Il TAR Calabria chiarisce in quali casi sussiste la giurisdizione del giudice ordinario e in quali quella del giudice amministrativo, con particolare riferimento alla richiesta risarcitoria per violazione del legittimo affidamento in sede di trattative.
Con la sentenza n. 1312 del 14 luglio 2022, il TAR Calabria ha evidenziato che la gestione di uno stadio di calcio rientra nel paradigma della concessione di servizi pubblici, precisando che sussiste la giurisdizione del giudice ordinario qualora si verta su questioni afferenti all'esecuzione di una concessione di servizi pubblici non implicante l'esercizio di specifici poteri autoritativi stabiliti dalle norme di settore, mentre spettano alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le procedure di affidamento delle concessioni con riguardo alle richieste risarcitorie relative a quanto deriva da atti volti a costituire un nuovo rapporto di concessione, le quali sono assimilabili ad una procedura di affidamento di un (nuovo) contratto pubblico.
In tale contesto, il TAR rileva che, nelle suddette circostanze, la gestione di uno stadio di calcio spetta anch'essa alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di servizi pubblici, così come avviene in caso di richieste di risarcimento legate alla violazione del legittimo affidamento nei confronti dell'Amministrazione (anche in fase precontrattuale).
A tal proposito, il TAR Calabria ha precisato che non sussiste alcuna violazione del canone di correttezza e buona fede né del legittimo affidamento in sede di trattative nelle seguenti ipotesi:
- Quando la P.A. segue una procedura di genere come quella ipotizzata dal privato, poiché in tal caso una “scorrettezza” dovrebbe presuppore normalmente una radicale divergenza prospettica tra le parti;
- Qualora venga contestata l'esistenza o meno di una già avvenuta dichiarazione di pubblico interesse, poiché la P.A. non è in ogni caso vincolata a dar corso alla procedura di gara;
- Quando non si è in presenza di una prova specifica di una condotta dilatoria della P.A.;
- Nel caso in cui non vi sia evidenza alcuna di legami causali tra i comportamenti tenuti dalla P.A. e i danni richiesti.
Infine, il TAR specifica che una richiesta incidentale di piena valutazione della illegittimità di un provvedimento in sede di domanda meramente risarcitoria è inammissibile.
TAR Calabria, sez. I, sentenza (ud. 8 giugno 2022) 14 luglio 2022, n. 1312
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
1. Con il ricorso in epigrafe si espone anzitutto, alla stregua di “INQUADRAMENTO DI PRINCIPIO DELLA RIMESSA QUAESTIO IURIS IN TERMINI DI PRETESO ACCERTAMENTO RISARCITORIO”, che la vicenda processuale afferisce alla posizione del gestore dello stadio di calcio di proprietà del Comune di Rende dove la ricorrente concentra la sua attività sportiva di calcio professionistico sulla base di una originaria Convenzione del 2016.
1.1. Si espone altresì che, nel 2019, una proposta progettuale della ricorrente afferente al predetto stadio, finalizzata ad una nuova regolazione dei rapporti rispetto alla originaria Convenzione del 2016, sarebbe stata approvata con Deliberazione del Consiglio Comunale n. 24 dell’8.05.19.
Successivamente, però, si sarebbero verificati una serie di comportamenti meramente dilatori e contraddittori dell’Amministrazione intimata che assumerebbero le forme della “scorrettezza” alla stregua dei principi espressi nella sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 4 maggio 2018, n. 5.
1.2. A suggellare detto scorretto comportamento sarebbe intervenuta una Nota del Comune, del 13.02.20 n. 7163 “a valenza afflittiva nella quale è manifesto l’avverso comportamento scorretto”.
1.3. A fini di maggior chiarezza, il Collegio rileva fin da ora che, nel presente giudizio, tale Nota, pur ritenuta afflittiva, viene collocata “nell’alveo risarcitorio e se ne domanda, nel medesimo giudizio – e in termini accessivi –, la declaratoria di Annullamento”.
In altri termini di detta Nota non viene domandato l’annullamento né è mai stata chiesta una misura cautelare che ne sospendesse l’efficacia.
1.4. Nel contesto di cui sopra, la ricorrente propone invece un gravame, finalizzato unicamente al risarcimento del danno, che esamina l’evoluzione dinamica del rapporto, dalla originaria Convenzione del 2016 alla Deliberazione del Consiglio Comunale n. 24 dell’8.05.19 fino alla Nota del 13.02.20 n. 7163, e che si articola come segue:
“A. esposizione degli accadimenti, fin dalla stipula dell’originario atto di convenzione a tutt’oggi in essere;”;
“B. elementi di principio che compongono l’azione e le voci oggetto di domanda risarcitoria, anche – e soprattutto – in esito ad indicazioni rese dall’Adunanza Plenaria del Supremo Consesso nella prefata statuizione;”;
“C. illegittimità – quanto meno in parte qua – dell’impugnata nota comunale che – anche in spregio ai basilari principi del “contrarius actus” – recede, se non nella forma sicuramente nella sostanza, dai diritti quesiti maturati dalla patrocinata società calcistica in guisa del menzionato deliberato consiliare n. 24/19 per cui è causa;”;
“D. elencazione delle voci del danno in tutte le componenti che gli pertengono, con salvezza di versare in giudizio gli analitici dati di (rispettiva) quantificazione.”.
1.4.1. Vista la rilevanza delle vicende fattuali, in quanto come detto si chiede in sostanza di analizzare una fattispecie di responsabilità da comportamento, occorre procedere preliminarmente ad una ricostruzione puntuale delle stesse.
1.5. In relazione alla originaria Convenzione, ritenuta dalla ricorrente “tutt’ora in essere” (di cui al paragrafo del ricorso esteso sub lett. A), la ricorrente afferma che con detto atto il Comune ha concesso al Rende Calcio l’uso e la gestione del predetto impianto, per la durata di 9 (nove) anni, prorogabile per altri nove previa richiesta del concessionario (cfr. art. 3 Convenzione). Era inoltre espressamente pattuito che il Rende Calcio assumesse l’obbligo della manutenzione ordinaria dell’impianto, per come specificato dall’art. 7, comma 10, nonché delle opere di riqualificazione degli spazi sportivi, con ciò intendendosi la sistemazione del manto erboso, il rifacimento degli spogliatoi, come meglio specificato all’art. 10 del menzionato atto.
