Con la pronuncia in commento, la Suprema Corte risponde al quesito.
Svolgimento del processo
1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Trento ha confermato la condanna di D. E. alla pena ritenuta di giustizia per il reato di cui all'art. 388, comma secondo, cod. pen..
Secondo la concorde ricostruzione delle sentenze di merito, l'imputata ha impedito all'ex coniuge Z. S. di incontrare la figlia minore A. eludendo, così, l'esecuzione della sentenza di divorzio emessa dal Tribunale di Famiglia del Regno del Marocco il 5 novembre 2009, che riconosceva a Z. S. il diritto di visita della figlia minore og11i domenica dalle ore 9 alle ore 18.
2. Propone ricorso per cassazione il difensore di fiducia di D. E., avv. F. Z., deducendo tre motivi, di seguito riassunti nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
2.1 Con il primo motivo deduce la violazione dell'art. 67' della legge n. 218 · del 1995 e la mancanza di motivazione in merito alla sussistenza delle condizioni per l'efficacia in Italia della sentenza straniera. L'art. 67 prevede, infatti, che in caso di violazione di una sentenza straniera, chi ne invoca l'applicazione deve farsi carico di attivare un procedimento per l'accertamento della sussistenza dei requisiti per il suo riconoscimento, procedimento che nel caso in esame non risulta promosso dalla parte civile. In ogni caso, quand'anche si ritenesse che il giudice nazionale può valutare incidentalmente la sussistenza dei requisiti previsti dall'art. 64 della legge 218 del 1995, la sentenza impugnata non contiene alcuna motivazione al riguardo.
2.2 Con il secondo motivo deduce la illogicità della motivazione nella parte in cui, aderendo all'orientamento che ritiene sufficiente il solo inadempimento ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 388, comma secondo, cod. pen., considera, comunque, i continui spostamenti dell'imputata sul territorio ed i rifiuti di contatti con l'ex coniuge quali atti fraudolenti o artificiosi. In ogni caso si deduce l'insussistenza nella fattispecie anche della mera inosservanza dell'obbligo, atteso che: non risulta che l'imputato, il quale per un certo periodo era stato anche in grado di contattare telefonicamente l'imputata, si sia mai presentato alle ore 9 della domenica al fine di esercitare il suo diritto di visita; l'imputata si è recata spontaneamente al consultorio per un percorso volto a favorire il riavvicinamento della figlia al padre; non sono state provate condotte di opposizione della donna, una volta interrotto il percorso di mediazione, all'esercizio del diritto di visita.
2.3 Con il terzo motivo deduce i vizi di violazione di legge e di mancanza della motivazione in merito all'elemento psicologico del reato, essendo stata completamente ignorata la nota del Distretto 3 Pianura Veronese Ulss in cui gli operatori attestavano la disponibilità dell'imputata al percorso volto a favorire l'avvicinamento del padre alla figlia.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è inammissibile in quanto fondato su motivi generici e manifestamente infondati, nonché, in parte, versati in fatto.
2. Il primo motivo di ricorso consiste in una mera reiterazione della medesima questione posta con l'atto di appello.
Rileva il Collegio che la sentenza impugnata, senza incorrere in alcuna violazione di legge e con argomentazioni immuni da vizi, con le quali l'odierna ricorrente omette ogni confronto, richiamando l'art. 64 della legge 31 maggio 1995, n. 218, ha escluso la necessità dell'attivazione di uno specifico procedimento per il riconoscimento della sentenza di divorzio pronunciata all'estero, ritenendo sufficiente una delibazione incidentale, adeguatamente espletata dalla Corte territoriale, in merito alla sussistenza delle condizioni indicate dalla norma citata. L'art. 64 della legge n. 218 del 1995 (Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato) prevede espressamente che la sentenza straniera è riconosciuta in Italia, senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento, quando:
a) il giudice che l'ha pronunciata poteva conoscere della causa secondo i princìpi sulla competenza giurisdizionale propri dell'ordinamento italiano;
b) l'atto introduttivo del giudizio è stato portato a conoscenza del convenuto in conformità a quanto previsto dalla legge del luogo dove si è svolto il processo e non sono stati violati i diritti essenziali della difesa;
c) le parti si sono costituite in giudizio secondo la legge del luogo dove si è svolto il processo o la contumacia è stata dichiarata in conformità a tale legge;
d) essa è passata in giudicato secondo la legge del luogo in cui è stata pronunziata;
e) essa non è contraria ad altra sentenza pronunziata da un giudice italiano passata in giudicato;
f) non pende un processo davanti a un giudice italiano per il medesimo oggetto e fra le stesse parti, che abbia avuto inizio prima del processo straniero;
g) le sue disposizioni non producono effetti contrari all'ordine pubblico.
