Il TAR Lazio conferma la sanzione irrogata a Google dall'Antitrust per aver ostacolato e ritardato illegittimamente un'app di Enel X Italia per le auto elettriche.
La controversia trae origine da un esposto con cui Enel X Italia segnalava all'Antitrust che la condotta di Google, consistente nel rifiuto ingiustificato di consentire a JuiscePass di funzionare con Android Auto, integrasse una violazione dell'art. 102 TFUE.
Ai fini della pronuncia è opportuno fare alcune precisazioni: Enel X, fornitore di servizi per la ricarica dei veicoli elettrici, ha lanciato l'app JuicePass, che offre una serie di funzionalità per la ricarica dei veicoli elettrici e, in particolare la ricerca e la prenotazione delle colonnine di ricarica su una mappa, il trasferimento su Google Maps o Apple Maps in modo da consentire la navigazione verso la colonnina di ricarica selezionata, l'avvio, l'interruzione e il monitoraggio della sessione di ricarica e il relativo pagamento. Per far funzionare al meglio questa app, rendendola fruibile sul maggior numero possibile di veicoli attrezzati digitalmente, Enel X ha chiesto a Google di renderla compatibile con un'altra app, che si chiama Android Auto.
Adducendo ragioni di sicurezza e di priorità nella scelta dei progetti da mandare avanti, Google negava tale richiesta, conseguendone l'esposto all'Antitrust.
Quest'ultima ha dato ragione a Enel X Italia, ritenendo che la condotta di Google, consistente nell'ostacolare e procrastinare la pubblicazione dell'app JuicePass sulla piattaforma Android Auto, integrasse un abuso di posizione dominante. Per questo, imponeva a Google di rilasciare un template che garantisse a JuicePass la possibilità di accedere ad Android Auto, ingiungendo la sanzione di oltre 100 milioni di euro.
Google impugna il provvedimento dell'Antitrust dinanzi al TAR Lazio, il quale rigetta il ricorso con sentenza n. 10147 del 18 luglio 2022.
In primo luogo, il giudice ha constatato che Google ha approfittato del fatto che Android Auto «costituisce una porta d'ingresso obbligata per gli sviluppatori e gli utenti di app fruibili in sicurezza nell'ambiente auto, di modo che gli sviluppatori devono poter accedere all'ambiente specifico creato da Google per le auto e i costruttori di auto, quando sviluppano proprie app, lo fanno in modo da renderle compatibili con Android Auto».
Inoltre, il Tar ha considerato l'intenzione di Google di ampliare le funzionalità del suo servizio Google Maps fino a ricomprendere anche attività attualmente possibili solo attraverso le app aventi ad oggetto la ricarica delle auto elettriche. Anche questo aspetto fa emergere un interesse diretto di Google nel mercato di questi prodotti. Da non sottovalutare anche la considerazione che queste app servono anche, anzi soprattutto, per raccogliere dati degli utenti: anche in ciò, Google ha interessi tali da convincerla a tenere condotte anticoncorrenziali.
TAR Lazio, Sezione Prima, sentenza (ud. 6 aprile 2022) 18 luglio 2022, n. 10147
Svolgimento del processo
Con il ricorso in epigrafe Google Italy s.r.l., Alphabet Inc. e Google Llc hanno impugnato il provvedimento con cui l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha deliberato che la condotta posta in essere da Google, consistente nell’ostacolare e procrastinare la pubblicazione dell’app JuicePass, sviluppata da Enel X, sulla piattaforma Android Auto, costituisce un abuso di posizione dominante in violazione dell’art. 102 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea, disponendo che Google ponga immediatamente fine ai comportamenti distorsivi della concorrenza, e ha irrogato in solido alle società Alphabet, Google LLC e Google Italy una sanzione amministrativa pecuniaria complessiva pari a euro 102.084.433,91.
Le ricorrenti hanno esposto che Alphabet raggruppa business di natura e dimensioni diverse, il maggiore dei quali fa capo a Google LLC; Google Italy è la controllata italiana del gruppo Google, attiva principalmente nella fornitura di servizi a favore delle altre aziende del gruppo.
Come noto, Google gestisce un motore di ricerca online che consente gratuitamente agli utenti di svolgere ricerche su Internet e fornisce spazi per inserzioni pubblicitarie online sui siti web propri e dei partner; inoltre, Google offre svariati servizi online e prodotti software, tra cui il sistema operativo open source per dispositivi mobili Android, che chiunque può ottenere in licenza e modificare, senza necessità di ottenere alcuna autorizzazione, né di corrispondere alcun compenso.
Il sistema operativo Android è prevalentemente utilizzato negli smartphone, e i dispositivi smartphone con sistema operativo Android prodotti da original equipment manufacturer (“OEM”), come Samsung e Sony, costituiscono i principali concorrenti degli iPhone prodotti da Apple (che funzionano con il sistema operativo “chiuso” e proprietario iOS).
Poiché Android è focalizzato principalmente sui dispositivi mobili e dunque richiede modifiche per poter essere adatto all’uso sulle automobili, di recente Google ha sviluppato Android Automotive OS (“AAOS”), un sistema operativo integrato finalizzato a far funzionare i sistemi di infotainment a bordo degli autoveicoli (ossia le funzioni della consolle centrale delle automobili).
Come il sistema operativo Android, anche AAOS è messo a disposizione degli OEM gratuitamente con licenza open source.
Android Auto è un’app, lanciata nel 2015, sviluppata per dispositivi mobili con sistema operativo Android, con l’obiettivo di consentire agli utenti di accedere a talune app presenti sul loro smartphone tramite lo schermo integrato di un’automobile; il conducente può utilizzarla per proiettare alcune delle altre app installate sul proprio smartphone direttamente sullo schermo incorporato dell’automobile.
Android Auto non costituirebbe un sistema operativo, ma semplicemente una delle circa 3,3 milioni di app che sono disponibili per gli smartphone con sistema operativo Android.
Poiché le attività di collaudo necessarie per assicurarsi che ciascuna app sia installabile su Android Auto sono dispendiose in termini di risorse e possono richiedere diversi mesi, Google costruisce soluzioni scalabili per intere categorie di app sotto forma di template, che consentono agli sviluppatori terzi di costruire versioni delle proprie app compatibili con Android Auto.
Alla fine del 2018, tali template erano disponibili solo per le app di media e di messaggistica, maggiormente utilizzate dai conducenti; per rispondere all’esigenza degli utenti di poter disporre di app di navigazione di alta qualità compatibili con Android Auto, a seguito di una lunga attività di collaudo, Google ha altresì sviluppato versioni delle proprie app di mappe e navigazione (ossia, Google Maps e Waze) che fossero compatibili con Android Auto.
In alcuni casi, Google ha altresì consentito agli sviluppatori di costruire c.d. “custom app”, ossia app personalizzate, sviluppate per essere compatibili con Android Auto in assenza di un template predefinito.
Nel 2019, Google ha iniziato a sviluppare template per altre categorie di app, tra cui le app che consentono ai conducenti di auto elettriche di trovare e prenotare le colonnine di ricarica; le attività di sviluppo di Google sarebbero state tuttavia bloccate dalla diffusione della pandemia da Covid-19.
A seguito della ripresa delle attività di collaudo, in data 15 ottobre 2020 Google ha reso disponibile una versione beta del template per le nuove categorie di app; tale template è stato messo a disposizione di tutti gli sviluppatori interessati, ivi inclusa Enel X.