Il Comune avrebbe invece assunto l’obbligo di eseguire la manutenzione straordinaria “dei campi di calcio, delle strutture tutte e degli impianti tecnologici oggetto della presente convenzione, risultanti nel verbale di consegna della struttura. Resta inteso che per manutenzione straordinaria si intende ogni opera di adeguamento dell’impianto sportivo alle leggi e norme vigenti, ovvero che entreranno in vigore nel corso del periodo di concessione” (cfr. art. 9).
A fronte dei costi dell’investimento posto a carico della convenzionata società calcistica, le parti avrebbero previsto il diritto della stessa a percepire tutti gli introiti derivanti dalla gestione dell’impianto, anche affidando l’attività di ristoro e la vendita degli spazi pubblicitari al suo interno (cfr. art. 11).
La ricorrente, in adempimento ai propri obblighi contrattuali, avrebbe eseguito i lavori di cui alla predetta Convenzione regolarmente certificati dal verbale di fine lavori accettato e sottoscritto dal Comune.
Per la stagione sportiva 2017/2018 ed al fine della iscrizione del Rende Calcio al Campionato di calcio professionistico di Lega Pro si sarebbero però resi necessari dei lavori di manutenzione straordinaria dell’impianto a carico del Comune.
Non potendo differire l’adempimento, pena la mancata iscrizione al Campionato connessa al mancato ottenimento della Licenza Nazionale, la ricorrente si sarebbe vista costretta ad eseguire detti lavori, per un esborso (indicato in ricorso) pari ad Euro 85.000,00.
1.6. Successivamente, il Comune avrebbe concesso alla ricorrente, per la stagione sportiva 2018/19, il nulla osta per l’utilizzo dello stadio “Marco Lorenzon” per lo svolgimento di tutte le gare del Campionato Professionistico Lega Pro Serie C, con la specifica che “il presente nulla osta non sarà sottoposto a revoca nel corso della stagione sportiva”.
1.7. In un momento ancora posteriore, in data 15.01.19, tuttavia, il Comune, al fine di realizzare la rotatoria S.S. 107 adiacente allo stadio, avrebbe inibito alla ricorrente l’utilizzo di un’area dell’impianto sportivo e, nel contempo, avrebbe “invitato” la medesima a “prospettare, con urgenza, allo scrivente settore una soluzione tecnica atta a garantire lo svolgimento delle partite casalinghe di Lega Pro del campionato 2018-2019”.
Il Rende Calcio avrebbe reso il relativo riscontro il 16.01.19, deducendo l’intempestività e l’infondatezza delle pretese dell’Amministrazione, sia in quanto l’eventuale installazione del cantiere adiacente all’area di prefiltraggio degli ospiti avrebbe certamente impedito l’assenso allo svolgimento delle manifestazioni sportive da parte degli Organi di Pubblica sicurezza sia in quanto la società calcistica non aveva gli strumenti per risolvere la questione tecnica, invece di esclusiva competenza dell’Amministrazione Comunale.
La ricorrente si manifestava comunque disponibile a trovare una soluzione condivisa e concordata con il Comune, soprattutto al fine di garantire il corretto svolgimento del campionato professionistico ed al fine di continuare ad adempiere agli obblighi di Convenzione.
Nonostante successivi tentativi di risoluzione della questione, il Rende Calcio, il 21.02.19, si sarebbe visto costretto a diffidare formalmente il Comune ad eliminare gli impedimenti al corretto utilizzo dello stadio dovuto allo stato dei lavori della rotatoria SS 107, avendo già subito ingenti danni casati dalla disputa delle gare casalinghe a porte chiuse ed avrebbe intimato all’Amministrazione di effettuare i lavori di manutenzione straordinaria dell’impianto e la messa a norma della struttura in tempo utile per l’iscrizione al campionato professionistico di Lega Pro 2019-2020 e, dunque, entro e non oltre il 30 maggio 2019.
1.7.1. In riscontro, il Comune, con nota del 25.02.19, nell’ammettere che i lavori della rotatoria impedivano effettivamente l’uso dello stadio per mancanza di “accettabili condizioni di sicurezza”, affermava la loro “indifferibilità”.
Rispetto ai lavori di messa a norma dell’impianto sportivo, la resistente, sempre a parere della ricorrente, ammetteva la propria inadempienza, sul presupposto della insufficienza dei mezzi finanziari dell’Ente e del ritardo nell’acquisizione di fondi regionali ed avrebbe affermato che “visti i tempi ristretti imposti dalla Lega Pro (maggio 2019), in caso di ritardo del finanziamento regionale, l’unica possibilità è che si provveda ad una ripartizione degli impegni finanziari tra società e Comune di Rende, al fine di garantire l’iscrizione del Rende Calcio 1968 srl al campionato di serie C 2019-2020”.
1.8. Con Delibera Consiliare n. 24 dell’8 maggio 2019, consequenziale alla proposta progettuale formulata dalla ricorrente (nota prot. 21341 del 30.04.19) finalizzata a ristrutturazione, ampliamento e adeguamento a norma dello stadio, il Comune di Rende, secondo la prospettazione ricorsuale:
- ha dato atto che la Lega Pro aveva già sollecitato la messa a norma dello stadio al fine dell’iscrizione al campionato di competenza del Rende Calcio per la stagione sportiva 2019-2020, pena l’esclusione del campionato della società sportiva;
- ha ravvisato l’urgenza di procedere, sul presupposto che il Rende Calcio “costituisce una importante realtà per la città in termini di visibilità nazionale e benefici economici sul territorio” e con la dichiarata consapevolezza del rischio che la medesima società potesse, allo stato, richiedere il risarcimento dei danni subiti;
- ha contestualmente acclarato di pubblico interesse la proposta progettuale, con la correlata concessione alla medesima società del diritto di superficie dell’area su cui insiste lo stadio, ai fini della ristrutturazione, ampliamento e adeguamento a norma dell’impianto sportivo, subordinando, sempre nell’impostazione della ricorrente, esclusivamente nel “quando” la consequenziale (innovata) concessione, all’esito della “presentazione da parte del Rende Calcio 1968 al competente Settore di un progetto definitivo, corredato da una bozza di convenzione e da un piano economico-finanziario asseverato da un Istituto di credito/società di cui all’art. 183, comma 9, del D.Lgs. n. 50/2016”.
