei consumatori, possano presentare all'autorità nazionale competente i casi in cui i ricorsi presentati dagli utenti al fornitore del servizio universale non abbiano ottenuto risultati soddisfacenti.
Ai sensi delle disposizioni di cui all'articolo 16, gli Stati membri assicurano che i fornitori del servizio universale pubblichino, assieme al rapporto annuale sul controllo delle prestazioni, le informazioni relative al numero di reclami e al modo in cui sono stati gestiti.”
4.9 Ne deriva un quadro complesso, e allo stesso tempo unitario: il sistema dei servizi si presenta come ambito dominato (quantitativamente) dall'iniziativa privata ma con una stretta interessenza con il pubblico, con una inestricabile commistione delle spinte imprenditoriali verso innovazione e competitività (da una parte) e delle esigenze pubbliche volte a colmare le asimmetrie informative, la disparità di potere contrattuale e gli squilibri sociali e territoriali.
Non si può immaginare il sistema economico dei servizi senza il motore dell'iniziativa privata ma neanche senza il timone di comando dello Stato e della pubblica amministrazione.
Vi è, naturalmente, la tradizionale distinzione tra funzione pubblica e servizi, considerando questi ultimi come principale punto di riferimento della persona.
Questione centrale anche nella prospettiva costituzionale dell'uguaglianza sostanziale e della solidarietà.
4.10 Dal punto di vista del diritto UE, fondamentale è il riferimento all'art. 14 TFUE, a dimostrazione del rilievo dei servizi di interesse economico generale, ai quali si assegna il compito di promozione, coesione sociale e territoriale¿
Previsione che detta in chiave positiva quanto previsto dall'art.106 dello stesso TFUE, ovvero la possibilità di sottrarre alle regole della concorrenza alcuni “servizi” (alla persona e alla collettività) che debbono essere (in tutto o in parte) esclusi dalle logiche del mercato o che possono essere variamente conformati, per la prevalenza della missione di interesse sociale in essi insita.
Il “nuovo” art.14 TFUE realizza perciò, storicamente, un riequilibrio tra i due poli fondamentali, riportando in primo piano il valore sociale delle prestazioni e la natura oggettivamente pubblica dei servizi economici di interesse generale.
4.11 Occorre prestare molta attenzione anche per al profilo contrattuale e dell'utente, secondo un'analisi che rimane di stretto diritto positivo, sebbene ancorata alle richiamate basi costituzionali (interne ed eurounitarie).
I servizi pubblici dunque come garanzia delle libertà della persona, secondo la fondamentale ispirazione costituzionale¿ e nel contesto della massima realizzazione dei diritti sociali.
Un cambio di prospettiva che occorre ben considerare si realizza alla fine del XX secolo; avanza l'idea che alcune prestazioni e servizi — nonostante i marcati profili pubblicistici che le caratterizzano — possano essere erogati dai privati, conservando la garanzia dell'utilità pubblico-sociale.
Il riferimento è soprattutto all'art.41, comma 3, Cost., che prevede programmi e controlli pubblici volti a “indirizzare” le attività economiche a fini sociali¿
Impostazione che, in parte, coincide con quella seguita dall'ordinamento UE, dove si muove dal carattere presuntivamente “economico” dei servizi di interesse generale, con possibili deroghe al regime concorrenziale, in relazione alla specifica missione ad essi affidata¿
Gli articoli 106 e 14 TFUE ruotano (in senso diverso) su due poli attorno ai quali si articola il tema: il valore sociale della prestazione e il carattere economico delle attività.
4.12 In questa dialettica si pone la questione sul ruolo del mercato e della pubblica amministrazione nell'erogazione dei “servizi pubblici” mai dimentica del riferimento al valore sociale della prestazione.
In questo senso, viene in considerazione anzitutto l'art. 112 TUEL¿ che fornisce un'indicazione piuttosto ampia e significativa: “servizi pubblici che abbiano per oggetto produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali”¿
Vi è poi la figura dei “servizi pubblici essenziali” definita nella disciplina sullo sciopero e prevista dalla stessa Costituzione.
Altra differente accezione di “servizio pubblico” è quella utilizzata per l'individuazione della competenza giurisdizionale del giudice amministrativo.
4.13 La migliore dottrina ha fornito un quadro chiaro delle diverse definizioni ritenendo che l'impatto del diritto sovranazionale non ponga, da questo punto di vista, particolari problemi alla permanenza di una nozione di servizio pubblico o di tratti pubblicistici dell’attività d’impresa ( in effetti i servizi dei fornitori postali potrebbero collocarsi in una zona grigia di non protezione dell’utenza se si escludessero poteri conformativi ) .