Sulla base del template rilasciato nell’ottobre 2020, quattro sviluppatori di app per la ricarica elettrica (PlugShare, ChargePoint, ChargeMap e EVMap) hanno sviluppato versioni beta delle rispettive app, mentre Enel X non ha utilizzato il template per sviluppare una versione della propria app compatibile con Android Auto.
In data 5 aprile 2021, Google ha rilasciato la versione definitiva di tali template.
Enel X fornisce servizi per la ricarica dei veicoli elettrici, ed il gruppo Enel gestisce più del 60% delle colonnine di ricarica disponibili in Italia; nel maggio 2018 Enel X ha lanciato l’app JuicePass, che offre una serie di funzionalità per la ricarica dei veicoli elettrici e, in particolare la ricerca e la prenotazione delle colonnine di ricarica su una mappa, il trasferimento su Google Maps o Apple Maps in modo da consentire la navigazione verso la colonnina di ricarica selezionata, l’avvio, l’interruzione e il monitoraggio della sessione di ricarica e il relativo pagamento.
JuicePass è disponibile per gli utilizzatori di smartphone Android e può essere scaricata da Google Play.
Allo stato gli utenti JuicePass con smartphone Android e un veicolo elettrico compatibile con Android Auto potrebbero vedere le istruzioni di navigazione sul sistema di infotainment della loro auto mediante Android Auto quando sono alla guida, mentre la ricerca della colonnina di ricarica, la prenotazione e il pagamento della sessione di ricarica sono funzioni che devono essere gestite direttamente sullo smartphone.
A seguito della richiesta inoltrata da Enel X di rendere JuicePass compatibile con Android Auto, in data 20 settembre 2018, Google ha negato tale possibilità, sul presupposto che le app di media e di messaggistica sarebbero le uniche app di terzi compatibili con Android Auto; Google ha ribadito tale risposta anche in seguito, in data 21 settembre 2018 e 8 novembre 2018, dopo che Enel X ha rappresentato di aver sviluppato JuicePass come un’app di messaggistica.
Dopo alcune discussioni informali tra Enel X e il team italiano di Google, in data 21 dicembre 2018 Enel X ha chiesto a Google una risposta definitiva alla richiesta di concedere a JuicePass l’accesso ad Android Auto, specificando che la versione di JuicePass compatibile con Android Auto avrebbe dovuto includere quattro funzionalità, e in particolare: (i) la ricerca di una colonnina di ricarica compatibile con una data auto elettrica; (ii) la selezione della colonnina di ricarica all’interno di una lista; (iii) la prenotazione della colonnina di ricarica; e (iv) l’avvio della sessione di ricarica.
In data 18 gennaio 2019, Google ha informato Enel X che, allo stadio di sviluppo dell’epoca, non era possibile pubblicare JuicePass su Android Auto, spiegando che ciò era dovuto a motivi di sicurezza e alla necessità di allocare in modo razionale le risorse necessarie per lo sviluppo richiesto.
In data 12 febbraio 2019, Enel X ha presentato una segnalazione all’Autorità, sostenendo che la condotta di Google, consistente nel rifiuto ingiustificato di consentire a JuicePass di funzionare con Android Auto, integrasse una violazione dell’art. 102 TFUE.
Avviato il procedimento, in data 29 novembre 2019 Google ha presentato all’Autorità una proposta di impegni che mirava ad introdurre un template per le app di navigazione compatibili con Android Auto, che però l’Autorità aveva respinto.
Google ha portato avanti le proprie attività di sviluppo e, in data 15 ottobre 2020, ha rilasciato una versione del template che permetteva di progettare versioni beta di app per la ricarica di auto elettriche compatibili con Android Auto.
Con il provvedimento impugnato l’Autorità ha ritenuto che la condotta posta in essere da Google, consistente “nell’ostacolare e procrastinare la pubblicazione della app sviluppata da Enel X Italia sulla piattaforma Android Auto”, integrasse un abuso di posizione dominante in violazione dell’art. 102 TFUE, ed ha imposto a Google di rilasciare un template che garantisse a JuicePass la possibilità di accedere ad Android Auto.
A sostegno del ricorso sono state formulate le seguenti censure:
1.Sull’erronea individuazione dei mercati rilevanti a monte e sulla mancata prova della dominanza. Violazione e falsa applicazione dell’art. 102 TFUE. Travisamento dei fatti. Eccesso di potere per insufficienza o carenza della motivazione. Contrasto con la Decisione Android.
Secondo il provvedimento, Google deterrebbe una posizione dominante sui mercati della concessione di licenze per sistemi operativi per dispositivi mobili intelligenti e dei portali di vendita di app per Android (Android app store), rispettivamente attraverso il sistema operativo Android e Google Play; la presunta condotta abusiva contestata a Google riguarderebbe l’app Android Auto che, però, andrebbe distinta tanto dal sistema operativo Android (che è un sistema operativo per dispositivi mobili intelligenti) quanto da Google Play (che è un app store).
Il provvedimento sarebbe quindi illegittimo in quanto avrebbe omesso di individuare il mercato rilevante in cui opera Android Auto, cioè l’unico prodotto che, secondo la stessa ipotesi accusatoria, sarebbe coinvolto nel rifiuto abusivo di fornitura, e, conseguentemente, non avrebbe dimostrato una dominanza di Google in relazione ad Android Auto.
Il provvedimento aveva sostenuto che “Android Auto è un’estensione di Android”, mentre, in realtà, il sistema operativo Android e Android Auto sarebbero due prodotti separati: Android sarebbe, infatti, una “smartphone projection app”, ossia una delle app disponibili per gli utenti del sistema operativo Android, tanto che il provvedimento stesso aveva distinto correttamente tra l’app Android Auto e AAOS che, come detto, Google aveva sviluppato per i sistemi di infotainment delle auto.
Ove invece si ritenesse Android Auto un’estensione di Android, non sarebbe configurabile alcun rifiuto nella condotta di Google, in quanto JuicePass avrebbe sempre avuto pieno accesso sia ad Android che a Google Play.
2. Omessa definizione del mercato rilevante a valle interessato dal presunto abuso. Violazione e falsa applicazione dell’art. 102 TFUE. Travisamento dei fatti. Eccesso di potere per insufficienza o carenza della motivazione.
Il provvedimento aveva individuato uno “spazio competitivo” in cui le app di navigazione sarebbero in concorrenza con le app di ricarica per auto elettriche, spazio in cui si producevano gli effetti della condotta di Google oggetto del procedimento.
Questo spazio competitivo era stato elaborato sulla base del rapporto competitivo che legherebbe le app di servizi connessi alla ricarica elettrica, tra cui JuicePass, e le app di navigazione, tra cui Google Maps, in termini di concorrenza effettiva (funzioni di ricerca e navigazione), concorrenza potenziale (funzioni di gestione e/o pagamento della ricarica ed eventualmente di prenotazione) nonché, trattandosi di piattaforme, concorrenza per gli utenti e per i dati da questi generati.
Tuttavia, tale ricostruzione ometterebbe comunque di individuare un vero e proprio mercato rilevante su cui avrebbe spiegato effetti la condotta di Google, con conseguente illegittimità dell’accertamento contenuto nel provvedimento.
3. Erronea identificazione di un rapporto di concorrenza tra Google Maps e JuicePass. Violazione e falsa applicazione dell’art. 102 TFUE. Travisamento dei fatti. Eccesso di potere per insufficienza o carenza della motivazione.