1.9. La ricorrente, in adempimento a quanto deliberato dall’Amministrazione, avrebbe provveduto alla definizione del progetto (prot. n. 42986 del 17.09.19), corredato dal piano economico-finanziario e dalla relativa asseverazione. Inoltre, constatata la mancanza di accatastamento degli immobili e su espressa autorizzazione dell’Ente, la medesima avrebbe provveduto al pedissequo adempimento (in luogo del Comune) sostenendone i relativi costi.
A conclusione dell’iter procedimentale in parola, la ricorrente avrebbe più volte sollecitato il Comune di Rende a presentarsi dinanzi al Notaio rogante al fine della stipula dell’atto di concessione.
Nel contempo, ai fini dell’iscrizione al campionato professionistico 2019-2020, la ricorrente sarebbe stata costretta ad indicare per le gare casalinghe lo stadio di Vibo Valentia, sito a 106 chilometri, con ulteriore aggravio delle spese a proprio carico.
1.9.1. Nel predetto contesto, il Comune di Rende avrebbe sollevato una serie di contestazioni alla società proponente sul contenuto del progetto e su pretese “difformità”.
La ricorrente, quindi, con nota dell’11.01.20, avrebbe diffidato l’Ente comunale a pronunciarsi entro il successivo 20.01.20 sull’intento di procedere o meno secondo affidamento diretto in favore della medesima società, già titolata ad essere concessionaria, oppure a procedere con sequenza ad evidenza pubblica, in applicazione della disciplina del codice dei contratti pubblici riferita al c.d. project financing.
Nel contempo, la stessa ricorrente dichiarava la propria disponibilità a rivalutare l’originaria proposta progettuale, in uno con le necessarie valutazioni in termini di complementarietà delle opere accessorie di cui al progetto definitivo, a fronte di un auspicato incontro chiarificatore.
1.10. Invece, con la Nota del 13.02.20 n. 7163, il Comune chiedeva di integrare l’originaria proposta progettuale precisando che “anche dopo la presentazione della proposta integrata secondo quanto richiesto con la presente, l’Amministrazione conserva, comunque, il diritto di richiedere al proponente ulteriori modifiche al progetto di fattibilità, ex art. 183 comma 15 del Codice dei Contratti Pubblici. Si specifica, altresì, che la proposta progettuale completa, qualora ritenuta di pubblico interesse dall’Ente sulla base del citato articolo di legge, necessita di adozione di variante urbanistica in Consiglio Comunale. A seguito della suddetta deliberazione di Consiglio Comunale, si procederà ad indire conferenza decisoria di tipo asincrona per l’acquisizione dei necessari pareri degli Enti coinvolti, assegnando un termine massimo di 45 giorni in base all’art. 14 bis della Legge n. 241/1990. All’esito della conferenza dei servizi e della dichiarazione di efficacia in Consiglio della variante urbanistica, la S.V. potrà essere nominato promotore e l’Ente procederà, quindi, a pubblicare apposito bando ad evidenza pubblica con diritto di prelazione”.
1.11. Esposto quanto sopra, il ricorso passa a precisare quali sarebbero gli elementi di principio che compongono l’azione e le voci oggetto di domanda risarcitoria, ritenendo all’uopo corretto fare riferimento a quanto affermato nella nota sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 4 maggio 2018, n. 5.
Nell’opinione della ricorrente, la Deliberazione del Consiglio Comunale n. 24 dell’8.05.19 faceva sorgere in favore del Rende Calcio un diritto di superficie ed una dichiarazione di pubblico interesse della relativa proposta, tale da sancire la sussistenza di una concessione il cui “an” sarebbe stato già definito, rimanendo solo il “quando” da determinare.
Tuttavia, sempre ad avviso della ricorrente, poteva al più prefigurarsi una procedura di gara in cui il Rende Calcio, già meritevole del diritto di opzione, avrebbe potuto concorrere.
Al contrario, secondo la ricorrente, si sarebbe verificato un comportamento amministrativo scorretto alla stregua di quanto indicato dalla suddetta pronunzia (Cons. Stato, Ad. plen. 4 maggio 2018, n. 5).
Infatti, l’omissione per circa sette mesi degli atti consequenziali alla citata delibera di Consiglio e l’atteggiamento dilatorio e strumentale dimostrato, nonché la Nota comunale del 13.02.20 n. 7163, quest’ultima inquadrata alla stregua di contrarius actus rispetto alla qualifica già acquisita di pubblico interesse della proposta progettuale dalla ricorrente, darebbero conto della imputabilità all’Amministrazione della violazione dei doveri di correttezza.
1.12. Sussisterebbe altresì la causalità diretta tra detti comportamenti ed il danno subito dalla ricorrente, che sarebbe da individuare nel fatto che la società calcistica sarebbe stata costretta ad effettuare i lavori di manutenzione straordinaria dell’impianto sportivo al fine di ottenere l’autorizzazione da parte della Lega Calcio Professionistico (Serie C) a partecipare regolarmente al Campionato di competenza per la stagione 2018/19.
Inoltre, l’apertura del cantiere per la costruzione della rotatoria SS 107, immediatamente adiacente all’impianto sportivo de quo, avrebbe impedito la regolare fruizione dell’impianto che la stessa Amministrazione aveva assicurato con la Convenzione del 2016, ledendo, nel contempo, il connesso diritto della società calcistica di ottenere le necessarie autorizzazioni dalla Lega Calcio al fine di partecipare al campionato di riferimento per le relative stagioni sportive.
Sussisterebbero dunque perdite economiche subite dal Rende Calcio a causa delle scelte negoziali illecitamente condizionate dalla scorrettezza dell’agire procedimentale del Comune e direttamente imputabili alla medesima P.A., sia in punto di danno emergente, sia sotto il profilo del lucro cessante, con l’ulteriore componente del danno all’immagine.
1.13. Prosegue la ricorrente (con il suddetto paragrafo “C.” del ricorso) ad evidenziare che sarebbe illegittima quanto meno in parte qua “l’impugnata nota comunale” perché con essa il Comune avrebbe vulnerato i diritti quesiti della società calcistica di cui alla menzionata Deliberazione del Consiglio Comunale n. 24 dell’8.05.19.
