Nel caso di specie l'imputato, laureato in medicina e specializzato in odontoiatria, non si era iscritto nell'albo degli odontoiatri rimanendo iscritto nel solo albo dei medici nonostante la riforma introdotta con la L. n. 409/1985.
All'imputato veniva contestato l'esercizio abusivo della professione di odontoiatra in quanto, essendo iscritto all'albo dei medici chirurghi e specializzato in odontoiatria e protesi dentaria, non si iscriveva all'albo degli odontoiatri e proseguiva nell'esercizio della professione nonostante l'Ordine dei Medici e Chirurghi di Torino l'avesse...
Svolgimento del processo
1. Con la sentenza impugnata il Tribunale di Torino ha assolto M.M. dal reato di cui agli artt. 81 e 348 cod. pen. perché il fatto non sussiste.
Al M. è stato contestato l'esercizio abusivo della professione di odontoiatra fino al 15 giugno 2017 in quanto, essendo iscritto all'albo dei medici chirurghi e specializzato in odontoiatria e protesi dentaria, a seguito della entrata in vigore della legge n. 409 del 1985, benché specificamente invitato dall'Ordine dei medici e chirurghi di Torino, che lo avvisava che avrebbe provveduto a cancellare l'annotazione riguardante la sua specializzazione, non si iscriveva all'albo degli odontoiatri e proseguiva nell'esercizio della professione.
Il Tribunale ha assolto l'imputato escludendo la sussistenza del reato in considerazione della inoffensività della condotta, non avendo questa creato alcun effettivo e rilevante ostacolo alla funzione di vigilanza dell'ordine professionale. Ciò in quanto il M., abilitato all'esercizio della professione di medico odontoiatra ai sensi dell'art. 20 della legge n. 409 del 1985, era ed è attualmente iscritto all'Ordine dei medici chirurghi ed odontoiatri, ente preposto alla tenuta dei due albi professionali (medici chirurghi ed odontoiatri) ed alla verifica, attraverso due sue articolazioni (le Commissioni), del rispetto da parte degli iscritti del medesimo codice deontologico. Pertanto, il Tribunale ha ritenuto che, alla luce di tale peculiare condizione dell'imputato, questo non si è sottratto alla vigilanza dell'Ente né al rispetto del medesimo codice deontologico.
2. Propongono separati ricorsi per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Torino e la parte civile Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri (OMCeO) di Torino.
2.1 Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Torino deduce il vizio di violazione di legge sulla base di una ricostruzione dell'iter normativo e giurisprudenziale che ha interessato l'esercizio della professione di odontoiatra. Deduce, in particolare, la natura di accertamento costitutivo dell'iscrizione all'albo, quale imprescindibile condizione abilitativa dell'esercizio della professione; il carattere non facoltativo dell'iscrizione all'albo degli odontoiatri per i medici chirurghi che si trovavano nella condizione dell'imputato, desumibile anche dalla sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato l'illegittimità degli artt. 4, 5 e 20 della legge n. 409 del 1985 nella parte in cui non permettevano ai soggetti indicati dall'art. 20, comma 1, di mantenere l'iscrizione all'albo dei medici chirurghi iscrivendosi a quello degli odontoiatri e nella parte cui prevedevano un limite di cinque anni per l'esercizio di tale opzione, anziché l'assenza di limiti temporali. Si segnalano, inoltre: a) la modifica dell'art. 1 della legge n. 409 del 1985 ad opera dell'art. 13 della legge n. 14 del 2003, che ha espunto i riferimento ai laureati in medicina e chirurgia, in possesso della relativa abilitazione e della specializzazione in campo odontoiatrico, tra i soggetti che possono esercitare la professione di odontoiatra; b) il parere del Consiglio di Stato n. 2995 del 2004 che ha affermato che l'iscrizione all'albo degli odontoiatri costituisce una condizione imprescindibile per chiunque intenda esercitare tale professione, anche per i soggetti abilitati in base alla normativa transitoria di cui all'art. 20. Si censura infine, l'affermata inoffensività della condotta richiamandosi quanto affermato da questa Corte con la sentenza n. 2691 del 2018 secondo cui, in tema di esercizio abusivo della professione, di cui all'art. 348 cod. pen., lo svolgimento dell'attività di odontoiatra, disciplinata dalla legge 24 luglio 1985, n. 409, in via ordinaria, è consentito solo a colui che, dopo il conseguimento della laurea in odontoiatria e protesi dentaria, abbia superato l'esame di Stato e sia iscritto al relativo albo, nonché, limitatamente al regime transitorio previsto dall'art. 20 della medesima legge, ai laureati in medicina e chirurgia, iscritti all'albo degli odontoiatri, qualora sussista una delle seguenti condizioni: a) immatricolazione al relativo corso di laurea prima del 28 gennaio 1980; b) immatricolazione negli anni compresi tra il 1980-81 ed il 1984-85 con superamento delle prove attitudinali previste per l'iscrizione all'Albo degli odontoiatri di cui al d.lgs. 13 ottobre 1998, n. 386; c) conseguimento della specializzazione in campo odontoiatrico da parte di un soggetto immatricolato negli anni compresi tra il 1980-81 ed il 1984-85, esonerato dalle prove attitudinali.
