È quanto hanno stabilito le Sezioni Unite con la sentenza in commento.
Svolgimento del processo
Il Consiglio Nazionale Forense (in seguito, C.N.F.), con sentenza n. 210/2021, depositata il 30/11/2021, notificata il 17/12/2021, pronunciando in sede di rinvio (per effetto di cassazione, con sentenza n. 21128/2020 di questa Corte, di pregressa decisione del 2019, che aveva ritenuto tardiva l'impugnazione), ha, in parziale accoglimento del ricorso proposto dall'avvocato (omissis) avverso la decisione adottata dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Viterbo (in seguito, C.O.A.), nella camera di consiglio del 17/7/2014, depositata il 27/4/2016 e notificata il 5-10/5/2016, irrogato al professionista la sanzione della censura, in luogo della sospensione dall'esercizio della professione per due mesi.
Il procedimento disciplinare a carico dell'avvocato (omissis) era stato aperto dal C.O.A., con delibera del 26/10/2012, in relazione ad una serie di incolpazioni disciplinari (per appropriazione indebita di una maggior somma consegnata da una cliente, avendo omesso il professionista di riferire la circostanza alla propria assistita, per avere agito contro una cliente sulla base di un modulo in bianco abusivamente riempito, per avere chiesto somme sproporzionate rispetto all'attività effettivamente compiuta, per violazione degli adempimenti previdenziali e fiscali a suo carico, essendosi fatto consegnare dalla cliente un assegno circolare intestato alla di lui moglie).
Con una prima sentenza del 2019, il C.N.F. aveva ritenuto inammissibile l'impugnazione proposta dall'avvocato (omissis) perché tardivamente proposta, ritenendo operante il termine di impugnazione di venti giorni previsto dalla previgente disciplina.
Questa Corte a Sezioni unite, con sentenza n. 21128/2020, in accoglimento del ricorso per cassazione del professionista - il quale invocava la nullità del procedimento e della sentenza disciplinare per violazione degli artt.61 e 65 l.247/2012 nonché dell'art.33 Reg.C.N.F n. 2/2014 - , ha cassato la sentenza impugnata, richiamata la recente giurisprudenza di legittimità, secondo cui, diversamente da quanto opinato dal CNF nella sua sentenza, la norma transitoria di cui all'art. 65, comma 1, I. n. 247 cit., laddove stabilisce che «fino alla data di entrata in vigore dei regolamenti previsti nella presente legge, si applicano se necessario e in quanto compatibili le disposizioni vigenti non abrogate, anche se non richiamate», va letta nel senso che, con riferimento alle sentenze disciplinari notificate dopo la data del 1° gennaio 2015, di entrata in vigore del Reg. C.N.F. n. 2/2014, deve essere applicato il più lungo termine di impugnazione, di trenta giorni, stabilito dall'art. 61 l. 247/2012, alla luce della specifica regola transitoria citata ( Cass. sez. un. n. 22714 del 2019; Cass. sez. un. n. 32360 del 2018; Cass. sez. un. n. 27756 del 2018; Cass. sez. un.
277757 del 2018).
Riassunto tempestivamente il processo disciplinare, il C.N.F. ha ritenuto, anzitutto, infondato il primo motivo di ricorso, con il quale si sosteneva l'illegittimità della decisione dell'organo territoriale disciplinare per avere lo stesso pronunciato, con decisione depositata nel 2016, dopo l'entrata in vigore della nuova disciplina, in assenza del relativo potere, transitato, a far data dal 1° gennaio 2015, in capo al Consiglio Distrettuale di Disciplina (in seguito, C.D.D.), istituito dalla Riforma forense del 2012, alla luce della norma transitoria di cui al combinato disposto dell'art.65 della l.247/2012 e dell'art15 del Regolamento C.N.F. n. 1 del 31/1/2014. Il C.N.F. ha ritenuto dirimente non la data di deposito della decisione disciplinare, ma di adozione della deliberazione, a chiusura dell'istruttoria, nella specie del 17/7/2014 (anteriore all'entrata in vigore della l.247/2012), in applicazione di principi di diritto già espressi da questo giudice di legittimità con riferimento al momento rilevante della pronuncia della sentenza, rispetto a quella successiva della stesura della motivazione, sottoscrizione e conseguente pubblicazione, ai fini del legittimo esercizio del potere del giudice di adottare atto giurisdizionale (nelle ipotesi in cui il giudice singolo o uno dei componenti del collegio, per circostanze sopravvenute, come il trasferimento, il collocamento fuori ruolo o a riposo, o altre, sia cessato dalle funzioni presso l'ufficio investito della controversia).