Tale Nota sarebbe afflitta dai seguenti vizi: “I – VIOLAZIONE DI LEGGE ED ECCESSO DI POTERE PER SVIAMENTO DELLA CAUSA TIPICA. VIOLAZIONE DELLE ORDINARIE REGOLE DEL CONTRARIUS ACTUS.VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DELL’AFFIDAMENTO DEL PRIVATO IN ESITO AL “PASSAGGIO IN GIUDICATO” DELL’ACQUISITA TITOLARITA’. VIOLAZIONE DELL’ART. 1173 C.C. E/O DELL’ART. 183, COMMA 15 D.LGS 50/16, NELLA PARTE IN CUI PREVEDE CHE “NEL BANDO E’ SPECIFICATO CHE IL PROMOTORE PUÒ ESERCITARE IL DIRITTO DI PRELAZIONE”. INSUSSISTENZA DEI PROFILI DI LEGGE ENUNCIATI DALL’ART. 21 quinquies L. 241/90”.
Secondo la prospettazione della ricorrente, delle due seguenti ipotesi solo una può essere ritenuta fondata: “i) o il deliberato consiliare n. 24/19 culmina giocoforza nell’acquisizione della concessione – nei relativi termini temporali – avendo già il Rende Calcio acquisito la meritevolezza dell’interesse pubblico e il diritto di superficie, di talchè essere fonte di obbligazione”;
“ii) o il Rende medesimo è titolato a partecipare ad una procedura di gara consequenziale alla delibera consiliare in parola, nel cui bando deve essere specificato il cespite, assunto violato, di cui all’art. 183, comma 15 c.c.p.: “nel bando e’ specificato che il promotore può esercitare il diritto di prelazione”.
1.14. Per ciò che concerne le voci del danno subito (parte del ricorso indicato supra sub D), la ricorrente indica quanto segue.
Danno emergente: - lavori di straordinaria manutenzione dell’impianto sportivo; - perdite economiche, in relazione alle stagioni 2018/2019 e 2019/2020, connesse alla indisponibilità dello stadio da cui è scaturita la disputa di alcune gare del Campionato di Lega Pro a porte chiuse e le restanti presso lo stadio di Vibo Valentia; - costi per l’iscrizione al Campionato Lega Pro 2019/2020; - spese sostenute per l’avvio del progetto; - spese legali.
Quanto al lucro cessante, con l’ulteriore componente della perdita di chance, la ricorrente richiede una valutazione equitativa, nonché di considerare la perdita degli introiti e dell’indotto correlati alla partecipazione dei tifosi alle gare casalinghe.
Il danno all’immagine, richiesto anch’esso previa valutazione equitativa, viene invece configurato come “danno conseguenza” dell’indubbia incidenza negativa della Nota comunale del 13.02.20 n. 7163 sulla percezione che clienti, tifosi e fornitori avrebbero della società, stante la mancata realizzazione del progetto di ammodernamento e messa a norma dello stadio.
1.15. Le domande conclusive del ricorso sono formulate senza quantificazione specifica ma sono state poi precisate con successivo atto nei termini che seguono: “Voglia Codesto Ecc.mo TAR accertare e dichiarare il danno ingiusto causato dall’Amministrazione procedente, e, per l’effetto, condannare il Comune di Rende al risarcimento dei danni nella misura e per i titoli evincibili dalle voci che seguono, opportunamente aumentate della rivalutazione monetaria e degli interessi al tasso legale a decorrere dalla data della diffida dell’11.01.20 e sino al soddisfo:
i) a titolo di danno emergente:
- euro 104.004,54, per i lavori di messa a norma dello Stadio Lorenzon per la stagione sportiva 2017/2018;
- euro 20.252,00, per opere aggiuntive per la messa in sicurezza dell’impianto, per la stagione 2018/2019;
- euro 18.054,77, per la disputa delle restanti gare della stagione calcistica 2018/2019 presso il campo sportivo “Luigi Razza” di Vibo Valentia;
- euro 28.836,30, per lo svolgimento delle partite casalinghe della stagione 2019/2020 presso il campo sportivo “Luigi Razza” di Vibo Valentia;
- euro 60.000,00, e ulteriori euro 350.000,00, rispettivamente, a titolo di fideiussione e di iscrizione al Campionato Lega Pro 2019/2020;
ii) sempre a titolo di danno emergente, devono aggiungersi, per l’avvio del progetto Stadio “Marco Lorenzon”, le seguenti voci:
a) euro 32.752,00, per oneri di progettazione;
b) euro 7.320,00, per spese per asseverazione del progetto;
c) euro 2.343,92, per oneri per indagini geologiche;
d) euro 1.280,20, per oneri sostenuti per l’accatastamento degli immobili;
iii) a titolo di lucro cessante:
- euro 802.502,82, per perdita di chance conseguente alla retrocessione in Serie D del Rende Calcio per la stagione 2020/2021;
per un totale pari ad euro 1.427.346,55, salvo errori e/o omissioni, a cui dovrà aggiungersi:
iv) a titolo di danno all’immagine, per le causali di cui in premessa, l’importo da liquidarsi in via equitativa, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1226 c.c., posta l’indicazione di specie dedotta in atti. Voglia Codesto Ecc.mo TAR, altresì, dichiarare l’illegittimità della nota comunale del 13.02.20 n. 7163, a firma del Dirigente ad interim del Comune di Rende Ing. Francesco Azzato, nella parte indicata in epigrafe di ricorso introduttivo e oggetto di censura.”.
2. Si costituiva ritualmente in giudizio il Comune, secondo il quale, in generale, le pretese sopra enucleate sono infondate ed ancor prima rivolte ad un plesso giurisdizionale errato.
2.1. Il Comune, inoltre, ritiene inammissibile la documentazione depositata dalla ricorrente in vista dell’udienza pubblica di cui in epigrafe perché, ai sensi dell’art. 73, comma 1, c.p.a., il deposito in giudizio di documenti è consentito fino a 40 giorni liberi prima dell’udienza e tale termine è perentorio e non può essere superato, salva dimostrazione, assente nel caso di specie, dell’estrema difficoltà di produrre l’atto nei termini di legge, siccome previsto dall’art. 54, comma 1, c.p.a..