Il provvedimento sarebbe viziato anche nella parte in cui ha ravvisato l’esistenza di un rapporto di concorrenza tra le app di navigazione (quale Google Maps) e le app di ricarica per auto elettriche (quale JuicePass), sulla base dell’esistenza di una limitata sovrapposizione di funzioni tra le due categorie.
Di contro, gli obiettivi che si prefiggerebbero gli utenti delle app di navigazione e delle app di ricarica per veicoli elettrici sarebbero differenti, poiché JuicePass presenterebbe rilevanti caratteri distintivi rispetto a Google Maps, in quanto offrirebbe all’utente una serie di funzioni – tra cui in particolare, la prenotazione delle colonnine di ricarica – che non sarebbero, invece, presenti su Google Maps.
Né potrebbe sostenersi che le app di navigazione e le app per la ricarica di veicoli elettrici siano legate da un rapporto di concorrenza potenziale, basato sul fatto che in futuro Google potrebbe integrare in Google Maps (su Android Auto) funzioni di prenotazione e pagamento, in quanto tale assunto sarebbe del tutto ipotetico.
Infine, il rapporto concorrenziale non potrebbe essere ravvisato con riferimento alla raccolta dei dati degli utenti, che costituisce una pratica comune per tutti gli operatori di mercato.
4. Assenza delle condizioni per accertare un rifiuto abusivo di contrattare: (i) non indispensabilità dell’accesso a Android Auto; (ii) inidoneità della condotta a eliminare la concorrenza; (iii) inconfigurabilità di un nuovo prodotto. Violazione e falsa applicazione dell’art. 102 TFUE. Sviamento. Difetto di istruttoria. Eccesso di potere per insufficienza o carenza della motivazione.
Il provvedimento non soddisferebbe alcuna delle tre condizioni eccezionali e cumulative stabilite dalla giurisprudenza europea e nazionale per imporre un obbligo di fornitura: in primo luogo, difetterebbe la dimostrazione dell’indispensabilità di Android Auto per JuicePass, al fine di competere sul mercato rilevante in cui opera (secondo il test legale di indispensabilità elaborato dalla giurisprudenza); in secondo luogo, non sarebbe provato che il mancato accesso ad Android Auto sarebbe idoneo a escludere qualsiasi concorrenza sul mercato, posto che non soltanto JuicePass avrebbe continuato a crescere durante il periodo del presunto abuso, ma numerose altre app di ricarica dei veicoli elettrici operano in concorrenza con JuicePass; in terzo luogo, il provvedimento non proverebbe che Google abbia impedito la comparsa di un nuovo prodotto, poiché, tra l’altro, JuicePass non sarebbe un prodotto che offre caratteristiche nuove o innovative.
5. Erronea valutazione delle giustificazioni oggettive e delle circostanze specifiche della controversia. Violazione e falsa applicazione dell’art. 102 TFUE. Difetto di istruttoria. Omessa considerazione del contesto fattuale e delle circostanze del caso concreto. Erronea valutazione del template rilasciato da Google nell’ottobre 2020. Travisamento dei fatti con riguardo alle dinamiche del settore. Carenza e contraddittorietà della motivazione.
Il provvedimento sarebbe illegittimo nella parte in cui ha omesso di considerare il contesto fattuale e le specifiche circostanze del caso di specie, che rendevano la condotta di Google del tutto legittima. Il rifiuto iniziale di Google sarebbe stato infatti oggettivamente giustificato dall’esigenza di effettuare i test necessari per garantire che le app disponibili su Android Auto riducessero i rischi di distrazione del conducente durante la guida, nonché dal bisogno di allocare le proprie risorse verso quelle app per le quali gli utenti nutrono maggiore interesse (ovvero, le app di media, messaggistica e navigazione).
Inoltre, Google avrebbe impiegato un tempo ragionevole per sviluppare il template per le app di ricarica di veicoli elettrici, rilasciando nell’ottobre 2020 (dopo un inevitabile ritardo dovuto alle circostanze straordinarie della pandemia da Covid-19) una versione liberamente accessibile del template che consentiva di sviluppare versioni beta di tali app compatibili con Android Auto, tanto che vari sviluppatori concorrenti di Enel X avrebbero già utilizzato tale template per realizzare versioni delle proprie app per la ricarica elettrica compatibili con Android Auto.
6. Illegittima quantificazione della sanzione. Violazione e falsa applicazione degli artt. 15 e 31 legge n. 287/90 e dell’art. 11 legge n. 689/81. Violazione e falsa applicazione delle Linee Guida sulla modalità di applicazione dei criteri di quantificazione delle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate dall’Autorità in applicazione dell’art. 15, comma 1, legge n. 287/90. Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche e, in particolare, violazione del principio di proporzionalità; difetto di motivazione; carenza di istruttoria; travisamento dei fatti.
L’Autorità avrebbe errato nelle modalità di determinazione di una sanzione di entità superiore a € 102 milioni: nel calcolare il valore delle vendite dei beni o servizi oggetto dell’asserito illecito, il provvedimento aveva considerato il sistema operativo Android e Google Play, ai quali, invece, Enel X aveva pacificamente da sempre avuto accesso; inoltre, il provvedimento aveva ritenuto immotivatamente ed erroneamente inattendibili i dati di fatturato forniti da Google, addivenendo a una stima dei ricavi di Google non corrispondente ai dati effettivi.
Errate sarebbero, altresì, la determinazione della durata della presunta condotta abusiva, la qualifica dell’illecito come “molto grave”, l’applicazione di un importo supplementare e la mancata considerazione della novità delle contestazioni mosse a Google.
Il provvedimento di rigetto degli impegni, inoltre, espressamente impugnato, sarebbe immotivato e comunque contraddittorio rispetto agli obblighi comportamentali imposti e alla valutazione di gravità della condotta.
7. Illegittimità degli obblighi comportamentali imposti a Google. Violazione e falsa applicazione dell’art. 102 TFUE. Eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità. Travisamento dei fatti e difetto di istruttoria.
Gli obblighi comportamentali imposti dal provvedimento sarebbero illegittimi, poiché la condotta di Google non costituirebbe un’infrazione dell’art. 102 TFUE e il rifiuto sarebbe venuto meno con la pubblicazione del template nell’ottobre 2020.
Gli obblighi imposti sarebbero comunque del tutto sproporzionati perché, nel definirli, l’Autorità si sarebbe fondata esclusivamente sulle funzioni giudicate “essenziali” da Enel X, senza consultare gli altri operatori del settore, e avrebbe incluso funzioni palesemente non necessarie (quale l’avvio della sessione di ricarica dell’auto elettrica).
Si è costituita l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, resistendo al ricorso.
Alla pubblica udienza del 6 aprile 2022 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione
Il ricorso è infondato.
Con il primo motivo di ricorso la ricorrente ha contestato l’individuazione del mercato rilevante operata dall’Agcm.
Come noto, l'individuazione del mercato rilevante implica un accertamento di fatto che non di rado presenta margini di opinabilità, sui quali il giudice amministrativo non può intervenire, sostituendosi alle valutazioni dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, a meno che queste non risultino viziate sotto il profilo del travisamento dei fatti, della violazione di legge e della irragionevolezza (Cons. Stato, Sez. VI, 8 aprile 2014, n. 1673).