Le preoccupazioni sulla “scomparsa” del service public à la française si attenuano considerando che il modello europeo del mercato dei servizi postali ha (almeno in parte) inglobato alcune caratteristiche del regime del servizio pubblico in senso tradizionale.¿
Il progressivo riordinamento dei monopoli nazionali passa attraverso l'abbandono del modello autoritativo dell'amministrazione nel ruolo di gestore diretto del servizio anziché di vigilanza e regolazione tecnica, come impone la normativa sopranazionale
E’ vero quindi che i fornitori dei servizi postali sono fornitori di servizi liberalizzati ma è anche vero che lo stesso diritto europeo – come si è visto – ha conservato nel regime di autorizzazione possibilità di conformazione delle loro attività, demandando agli Stati membri di adottare concrete misure.
4.14 Orbene nel caso dei fornitori di servizi postali scontata la loro natura di imprese non qualificabili come servizio universale deve rilevarsi che si tratta di prestazioni che sono senz’altro conformabili nel senso voluto dall’Autorità – dotata sul punto dalla legge , per la sua posizione istituzionale, di poteri generali ed impliciti finalizzati alla protezione degli utenti (cfr. in tal senso Consiglio di Stato sez. VI 14 dicembre 2020 n. 7972, 20 marzo 2015 n. 1532 e 4 febbraio 2020 n. 879) – nel caso in cui le imprese svolgano attività produttive che, per quanto siano caratterizzate da una contrattualistica sul modello business to business, sono senza dubbio orientate a raggiungere un consumatore finale i cui interessi rischiano di essere pretermessi proprio dal modello contrattuale prescelto.
4.15 In definitiva, va pienamente condivisa l’impostazione della difesa erariale e dell’Autorità, per cui, se è vero che i servizi di corriere espresso sono di regola utilizzati da utenti professionali, in qualità di mittenti, ciò non può comportare una deminutio per i destinatari che sono i beneficiari ultimi del servizio. Peraltro, è sempre più diffuso il ricorso diretto degli utenti agli stessi servizi in questione, con la conseguente definitiva conferma della esigenza di estendere le previste garanzie.
I corollari che ne se fanno derivare sono gli interventi normativi nazionali per apportare una regolamentazione delle attività poste in essere dagli operatori del mercato dei servizi di corriere. Interventi che si sono accentuati visto l’impatto che questo tipo di attività hanno avuto nell’ambito del commercio, non solo più fisico ma anche (soprattutto) virtuale. Questo impatto emerge sia dal punto di vista economico, in considerazione del mercato dei prodotti e delle filiere imprenditoriali coinvolte, sia in ordine al bacino di utenti fisici che, in qualità di consumatori finali, usufruiscono inevitabilmente delle attività di tali operatori di servizi di corriere. In tale contesto si colloca la disciplina volta a ripartire e regolare la competenza tra le Autorità e l’assegnazione di compiti di regolazione e controllo, opera trasfusa in interventi normativi che hanno incentrato sull’Autorità odierna appellata rilevanti funzioni, in specie a fini di tutela degli utenti e dei consumatori, in termini pienamente logici, in particolare per l’evidente asimmetria informativa che caratterizza le operazioni commerciali elettroniche.
L’asimmetria, come è stato evidenziato dalla giurisprudenza amministrativa, deriva dalla complessità caratterizzante queste operazioni, le quali importano rapporti negoziali tra operatori commerciali di cui il consumatore medio non è a conoscenza, con conseguente inevitabile impatto sul quadro di tutela degli utenti e dei consumatori stessi. Ed in tale contesto trova piena e logica attuazione il ruolo dell’Autorità e della relativa regolamentazione.
5. Chiarito il quadro di riferimento circa l’estensione delle garanzie del servizio universale, va altresì condivisa l’argomentazione svolta dai Giudici di prime cure in merito all’estensione della disciplina generale applicata al servizio postale, nei termini sin qui intesi.
5.1 In proposito, oltre a doversi richiamare quanto sopra riassunto dalla giurisprudenza europea, va ribadito che i servizi postali costituiscono attività di preminente interesse generale (ai sensi dell’art. 1, comma 1, d.lgs. n. 261 del 1999), con una definizione di chiarezza concettuale e finalistica evidente, tale da imporre di qualificare lo stesso in termini di servizio di pubblica utilità ex l. 481 cit.
