Con l'ordinanza in commento, si ribadisce che spetta al danneggiato provare il nesso di causalità fra l'aggravamento della situazione patologica e la condotta del sanitario. Quest'ultimo, invece, deve provare la causa imprevedibile ed inevitabile dell'impossibilità dell'esatta esecuzione della prestazione.
L'attrice conveniva in giudizio un dottore e la clinica ospedaliera chiedendo il risarcimento del danno per responsabilità sanitaria in relazione all'intervento chirurgico di escissione di aneurisma eseguito nel 2006.
In sede di legittimità, l'attrice sostiene di aver ampiamente dimostrato la causalità fra la condotta del sanitario, sia...
Svolgimento del processo
M.A. convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Lecce G.E.e H.C.R.s.r.l.. chiedendo il risarcimento del danno per responsabilità sanitaria in relazione all'intervento chirurgico di escissione di aneurisma eseguito in data 30 ottobre 2006. Il Tribunale adito accolse la domanda, condannando i convenuti in solido al pagamento della somma di Euro 450.000,00 oltre interessi. Avverso detta sentenza proposero appello principale G.E.e appello incidentale H.C.R.s.r.l.. Con sentenza di data 5 agosto 2020 la Corte d'appello di Lecce accolse gli appelli, rigettando la domanda, con compensazione delle spese.
Osservò la corte territoriale che quando il CTU parlava di "fallimento" del difetto interatriale non si riferiva ad una condotta negligente, o ad una scelta errata dell'approccio chirurgico rispetto a quello emodinamico, ma si riferiva al successivo distacco parziale del pach in dacron che costituiva un evento relativamente raro nonché una complicanza inevitabile perché l'intervento era stato eseguito correttamente e anche un diverso approccio di intervento non avrebbe potuto escluderla. Aggiunse che era superabile il motivo di impugnazione volto a sottolineare che la domanda non aveva ad oggetto la fase di follow up perché, indipendentemente dalla esistenza di un obbligo contrattuale in tal senso, nessuna carenza diagnostica poteva imputarsi al dott. E.con riferimento alla visita del gennaio 2007, successiva all'intervento, nella quale il sanitario aveva consigliato un approfondimento pneumatologico, poiché non vi era alcuna evidenza che un esame approfondito avrebbe fatto rivelare la complicanza del distacco del pach, che verosimilmente a quella data non si era ancora verificata, sicché si trattava di evento non prevedibile ed evitabile nel gennaio 2007.
Ha proposto ricorso per cassazione M.A. sulla base di tre motivi e resistono con distinti controricorsi G.E.e H.C.R.s.r.l.. Il relatore ha ravvisato un'ipotesi d'inammissibilità del ricorso. Il Presidente ha fissato l'adunanza della Corte e sono seguite le comunicazioni di rito. E' stata presentata memoria.
Motivi della decisione
con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 1218 cod. civ., ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che la giurisprudenza antecedente l'entrata in vigore la legge n. 24 del 2017, non applicabile nel caso di specie, è nel senso che onere del paziente è dimostrare un nesso causale di non elevato grado e che l'attrice ha ampiamente dimostrato la causalità fra la condotta del sanitario, sia in sede di intervento chirurgico che in fase post-operatoria, ed il danno.
Il motivo è inammissibile. Il baricentro della censura è sull'esistenza del nesso di causalità fra la condotta del sanitario e l'evento. L'accertamento dell'esistenza del nesso in quanto relativo al giudizio di fatto spetta al giudice del merito.
