Il colpevole, infatti, deve fornire a tal fine un contributo collaborativo significativo per l'individuazione di coloro che abbiano acquistato, ricevuto o occultato la cosa sottratta o si siano comunque intromessi per farla acquistare, ricevere o occultare.
La Corte d'Appello di Catania accoglieva l'appello proposto dal PM e riformava la sentenza di primo grado con la quale era stato dichiarato non doversi procedere nei confronti dell'imputato per via dell'estinzione del reato pluriaggravato a lui ascritto ai sensi degli
Svolgimento del processo
1. La Corte d'appello di Catania, con la pronuncia indicata in epigrafe, accogliendo l'appello del Pubblico Ministero e rigettando quello incidentale dell'imputato, ha riformato la sentenza con la quale il Tribunale di Caltagirone ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di C.Z. per estinzione, per decorso del termine di prescrizione, del reato pluriaggravato allo stesso ascritto ex artt. 624-bis, 61, nn. 5 e 11, cod. pen. (commesso nei mesi di settembre e ottobre 2009).
Nel dettaglio, il giudice d'appello, evidenziato l'errore del primo giudice nel calcolare la prescrizione non con riferimento al massimo edittale previsto dall'art. 624-bis, comma 3, cod. pen. (in relazione all'aggravante di cui all'art. 61, n. 11, cod. pen.) e esclusa la contestata circostanza aggravante di cui all'art. 61, n. 5, cod. pen., ha condannato l'imputato per il furto in abitazione aggravato, ritenendo insussistente la circostanza attenuante speciale di cui all'art. 625-bis cod. pen.
2. Avverso la sentenza d'appello Z. ha proposto ricorso per cassazione, tramite il suo difensore di fiducia, articolando cinque motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con i motivi primo e terzo di ricorso, in relazione all'art. 606, comma 1, lett. b) e e), cod. proc. pen., si deducono vizi motivazionali nonché violazione di legge per aver la Corte territoriale, in violazione del giudicato, ritenuto sussistente la circostanza aggravante di cui all'art. 61, n. 11, cod. pen., invece, a dire del ricorrente, esclusa dal primo giudice con sentenza non impugnata sul punto dal Pubblico Ministero.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso, in relazione all'art. 606, comma 1, lett. b) e e), cod. proc. pen., si deducono vizi motivazionali nonché violazione di legge per aver la Corte territoriale escluso la sussistenza della circostanza attenuante speciale di cui all'art. 625-bis cod. pen. pur avendo valorizzato, ai fini delle circostanze attenuanti generiche, la condotta posta in essere da Z. in forza della quale è stato possibile il recupero della refurtiva da parte degli esercizi commerciali che l'avevano acquistata o comunque ricevuta.
2.3. Dedotte la violazione di legge (art. 133 cod. pen.) nonché contraddittorietà e illogicità della motivazione in merito alla commisurazione giudiziale della pena per la mancata prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sull'accertata aggravante (motivo quarto), con il quinto e ultimo motivo il ricorrente (più che censurare la sentenza d'appello) sollecita la proposizione di questione di legittimità costituzionale dell'art. 157 cod. pen. La detta norma, per il ricorrente, violerebbe l'art. 3 Cost., sotto il profilo della ragionevolezza, nella parte in cui non prevede che la circostanza attenuante speciale di cui all'art. 625-bis debba essere considerata, anche previo bilanciamento ex art. 69 cod. pen., ai fini della determinazione del termine di prescrizione del reato.
3. Ex art. 23 d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, la Procura generale della Repubblica presso la Suprema Corte, nella persona del Sostituto Procuratore L.T., ha sollecitato una dichiarazione d'inammissibilità del ricorso mentre la difesa dell'imputato ha concluso nel senso dell'accoglimento dell'impugnazione.
Motivi della decisione
1. È fondato il solo secondo motivo di ricorso (con assorbimento dei motivi quarto e quinto), nei termini e con gli effetti di seguito evidenziati.