Ebbene, la sentenza impugnata ha dato atto della sussistenza di tali presupposti, anche con riferimento al rispetto del contraddittorio tra le parti, ponendo, altresì, l'accento sulla stessa ambivalenza della condotta dell'imputata che, pur censurando l'immediata efficacia della sentenza, ne ha invocato il rispetto allorché ha lamentato il mancato versamento dell'assegno per il mantenimento della figlia.
Va, inoltre, aggiunto che, contrariamente a quanto assume il ricorrente, l'attivazione di una procedura per il riconoscimento della sentenza, ai sensi dell'art. 67 della legge n. 218 del 1995, è, invece, necessaria nella diversa ipotesi in cui ricorra almeno uno dei presupposti di cui al comma 1 di tale norma, e cioè la mancata ottemperanza alla sentenza straniera, la contestazione del suo riconoscimento o la necessità di procedere ad esecuzione forzata. In particolare, le Sezioni Unite civili di questa Corte con la sentenza n. 27338 del 18/11/2008, Rv. 605681, hanno chiarito che uno degli aspetti più innovativi della riforma del sistema di diritto internazionale privato di cui alla legge 21'ì del 1985 attiene alla reintroduzione del principio del riconoscimento automatico., in presenza della condizioni di cui all'art. 64, delle sentenze straniere passate in giudicato, nel loro effetto di cosa giudicata, sostanziale e formale o processuale, sia tra le parti sia nei confronti dei giudici italiani, sotto l'aspetto positivo dell'obbligo di attenersi ad esse e sotto l'aspetto negativo dell'impedimento del formarsi di un giudicato italiano sulla stessa lite. Pertanto, solo per far valere gli effetti esecutivi del giudicato o per superare le contestazioni degli altri effetti o la mancata ottemperanza - proseguono ancora le Sezioni Unite - è previsto un procedimento giudiziario di accertamento delle condizioni che consentono il riconoscimento automatico ai sensi dell'art. 67 legge n. 2HI del 1995.
3. Anche il secondo motivo non supera il vaglio preliminare di ammissibilità La ricorrente richiama a sostegno della dedotta illogicità della motivazione una recente pronuncia di questa Sezione che, discostandosi dall'orientamento maggioritario, ha ritenuto che il mero inadempimento non integra il reato di cui art.388, comma secondo, cod.pen., occorrendo che il genitore affidatario si sottragga, con atti fraudolenti o simulati, all'obbligo di consentire le visite del genitore non affidatario, ostacolandole attraverso comportamenti implicanti un inadempimento in mala fede e non riconducibile ad una mera inosservanza dell'obbligo (Sez. 6, n. 12976 del 19/02/2020, Rv. 278756).
Rileva il Collegio che la sentenza impugnata, pur aderendo all'altro orientamento ermeneutico che ritiene sufficiente il mero rifiuto di ottemperare al provvedimento (Sez. 6, n. 12391 del 18/03/2016, Rv. 266675; Sez. 6, n. 27995 del 05/03/2009, Rv. 244521), ha, tuttavia, valutato gli ulteriori comportamenti della ricorrente la quale, oltre a non ottemperare al provvedimento giudiziale, si è continuamente spostata sul territorio e si è sottratta ai contatti con l'ex coniuge, frustrando, così, le finalità del provvedimento civile. Il motivo dedotto si limita ad insistere sul principio affermato dall'opposto orientamento, ma omette ogni confronto critico con tali rilievi in merito alla condotta della ricorrente.