2.2 La parte civile OMCeO deduce la violazione dell'art. 348 cod. pen., sottolineando che si tratta di un reato pura condotta, la cui configurabilità secondo la giurisprudenza di legittimità, prescinde dal possesso da parte del soggetto dei requisiti tecnici ed attitudinali per l'esercizio della professione, ove questi non siano accertati e documentati mediante l'iscrizione nell'albo professionale.
3. Il difensore di M.M., avv. V.N., ha depositato una memoria con la quale, in via preliminare, ha eccepito l'inammissibilità dei ricorsi per difetto di correlazione dei motivi con le ragioni della decisione. Nel merito deduce l'infondatezza dei ricorsi e la rilevanza esclusivamente formale della mancata iscrizione all'albo del M. sulla base del seguente ordine di ragioni:
-l'imputato era iscritto all'ordine dei medici chirurghi dal 1979 e dal 2017 è iscritto a quello degli odontoiatri;
-l'art. 5 della legge n. 409 del 1985 consentiva ai medici chirurghi in possesso della specializzazione in campo odontoiatrico di proseguire l'esercizio della professione di odontoiatra rimanendo iscritti all'albo dei medici con un'apposita annotazione (come avvenuto per il M. fino al 2007);
-l'art. 20 disciplinava, invece, la condizione dei medici privi della specializzazione ed è stato oggetto della pronuncia di parziale incostituzionalità con la sentenza n. 100 del 1989;
-la legge n. 277 del 2003, abrogando l'art. 5, ha consentito anche ai medici specializzati la facoltà di optare per la doppia iscrizione;
-con la creazione della figura professionale degli odontoiatri non è stato introdotto un nuovo ordine professionale, che rimane unico ma si occupa anche della tenuta dell'albo degli odontoiatri e di verificare competenze e condotte degli iscritti ai due albi che sono tenuti al rispetto del medesimo codice deontologico;
-i requisiti morali per l'iscrizione ai due albi sono, dunque, i medesimi, mentre differiscono quelli tecnici, fatta eccezione per la categoria di cui all'art. 20 legge n. 409/1985, cui è consentita la doppia iscrizione.
- Il M. è stato sottoposto ad altri due procedimenti penali per il medesimo reato, di cui uno è stato definito con provvedimento di archiviazione del 13 maggio 2010 e l'altro con sentenza di assoluzione del 13 gennaio 2013.
L'imputato ha, inoltre, depositato della documentazione a supporto delle proprie deduzioni tra cui la sentenza di assoluzione del M. per il reato di cui all'art. 348 cod. pen. accertato nel novembre 2009.
3.1 Il difensore dell'imputato ha, infine, depositato una memoria di replica, illustrando ulteriormente le proprie ragioni e chiedendo la dichiarazione di inammissibilità o, in subordine, il rigetto dei ricorsi.
Motivi della decisione
1.1 ricorsi sono fondati per le ragioni di seguito esposte.
2. La questione che i ricorsi pongono rende necessaria una breve disamina della disciplina relativa alle condizioni di esercizio dell'attività di odontoiatra successivamente all'entrata in vigore della specifica disciplina introdotta dalla legge 24 luglio 1985, n. 409.
Va, innanzitutto, premesso che la laurea in odontoiatria e protesi dentaria è stata introdotta solo con il d.P.R. 28 febbraio 1980, n.135, mentre la professione di odontoiatra è stata disciplinata con la citata legge n. 409 del 1985 (Istituzione della professione sanitaria di odontoiatra e disposizioni relative al diritto di stabilimento ed alla libera prestazione di servizi da parte dei dentisti cittadini di Stati membri delle Comunita' europee) che ha contestualmente recepito ed attuato le direttive 78/686 e 78/687 CEE, relative, la prima, al reciproco riconoscimento dei diplomi, certificati ed altri titoli di odontoiatra, e la seconda, in merito al coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative concernenti, nei vari Stati membri, l'esercizio della professione odontoiatrica.