Al riguardo in più occasioni questa Sezione ha ribadito (T.A.R. Lazio, Roma Sez. I, 17 maggio 2021, n. 5801; 25 febbraio 2015, n. 3341) il principio espresso dalla Corte di cassazione, secondo cui “Il sindacato di legittimità del giudice amministrativo sui provvedimenti dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato comporta la verifica diretta dei fatti posti a fondamento del provvedimento impugnato e si estende anche ai profili tecnici, il cui esame sia necessario per giudicare della legittimità di tale provvedimento; ma quando in siffatti profili tecnici siano coinvolti valutazioni ed apprezzamenti che presentano un oggettivo margine di opinabilità - come nel caso della definizione di mercato rilevante nell'accertamento di intese restrittive della concorrenza - detto sindacato, oltre che in un controllo di ragionevolezza, logicità e coerenza della motivazione del provvedimento impugnato, è limitato alla verifica che quel medesimo provvedimento non abbia esorbitato dai margini di opinabilità sopra richiamati, non potendo il giudice sostituire il proprio apprezzamento a quello dell'Autorità garante ove questa si sia mantenuta entro i suddetti margini" (Cass. civ., SS.UU., 20 gennaio 2014 n. 1013).
Ne discende che devono ritenersi sostanzialmente inammissibili le censure volte a contestare nel merito apprezzamenti e valutazioni di carattere tecnico-discrezionale rimessi all'Autorità, che trovano un limite nel solo rispetto dei generali principi di logicità, ragionevolezza e proporzionalità, oltre che del vincolo di coerenza comunitario (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 10 febbraio 2016, n. 1934; Cons. Stato, Sez. VI, 8 agosto 2014, n. 4228).
In sostanza, il giudice amministrativo, nello specifico contenzioso, non può sostituirsi all’Autorità di settore nell'individuazione del mercato rilevante se questa risulti attendibile secondo la scienza economica, nonché immune da vizi logici e di violazione di legge (Cons. Stato, Sez. VI, 12 aprile 2013, n. 2002).
Nella fattispecie l’individuazione del mercato rilevante delineata nel provvedimento impugnato si sottrae alle censure proposte, in quanto l’analisi del contesto di mercato su cui hanno influito le condotte contestate è stata operata approfonditamente e giungendo a conclusioni del tutto coerenti con gli elementi emersi dall’istruttoria svolta.
Secondo l’Autorità, la condotta abusiva avrebbe tratto origine dalle posizioni dominanti che Google detiene, attraverso Android, nel mercato della concessione di licenze per sistemi operativi per dispositivi mobili intelligenti e, attraverso Google Play, nel mercato dei portali di vendita di applicazioni per Android (Android app store).
Android Auto, che secondo l’Autorità costituisce un’estensione del sistema Android, mentre secondo la ricorrente è un app che consente l’utilizzazione di alcune funzionalità dello smartphone sul sistema di infotainement dell’automobile, può comunque pacificamente essere definito come un sistema che consente di proiettare le funzionalità dello smartphone sullo schermo dell’auto, al fine di permettere agli utenti di app di fruirne su uno schermo diverso da quello dei dispositivi mobili, in condizioni di maggiore sicurezza, quando si trovano alla guida.
Pertanto, gli sviluppatori di app per la mobilità che vogliono raggiungere i consumatori che usano Android mirano a far sì che le proprie applicazioni siano compatibili con Android Auto e, quindi, utilizzabili sullo schermo delle auto; in questo senso Android Auto può essere definita una “smartphone projection app”, che trasmette il contenuto dello schermo del dispositivo mobile sull’unità di infotainment dell’auto.
Di conseguenza, correttamente l’Agcm ha individuato la posizione dominante di Google nella posizione di mercato dalla stessa assunta, mediante il sistema operativo Android e Googleplay, sul mercato della concessione di licenze per sistemi operativi per dispositivi mobili intelligenti e, attraverso Google Play, nel mercato dei portali di vendita di applicazioni per Android.
In particolare, sotto questo profilo il provvedimento ha richiamato la decisione della Commissione europea sul caso AT.40099 – Google Android, del 18 luglio 2018, nella quale la Commissione ha definito il mercato della concessione di licenze per sistemi operativi per dispositivi mobili intelligenti, in cui Google è presente tramite Android. I sistemi operativi per dispositivi mobili intelligenti sono software che controllano il funzionamento di base dei dispositivi e delle relative app; il mercato in questione esclude, in particolare, i sistemi operativi che non vengono concessi in licenza bensì vengono utilizzati esclusivamente da sviluppatori integrati verticalmente, tra cui, in particolare, iOS di Apple; la dimensione geografica del mercato è stata definita mondiale con l’esclusione della Cina.
Il provvedimento ha precisato, in particolare, ai parr. 30 e ss., che nella richiamata decisione “la Commissione Europea ha concluso che Google detiene una posizione dominante nel mercato della concessione di licenze per sistemi operativi per dispositivi mobili intelligenti. Tale conclusione si fonda, tra l’altro, sulla quota di mercato detenuta da Google (nel 2016, 96,4% delle vendite di device con sistema operativo che è oggetto di licenza) e sul fatto che i sistemi operativi per smartphone e tablet che non sono oggetto di licenza, e tra questi in particolare iOS di Apple, non esercitano una pressione competitiva sufficiente ad affievolire l’autonomia di comportamento di Google. (…) In tal senso, Android è una piattaforma che mette in relazione i costruttori di dispositivi mobili intelligenti, gli sviluppatori di app e i possessori/utenti di dispositivi mobili intelligenti. La Commissione ha, in particolare, evidenziato che, per competere nel settore dei dispositivi mobili, Android ha avuto bisogno del supporto di altri operatori tra cui gli sviluppatori di app, oltre ai costruttori di dispositivi mobili e ai gestori di reti di telecomunicazioni. Google si assicura, pertanto, che sviluppatori di app abbiano incentivi a creare app per Android in quanto ciò crea un circolo virtuoso per cui maggiore il numero di app, più forte l’attrattività di Android per gli utenti finali, maggiore l’interesse degli sviluppatori per Android.
33. La Commissione ha, in effetti, valutato che la piattaforma Android è caratterizzata da effetti di rete: in particolare, “quanto più gli utenti utilizzano un sistema operativo per dispositivi mobili, tanto più gli sviluppatori elaborano applicazioni per questo sistema, e ciò a sua volta attrae un numero maggiore di utenti”. In particolare, la Commissione ha evidenziato che gli effetti di rete emergono in quanto gli sviluppatori di app, quando decidono per quale sistema operativo (oggetto di licenza) creare applicazioni, tengono conto delle possibilità di download da parte degli utenti finali e, pertanto, preferiscono i sistemi operativi che hanno una base utenti ampia. In tal senso, la rilevante diffusione di Android costituisce un forte incentivo per gli sviluppatori a concentrare la propria attività su tale sistema operativo”.
Il provvedimento ha chiarito, altresì, che, con riferimento all’Italia, nel periodo agosto 2019-agosto 2020, la percentuale di smartphone con sistema operativo Android è restata sostanzialmente stabile intorno al 74,8% e la percentuale di smartphone con sistema operativo iOS ha oscillato intorno al 24-25%; per quanto concerne i tablet, nel periodo agosto 2019-agosto 2020 la percentuale di quelli con sistema operativo Android è salita dal 31,1% (agosto 2019) al 49,9% (agosto 2020) e la percentuale di quelli con sistema operativo iOS è scesa dal 68,8% (agosto 2019) al 49,9% (agosto 2020).