Quanto al resto è appena il caso di rammentare che, secondo l'indirizzo ormai consolidato di questa Corte, in tema di inadempimento di obbligazioni di diligenza professionale sanitaria, il danno evento consta della lesione non dell'interesse strumentale alla cui soddisfazione è preposta l'obbligazione (perseguimento delle "leges artis" nella cura dell'interesse del creditore) ma del diritto alla salute (interesse primario presupposto a quello contrattualmente regolato); sicché, ove sia dedotta la responsabilità contrattuale del sanitario per l'inadempimento della prestazione di diligenza professionale e la lesione del diritto alla salute, è onere del danneggiato provare, anche a mezzo di presunzioni, il nesso di causalità fra l'aggravamento della situazione patologica (o l'insorgenza di nuove patologie) e la condotta del sanitario, mentre è onere della parte debitrice provare, ove il creditore abbia assolto il proprio onere probatorio, la causa imprevedibile ed inevitabile dell'impossibilità dell'esatta esecuzione della prestazione (Cass. n. 28991 del 2019, n. 18102 del 2020, n. 26907 del 2020).
Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2230 ss. cod. civ., ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che erroneamente la Corte d'appello ha ritenuto che l'attrice avrebbe dovuto allegare il fatto che il follow up (il monitoraggio post-operatorio) rientrasse nell'obbligazione contrattuale poiché esso rientra nella diligente prestazione d'opera professionale. Aggiunge che nella CTU si legge che la mancata prosecuzione del follow up cardiologico ha impedito di riconoscere tempestivamente i segni del fallimento chirurgico.
Il motivo è inammissibile. La censura è estranea alla ratio decidendi, e pertanto priva di decisività, perché la corte territoriale ha superato il motivo di impugnazione sulla estraneità alla domanda della fase di monitoraggio post operatorio ed è entrata nel merito, concludendo nel senso che non vi era alcuna carenza diagnostica da imputare all'E. con riferimento alla visita del gennaio 2007, precisando che la complicanza del distacco del pach non era evento prevedibile ed evitabile al momento della detta visita. Sul punto il motivo di ricorso si traduce in una confutazione del giudizio di fatto del giudice del merito e non è dunque scrutinabile nella presente sede di legittimità.
Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 116 cod. civ., ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che il giudice di appello si è discostato in modo imprudente dalle valutazioni del CTU, omettendo di valorizzare le conclusioni del consulente di parte e rifiutando di disporre una nuova CTU.
Aggiunge che, avendo parte attrice provato l'esistenza dell'inadempimento qualificato, spettava ai convenuti superare la presunzione di derivazione del danno dalla condotta inadempiente e che, benché non allegata, la carenza del consenso informato, evidenziata nella CTU, è un fattore rilevante ai fini dell'imperizia del medico. Osserva ancora che il giudice di appello non ha congruamente valutato quanto riportato dal CTU circa il follow up e che onere del paziente è provare solo in modo astratto la relazione causale fra condotta ed evento di danno, spettando poi al sanitario provare l'intervento di causa imprevedibile ed inevitabile.
Il motivo è inammissibile. Il potere del giudice di valutazione della prova non è sindacabile in sede di legittimità sotto il profilo della violazione dell'art. 116 c.p.c., quale apprezzamento riferito ad un astratto e generale parametro non prudente della prova, posto che l'utilizzo del pronome "suo" è estrinsecazione dello specifico prudente apprezzamento del giudice della causa, a garanzia dell'autonomia del giudizio in ordine ai fatti relativi, salvo il limite che "la legge disponga altrimenti" (Cass. n. 34786 del 2021).
Per il resto il motivo resta sul piano del giudizio di fatto, contrapponendosi alla valutazione del giudice del merito che è stata nel senso dell'esecuzione corretta dell'intervento chirurgico e dell'assenza di censure alla condotta del medico successiva all'intervento. Sull'onere probatorio, con riferimento alla relazione causale, si richiama quanto osservato al proposito del primo motivo. Quanto al consenso informato infine è la stessa ricorrente che afferma che trattasi di profilo non dedotto nella originaria domanda.
Permangono le ragioni della compensazione delle spese disposta dalla corte d'appello.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 - quater all'art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, della sussistenza dei presupposti processuali dell'obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Dispone la compensazione delle spese.