In particolare, per quanto rileva in questa Sede, l'art. 4 della legge n. 409 del 1985 ha istituito presso ogni Ordine dei medici-chirurghi un separato albo professionale per l'iscrizione di coloro che sono in possesso della laurea in odontoiatria e protesi dentaria e della relativa abilitazione.
La legge prevedeva, inoltre, un secondo canale di accesso all'attività di odontoiatra.
Era, infatti, consentita l'iscrizione all'albo degli odontoiatri anche ai laureati in medicina e chirurgia, abilitati all'esercizio della professione in possesso di un diploma di specializzazione in campo odontoiatrico (art. 4, comma 2). Per tale categoria di soggetti era, inoltre, prevista dal successivo art. 5 la possibilità di rimanere iscritti all'albo dei medici-chirurghi con apposita annotazione riguardante la specializzazione in odontoiatria, conservando, così, il diritto all'esercizio della professione di odontoiatra.
Il successivo art. 20 prevedeva, infine, una disciplina transitoria per i laureati in medicina e chirurgia iscritti al relativo corso di laurea anteriormente al 28 gennaio 1980, abilitati all'esercizio professionale, riconoscendo loro la facoltà di optare per l'iscrizione all'albo degli odontoiatri ai fini dell'esercizio della relativa attività.
Con la successiva legge 31 ottobre 1988, n. 471 è stata estesa la facoltà di iscriversi all'albo degli odontoiatri anche ai medici immatricolati nel corso di laurea negli anni accademici dal 1980-81 al 1984-1985, purché tale facoltà venisse esercitata entro il 31 dicembre 1991.
Con sentenza del 1° giugno 1995 (causa C-40/93), la Corte di Giustizia, pronunciandosi in relazione a tale intervento normativo, ha condannato l'Italia per violazione delle direttive n. 78/686 e 78/687 in relazione a tale differente facoltà di accesso alla professione di odontoiatra per soggetti che non disponevano della formazione richiesta dalle direttive medesime.
Con il successivo d.lgs. 13 ottobre 1998, n. 386 è stata, pertanto, abrogata la legge n. 471 del 1988 mantenendosi, tuttavia, la facoltà di iscrizione, previo superamento di una prova attitudinale teorico-pratica.
Il canale di accesso all'attività di odontoiatra per i laureati in medicina e chirurgia è stato nuovamente censurato dalla Corte di Giustizia con la sentenza del 29 novembre 2001, causa C-202/99. In tale arresto la Corte di Giustizia dichiarò che la Repubblica italiana, avendo previsto un secondo sistema di formazione per l'accesso alla professione di dentista non conforme alla direttiva 78/687/CEE, è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza della suddetta direttiva. La Corte di Giustizia ha, infatti, osservato che «la formazione prevista dall'art. 1, n. 2, della direttiva sul coordinamento è espressamente qualificata come «formazione odontoiatrica», il che presuppone che esista un corso specificamente adattato ai fini della formazione dei dentisti. Il diploma che si consegue mediante il secondo sistema di formazione previsto dalla legge n. 409/85 non è un diploma di dentista, ma un diploma di base in medicina abbinato a un altro, che attesta una specializzazione in odontoiatria. Tale successione di diplomi non corrisponde a quanto prescritto dalle direttive sul coordinamento e sul riconoscimento, che riguardano entrambe diplomi unici.»
A seguito di tale pronuncia, la legge comunitaria del 2002 (legge 3 febbraio 2003, n. 14) ha abrogato le disposizioni della legge n. 409 del 1985 che consentivano l'accesso alla professione di odontoiatra anche ai laureati in medicina e chirurgia (art. 13) nonché, per quanto rileva in questa Sede, l'art. 5 della legge n. 409 del 1985 e con esso l'istituto dell'annotazione.