Avverso la suddetta pronuncia, l'Avv.to (omissis) propone ricorso per cassazione, ex art. 36, comma 6, l.247/2012, notificato il 15- 20/1/2022, affidato a unico motivo, nei confronti del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Viterbo e del Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione. Il PG ha depositato requisitoria scritta, concludendo per il rigetto del ricorso.
Il ricorrente ha depositato memoria.
Motivi della decisione
1. Il ricorrente lamenta, con unico motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art.360 n. 3 c.p.c., degli artt. 65 l. 247/2012 e 15 del Regolamento C.N.F. n. 1 del 2014, per avere il C.N.F. riconosciuto la competenza, intesa in senso di potestà disciplinare, del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Viterbo, laddove invece, a far data dal 1° gennaio 2015, la stessa doveva ritenersi transitata in capo al Consiglio Distrettuale di Disciplina.
Il ricorrente evidenzia che l'atto amministrativo, non giurisdizionale, adottato dal C.O.A. era venuto ad esistenza solo con il deposito del provvedimento sottoscritto, in quanto la data di deliberazione del dispositivo, pronunciata dall'organo disciplinare a conclusione della discussione, non rappresenta un atto autonomo, ma un primo elemento del procedimento di formazione della decisione, e che l'art.15 del Regolamento C.N.F. n. 1/2014 ha disciplinato il passaggio di consegna del potere disciplinare, dai vecchi Consigli dell'Ordine territoriali al nuovo organismo del Consiglio distrettuale di disciplina, prevedendo che i procedimenti «pendenti alla data del 31 dicembre 2014» (e quindi non ancora decisi, con deposito dell'originale della decisione presso la segreteria del Consiglio dell'Ordine, ai sensi degli artt.50 e 51 R.D. n. 37/1934) fossero trasferiti alla segreteria del C.D.D., previa comunicazione all'incolpato. Alla data del 1° gennaio 2015, di entrata in vigore della Riforma 2012, quindi, non essendo stata neppure, il 17/7/2014, data lettura del dispositivo e non rilevando come deliberazione la sola chiusura dell'istruttoria, il procedimento disciplinare in oggetto doveva ritenersi ancora pendente, con necessità di suo trasferimento al nuovo C.D.D.; peraltro, alla data del deposito, nel 2016, della decisione anche la composizione dei membri del C.O.A. era stata, nelle more, modificata e diversi consiglieri, indicati nell'intestazione della decisione del C.O.A. di Viterbo quali componenti effettivi dell'organo, non ricoprivano più la carica, al momento della pubblicazione della decisione, mentre attuali membri del Consiglio locale «rimangono esclusi dal pronunciamento nonostante siano stati eletti oramai molti mesi fa».
Si denuncia, pertanto, l'erroneità della sentenza del C.N.F., per vizio di violazione di legge, non essendosi rilevata la radicale nullità della decisione disciplinare di primo grado, in quanto adottata da organo privo nel suo complesso della potestas iudicandi e quindi incompetente in materia disciplinare, al momento della pubblicazione del provvedimento.
2. Il PG ha concluso per il rigetto del ricorso, ritenendo applicabile quella giurisprudenza di legittimità secondo cui «la potestas iudicandi che legittima il magistrato all'adozione del provvedimento giurisdizionale deve sussistere al momento della deliberazione della decisione, a prescindere dal tempo del deposito della minuta».
2.1. Invero, con riferimento alla sentenza emessa da organo giurisdizionale, si è da tempo affermato il principio secondo cui il momento della pronuncia della sentenza, nel quale il magistrato deve essere legittimamente preposto all'ufficio per potere adottare un provvedimento giuridicamente valido, va identificato con quello della deliberazione della decisione collegiale, laddove le successive fasi dell'iter formativo dell'atto, e cioè la stesura della motivazione, la sua sottoscrizione e la conseguente pubblicazione, non incidono sulla sostanza della pronuncia. Ne consegue che anche un giudice che abbia cessato di essere titolare dell'organo deliberante può redigere la motivazione della sentenza e sottoscriverla.