Nella medesima decisione sul caso AT.40099 – Google Android, la Commissione Europea ha definito anche il mercato dei portali di vendita di applicazioni per Android (Android app store), nel quale Google è presente tramite Google Play; gli app store sono (a loro volta) app che costituiscono piattaforme digitali di distribuzione attraverso le quali i possessori di smart device possono scaricare, installare e gestire un ampio ventaglio di applicazioni. Il mercato in questione esclude, in particolare, gli app store per i sistemi operativi licenziabili diversi da Android, nonché gli app store per sistemi operativi che non vengono concessi in licenza; la dimensione geografica è stata definita mondiale, con l’esclusione della Cina.
Nel caso citato la Commissione ha concluso che Google detiene una posizione dominante nel mercato dei portali di vendita di applicazioni per Android (Android app store). Tale conclusione si fonda, tra l’altro, sulla quota di mercato di Google, sulla quantità e popolarità delle applicazioni disponibili sul Google Play, sulle funzionalità di aggiornamento automatico delle app e sul fatto che gli app store per sistemi operativi che non sono oggetto di licenza, e tra questi in particolare iOS di Apple, non esercitano una pressione competitiva sufficiente ad affievolire l’autonomia di comportamento di Google; su Google Play sono disponibili “oltre due milioni di app”.
La posizione di dominanza di Google nel mercato a monte è stata quindi ampiamente argomentata dall’Autorità, con osservazioni che non palesano alcuna irrazionalità o incongruenza.
Infondata è anche la tesi secondo cui l’Autorità avrebbe illegittimamente utilizzato la definizione di “gatekeeper” per astenersi dal definire il mercato rilevante: la posizione di gatekeeper, infatti, coincide con la possibilità o meno di consentire l’accesso ad una data piattaforma e, nella fattispecie, è innegabile che Android Auto costituisca una porta d’ingresso obbligata per gli sviluppatori e gli utenti di app fruibili in sicurezza nell’ambiente auto, di modo che gli sviluppatori devono poter accedere all’ambiente specifico creato da Google per le auto e i costruttori di auto, quando sviluppano proprie app, lo fanno in modo da renderle compatibili con Android Auto (provv., parr. 59 e ss.).
Vanno quindi esaminati il secondo e il terzo motivo, che possono essere trattati congiuntamente.
Con tali censure la ricorrente ha contestato l’individuazione del mercato a valle su cui avrebbero inciso le condotte contestate e il rapporto concorrenziale che, secondo l’Agcm, potrebbe ravvisarsi tra le app Google Maps e JuicePass.
Il mercato a valle è stato individuato, dall’Autorità, in quello della fornitura di app che consentono di individuare durante la navigazione le colonnine di ricarica elettrica e di gestire il processo di ricarica; in tale mercato sarebbe riscontrabile un’area di possibile sovrapposizione tra Google Maps e JuicePass, sia attuale, con riferimento alla localizzazione delle colonnine di ricarica, consentita anche tramite Google Maps, sia potenziale, data dall’intenzione, evidenziata in alcuni documenti acquisiti nel corso del procedimento, di Google di integrare in Google Maps le altre funzionalità attualmente coperte da JuicePass.
In particolare, in un documento interno a Google relativo alla possibilità di integrare la funzione di prenotazione in Google Maps si rinviene la seguente considerazione: “I’m sure that Google Maps will at some point build such a feature” (doc. 23 prodotto dall’Autorità resistente); inoltre, la comunità di sviluppatori per Android ha sottolineato che le versioni più recenti di Google Maps contengono istruzioni idonee a consentire funzioni di pagamento (doc. n. 10 dell’Autorità).
L’Autorità ha poi descritto, ai parr. 111 e ss. del provvedimento, lo spazio competitivo nell’ambito del quale operano le app di servizi connessi alla ricarica elettrica e le app di navigazione: “112. Le app di navigazione offrono funzioni di navigazione e – ciò che qui rileva – di ricerca per un’ampia gamma di punti di interesse (approccio generalista) mentre le app di servizi connessi sono specializzate sulle colonnine di ricarica e sui servizi per la ricarica dei veicoli elettrici (approccio specialistico). Questa dicotomia tra l’approccio generalista e quello specialistico non impedisce, come si vedrà, di individuare uno spazio competitivo dai confini definiti nel quale le condotte delle imprese possono essere valutate sotto il profilo antitrust.
113. La funzione di ricerca delle infrastrutture di ricarica, così come quella di navigazione, può essere effettuata sia sulle app di navigazione sia sulle app di servizi connessi alla ricarica elettrica (concorrenza effettiva). La funzione di ricerca, di norma, restituisce informazioni non solo sulla localizzazione delle colonnine ma anche sulle caratteristiche tecniche e di operatività dei punti di ricarica (quali tipologia di presa, orari di apertura, disponibilità e altro). Come visto, la localizzazione delle infrastrutture di ricarica lungo il tragitto percorso dall’utente costituisce il principale fattore di scelta dell’infrastruttura presso cui effettuare la ricarica. Quanto alle caratteristiche tecniche e di operatività dei punti di ricarica, la loro conoscenza è necessaria all’utente per verificare presso quale colonnina è possibile effettuare la ricarica del proprio veicolo elettrico. 114. La funzione di ricerca, pertanto, rappresenta la porta di ingresso dell’utente ai servizi (di vendita della ricarica e connessi) offerti dalle app di servizi connessi alla ricarica elettrica. Per tale motivo, le funzionalità delle app di navigazione che consentono la ricerca delle infrastrutture di ricarica e la fornitura di informazioni di dettaglio sui punti di ricarica possono comportare un’intermediazione da parte delle app di navigazione nell’uso delle app di servizi connessi alla ricarica elettrica: l’utente può, infatti, cercare le colonnine attraverso la app di navigazione e poi gestire e completare la ricarica attraverso una app di servizi connessi alla ricarica elettrica; inoltre, laddove le app di navigazione contengano collegamenti ad app di servizi connessi alla ricarica elettrica ed eventualmente funzioni di pagamento in-app, l’utente potrebbe gestire la ricarica ed eventualmente pagare la ricarica senza uscire dalla app di navigazione. Per una data app di servizi connessi alla ricarica elettrica, il descritto effetto di intermediazione può portare alla conseguenza che l’utente possa scegliere una colonnina di ricarica che non fa parte del network coperto.
115. Le app di navigazione possono anche rappresentare un’alternativa completa alle app di servizi connessi alla ricarica elettrica laddove integrino altre funzioni tra cui la gestione e/o il pagamento della ricarica ed eventualmente la prenotazione del punto di ricarica (concorrenza potenziale). (…)
117. Sia Google che Apple mostrano un significativo interesse ad ampliare la propria offerta di servizi connessi alla ricarica elettrica. Per quanto concerne Google, come si vedrà nel seguito, essa ha compiuto significativi sforzi per ampliare la copertura della rete di ricarica e fornire informazioni di dettaglio sulle stazioni di ricarica su Google Maps; inoltre, Google ha affermato che “[p]er migliorare l’esperienza di ricarica, in futuro Google Maps potrebbe aiutare gli utenti a collegarsi ad app o siti web gestiti da tali MSP al momento opportuno nel corso del loro tragitto, ad esempio all’arrivo presso una stazione di ricarica”. Quanto a Apple, in occasione della presentazione di iOS 14 (giugno 2020), essa ha annunciato che in Apple Maps sarebbe stato possibile calcolare percorsi per veicoli elettrici includendo nel tragitto stazioni di ricarica in funzione della carica della batteria e della tipologia di presa.