2.2. Sotto il profilo della giurisdizione, nello specifico, il Comune ritiene erronea la posizione della ricorrente, enunziata in corso di causa a seguito dell’eccezione posta dall’ente, secondo cui rientrerebbero nella giurisdizione del giudice ordinario solo le controversie aventi ad oggetto canoni e altri corrispettivi delle concessioni e non l’esatto adempimento delle stesse, e che, nella fattispecie, l’atto di concessione avrebbe ad oggetto il bene pubblico “stadio” e non direttamente un servizio pubblico.
Il Comune asserisce invece che la concessione di uno stadio comunale sia inquadrabile nella figura della concessione di servizi pubblici, in ragione della centralità della gestione, in vista della quale l’affidamento del bene è strumentale.
In tale senso sarebbe orientata la giurisprudenza amministrativa secondo cui nel caso della gestione di impianti sportivi comunali si tratta, in particolare, di un servizio pubblico locale, ai sensi dell’art. 112 del d.lgs. n. 267/2000, per cui l’utilizzo del patrimonio si fonde con la promozione dello sport che, unitamente all’effetto socializzante ed aggregativo, assume il ruolo di strumento di miglioramento della qualità della vita a beneficio non solo della salute dei cittadini, ma anche per la vitalità sociale della comunità (culturale, turistico, di immagine del territorio, etc.).
Ne discende che, sotto il profilo considerato, l’affidamento in via convenzionale di immobili, strutture, impianti, aree e locali pubblici – anche quando appartenenti al patrimonio indisponibile dell’ente, ai sensi dell’art. 826 del c.c., purché destinati al soddisfacimento dell’interesse della collettività allo svolgimento delle attività sportive – non è sussumibile nel paradigma della concessione di beni, ma struttura, per l’appunto, una concessione di servizi. La ricorrente in proposito cita la sentenza del Consiglio di Stato sez. V, 18.08.2021 n. 5915, che richiama Consiglio di Stato sez. V, 28 gennaio 2021, n. 858.
Premesso quanto sopra, il Comune richiama l’orientamento del massimo organo di giurisdizione (Cassazione civile sez. un., 26/10/2020, n. 23418, 5 giugno 2018, n. 14434; 11 luglio 2017, n. 17110), alla cui stregua, nelle concessioni di pubblici servizi, lo "spartiacque" delle giurisdizioni, quella amministrativa esclusiva e quella ordinaria, dovrebbe rinvenirsi nella stipulazione del contratto o nell'aggiudicazione definitiva, trovando ciò fondamento nella stessa norma costituzionale di riparto (art. 103 Cost.), che consente di affidare la materia dei pubblici servizi alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo solo se in essa la pubblica Amministrazione agisce esercitando il suo potere autoritativo. E la sussistenza di tale condizione, in linea di principio (salvo, dunque, tipizzati interventi autoritativi del concedente anche nella fase successiva all'aggiudicazione), sarebbe da escludere allorquando, esaurita la fase pubblicistica della scelta del concessionario e sorto il "vincolo" contrattuale, venga in contestazione la delimitazione del contenuto del rapporto, gli adempimenti delle obbligazioni contrattuali e i relativi effetti.
2.3. Sempre nell’opinione del Comune, che richiama gli orientamenti suddetti della Suprema Corte, ove si controverta sull'accertamento dell'adempimento o dell'inadempimento delle parti alle obbligazioni assunte nell'ambito del rapporto concessorio, anche ai fini del risarcimento del danno, non trova rilievo alcun controllo sull'esercizio del potere pubblico, in relazione ai parametri di legittimità dell'azione amministrativa provvedimentale, essendo al giudice di merito richiesto di valutare la sussistenza, o meno, dei fatti di inadempimento dedotti a fondamento delle pretese e di qualificarli giuridicamente, per trarne le conseguenze sul piano privatistico, vertendosi in tema di diritti soggettivi vantati in posizione di parità dal privato nei confronti dell'ente pubblico o parificato. Per radicare la giurisdizione esclusiva, infatti, non sarebbe sufficiente la mera attinenza della controversia con una determinata materia, occorrendo pur sempre che la controversia abbia ad oggetto, in concreto, la valutazione di legittimità di provvedimenti amministrativi che siano espressione di pubblici poteri. Sicché, per dirimere la questione di giurisdizione, nessun rilievo può avere la necessità che per decidere sul fatto (inadempimento) dedotto come causa del danno il giudice (ordinario) debba conoscere e valutare il contenuto delle obbligazioni cristallizzate nell'atto convenzionale presupposto, poiché non è la mera occasionalità del collegamento con il potere pubblico (di cui è espressione l'atto concessorio) a determinare il radicamento della giurisdizione.
Sussisterebbe pertanto la giurisdizione del giudice ordinario sugli asseriti danni che deriverebbero dalla violazione degli obblighi di cui alla Convenzione per la concessione in gestione dello stadio.
2.4. Nel merito, il Comune evidenzia l’infondatezza della domanda risarcitoria in esame.
Infatti, né nel ricorso né tanto meno nell’atto di quantificazione delle voci di danno, il ricorrente avrebbe provveduto a descrivere i lavori eseguiti, ritenendo sufficiente farlo in sede di memoria “conclusiva”, e soprattutto, la ricorrente pur sostenendo che tali lavori si fossero resi necessari ai fini dell’iscrizione del Rende Calcio al campionato Professionistico di Lega Pro per gli anni 2017/2018 e 2018/2019, non avrebbe prodotto alcun documento proveniente da quest’ultima che le intimasse di eseguire, ai fini della medesima iscrizione per detti anni, determinati lavori.
2.5. Soltanto nella diffida del 21.2.2019, trasmessa dalla ricorrente all’Amministrazione, la prima elencava le opere che si rendevano necessarie per l’iscrizione al campionato 2019/2020 entro e non oltre il termine del 30 maggio 2019, e in particolare “illuminazione stadio 1200 lux, seggiolini per almeno due settori dello stadio, locali da adibire a spogliatoi arbitri maschili e femminili sala infermeria, spazi in tribuna per i diversamente abili”.
Ma da un esame della Convenzione sarebbe stato agevole evincere che tali opere facevano carico alla concessionaria, perché, in base all’art. 7, comma 10, della Convenzione, per interventi di manutenzione ordinaria si intendono quelli che riguardano opere interne di “riparazione rinnovazione sostituzione ed integrazione per mantenere in perfetta efficienza gli impianti tecnologici” compreso quello elettrico.