2. I motivi primo e terzo, suscettibili di trattazione congiunta in ragione della connessione delle questioni inerenti ai rispettivi oggetti, sono manifestamente infondati.
2.1. In merito alle circostanze aggravanti di cui all'art. 61, nn. 5 e 11, c.p. che, a detta del ricorrente, sarebbero state implicitamente escluse in primo grado, nella specie non risulta formatosi il giudicato in quanto la pronuncia è stata fatta oggetto d'appello del Pubblico Ministero che, proprio in ragione della loro sussistenza, ha dedotto l'errore del Tribunale nel calcolo della prescrizione in quanto effettuato non considerando il massimo edittale previsto dall'art. 624-bis, comma 3, cod. pen. in relazione alle dette aggravanti.
A quanto innanzi deve altresì aggiungersi l'ulteriore rilievo di manifesta infondatezza della doglianza emergente dalla stessa lettura della sentenza di primo grado, necessaria e consentita proprio in forza del dedotto giudicato, dalla quale risulta che il reato, erroneamente dichiarato estinto, è stato in primo grado ritenuto sussistente proprio nei termini di cui alla contestazione (quindi aggravato come da rubrica).
2.2. Manifestamente infondata è altresì la censura, prospettata con il terzo motivo di ricorso, con la quale si deducono violazione di legge e vizi motivazionali per aver la sentenza impugnata ritenuto sussistente l'aggravante di cui all'art. 61, n. 11, cod. pen. Sotto tale profilo, difatti, il ricorrente mira a sostituire proprie valutazioni di merito, anche in termini probatori, a quelle del giudicante che, invece, correttamente e con motivazione congrua, coerente e non manifestamente illogica ha ritenuto accertata la commissione della fattispecie mediante l'abuso di prestazione d'opera e, in particolare, di lavori di tinteggiatura all'interno dell'abitazione della persona offesa (pag. 2 della sentenza).
Tale concreta fattispecie, caratterizzata dall'accesso al focus commissi delicti (l'abitazione della persona offesa), peraltro, è stata correttamente sussunta dal giudice di merito nella nozione di «abuso di relazioni di prestazione d'opera» utilizzata dall'art. 61, comma primo, n. 11 cod. pen., ricomprendendo essa, oltre all'ipotesi del contratto di lavoro, tutti i rapporti giuridici che comportino l'obbligo di facere e che, comunque, instaurino tra le parti un rapporto di fiducia che possa agevolare la commissione del fatto (si veda sul punto, ex plurimis, Sez. 6, n. 11631 del 27/02/2020, E., Rv. 278720-01, in fattispecie in cui è stata riconosciuta la sussistenza dell'aggravante in relazione a condotte appropriative di carburante commesse dal dipendente della ditta appaltatrice dei servizi di pulizia svolti in favore di un'azienda di trasporto pubblico ai cui locali aveva libero accesso).
3. È invece fondato, nei termini di seguito evidenziati, il secondo motivo di ricorso, con conseguente assorbimento degli altri motivi (il quarto e il quinto).
3.1. Occorre evidenziare, nei limiti di quanto rileva in questa sede, che ai fini del riconoscimento della circostanza attenuante speciale (a effetto speciale) di cui all'art. 625-bis cod. pen., il colpevole deve fornire, prima del giudizio, un contributo collaborativo significativo per l'individuazione dei correi o di coloro che abbiano acquistato, ricevuto o occultato la cosa sottratta o si siano comunque intromessi per farla acquistare, ricevere o occultare.
Essendo l'attenuante volta a determinare condotte collaborative nel senso di cui innanzi, deve dunque prescindersi ai fini della sua applicabilità, come peraltro emerge anche dalla formulazione letterale della norma, dall'effettivo recupero dell'oggetto materiale della condotta e dalla susseguente eventuale contestazione, in capo ai detti soggetti ricettori, di autonome fattispecie di reato (quali, in ipotesi, il favoreggiamento, la ricettazione, il riciclaggio o l'impiego di beni di provenienza illecita).