118. In conclusione, esiste una sovrapposizione di funzioni tra le app di servizi connessi alla ricarica elettrica e quelle di navigazione con riguardo alla funzione di ricerca della localizzazione delle colonnine di ricarica e delle informazioni rilevanti sulle stesse. Tale sovrapposizione è idonea a determinare un’intermediazione delle app di servizi connessi alla ricarica elettrica da parte delle app di navigazione. Inoltre, le app di navigazione possono diventare un’alternativa alle app di servizi connessi alla ricarica elettrica in funzione delle specifiche funzionalità che possono essere aggiunte alle medesime app di navigazione (quali prenotazione e pagamento) e dello sviluppo della tecnologia plug&charge, che consentono la gestione della ricarica senza l’uso di app dedicate o di card.
119. In ultima analisi, le due tipologie di app (navigazione e servizi connessi alla ricarica elettrica) si contendono la medesima risorsa e cioè il rapporto con l’utente (concorrenza per gli utenti): per le app di navigazione rileva che gli utenti svolgano attraverso di esse le attività comunque riconducibili alla localizzazione di punti di interesse su una mappa, ivi comprese quelle di ricerca di infrastrutture di ricarica; per le app di servizi connessi alla ricarica elettrica rileva che gli utenti svolgano attraverso di esse la ricerca di colonnine di ricarica come primo passo per la fornitura di servizi di ricarica”.
Risulta quindi indubitabile sia la parziale sovrapposizione esistente all’attualità tra le due app, sia l’intenzione di Google di ampliare le funzionalità di Google Maps fino a ricomprendere anche attività attualmente possibili solo attraverso le app aventi ad oggetto la ricarica delle auto elettriche, che evidenziano la sussistenza di un ambito concorrenziale comune tra i due prodotti.
Infine, con argomentazioni altrettanto logiche e congruenti con le acquisizioni istruttorie, l’Agcm ha ritenuto sussistente anche una concorrenza per l’acquisizione dei dati e quindi “per l’utente”, considerato che la raccolta dei dati e la loro profilazione è una delle principali attività che consentono a Google di portare avanti i propri obiettivi di mercato.
Le doglianze risultano, pertanto, infondate.
Con il quarto motivo di ricorso Google ha lamentato l’assenza dei requisiti necessari per poter configurare un abuso di posizione dominante nel rifiuto a contrarre opposto a JuicePass: in particolare, non sarebbe stata dimostrata l’indispensabilità dell’accesso ad Android Auto, né l’idoneità della condotta ad eliminare la concorrenza e/o a produrre un effetto anticoncorrenziale; non si sarebbe poi data prova del fatto che il rifiuto di accedere ad Android Auto avrebbe impedito l’emersione di un prodotto nuovo né, infine, l’Agcm avrebbe adeguatamente valutato le circostanze oggettive che Google ha posto alla base del rifiuto.
Al riguardo deve, innanzitutto, evidenziarsi che il rifiuto di consentire l’installazione di JuicePass su Android Auto ha avuto luogo in più occasioni, come dettagliatamente ricostruito dal provvedimento impugnato.
In particolare, la prima richiesta di Enel X Italia di pubblicare su Android Auto la propria app JuicePass risale al settembre del 2018 e, successivamente, tale richiesta viene reiterata più volte; Google ha fornito a Enel X quattro risposte negative, con e-mail del 20 e 21 settembre 2018, 8 novembre 2018 e 18 gennaio 2019 (doc. nn. 14, 15 e 17 dell’Agcm); il quarto rifiuto ha fatto seguito alla richiesta da parte dell’amministratore delegato di Enel X Italia di ottenere una risposta definitiva e scritta in relazione alla pubblicazione su Android Auto di una versione della propria app che consentisse la prenotazione e l’avvio della ricarica oltre alla ricerca alla navigazione, e dunque un set ridotto di funzionalità rispetto a quelle consentite sulla versione mobile.
A fronte di tale richiesta, Google ha affermato che, anche laddove si fosse arrivati a sviluppare un nuovo template per app di navigazione di terzi, questo non avrebbe potuto essere utilizzato per la app di Enel X in quanto app di prenotazione e pagamento (doc. 14 e 17 Agcm).
Dopo il quarto rifiuto, Enel X ha chiesto come fare per testare l’uso della propria app secondo gli standard di sicurezza messi a punto da Google, dichiarandosi pronta a svolgere le attività necessarie, ma la controparte ha risposto che non era possibile fornire ulteriori informazioni al riguardo e che, in definitiva, i responsabili del prodotto erano contrari ad un ampliamento delle tipologie di app presenti su Android Auto (doc. 26 Agcm).
Durante la telefonata del 28 febbraio 2019 tra l’amministratore delegato del Gruppo Enel, l’amministratore delegato di Enel X Italia e due Vice President di Google, Google non ha preso nessun impegno riguardo alla pubblicazione della app JuicePass su Android Auto e ha proposto due soluzioni alternative (l’integrazione delle informazioni sulle colonnine di ricarica in Google Maps e l’uso di Actions-on-Google per attivare la ricerca delle colonnine di ricarica tramite la app di Enel X, cfr. doc. 13, 15, 16, 10, 21, 23, 14, 22 e 17 Autorità).
A seguito di questa conversazione Enel X ha avanzato specifiche richieste, volte a rendere una soluzione proposta da Google fruibile agli utenti di JuicePass, in attesa della pubblicazione su Android Auto, ma senza esito.
Di contro, Google ha individuato cinque categorie di app pubblicabili su Android Auto: app di media e di messaggistica, per le quali sono stati definiti due template; app di navigazione proprietarie di Google, e cioè Google Maps e Waze, alle quali si aggiunge la app Kakao (per la Corea del Sud), sviluppata come custom app; app sviluppate dalle case automobilistiche, che l’istruttoria ha dimostrato essere riconducibili alla categoria custom app; e app basate su Actions-on-Google, ovvero sui comandi vocali.
Pertanto, Google avrebbe ben potuto accogliere le richieste di Enel X nel pieno rispetto della propria politica aziendale, mentre la principale richiesta formulata (pubblicazione dell’app su Android Auto) è rimasta sempre insoddisfatta: Google ha predisposto l’installazione su Android Auto delle sole app di messaggistica, musicali e di navigazione, con esclusione di app di servizi come JuicePass, ritenendo non sussistere per quest’ultima le condizioni che hanno consigliato di elaborare la custom app per Kakao; inoltre, il rifiuto è stato giustificato su ragioni economiche (la ricerca delle colonnine oggi non giustificherebbe i costi e le spese di adattamento per la creazione di un apposito template), ma, come evidenziato dalla difesa delle controparti, non è stata prospettata ad Enel X alcuna richiesta di disponibilità a versare un corrispettivo.
Tale condotta è risultata idonea a produrre effetti escludenti perché ha ostacolato e procrastinato la disponibilità della app di Enel X per gli utenti di Android Auto.