Ai sensi dell’art. 13 della predetta Convenzione, inoltre, tutti gli interventi relativi alla capienza e ai diversi ordini di posti avrebbero dovuto essere effettuati a cura e spese della concessionaria.
Pertanto, tutte le spese che la ricorrente afferma avere sostenuto, come si evincerebbe dalle causali della documentazione contabile prodotta, riguarderebbero opere che dovevano essere eseguite dalla concessionaria in base a quanto convenzionalmente assunto.
2.6. Il Comune aggiunge, con riguardo ai danni che troverebbero causa nell’indisponibilità dello stadio per i lavori della rotatoria adiacente lo stesso, che la concessione del nulla osta per l’utilizzo del campo sportivo per lo svolgimento delle gare casalinghe non poteva certo impedire all’Amministrazione di effettuare dei lavori urgenti resisi necessari per ragioni di sicurezza pubblica; ipotesi questa rientrante nella previsione dell’art. 17, comma 1, della Convenzione, dovendo intendersi l’urgenza ed indifferibilità dei lavori come causa di forza maggiore.
La resistente contesta altresì alcune delle spese richieste dalla ricorrente che non atterrebbero all’impianto sportivo ma alle vicende della squadra del Rende Calcio.
2.7. Per ciò che concerne i danni che la ricorrente assume avere subito per avere presentato la proposta di ristrutturazione, ampliamento e adeguamento a norma dello stadio, il Comune ribadisce che, nel caso in esame, non sussistano, i presupposti per l'invocata tutela risarcitoria ex art. 1337 c.c., tenuto in particolare conto che per stessa ammissione del ricorrente la proposta dalla stessa presentata è di c.d. project financing.
La presentazione da parte del privato di una proposta di questo tipo darebbe avvio ad una procedura che, per consolidata giurisprudenza amministrativa, ha natura tipicamente discrezionale, potendo sempre l'Amministrazione, anche dopo aver dichiarato di pubblico interesse una proposta di project financing ed individuato il promotore privato, decidere di non dar corso all'ulteriore fase della procedura per l'affidamento della concessione, salvo i casi di irragionevolezza manifesta, carenza di motivazione o travisamento dei fatti, non ravvisabili nell'ipotesi in discussione, atteso che la ricorrente avrebbe presentato un progetto definitivo del tutto diverso dalla proposta dichiarata di interesse pubblico.
Da ciò conseguirebbe che, anche a seguito della dichiarazione di pubblico interesse della proposta, il promotore non potrebbe vantare alcun diritto all'indizione della procedura, essendo titolare esclusivamente di una aspettativa al completamento della procedura che, come tale, non può essere azionata davanti al giudice amministrativo, neppure in via risarcitoria.
Di conseguenza, quando il privato elabora e presenta il progetto e le relative asseverazioni, si assumerebbe il rischio del mancato completamento della procedura.
2.8. In relazione alla perdita di chance ed al danno all’immagine derivanti dalla retrocessione in serie D, causata dal non avere potuto disputare le gare presso lo stadio, il Comune sostiene che sarebbe onere della ricorrente dimostrare il motivo per cui vi sono squadre che retrocedono pur giocando nei loro campi da gioco: mancherebbe dunque in radice il nesso di causalità.
3. Ricostruiti come sopra i fatti e le posizioni delle parti, che hanno prospettato le loro tesi con ulteriori memorie e repliche in corso di causa oltre che oralmente in udienza, il Collegio deve delibare sulla vicenda, principiando dalle questioni riguardanti la giurisdizione.
4. L’eccezione del Comune, relativa alla sussistenza della giurisdizione ordinaria, va accolta solo in parte.
4.1. In particolare, ad avviso del Collegio, la ricorrente propone una domanda meramente risarcitoria, che prescinde quindi dalla impugnazione di singoli atti, avente ad oggetto le conseguenze patrimoniali di un comportamento asseritamente non conforme ai canoni di buona fede e correttezza del Comune nella gestione di un rapporto pubblicistico che, per un verso, trova fonte e regolamentazione nella Convenzione originaria, ma, per altro verso, si riferisce anche alla Deliberazione del Consiglio Comunale n. 24 dell’8.05.19 ed alla Nota comunale del 13.02.20 n. 7163.
4.2. Quanto stabilito dalla giurisprudenza citata dalla resistente (cfr. in particolare Cassazione civile sez. un., 26/10/2020, n. 23418), con riguardo alla sussistenza della giurisdizione del G.O. quando si tratti di questioni riferite alla esecuzione di una concessione di servizi pubblici, anche alla luce della giurisprudenza costituzionale (cfr. Corte Cost., sent. n. 204 del 2004), vale quindi a determinare la declinatoria di giurisdizione con riguardo alle pretese della ricorrente afferenti ai costi sostenuti indebitamente in relazione alla esecuzione della Convenzione originaria che, è pacifico tra le parti in causa, è ancora in essere. Più in generale tutte le domande i motivi gli argomenti e le questioni che la ricorrente associa all’esecuzione della originaria Convenzione afferiscono alla giurisdizione del G.O., perché si tratta di questioni meramente patrimoniali, attinenti a canoni e altri corrispettivi nell’ambito della esecuzione di una concessione. Infatti, nello schema di tale figura giuridica, il rapporto sinallagmatico (e quindi il corrispettivo) si fonda sul pagamento delle spese da parte del concessionario e sull’affidamento allo stesso del diritto di godere del bene o di esercitare il servizio, con le correlative entrate, da parte del concedente (salvi i casi di erogazione anche di un contributo da parte della P.A.).
In sostanza, quindi, tutto quanto evidenziato nel paragrafo del ricorso rubricato “A. esposizione degli accadimenti, fin dalla stipula dell’originario atto di convenzione a tutt’oggi in essere;”, fatta eccezione per le parti afferenti alla Deliberazione del Consiglio Comunale n. 24 dell’8.05.19 ed alla Nota, attiene alla giurisdizione del giudice ordinario.
4.3. La giurisdizione di questo Collegio sussiste però in relazione alle richieste risarcitorie relative a quanto deriva dalla Deliberazione del Consiglio Comunale n. 24 dell’8.05.19 e dalla Nota, che si configurano quali atti volti a costituire un nuovo rapporto concessorio e che, in quanto tali, sono assimilabili ad una procedura di affidamento di una (nuova) concessione pubblica.