5.2 A conferma di tale necessaria comprensione del servizio postale in quelli oggetto di regolazione, questo Consiglio ha ancora di recente (cfr. sentenza sez. VI n. 6771 del 2021) ribadito che il mercato di competenza (relativo alle spese di funzionamento Agcom) va rinvenuto tenendo conto delle competenze (e delle funzioni amministrative) attribuite alla stessa Agcom quale Autorità di regolazione nei seguenti mercati di settore: delle comunicazioni elettroniche, dei servizi media, dell’editoria e dei servizi postali. Ne deriva che il “mercato di competenza” al quale si rivolge la norma statale al fine di individuare i soggetti che effettivamente sono onerati della partecipazione al finanziamento di Agcom è formato dalle società che operano in ciascuno dei suindicati “mercati di settore”. Sicché i poteri esercitati dall’Autorità, che trovano la loro espressione in tutte le attività di regolamentazione e monitoraggio relativi all’equità delle condizioni di mercato ai fini della realizzazione di una concorrenza effettiva e alla protezione di tutti i consumatori (non solo di quelli che fruiscono dei servizi universali), trovano espressione nei richiamati impianti normativi e giurisprudenziali.
5.3 All’interno di questo quadro di tutele, è da apprezzare l’orientamento richiamato dal TAR nella pronuncia 3951/21, in cui rileva che gli specifici doveri informativi che si impongono agli operatori postali ai sensi della Delibera n. 413 del 2014, mirano a tutelare l’intera e onnicomprensiva categoria degli “utenti”, senza distinzione tra consumatori e aziende o tipologia di servizio; gli stessi doveri informativi e di trasparenza derivano da norme imperative comunitarie che si impongono in quanto tali a tutti gli operatori che esercitano servizi postali, in ossequio al principio di trasparenza e di tutela nei confronti delle categorie deboli a causa dell’asimmetria informativa rispetto gli articolati accordi negoziali tra operatori e imprese.
Gli obblighi previsti dalla direttiva in capo agli operatori, infatti, sono distinti ed attengono sia alla carta servizi che all’assistenza a favore degli utenti, la quale ultima si traduce nel rendere disponibili sul sito web una serie di informazioni e di strumenti di tutela dell’utenza medesima, ciò in considerazione che i destinatari degli invii postali, non essendo contraenti dei contratti di servizio stipulati con i propri clienti dal corriere-espresso, non possono conoscere tramite il documento contrattuale, rispetto al quale sono “terzi” , le informazioni prescritte “ex lege” all’operatore per la tutela dei loro diritti.
6. Alla luce dell’inquadramento sin qui svolto, risultano infondati gran parte dei vizi dedotti in entrambi i giudizi, ovvero tutte quelle censure che partono dal presupposto della inapplicabilità della legislazione attuata dall’Autorità al servizio postale e dalla specificità dell’attività di mera spedizione che sarebbe svolta dalle originarie ricorrenti.
6.1 In dettaglio, con riferimento al secondo giudizio di cui in epigrafe, che tuttavia costituisce giudizio pregiudiziale nei termini già chiariti con la precedente ordinanza della sezione, restano assorbite nelle considerazioni predette le censure di cui ai motivi primo secondo e terzo, ottavo, nono, decimo e dodicesimo.
6.2 Infondato è altresì il quarto motivo di appello, dedotto avverso la declaratoria di tardività dell’impugnativa del regolamento, in quanto la notifica del ricorso (10 novembre 2014) è pacificamente avvenuta ben oltre il termine decadenziale, decorrente dalla sua pubblicazione (G.U. del 26 marzo 2013, n. 72).
6.2.1 Va condivisa la conclusione del Tar, a fronte della palese autonomia – anche in termini di lesività, come confermato dalle autonome censure riproposte ex art. 101 comma 2 cod proc amm – del regolamento e delle relative statuizioni. Parte appellante sostiene che “il Regolamento è stato impugnato quale atto presupposto della direttiva carta dei servizi, perché solo con questa l’AGCOM ha cercato di imporre alle ricorrenti il Regolamento per la definizione delle controversie”; ciò trova smentita dall’analisi delle dettagliate previsioni regolamentari, dirette nei confronti delle imprese ricorrenti, immediatamente percepibili nel relativo effetto e conseguente lesività, tanto da costituire oggetto di specifiche censure di merito.