Al riguardo, vengono richiamati i principi affermati in riferimento alla sottoscrizione della sentenza da parte del magistrato decaduto (Cass. 30 novembre 2012, n. 21437), collocato a riposo successivamente alla deliberazione (cfr. Cass. 4 novembre 2014, n. 23423; Cass. 11 maggio 2012, n. 7269; Cass. 29 ottobre 2002, n. 15249), in ferie (Cass. 19 novembre 1968 n. 3762) o trasferito ad altro ufficio giudiziario dopo la deliberazione (Cass. 29 marzo 1996 n. 2911 e 7 gennaio 1966 n. 131), in quanto la sottoscrizione va comunque apposta, perché solo un insuperabile impedimento potrebbe escludere tale potere-dovere.
Il principio è stato ritenuto applicabile a una sentenza emessa dal Consiglio Nazionale Forense (Cass. Sez.Un. n. 8777/2021), essendosi respinta una censura di nullità della sentenza, per essere stato il decreto di citazione a giudizio emesso da avvocato, dichiarato successivamente decaduto per ineleggibilità.
3. Tanto premesso, l'unica censura è infondata.
3.1. Il motivo, in riferimento alla pendenza o meno del procedimento disciplinare in oggetto al momento dell'entrata in vigore, nel gennaio 2015, della riforma forense di cui alla l.247/2017, che ha trasferito le funzioni disciplinari dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati al nuovo organo del Consiglio Distrettuale di Disciplina, ed alla conservazione o meno della potestas iudicandi del vecchio Consiglio dell'ordine territoriale, in rapporto a decisione adottata nel 2014 e pubblicata nel 2016, pone la questione della natura della decisione assunta dall'Organo locale disciplinare.
3.2. Orbene, le funzioni esercitate in materia disciplinare dai Consigli degli ordini territoriali, e il relativo procedimento, hanno natura amministrativa e non giurisdizionale, come affermato, tra le altre, da Cass. Sez. Un. N. 6295/2003, Cass. Sez. Un. n. 9097/2005; Cass. Sez.Un n. 20843/2007, Cass. sez.Un. n. 23593/2020, Cass. Sz. Un. n. 8777/2021. In particolare, è stato sottolineato (Cass. Sez.Un. n. 10688/2002) che i Consigli locali svolgono i relativi compiti nei confronti dei professionisti che formano l'ordine forense, quindi all'interno del gruppo che essi costituiscono e per la tutela della classe professionale, cosicché la funzione disciplinare che a tali organi compete è, dunque, manifestazione di un potere amministrativo attribuito dalla legge per l'attuazione del rapporto che si instaura con l'appartenenza all'ordine, il quale stabilisce comportamenti conformi ai fini che intende perseguire.
Invece, il Consiglio nazionale forense, allorché pronuncia in materia disciplinare, è un giudice speciale, istituito con d.lgs.lgt. 23 novembre 1944, n. 382 e legittimamente operante, giusta la previsione della sesta disposizione transitoria della Costituzione; la disciplina della funzione giurisdizionale del C.N.F., quale giudice terzo, è coperta dall'art. 108, comma 2, e dall'art. 111, comma 2, Cost. (cfr.: Cass., Sez.Un. n. 16993/2017, in motiv; Cass. Sez. Un. n. 8777/2021).
3.3. L'art. 44 del R.D. 22 gennaio 1934 n. 37 (Norme integrative e di attuazione del R. decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, sull'ordinamento delle professioni di avvocato e di procuratore), stabilisce che: « Le deliberazioni del Consiglio nazionale e quelle dei Consigli dell'ordine locali sono sottoscritte dal Presidente e dal segretario, e sono pubblicate mediante deposito dell'originale negli uffici di segreteria».
Il successivo art.51, con riferimento al procedimento disciplinare, così dispone: «Chiusa la discussione, il Consiglio delibera fuori della Presenza dell'incolpato e del difensore. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni dell'art. 473 del codice di procedura penale. La decisione è redatta dal relatore e deve contenere la esposizione dei fatti, i motivi sui quali si fonda, il dispositivo, l'indicazione del giorno, del mese e dell'anno in cui è pronunziata e la sottoscrizione del Presidente e del segretario. Essa è pubblicata mediante deposito dell'originale negli uffici di segreteria».