Successivamente, con il d.lgs. 8 luglio 2003, n. 277 (Attuazione della direttiva 2001/19/CE che modifica le direttive del Consiglio relative al sistema generale di riconoscimento delle qualifiche professionali e le direttive del Consiglio concernenti le professioni di infermiere professionale, dentista, veterinario, ostetrica, architetto, farmacista e medico) è stata modificata la disciplina transitoria prevista dall'art. 20 della legge n. 409 del 1985 consentendosi l'iscrizione all'albo degli odontoiatri, anche in deroga al divieto di doppia iscrizione previsto all'articolo 4, terzo comma, alle seguenti categorie:
a) i laureati in medicina e chirurgia abilitati all'esercizio professionale che hanno iniziato la loro formazione universitaria in medicina anteriormente al 28 gennaio 1980;
b) i laureati in medicina e chirurgia abilitati all'esercizio professionale che hanno iniziato la loro formazione universitaria in medicina dopo il 28 gennaio 1980 ed entro il 31 dicembre 1984 e che hanno superato la prova attitudinale di cui al decreto legislativo 13 ottobre 1998, n. 386, o sono in possesso dei diplomi di specializzazione indicati all'articolo 19, comma 3.
A tali due categorie è stata aggiunta una terza categoria dalla legge comunitaria del 2006 (legge 6 febbraio 2007, n. 13), inserita alla lettera b-bis dell'art. 20, ovvero medici che hanno iniziato la loro formazione universitaria in medicina dopo il 31 dicembre 1984 e che sono in possesso di un diploma di specializzazione triennale in campo odontoiatrico il cui corso di studi ha avuto inizio entro il 31 dicembre 1994.
2.1 Con parere n. 2995 del 2004 il Consiglio di Stato ha chiarito che a seguito delle citate modifiche normative, i soggetti di cui all'art. 20, «se intendono esercitare l'attività di odontoiatri e conservare lo status di medici, devono essere iscritti ai due albi professionali, come consentito dall'art. 20 della legge» e che, pertanto, «non è più possibile l'esercizio dell'attività professionale di odontoiatra con l'iscrizione all'albo dei medici chirurghi» essendo, a tal fine, obbligatoria, a seguito delle modifiche introdotte dalla legge n. 13 del 2003 e dal d.lgs. n. 277 del 2003 alla legge n. 409 del 1985, l'iscrizione nell'albo degli odontoiatri.»
A conferma di tale conclusione, il Consiglio di Stato ha considerato che l'art. 13 della legge n. 14 del 2003, nell'abrogare l'art. 5 della legge n. 409 del 1985, non ha previsto alcuna disciplina transitoria per consentire la prosecuzione dell'esercizio dell'attività di odontoiatra per coloro che erano già iscritti nell'albo dei medici con il regime dell'annotazione; pertanto, in risposta all'obiezione di taluni ordini professionali in merito alla irretroattività della abrogazione dell'art. 5 e alla conseguente efficacia delle pregresse annotazioni, ha affermato che l'abrogazione di tale norma ha determinato la cessazione di efficacia delle annotazioni effettuate in precedenza presso l'albo dei medici, con la conseguente impossibilità di continuare ad esercitare, dopo l'entrata in vigore della predetta legge n. 14 del 2003, la professione di odontoiatra sulla base della sola iscrizione all'albo dei medici chirurghi e l'annotazione della specializzazione.
Sulla base di tali chiare e condivisibili argomentazioni del Consiglio di Stato deve, dunque, affermarsi che, a seguito dell'abrogazione dell'art. 5 della legge n.
409 del 1985, la prosecuzione dello svolgimento dell'attività di odontoiatra da parte di un soggetto che, laureato in medicina e chirurgia e specializzato in odontoiatria, abbia omesso di iscriversi nell'albo degli odontoiatri, rimanendo iscritto nel solo albo dei medici, integra il reato di cui all'art. 348 cod. pen.
2.2. Esclusa, dunque, la liceità dell'esercizio della professione di odontoiatra
da parte del M., coglie, inoltre, nel segno la censura formulata da entrambi i ricorrenti in merito alla violazione di legge in cui è incorsa la sentenza impugnata nell'escludere la offensività di tale condotta.
L'iscrizione nell'albo professionale rappresenta, infatti, unitamente al conseguimento della laurea e della relativa abilitazione, una condizione imprescindibile per l'esercizio della professione.
Lo "status" professionale, pertanto, non si acquista con il possesso dei requisiti necessari per l'iscrizione, né con la domanda o con l'accertamento giudiziale del diritto ad ottenerla, ma solo e soltanto con l'effettuazione dell'iscrizione stessa che, in tal senso, è costitutiva della nuova situazione giuridica (cfr. Cass. Civ., Sez. L, n. 9232 del 20/04/2006, Rv. 589255).