In merito non può sostenersi che il rifiuto contestato non abbia privato Enel X di uno sbocco indispensabile sul mercato delle app da utilizzare mediante lo smartphone alla guida, poiché, come osservato dall’Autorità, la definizione e la messa a disposizione da parte di Google di strumenti di programmazione per app compatibili con Android Auto risulta condizione indispensabile per offrire agli utenti app utilizzabili in maniera facile e sicura durante la guida.
Lo sviluppatore di una app destinata alla guida non può prescindere dell’interoperabilità con Android Auto: infatti, la quasi totalità dei dispositivi mobili intelligenti con sistema operativo diverso da iOS utilizza Android e, in Italia, Android viene utilizzato su circa tre quarti degli smartphone e la metà dei tablet.
Inoltre, risulta evidente che per l’utente alla guida l’esperienza d’uso semplificata tramite Android Auto non è sostituibile con altre soluzioni tecnologiche per l’uso di app tramite le unità di infotainment delle auto.
Né può sostenersi, come dedotto dalla ricorrente, che l’utilizzo mediante Android Auto non sarebbe indispensabile, in quanto l’app Juicepass potrebbe essere utilizzata in auto solo tramite l’uso dello smartphone, senza interoperabilità sul sistema di infotainment dell’auto.
È evidente, infatti, che l’utilizzo dell’app in marcia è essenziale in questo caso, poiché l’utilità della ricerca delle colonnine di ricarica nel momento in cui il veicolo è in moto costituisce la funzione centrale di tale applicazione, come peraltro confermato dalla piena integrazione in Android Auto delle app proprietarie Google Maps e Waze.
Come, poi, evidenziato dalla controinteressata, la rapidità dei mercati digitali fa sì che l’ostacolo o la maggiore difficoltà nell’utilizzo del prodotto comportino molto velocemente la sconfitta dello stesso sul mercato, occupato dalle applicazioni concorrenti di più facile e rapido utilizzo.
L’argomento secondo cui sarebbe sufficiente arrestare la marcia per pochi minuti per effettuare la prenotazione di una colonnina di ricarica su JuicePass non è idoneo a confutare tali argomentazioni, giacché non tiene conto dei tempi di ricerca delle colonnine di ricarica né dei tempi necessari per trovare uno spazio dove posteggiare il veicolo, che renderebbero l’applicazione molto meno appetibile per il guidatore, configurando un prodotto del tutto diverso da quello innovativo che Enel X intendeva promuovere.
Il provvedimento ha dato conto anche del fatto che le soluzioni alternative di accesso al sistema di infotainment proposte da Google non erano in concreto praticabili, poiché l’eventuale integrazione in sistemi “propri” dei produttori di auto di infotainment si scontra con il fatto che gli stessi produttori di auto non destinano grandi risorse a tali sistemi, in quanto il consumatore chiede di poter accedere direttamente ad Android ed al collegamento con lo smartphone.
Inoltre, l’Autorità ha acquisito informazioni dalle case automobilistiche, che hanno affermato che le app da loro sviluppate per gestire i sistemi di infotainment delle vetture sono presenti su Android Auto, confermando così l’indispensabilità di tale risorsa.
Quanto al fatto che il diniego di accesso ad Android Auto non sarebbe idoneo ad escludere la concorrenza, in quanto JuicePass avrebbe continuato a crescere nel periodo in cui perdurava l’abuso, si osserva che, come rimarcato dall’Autorità, a causa del rifiuto di Google la app JuicePass è stata esclusa dalla piattaforma Android Auto per tutto il 2020 e nei primi mesi del 2021 e, quindi, all’inizio del periodo 2020-2025, nel quale era prevista una significativa crescita delle vendite di veicoli elettrici, con conseguente notevole limitazione delle chances di affermazione sul mercato del prodotto.
Nel contesto in esame, infatti, l’esistenza di effetti di rete e di fenomeni di “winner-takes-all” implicano che il differimento della disponibilità della app JuicePass su Android Auto è stato idoneo ad impedirle la conquista di una base utenti adeguata per affermarsi.
Del resto, come affermato dal Tribunale di primo grado nella sentenza sul caso Microsoft, la ratio dell’articolo 102 del TFUE è quella di “preservare una concorrenza non falsata nel mercato comune” e, pertanto, l’intervento delle autorità antitrust non deve “aspettare che i concorrenti siano estromessi dal mercato, o che tale estromissione sia sufficientemente imminente”, ma anzi l’intervento preventivo delle autorità antitrust, rispetto al concretizzarsi di rischi di eliminazione di un concorrente, è tanto più legittimo quando il mercato, come nel caso di specie, “è caratterizzato da considerevoli effetti di rete e una simile estromissione sarebbe pertanto difficilmente reversibile” (Tribunale di primo grado del 17 settembre 2007, causa T-201/04 Microsoft Corp./Commissione).
La ricorrente ha poi sostenuto, con il quinto motivo, che il rifiuto di pubblicazione di Juicepass su Android Auto sarebbe giustificato dall’esigenza di effettuare i test di sicurezza necessari per garantire la riduzione dei rischi di distrazione dalla guida, nonché dal bisogno di allocare le proprie risorse verso quelle app per le quali gli utenti nutrono maggiore interesse (ovvero, le app di media, messaggistica e navigazione); inoltre, Google avrebbe impiegato un tempo ragionevole per sviluppare il template per le app di ricarica di veicoli elettrici, rilasciando nell’ottobre 2020 una versione liberamente accessibile del template che consentiva di sviluppare versioni beta di tali app compatibili con Android Auto.
Tali doglianze sono infondate.
Al riguardo il provvedimento ha evidenziato che la politica aziendale sulla pubblicazione di app su Android Auto già individuava gli strumenti che avrebbero consentito a Google di risolvere le questioni di sicurezza legate all’uso delle app alla guida e che, comunque, le funzionalità (prenotazione, gestione della ricarica e pagamento) che caratterizzano l’app di Enel X non presentano particolari problemi di sicurezza ulteriori rispetto a quelle di ricerca e navigazione già disponibili su Android Auto tramite Google Maps e Waze.
Come già accennato, poi, Google avrebbe potuto chiedere ad Enel X di contribuire all’incremento di risorse dedicate ad Android Auto, in termini finanziari e di risorse tecniche, mentre tale possibilità non è stata in alcun modo prospettata.
Infine, è infondata l’impugnazione del provvedimento di rigetto degli impegni, stante l’ampia discrezionalità che caratterizza tale determinazione e la contestazione del tutto generica che la ricorrente ha sollevato sul punto.
Vanno quindi esaminati i motivi di doglianza con i quali è stata lamentata l’illegittimità della quantificazione della sanzione.
Va, in primo luogo, disattesa la contestazione della qualificazione delle condotte in termini di gravità.
Al riguardo deve osservarsi che l’Autorità ha dato adeguatamente conto del fatto che i comportamenti posti in essere, in considerazione del ruolo e della rappresentatività sul mercato di Google nonché del contesto di riferimento, integrano una violazione molto grave delle norme poste a tutela della concorrenza.
In relazione alla durata dell’infrazione, l’Agcm l’ha correttamente collocata a far data dal 20 settembre 2018, quando Google ha opposto il primo rifiuto espresso a Enel X Italia, fino al momento dell’emissione del provvedimento, in quanto Google non ha implementato una soluzione adeguata a consentire la pubblicazione della app sviluppata da Enel X Italia su Android Auto, in una versione definitiva e che mantenesse le caratteristiche essenziali della medesima app; infatti, il rilascio della versione beta del nuovo template che avrebbe dovuto consentire lo sviluppo di una versione della app di Enel X Italia compatibile con Android Auto non può ritenersi equivalente al rilascio della versione definitiva, che è la sola che avrebbe potuto dare certezza circa la pubblicazione su Android Auto con le caratteristiche di accessibilità e facilità di uso previste per le app già presenti o pubblicabili su Android Auto.