Infatti, qualora si richieda il risarcimento dei danni per violazione del legittimo affidamento nei confronti dell’Amministrazione, anche in fase precontrattuale, la giurisdizione spetta al G.A. (cfr. Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, sentenza 29 novembre 2021, n. 20, che pur riguardando un annullamento giurisdizionale è equiparabile alla presente fattispecie in cui il ricorrente sostiene in essenza di essere di fronte ad un annullamento, almeno parziale, in autotutela).
4.4. Nel caso di specie, oltre a sussistere le condizioni indicate dalla suddetta pronunzia per ritenere che si verta in tema di “legittimo affidamento”, rientrante nella giurisdizione generale risarcitoria del G.A. in materia di interessi legittimi, quali sono quelli che caratterizzano la posizione del privato quando richiede l’avvio di un nuovo rapporto negoziale, sussiste altresì la giurisdizione esclusiva di questo giudice in ordine alle procedure di affidamento ed ai servizi pubblici di cui all’art. 133, comma 1, lett. c) ed e), del c.p.a..
5. Con riguardo alle questioni che attengono alla giurisdizione di questo giudice, come sopra enucleate, il ricorso è infondato.
5.1. Preliminarmente, va accolta l’eccezione di inammissibilità della documentazione depositata dalla ricorrente in vista dell’udienza, perché, ai sensi dell’art. 73 comma 1, c.p.a., il deposito in giudizio di documenti è consentito fino a 40 giorni liberi prima dell’udienza e tale termine è stato superato dalla ricorrente. Detta documentazione va quindi stralciata dagli atti di causa.
6. Venendo alla domanda della ricorrente, quest’ultima va respinta perché non è stata dimostrata in giudizio la sussistenza di condotte contrarie a correttezza e buona fede da parte dell’Amministrazione nell’arco di tempo che va tra la Deliberazione del Consiglio Comunale n. 24 dell’8.05.19 e la Nota del 13.02.20 n. 7163. Le relative vicende non appaiono travalicare la normale dialettica tra le parti di una stipulanda concessione.
6.1. A tale riguardo, occorre anzitutto notare che è la stessa ricorrente ad affermare che era facoltà del Comune decidere se procedere o meno con affidamento diretto in favore della società sportiva già concessionaria in virtù di precedente titolo tutt’ora in vigore secondo entrambe le parti (in disparte la legittimità o meno di tale eventuale ipotesi, che non è oggetto del presente giudizio), oppure con procedura ad evidenza pubblica, in applicazione della disciplina del project financing.
E la nota del 13.02.20 n. 7163 del Comune non è altro che un atto relativo a detta procedura di affidamento di un project financing, nel cui ambito in effetti la normativa prevede che “A tal fine l'amministrazione aggiudicatrice può invitare il proponente ad apportare al progetto di fattibilità le modifiche necessarie per la sua approvazione. Se il proponente non apporta le modifiche richieste, la proposta non può essere valutata positivamente.” (cfr. art. 183, comma 15, Codice contratti pubblici).
Non si verte dunque in un caso di procedimento seguito dalla P.A. radicalmente differente rispetto a quello ipotizzato dalla ricorrente/proponente e pertanto, sotto questo primo aspetto, non appare consistente l’ipotesi di una scorrettezza del Comune che dovrebbe invece presupporre una radicale divergenza prospettica tra le parti.
6.2. In secondo luogo, la qualificazione della Nota in termini di contrarius actus non è provata in giudizio, dal momento che la ricorrente non ha dimostrato quale sua prerogativa effettivamente garantita dal primo provvedimento sarebbe stata resa inefficace dal secondo.
Del resto la stessa ricorrente non ha domandato l’annullamento di tale provvedimento, chiedendone esclusivamente il suo vaglio ai fini risarcitori, ciò è stato anche confermato in udienza nel cui verbale il difensore della ricorrente “Precisa inoltre che l'impugnativa afferisce al comportamento scorretto tenuto dal Comune in violazione dell'originaria convenzione”. In tal modo è stato fornito un ulteriore elemento indiziario sulla assenza di una specifica lesività della Nota. Sempre a tale riguardo, si osserva che la Deliberazione del Consiglio Comunale n. 24 dell’8.05.19 non faceva sorgere posizioni giuridiche consolidate in favore del Rende Calcio, che erano invece condizionate alla presentazione del progetto definitivo.
6.2.1. E’ vero che sembra sussistere una seria divergenza tra le parti sull’esatta qualificazione giuridica dei due atti e, in particolare, in ordine alla sussistenza di una dichiarazione di pubblico interesse nel primo provvedimento non pienamente enfatizzata nel secondo. Tuttavia si tratta di un profilo che non richiede approfondimento ai fini del decidere, in quanto, in ogni caso, e cioè quand’anche fosse stato non solo individuato il promotore, ma anche ritenuto di pubblico interesse il progetto dallo stesso presentato, l’Amministrazione non sarebbe comunque vincolata a dare corso alla procedura di gara, essendo libera di scegliere, attraverso valutazioni attinenti al merito amministrativo e non sindacabili in sede giurisdizionale se, per la tutela dell’interesse pubblico, sia più opportuno affidare il progetto per la sua esecuzione ovvero rinviare la sua realizzazione, ovvero non procedere affatto (cfr. in questo senso Consiglio di Stato, sez. V, 23 giugno 2020 n. 4015).
Ne consegue che, secondo il consolidato indirizzo giurisprudenziale, anche dopo la dichiarazione di pubblico interesse dell’opera, la valutazione amministrativa della perdurante attualità dell’interesse pubblico alla realizzazione dell’opera continua ad essere immanente ed insindacabile nel merito (in termini, tra le tante, Cons. Stato, V, 4 febbraio 2019, n. 820).