A tal fine, con riferimento agli odontoiatri, è giuridicamente erronea la considerazione svolta dal Tribunale in merito al fatto che, essendo il relativo albo tenuto dal medesimo Ordine dei medici e chirurghi che sovrintende anche alla tenuta dell'albo dei medici, la condotta dell'imputato non avrebbe cagionato alcuna offesa al bene giuridico tutelato dal reato di cui all'art. 348 cod. pen. essendosi, comunque, il M. sottoposto alla vigilanza dell'Ordine in merito al rispetto del comune codice deontologico.
Tale impostazione teorica, oltre a negare sostanzialmente ogni effettiva rilevanza alla introduzione dei due separati albi professionali, appare affetta da un vizio di fondo conseguente ad una visione riduttiva delle competenze dell'Ordine dei medici, di fatto circoscritta al rispetto del comune codice deontologico.
Va, infatti, considerato che tali competenze non attengono solo alla vigilanza in ordine al rispetto delle norme del codice deontologico (comune per medici e dentisti), ma anche, tra l'altro, alla certificazione del possesso e del mantenimento delle specifiche condizioni tecnico-giuridiche per l'esercizio della professione.
Come osservato in dottrina, l'obbligatoria iscrizione ad appositi albi e l'appartenenza necessaria ad ordini o collegi assolvono, dunque, ad una duplice funzione che è, da una parte, quella di assoggettare il professionista alle regole deontologiche, al controllo e al potere disciplinare dell'ordine, e dall'altra, quella di rendere pubblico il derivato status, di tutelare l'interesse generale al corretto esercizio della professione e l'affidamento della collettività.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, la ratio dell'art. 348 cod. pen. risiede, infatti, nella necessità di tutelare l'interesse generale a che determinate professioni, richiedenti particolari requisiti di probità e competenza tecnica, vengano esercitate soltanto da chi, avendo conseguito una specifica abilitazione amministrativa, risulti in possesso delle qualità morali e culturali richieste dalla legge con la conseguenza che l'eventuale consenso del privato destinatario della professione non può avere un valore scriminante (Sez. U., n. 11545 del 15/12/2011, Cani; nello stesso senso, si veda, da ultimo, Sez. 5, n. 32987 del 14/03/2017, Leto, Rv. 270470). L'art. 348 cod. pen. costituisce, dunque, una norma penale in bianco, in quanto presuppone l'esistenza di altre norme volte a determinare le professioni per le quali è richiesta la speciale abilitazione dello Stato e l'iscrizione in un apposito albo, con la conseguenza che, saldandosi dette norme con la previsione penale, resta esclusa alcuna violazione dei principi di determinatezza e tassatività della fattispecie (tra le tante, Sez. 2, n. 16566 del 07/03/2017, Rv. 269580).
Come affermato da Sez. U., n. 11545 del 15/12/2011, Cani, dalla ricognizione delle normative che prevedono e regolano le professioni soggette a speciale abilitazione dello Stato emerge, in via generale, che il conseguimento di tale titolo, da un lato, presuppone il possesso di altri pregressi titoli e, dall'altro, costituisce a sua volta il presupposto (principale ma non esclusivo) per la iscrizione in appositi albi (relativi ai laureati) o elenchi (diplomati), tenuti dai rispettivi ordini e collegi professionali (enti pubblici di autogoverno delle rispettive categorie, a carattere associativo e ad appartenenza necessaria): iscrizione che è configurata essa stessa come condizione per l'esercizio della professione. E' stata, pertanto, ravvisata la configurabilità del reato in caso di esercizio dell'attività in mancanza dei provvedimenti abilitativi perché mai conseguiti (Sez. 6, n. 3785 del 18/11/1994, dep. 1995, Melis, Rv. 201810), di inadempiuta iscrizione all'albo professionale (Sez. 5, n. 646 del 06/11/2013, Tuccio, dep. 2014, Rv. 257954), ovvero di svolgimento a seguito di provvedimento disciplinari di sospensione (Sez. 6, n. 46963 del 03/11/2021, Federici, Rv. 282449.
Tornando al caso di specie, è, dunque, irrilevante, al fine di escludere l'offensività della condotta, che il medesimo Ordine si occupi della tenuta dei separati albi professionali, potendosi, comunque, ravvisare una lesione dell'interesse della collettività dinanzi all'esercizio dell'attività di odontoiatra da parte di un soggetto non iscritto allo specifico albo e, dunque, in assenza del controllo in merito alla sussistenza e permanenza delle relative competenze tecniche, necessariamente diverse da quelle concernenti l'esercizio dell'attività medica, che solo tale iscrizione poteva garantire.
3. Alla luce delle considerazioni sopra esposte, la sentenza impugnata va annullata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Torino.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio alla Corte di appello di Torino.