3.1.1. Ne consegue dunque il principio per cui: «In tema di furto, ai fini del riconoscimento della circostanza attenuante di cui all'art. 625-bis cod. pen., il colpevole deve fornire un contributo collaborativo significativo per l'individuazione di coloro che abbiano acquistato, ricevuto o occultato la cosa sottratta o si siano comunque intromessi per farla acquistare, ricevere o occultare, a prescinde da/l'effettivo recupero dell'oggetto materiale dalla condotta e dall'eventuale contestazione a carico dei detti soggetti di autonome fattispecie di reato (quali, in ipotesi, il favoreggiamento, la ricettazione, il riciclaggio o l'impiego di beni di provenienza illecita)».
3.1.2. L'utilità e la concretezza del detto contributo, infine, sono rimesse al discrezionale apprezzamento del giudice (Sez. 5, n. 13386 del 17/12/2020, dep. 2021, Dondolini, Rv. 280850-01, in fattispecie in cui la Corte ha escluso l'attenuante della collaborazione in relazione alla chiamata in correità di un soggetto che aveva già reso piena e immediata confessione). Esso è peraltro censurabile in sede di legittimità nei limiti consentiti dall'art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. (Sez. 5, n. 32937 del 19/05/2014, Stanciu, Rv. 261659-01, in fattispecie in cui si è escluso in tema di furto che la mera indicazione di un nominativo costituisca una condotta sufficiente a consentire l'individuazione dei correi nel senso richiesto dalla norma).
3.2. Orbene, sul punto la motivazione è quantomeno contraddittoria laddove la Corte territoriale ha valorizzato, ai fini delle circostanze attenuanti generiche, la condotta posta in essere da Z. in forza della quale è stato possibile, da parte della persona offesa, il recupero della refurtiva o di parte di essa presso gli esercizi commerciali che l'avevano acquistata o comunque ricevuta, per poi ritenere non integrata l'attenuante in esame per non essersi l'imputato adoperato al fine di consentire concretamente l'individuazione dei favoreggiatori, riciclatori o ricettatori.
Il giudice d'appello, con il descritto apparato argomentativo, ha peraltro sostanzialmente disapplicato il principio innanzi evidenziato. La sentenza, difatti, non evidenzia quali sarebbero, con riferimento alla fattispecie accertata, eventuali favoreggiatori, e il perché dell'irrilevanza della condotta collaborativa tenuta in termini di individuazione dei ricettori. Non è difatti dato comprendere il perché dell'irrilevanza, ai fini di cui innanzi, della condotta tenuta da Z. proprio grazie alla quale sono stati individuati gli esercizi commerciali i cui gestori hanno acquistato o comunque ricevuto la refurtiva che, peraltro, è stata in parte recuperata. La Corte territoriale, infine, ha fatto solo un cenno aspecifico al presupposto per cui l'individuazione dei favoreggiatori, riciclatori o ricettatori, grazie alla condotta del reo, sarebbe dovuta avvenire prima del giudizio, senza però collocarla con riferimento a un determinato momento procedimentale.
4. In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente al mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all'art. 625-bis cod. pen. con rinvio per nuovo giudizio sul punto a altra sezione della Corte d'appello di Catania, non essendosi il reato allo stato estinto prescrizione anche in ragione dell'interruzione e delle intervenute sospensioni del decorso del relativo termine.
In ragione dell'inammissibilità del ricorso nel resto (motivi primo e terzo) e visto l'art. 624 cod. proc. pen., va dichiarata l'irrevocabilità della sentenza in ordine all'affermazione della penale responsabilità dell'imputato.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all'art. 6:25-bis cod. pen. ,2 rinvia per nuovo giudizio sul puto ad altra sezione della Corte di appello di Catania. Dichiara inammissibile il ricorso nel resto. Visto l'art. 624 cod. proc. pen., dichiara la irrevocabilità della sentenza in ordine all'affermazione della penale responsabilità dell'imputato.