6.2.2 Invero, le due delibere hanno natura autonoma, sia per oggetto che per finalità: il regolamento definisce le procedure di gestione dei reclami; la direttiva stabilisce i termini e criteri in base ai quali gli operatori postali adottano carte di servizi per la qualità. Le norme del regolamento sono quindi autonome e quelle che seguono, nella relativa materia, sono meramente attuative; conseguentemente, va fatta applicazione del principio per cui sussiste l’onere dell'immediata impugnazione degli atti regolamentari quando gli atti da emanare in base ad essi svolgono funzione meramente applicativa delle norme in esso contenute (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. V, 13/06/2016, n. 2518). Vanno pertanto disattese tutte le censure meramente riproposte con il quinto motivo di appello.
Più generale, sono preliminarmente inammissibili tutte le censure dedotte in termini di mera riproposizione delle censure di prime cure, senza la necessaria critica delle argomentazioni svolte dalla sentenza di prime cure,
6.3 Parimenti infondate risultano le rimanenti censure, anche alla luce delle stesse considerazioni generali predette nonché dei limiti di sindacato della presente sede giurisdizionale, più volte ribaditi dalla sezione (nel senso che lo stesso è volto a verificare se l’Autorità abbia violato il principio di ragionevolezza tecnica, senza che sia consentito, in coerenza con il principio costituzionale di separazione, sostituire le valutazioni, anche opinabili, dell’amministrazione con quelle giudiziali).
6.4 Infondato è il sesto motivo di appello, stante la ragionevolezza e proporzionalità delle misure contestate, che appaiono del tutto coerenti al potere regolatorio sin qui riconosciuto all’Autorità.
Analogamente infondato è il settimo motivo di gravame, risultando del tutto logica e coerente al quadro ordinamentale predetto, l’autonoma previsione di obblighi generali e speciali rispetto alla fissazione delle regole in tema di titoli abilitativi.
6.5 Infine, parimenti infondato è l’undicesimo motivo di appello, atteso che le regole ivi previste costituiscono un ordinato e basilare concentrato di misure necessarie a garantire il rapporto con l’utenza, dettate in termini tali da risultare, nei limiti di sindacato predetti, pienamente sostenibili, specie in un contesto ormai pacificamente informatizzato quale quello in cui operano le imprese del settore, e pienamente coerenti ai parametri evocati di cui all’art. 14 d.lgs. 261 cit., dettati peraltro a tutela di tutte le parti del rapporto.
7. Per ciò che concerne il primo appello di cui in epigrafe, se le considerazioni sin qui svolte – anche di ordine generale – impongono il rigetto del primo motivo e del quarto motivo, parimenti infondate risultano le rimanenti censure, dedotte avverso la sanzione irrogata.
8. Con riferimento al secondo motivo, concernente la prima condotta contestata, DHL lamenta che la Direttiva Agcom non prevede alcun obbligo per i fornitori di servizi postali di pubblicare un apposito formulario per presentare la domanda di conciliazione.
Anche in relazione a tale motivo vanno condivise le approfondite argomentazioni svolte dal Giudice di prime cure.
8.1 Sul versante della disciplina rilevante, in primo luogo il regolamento in materia di definizione delle controversie nel settore postale (delibera n. 184/13/CONS) riconosce all’utente che lamenta un disservizio tre possibile strade: rivolgersi all’operatore postale presentando un reclamo (art. 3, comma 1); qualora l’utente non sia soddisfatto dell’esito del reclamo o non abbia ricevuto risposta, presentare, sempre all’operatore postale, un’istanza di conciliazione (art. 3, comma 2); se anche l’esito della conciliazione non è soddisfacente, in tutto o in parte, chiedere, questa volta all’Autorità, di definire la controversia (art. 3, comma 3).
In secondo luogo l’art. 7 della Direttiva carte dei servizi conferma le tre procedure predette come strumenti di tutela degli utenti, prevedendo che l’operatore postale sia tenuto a stabilire, comunicandole agli utenti, le modalità di svolgimento delle procedure di gestione dei reclami e quella di gestione delle conciliazioni, nonché le modalità per accedere all’Autorità di regolazione per la definizione delle controversie.
In terzo luogo, l’art. 8, comma 3, lett. f), della predetta Direttiva, la cui violazione è stata addebitata con il provvedimento impugnato, stabilisce che i fornitori di servizi postali rendono disponibile sul proprio sito web, presso tutti i locali propri e dei soggetti di cui si avvalgono, tra l’altro, “il formulario per la presentazione del reclamo per il disservizio postale e il formulario per la eventuale domanda di conciliazione, nonché il formulario per la risoluzione delle controversie approvato con delibera n.184/13/CONS”. Ebbene, il dato regolamentare appena riportato è chiaro ed univoco nell’imporre in capo agli operatori postali l’obbligo di fornire agli utenti tre tipi distinti di formulario, connessi alle più volte citate procedure: a) quello per presentare reclamo (all’operatore postale); b) quello per presentare la domanda di conciliazione (all’operatore postale); c) quello per chiedere la risoluzione della controversia (all’Agcom).