4. Il terzo motivo è inammissibile, in parte, per aspecificità e, in parte, in quanto versato in fatto e volto a sollecitare una diversa lettura del compendio probatorio agli atti, incompatibile con il perimetro del giudizio di legittimità.
La sentenza impugnata, con motivazione adeguata ed immune da vizi logici e giuridici, ha ravvisato l'elemento psicologico del reato escludendo la sussistenza di ragioni, peraltro non indicate neanche dalla ricorrente, che avessero reso necessaria l'inottemperanza del provvedimento giudiziale nel preminente interesse della figlia minore. La tenuta di tali considerazioni, con le quali la ricorrente omette ogni confronto critico, non può, inoltre, considerarsi compromessa dalla dedotta omessa valutazione della nota del distretto 3 Pianura Veronese Ulss in merito al percorso di mediazione. Rileva, a tal fine, il Collegio che la ricorrente non illustra compiutamente il contenuto di tale nota né le ragioni della sua decisività né,· tantomeno, l'idoneità del documento, ove valutato, a disarticolare il tessuto argomentativo della sentenza impugnata.
Va, al riguardo, ribadito che il ricorso per cassazione con cui si lamenta il vizio di motivazione per travisamento della prova, non può limitarsi, pena l'inammissibilità, ad addurre l'esistenza di atti processuali non esplicitamente presi in considerazione nella motivazione del provvedimento impugnato ovvero non correttamente od adeguatamente interpretati dal giudicante, quando non abbiano carattere di decisività, ma deve, invece: a) identificare l'atto processuale cui fa riferimento; b) individuare l'elemento fattuale o il dato probatorio che da tale atto emerge e che risulta incompatibile con la ricostruzione svolta nella sentenza; c) dare la prova della verità dell'elemento fattuale o del dato probatorio invocato, nonché della effettiva esistenza dell'atto processuale su cui tali: prova si fonda; d) indicare le ragioni per cui l'atto inficia e compromette, in modo decisivo, la tenuta logica e l'intera coerenza della motivazione, introducendo profili di radicale incompatibilità all'interno dell'impianto argomentativo Gel provvedimento impugnato (Sez. 6, n. 10795 del 16/02/2021, Rv. 281085).
5. All'inammissibilità del ricorso segue la condanna della ricorrente, oltre che al pagamento delle spese processuali, anche al pagamento della somma di euro tremila da versare in favore della cassa delle ammende, non potendosi ritenere che la stessa abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186 del 2000). La ricorrente va, inoltre, condannata alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Sato, nella misura che sarà liquidata dalla Corte di appello di Trento con separato decreto di pagamento ai sensi degli artt. 82 e 83 d.P.R. 115/2002, disponendo il pagamento in favore dello Stato. Invero, come affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, in tema di liquidazione, nel giudizio di legittimità, delle spese sostenute dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato, compete alla Corte di cassazione, ai sensi degli artt. S41cod. proc. pen. e 110 del d.P.R.
30 maggio 2002, n. 115, pronunciare condanna generica dell'imputato al pagamento di tali spese in favore dell'Erario, mentre è rimessa al giudice del rinvio, o a quello che ha pronunciato la sentenza passata in giudicato, la liquidazione delle stesse mediante l'emissione del decreto di pagamento ai sensi degli artt. 82 e 83 del citato d.P.R. (Sez. U, n. 5464 del 26/09/2019, dep. 2020, De Falco, Rv. 277760).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Condanna, inoltre, l'imputata alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Sato, nella misura che sarà liquidata dalla Corte di appello di Trento con separato decreto di pagamento ai sensi degli artt. 82 e 83 d.P.R. 115/2002, disponendo il pagamento in favore dello Stato.