Nella quantificazione della sanzione l’Agcm, secondo quanto previsto dalle Linee Guida al riguardo, ha tenuto conto del valore delle vendite; nel caso di specie, tale valore è stato individuato nel fatturato realizzato, a qualunque titolo, da Google in Italia relativamente ad Android, Google Play e Google Maps nell’anno 2020, tenuto conto del fatto che Android e Google Play sono i prodotti ai quali si riferisce la posizione dominante di Google, e che Google Maps è il prodotto di Google che appartiene allo spazio competitivo nel quale si sono prodotti gli effetti dell’abuso contestato.
Nel provvedimento si dà conto del fatto che, al fine di ottenere il valore numerico del fatturato rilevante, è stato chiesto a Google di indicare i valori del fatturato realizzato, a qualunque titolo, in Italia nel 2020, relativamente ad Android, Google Play e Google Maps, e i criteri che si fosse reso necessario applicare per elaborare stime dei valori di fatturato richiesti; la risposta di Google, tuttavia, ha indicato dati di fatturato che appaiono non attendibili e comunque non sufficientemente rappresentativi rispetto alle informazioni contenute nel bilancio consolidato di Alphabet relativo al 2020 (in particolare con riferimento al fatturato generato da Android, che viene indicato come nullo mentre dal bilancio consolidato risultano ricavi), e non sono stati resi disponibili i criteri concretamente applicati per la stima dei valori forniti.
L’Agcm ha quindi ritenuto necessario procedere ad una stima del fatturato rilevante, secondo quanto previsto al punto 9 delle Linee Guida, partendo dai dati e dalle informazioni contenute nel bilancio consolidato di Google relativo al 2020 per calcolare un fatturato rilevante che tenga conto dei ricavi generati dai Google Services, dell’incidenza dei ricavi realizzati in Italia e dell’incidenza dei ricavi relativi ad Android, Google Play e Google Maps.
In tal modo, tenuto conto che il bilancio consolidato di Google non contiene una ripartizione del fatturato per singoli Paesi, ad eccezione degli Stati Uniti, bensì fa riferimento a macroregioni, tra cui quella relativa a Europa, Medio Oriente e Africa (EMEA) alla quale è riferibile il 30% dei ricavi, l’Autorità ha stimato l’incidenza del fatturato generato in Italia sui ricavi globali di Google e, quindi, l’incidenza sullo stesso di Android, Google Play e Google Maps.
Ai fini del calcolo dell’importo base della sanzione, l’Autorità ha applicato al fatturato rilevante una percentuale basata sulla gravità dell’infrazione e poi moltiplicata per la durata della stessa; è stato poi aggiunto all’importo base un ammontare supplementare, compreso tra il 15% e il 25% del fatturato rilevante, al fine di conferire al potere sanzionatorio dell’Autorità il necessario carattere di effettiva deterrenza.
Infine, l’Autorità ha incrementato la sanzione del 50%, come previsto per il caso in cui l’impresa responsabile dell’infrazione abbia realizzato nell’ultimo esercizio chiuso anteriormente alla notificazione della diffida un fatturato totale a livello mondiale particolarmente elevato rispetto al valore delle vendite dei beni o servizi oggetto dell’infrazione oppure appartenga a un gruppo di significative dimensioni economiche (punto 25 delle Linee Guida).
Risulta anche corretta la valutazione dell’Agcm secondo cui, nel caso di specie, non ricorrono le circostanze di “complessità del contesto giuridico e fattuale” di riferimento e di “novità della fattispecie” invocate da Google a supporto della sua richiesta di applicazione di una sanzione simbolica o minima, in quanto gli aspetti di complessità del caso in esame concernono questioni di tecnologia e interoperabilità rientranti nella sfera di controllo della ricorrente.
La sanzione è quindi stata determinata in misura inferiore al 10% del fatturato di cui all’ultimo bilancio approvato (precisamente nella misura dello 0,064% dello stesso), conformemente alla normativa prevista dall’art. 15, comma 1, l. n. 287/90.
Con il settimo motivo la ricorrente ha contestato l’illegittimità dell’obbligo comportamentale imposto con il provvedimento.
L’Autorità ha ritenuto necessario, per assicurare la possibilità di pubblicazione di Juicepass su Android Auto, imporre a Google di rilasciare senza indugio la versione definitiva del template per lo sviluppo di app per la ricarica elettrica e, solo eventualmente, laddove detto template non consenta lo sviluppo della app di Enel X Italia comprensiva delle funzioni che questa ha indicato come essenziali, di completare il suddetto template con le funzionalità mancanti, ovvero svilupparne uno nuovo comprensivo delle medesime funzionalità.
Il provvedimento ha chiarito che il secondo obbligo ha carattere eventuale in quanto dovrebbe applicarsi solo nel caso in cui il template per lo sviluppo di app per la ricarica elettrica non consenta lo sviluppo di una versione per Android Auto della app JuicePass comprensiva di tutte le funzionalità, ulteriori rispetto a quelle di ricerca e navigazione, ritenute essenziali da Enel X Italia, vale a dire la prenotazione e l’avvio della sessione di ricarica; per la verifica degli adempimenti è stato nominato un fiduciario.
L’Agcm ha evidenziato che gli obblighi imposti “appaiono, nel loro complesso, necessari e proporzionati rispetto all’obiettivo del tempestivo ripristino di un level playing field con riguardo alle app che offrono servizi connessi alla ricarica elettrica su Android Auto, anche in considerazione della già rilevante durata della condotta in esame nel contesto della rapida evoluzione dei mercati tecnologici interessati. Infatti, l’obbligo sub a) serve ad assicurare che Enel X Italia, così come gli altri sviluppatori di app di servizi connessi alla ricarica elettrica, possano, in un breve lasso di tempo, sviluppare le relative app, secondo un template definitivo e con tempi certi di pubblicazione; l’obbligo sub b) è solo eventuale e serve ad assicurare che la app JuicePass per Android Auto comprenda tutte le funzioni, ulteriori rispetto a quelle di ricerca e navigazione, che Enel X Italia ha indicato come necessarie (vale a dire prenotazione e avvio della sessione di ricarica)”.
Il provvedimento è anche motivato con riferimento alla impossibilità di individuare obblighi meno stringenti, tenuto conto della necessaria tempestività dell’adempimento, in quanto gli obblighi imposti hanno ad oggetto attività che Google sta già svolgendo e riguardano lo strumento di programmazione (template) che Google ha indicato come il solo proporzionato a consentire la pubblicazione di nuove tipologie di app su Android Auto.
Infine, contrariamente a quanto dedotto dalla ricorrente, l’obbligo imposto riguarda naturalmente tutti gli operatori eventualmente interessati ad avere accesso ad Android Auto, sicché non può considerarsi adottato unicamente in favore di Enel X.
Anche tale censura va quindi disattesa.
In conclusione il ricorso deve essere respinto.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna le ricorrenti alla rifusione in favore dell’Autorità resistente e della controinteressata delle spese di lite, che si liquidano in complessivi euro 15.000,00 oltre accessori di legge per ciascuna di dette parti.