Va condivisa quindi la valutazione di non conformità alla predetta disciplina della condotta accertata, nel senso che l’impresa si è limitata a pubblicare sul suo sito web un unico modulo “per contattare la società, ai fini, inter alia, della presentazione di un reclamo e/o di una istanza di conciliazione”. Peraltro, il modulo neppure risulta definito in termini inequivocabili, risultando indicato sul sito (come “modulo di contatto”), in termini che non agevolano l’utente intenzionato a presentare reclamo.
8.4 In tale contesto di disciplina e di relativa finalità, neppure appare ammissibile il riferimento alla modalità indiretta, evocata in sede di appello attraverso il riferimento al link al sito dell’Autorità.
9. In relazione alla seconda condotta, sanzionata dall’AGCOM, la ricorrente deduce che nessuna delle disposizioni della Direttiva invocate dal provvedimento impone al fornitore di servizi postali di mettere a disposizione un numero telefonico gratuito per il servizio di assistenza clienti.
Anche tale censura non appare fondata, dovendo condividersi le argomentazioni svolte in merito al carattere gratuito del servizio cliente. Il carattere della gratuità emergere dal dato letterale della normativa di riferimento mediante una interpretazione sistematica (l’art. 8, comma 1 e art. 8, comma 3, lett. e) della Direttiva Agcom carte dei servizi nel settore postale). Nella direttiva generale per l’adozione da parte dei fornitori di servizi postali delle carte dei servizi si evidenzia, d'altronde, che i canali a disposizione degli utenti rinviano a servizi di assistenza che comunichino gratuitamente all’utente le informazioni sul servizio stesso.
Il carattere della gratuità è pienamente giustificato dalla necessità di mettere a disposizione degli utenti contrattualmente più deboli canali eterogenei di assistenza, senza creare possibili disparità tra chi utilizza i rinvii telematici contenuti nel sito, e chi utilizza il canale telefonico per l’ottenimento di informazioni essenziali relativi al servizio offerto dagli operatori
10. Infine, parimenti destituito di fondamento è il quinto ed ultimo motivo, dedotto in ordine alle sanzioni. Parte appellante lamenta l’illegittimità dell’atto anche nella parte relativa al calcolo della sanzione pecuniaria, determinata in € 30.000 per la prima condotta; e in € 80.000 – rispetto al limite edittale massimo di € 100.000 (ex art. 21, comma 7, d.lgs. n. 261/1999) – per la seconda condotta.
In linea generale, i criteri generali di cui fare applicazione in sede di commisurazione delle sanzioni pecuniarie sono rinvenibili nell'ambito dell'art. 11 della l. 689 del 1981, per il quale, "nella determinazione della sanzione amministrativa pecuniaria fissata dalla legge tra un limite minimo ed un limite massimo e nell'applicazione delle sanzioni accessorie facoltative, si ha riguardo alla gravità della violazione, all'opera svolta dall'agente per l'eliminazione o attenuazione delle conseguenze della violazione, nonché alla personalità dello stesso e alle sue condizioni economiche" (cfr. ex multis, Cons. St., Sez. VI, 24 agosto 2011, n. 4799).
Nella fattispecie l’Autorità ha fatto corretto utilizzo dei parametri di quantificazione di cui alla normativa di principio, quali: la gravità della violazione, l’opera svolta dall'impresa per eliminare o attenuare l’infrazione, la personalità dell’agente e le condizioni economiche dell’impresa stessa ¿ valorizzando: l’elevata qualificazione professionale del soggetto agente; la gravità della condotta, che rappresenta un aggravio ingiustificato, in termini economici, per la clientela che necessita di informazioni sul servizio, in quanto condiziona ad un onere aggiuntivo, e non previamente determinabile l’esercizio del diritto ad ottenere informazioni sul servizio offerto.
Inoltre, se per un verso non vi è alcuna disparità di trattamento rispetto ai concorrenti evocati (in specie Ups) per la diversità della situazione e del comportamento collaborativo della stessa richiamata, per un altro verso va tenuto anche conto del fatto che, per essere effettiva e dissuasiva, la quantificazione della sanzione deve essere correlata al rilievo economico e all’importanza del professionista.
11. Alla luce delle considerazioni che precedono gli appelli riuniti vanno respinti.
Sussistono giusti motivi, stante la complessità delle questioni, per compensare le del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, li riunisce e li respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.