Si è già chiarito che il richiamo normativo (all'art.473 c.p.p.) si riferisce al previgente codice di rito, riguardando, come risultava dalla rubrica della norma richiamata, la deliberazione della sentenza e non la sua pubblicazione (disciplinata dal precedente art. 472) e quindi è limitato alle norme sulla deliberazione collegiale e non può essere esteso alla pubblicazione della «decisione» disciplinare del Consiglio dell'Ordine territoriale, la quale è regolata direttamente dall'ultima parte del medesimo art. 51 mediante la forma alternativa del deposito dell'originale negli uffici di segreteria (Cass. sez. Un. 23540/2015: «Le funzioni esercitate in materia disciplinare dai Consigli dell'Ordine degli avvocati, ed il relativo procedimento, hanno natura amministrativa e non giurisdizionale, sicché la regolamentazione di quest'ultimo non è mutuabile, nelle sue forme, dal codice di rito penale. Ne consegue che il rinvio ad esso, contenuto nell'art. 51 del r.d. n. 37 del 1934, opera limitatamente alle norme sulla deliberazione collegiale, senza estendersi alla pubblicazione, mediante necessaria lettura del dispositivo in udienza, della decisione, in quanto le adunanze del Consiglio non sono pubbliche e le relative statuizioni sono pubblicate tramite deposito negli uffici di segreteria, a cui fa seguito, anche ai fini della decorrenza del termine d'impugnazione, la relativa notifica all'interessato»).
3.4. Con la riforma professionale forense del 2012, il potere disciplinare è stato devoluto ai Consigli distrettuali di disciplina, composti da membri eletti su base capitaria e democratica (art. 50 l.247/2012) e costituiti presso il Consiglio dell'ordine degli avvocati (art. 1 reg. disc.); l'organo è attivato dal C.O.A., al ricevimento di un esposto, di una denuncia o di una notifica di rilievo disciplinare.
La norma transitoria dettata dall'art.65 così recita: « 1. Fino alla data di entrata in vigore dei regolamenti previsti nella presente legge, si applicano se necessario e in quanto compatibili le disposizioni vigenti non abrogate, anche se non richiamate. 2. Il CNF ed i consigli circondariali in carica alla data di entrata in vigore della presente legge sono prorogati fino al 31 dicembre dell'anno successivo alla medesima data.. 5. Il codice deontologico è emanato entro il termine massimo di un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge. Il CNF vi provvede sentiti gli ordini forensi circondariali e la Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense in relazione alle materie di interesse di questa. L'entrata in vigore del codice deontologico determina la cessazione di efficacia delle norme previgenti anche se non specificamente abrogate. Le norme contenute nel codice deontologico si applicano anche ai procedimenti disciplinari in corso al momento della sua entrata in vigore, se piu' favorevoli per l'incolpato».
Queste Sezioni Unite hanno chiarito (Cass. Sez. Un. 16993/2017; conf. Cass. Sez. Un. 19030/2021) che anche l'organo distrettuale di disciplina ha una funzione sicuramente amministrativa, ma di natura «giustiziale», anche se non giurisdizionale, caratterizzata da elementi di terzietà valorizzati sia dal peculiare sistema elettorale, sia dalle specifiche garanzie d'incompatibilità, astensione e ricusazione (art. 3 reg. elett.; art. 6-9 reg. disc.). E' stato evidenziato come, con la riforma forense, si sia accentuata «la separazione tra il COA, quale organo di vigilanza deontologica e di esecuzione delle sanzioni, e il CDD, quale organo titolare del potere disciplinare» (sent. n. 16993 cit.).
3.5. Ora, questa Corte, ha già affermato che le decisioni dei Consigli degli ordini degli avvocati e procuratori debbono essere sottoscritte dal presidente e dal segretario che hanno partecipato alla seduta, la cui data risulta nel corpo della decisione, onde resta irrilevante, ad esempio, lo stesso cambiamento della composizione del consiglio, al momento della pubblicazione della decisione (Cass., sez. un., n. 4192 del 1978).