Infatti la disciplina del project financing si contraddistingue in quanto l’iniziativa non è assunta dall’Amministrazione, ma dal privato. Pertanto, anche una volta che la proposta di quest’ultimo sia stata dichiarata di pubblico interesse, il promotore non acquisisce alcun diritto pieno all’indizione della procedura, ma una mera aspettativa, condizionata alle valutazioni di esclusiva prerogativa dell’ente pubblico in ordine all’opportunità di contrattare sulla base della medesima proposta. Detta aspettativa non è quindi giuridicamente tutelabile rispetto alle insindacabili scelte dell’Amministrazione e la posizione di vantaggio acquisita per effetto della dichiarazione di pubblico interesse si esplica solamente all’interno della gara una volta che la decisione di affidare la concessione sia stata assunta.
Conseguentemente, anche a ricondurre il provvedimento gravato nell’area nozionale della revoca, risulterebbe infondata la proposta domanda risarcitoria per legittimo affidamento, che non può avere ad oggetto atti ad effetti instabili ed interinali, ma solo atti durevoli, stabilmente attributivi di vantaggi, laddove invece la dichiarazione di pubblico interesse, che per ipotesi fosse intervenuta, del progetto presentato dalla ricorrente non è un atto durevole, ovvero attributivo in maniera definitiva di un vantaggio, ma meramente ed eventualmente prodromico al successivo affidamento o alla successiva indizione della gara.
Alla luce di quanto sopra e del delineato quadro giuridico è infondata la tesi della scorrettezza nel comportamento del Comune.
6.3. In terzo luogo, non sussiste specifica prova di un comportamento dilatorio del Comune, dal momento che la ricorrente si è limitata ad evidenziare la pretesa divergenza tra l’atto consiliare e la Nota, senza fornire circostanze specifiche ulteriori su detto preteso contegno. Inoltre, la dialettica progettuale per un intervento di tale rilevanza è fisiologica e la tempistica complessiva non appare manifestamente abnorme.
6.4. Per un quarto profilo, appaiono insussistenti i legami causali tra i comportamenti dell’amministrazione intervenuti nel periodo di cui si discorre ed i danni richiesti.
Ovviamente i pretesi lavori di manutenzione straordinaria dell’impianto sportivo cui sarebbe stata costretta la ricorrente, nonché le questioni relative all’agibilità dello stadio a causa dell’apertura del cantiere per la costruzione della rotatoria SS 107, esulano, per ragioni di giurisdizione, dalla presente pronunzia, essendo relativi a canoni ed altri corrispettivi di un rapporto convenzionale che peraltro, secondo le parti, è tutt’ora in essere.
Sulla specifica questione del mancato affidamento della nuova concessione, che invece come detto rientra nella giurisdizione di questo giudice ed è oggetto della presente pronunzia, appare come la stessa ricorrente qualifichi in termini di possibilità giuridica l’ipotesi che la procedura segua la disciplina di cui all’art. 183 del Codice dei contratti pubblici, e che sussistevano precise condizioni per il perfezionarsi delle diverse ipotesi prefigurate dalle norme applicabili e dalla Delibera consiliare in parola. Ne deriva, sotto questo aspetto, che i due provvedimenti su cui la ricorrente ha chiesto una pronunzia, senza chiederne l’annullamento, non possono essere considerati espressione di comportamenti contrari a buona fede, in assenza di specifiche contestazioni che non si risolvano nella denunzia di illegittimità dell’atto, che, come detto, comunque non sussiste essendo stata applicata la normativa pertinente.
Pertanto, nel caso di specie, i richiesti oneri di progettazione, le spese per asseverazione del progetto e per le indagini geologiche, gli oneri sostenuti per l’accatastamento degli immobili, nonché la perdita di chance ed il danno all’immagine non sono in rapporto di causalità con il comportamento del Comune ma attengono al rischio di impresa del proponente di una concessione e dell’esercente di una società sportiva.
6.5. Infine, ad avviso del Collegio, e si tratta di rilievo autonomo, è inammissibile una richiesta incidentale di piena valutazione della illegittimità di un provvedimento in sede di domanda meramente risarcitoria.
Infatti in tale sede i provvedimenti non impugnati possono essere vagliati solo alla stregua delle regole del neminem laedere e della correttezza delle trattative oltre che dell’affidamento, ma non, surrettiziamente, nell’ottica del giudizio annullatorio di piena giurisdizione di cui all’art. 29 del c.p.a., per l’evidente necessità di evitare l’elusione dei termini di impugnazione.
7. In definitiva, sulla scorta di quanto sopra rilevato, il Collegio ritiene che le domande della ricorrente afferenti ai lavori di straordinaria manutenzione dell’impianto sportivo “Marco Lorenzon”, le perdite economiche in relazione alle stagioni 2018/2019 e 2019/2020 connesse alla indisponibilità del predetto stadio, i costi per l’iscrizione al Campionato Lega Pro 2019/2020, la perdita degli introiti e dell’indotto correlati alla partecipazione dei tifosi alle gare casalinghe attengano alla giurisdizione del giudice ordinario. Va pertanto declinata la giurisdizione del giudice amministrativo, con contestuale indicazione del giudice ordinario quale organo giurisdizionale dotato di giurisdizione, dinanzi al quale la controversia può essere riassunta ai sensi e con gli effetti di cui all’art. 11 c.p.a., il cui comma 2 dispone che “Quando la giurisdizione è declinata dal giudice amministrativo in favore di altro giudice nazionale o viceversa, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute, sono fatti salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda se il processo è riproposto innanzi al giudice indicato nella pronuncia che declina la giurisdizione, entro il termine perentorio di tre mesi dal suo passaggio in giudicato”.
7.1. Le domande relative alle spese sostenute per oneri di progettazione, per asseverazione del progetto, per indagini geologiche, per l’accatastamento degli immobili, il lucro cessante per perdita di chance, nonché il danno all’immagine, rientrano invece nella giurisdizione di questo Giudice amministrativo, nella misura in cui siano legate ai comportamenti conseguenti alla Deliberazione del Consiglio Comunale n. 24 dell’8.05.19 ed alla Nota del 13.02.20 n. 7163, ma sono infondate.
8. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara parzialmente inammissibile per difetto di giurisdizione, nei termini e limiti di cui in motivazione, e per il resto infondato.
Assegna alla parte interessata il termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato della presente decisione per la riproposizione della domanda, per i motivi e le questioni rientranti nella relativa giurisdizione, dinnanzi al giudice ordinario competente per grado, materia e territorio indicato peraltro dalla stessa Convenzione del 2016.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite nella misura di euro 3000 (tremila) oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.