Essendo quindi indispensabile la sottoscrizione, con successivo deposito per la pubblicazione, da parte dei medesimi componenti decidenti, in continuità con tale principio di diritto e con la lettera dell'art.51 R.D. 37/1934, si è ritenuto (Cass., sez. un., 7 novembre 2016, n. 22516) che, in tema di provvedimenti disciplinari a carico degli avvocati, la decisione sottoscritta, in qualità di presidente e segretario del consiglio dell'ordine, da persone diverse, benché componenti del collegio, da quelle ricoprenti tali cariche alla data della sua deliberazione risultante dal corpo della stessa, è nulla, dovendosi desumere « che Presidente e Segretario debbono essere quelli che hanno partecipato alla deliberazione della decisione nella detta qualità, non essendo prescritta la sottoscrizione del relatore ed essendo invece previsto in unico contesto il requisito della indicazione della data della deliberazione e quello della sottoscrizione dei soggetti indicati». Il principio è stato ribadito da Cass. Sez. Un. n. 28386/2020, essendosi rilevata la nullità della decisione di primo grado per la non corrispondenza tra il segretario che aveva partecipato alla Delibera ed il segretario che aveva sottoscritto la decisione.
Ne consegue che anche per le decisioni del vecchio Consiglio dell'Ordine degli avvocati, in materia disciplinare, deve darsi rilievo - trattandosi di atto amministrativo ma di natura «giustiziale» e, comunque, attesa la lettera dell'art.51 R.D. 37/1934 - al momento della deliberazione anziché a quello del deposito della motivazione e della pubblicazione, ai fini della sussistenza della potestas iudicandi dell'organo collegiale e dei suoi componenti. Ragione questa per cui, non potendosi fare regredire il procedimento disciplinare che sia giunto già alla fase della deliberazione, prima piena operatività (1/1/2015) del Reg. C.N.F. n. 1/2014 (Elezione dei componenti dei Consigli Distrettuali di disciplina), il procedimento in oggetto non poteva definirsi «pendente» o «in corso», ai fini della disciplina transitoria dettata dall'art.15, primo comma, del Reg. C.N.F n. 1/2014 (secondo cui «I fascicoli dei procedimenti disciplinari pendenti alla data del 31 dicembre 2014 presso gli ordini circondariali del distretto saranno trasferiti, a cura degli uffici di ciascun Ordine, alla segreteria del Consiglio distrettuale di disciplina dandone comunicazione all'incolpato. Analogamente saranno trasmessi tutti i fascicoli dei procedimenti rubricati in esito a segnalazioni di illecito disciplinare per i quali non sia stata ancora deliberata l'apertura ai sensi dell'art. 47 del R.D. 37/34»).
3.6. A tali considerazioni, può essere aggiunta quella circa il più generale principio di conservazione degli atti amministrativi e, in particolare, degli atti giurisdizionali (vedasi Cass. sez. un. n. 8777 citata, ove si richiama il principio generale secondo cui l'invalidità della nomina del giudicante, pur dichiarata, non fa venir meno gli atti compiuti, che restano validi, stante l'indifferenza, per il sistema giudiziario, dell'attribuzione del posto ricoperto ad uno o all'altro giudicante).
Nella specie, si discute, invero, di un atto amministrativo ma di natura giustiziale, come sopra ribadito.
3.7. In definitiva, alla luce sia del rilievo del momento della deliberazione, già affermato da questa Corte a Sezioni Unite, con riguardo all'art.51 RD. N. 37/1934, sia della natura giustiziale, anche se non giurisdizionale, della decisione del Consiglio dell'Ordine territoriale, risulta corretta la sentenza impugnata: nella specie, ai fini dell'individuazione della disciplina, anche transitoria, applicabile per l'esercizio del potere disciplinare, doveva darsi rilievo alla data di adozione della decisione (nel luglio 2014) anziché a quella del deposito della stessa (nell'aprile 2016), cosicché il procedimento disciplinare in oggetto non poteva ritenersi ancora «in corso» o «pendente» al momento della piena operatività, nel gennaio 2015, della Riforma forense di cui alla legge n. 247/2012 in punto di istituzione dei nuovi Consigli distrettuali di disciplina.
L'eccezione di incompetenza del C.O.A. risulta quindi essere stata correttamene ritenuta infondata dal C.N.F..
4. Per quanto sopra esposto, va respinto il ricorso.
Non v'è luogo a provvedere sulle spese processuali, non avendo l'intimato svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17, della I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.