Qualsiasi beneficio negoziale o legale di cui goda l'accollato nei confronti del creditore non si trasferisce all'accollante, perché esso costituisce un “accessorio” dell'obbligazione.
La controversia trae origine dalla richiesta degli attuali ricorrenti, eredi dell'accollante, di condannare l'assicurazione a pagare alla banca, contrattualmente designata quale beneficiario, l'indennizzo previsto dal contratto di assicurazione sulla vita a cui avevano aderito gli accollati. Quest'ultimi, debitori originari, avevano stipulato un'assicurazione...
Svolgimento del processo
1. Nel 2015 G., G. e P.M. ricorsero ex art. 702 bis c.p.c. al Tribunale di Sassari deducendo che:
-) il 15.6.2010 la società U.B.I. - U. s.p.a. concesse un mutuo fondiario ai coniugi V.M. e C.M., finalizzato all'acquisto un immobile sito ad (omissis);
-) i due mutuatari in occasione dell'erogazione del mutuo avevano "obbligatoriamente aderito" ad una assicurazione sulla vita proposta loro dall'istituto di credito, stipulata con la società L.V. s.p.a., pagando il relativo premio;
-) il contratto prevedeva che, in caso di morte di uno dei mutuatari, l'assicuratore avrebbe versato alla banca mutuante un indennizzo pari all'importo residuo del mutuo;
-) un mese dopo la stipula del mutuo (20.7.2010), i due mutuatari vendettero l'immobile acquistato grazie al suddetto mutuo a M.P., la quale si era accollata il debito restitutorio, col consenso della banca;
-) per effetto dell'accollo del mutuo, anche l'assicurazione sulla vita di stipulata dai mutuatari doveva ritenersi "trasferita" all'accollante;
-) M.P. era deceduta il 3 marzo 2015, lasciando quali eredi essi attori;
-) la società L.V., richiesta del pagamento dell'indennizzo, lo aveva rifiutato.
Chiesero pertanto che la L.V. fosse condannata a pagare alla banca, contrattualmente designata quale beneficiario, l'indennizzo contrattualmente previsto o, in subordine, fosse condannata la banca mutuante al risarcimento del danno, in solido con l'assicuratore, "per non avere consentito alla Signora P.M., ed agli odierni attori, di poter usufruire e godere di una polizza assicurativa caso morte".
2. La U. Banca si costituì eccependo sia il proprio difetto di legittimazione passiva; sia che i coniugi mutuatari dopo la vendita dell'immobile e l'accollo del mutuo da parte dell'acquirente avevano richiesto l'estinzione della polizza.
3. La L.V. si costituì eccependo che M.P. non aveva mai stipulato alcun contratto di assicurazione, del quale comunque mancava la prova scritta richiesta ad probationem dall'articolo 1888 c.c.; che l'accollo del mutuo "non aveva avuto alcun effetto sul contratto assicurativo"; che comunque dopo l'accollo del mutuo aveva rimborsato agli originari mutuatari la parte di premio corrispondente al periodo di copertura non goduta, così estinguendo il contratto.
4. Con ordinanza 28 aprile 2017 il Tribunale di Sassari accolse la domanda, ritenendo che l'accollo del mutuo da parte di M.P., cui la banca aveva aderito, avesse comportato ipso facto anche la cessione del contratto di assicurazione.
Ritenne, inoltre, non dimostrata la circostanza che i due originari mutuanti avessero chiesto ed ottenuto l'annullamento della polizza.
Condannò di conseguenza la L.V. a pagare alla U. Banca l'importo pari alla parte di mutuo non ancora rimborsata, ovvero euro 112.324,39.
La sentenza venne appellata dalla L.V..
5. Con sentenza 25 novembre 2019 n. 536 la Corte d'appello di Cagliari, sezione di Sassari, accolse il gravame e rigettò la domanda.
La Corte d'appello ritenne che:
-) l'accollo di un mutuo non comporta ipso facto il trasferimento del contratto di assicurazione stipulato, contestualmente all'erogazione del mutuo, sulla vita del mutuatario;
-) la banca, aderendo all'accollo, non aveva liberato i debitori originari, con la conseguenza che la polizza da questi ultimi stipulata non poteva trasferirsi all'accollante;
-) infine, l'esistenza di un contratto di assicurazione tra la L.V. e M.P. doveva essere provata per iscritto, e tale prova era mancata; per contro, vi era la prova documentale che gli originari debitori avevano chiesto alla compagnia l'estinzione della polizza, e che la compagnia aveva aderito alla richiesta restituendo loro la frazione di premio non goduto.
6. La sentenza d'appello è stata impugnata per cassazione da P., G. e G.M., con ricorso fondato su sei motivi.
Hanno resistito con separati controricorsi la L.V. e la U.B.I..
Motivi della decisione
1. Il primo motivo di ricorso.
Col primo motivo i ricorrenti lamentano, ai sensi dell'articolo 360, n. 3, c.p.c., la violazione degli articoli 1273, 1362 e 1363 c.c..
Il motivo investe la sentenza d'appello nella parte in cui ha ritenuto che né l'accollo del mutuo da parte del terzo acquirente dell'immobile, né l'adesione della banca all'accollo, produssero l'effetto del "trasferimento" della polizza. Deducono in contrario i ricorrenti che per effetto dell'accollo d'un mutuo fondiario "sia l'obbligazione restitutoria che tutti gli accessori ad essa sono trasferit[i] in capo all'accollante, il quale diviene obbligato principale", e che tra gli "accessori" debbano farsi rientrare anche le assicurazioni sulla vita del mutuatario.
1.1. Il motivo è infondato per plurime ragioni.
In primo luogo, per effetto dell'accollo l'accollante assume il debito dell'accollato, non ne acquista eventuali diritti: né verso l'accollatario, né verso terzi.
In secondo luogo, con l'accollo si trasferisce l'obbligazione, non il contratto da cui essa è sorta. Se dunque il contratto da cui sorse l'obbligazione era collegato ad altri negozi, di questi ultimi resta parte l'accollato, e non ne diviene parte l'accollante.
In terzo luogo, qualsiasi beneficio legale o negoziale di cui goda l'accollato nei confronti del creditore non si trasferisce all'accollante, perché esso non costituisce un "accessorio" dell'obbligazione (così già Sez. U, Sentenza n. 2417 del 16/06/1975, Rv. 376292 - 01; Sez. 1, Sentenza n. 3270 del 13/10/1975, Rv. 377383 - 01).
In quarto luogo, quel che più rileva, sono 1li stessi ricorrenti a riferire che la banca mutuante, aderendo all'accollo, dichiarò espressamente di non liberare i debitori originari, ai sensi del terzo comma dell'articolo 1273 c.c..
Ora, nel caso in cui il creditore non liberi l'accollato, questi rimane obbligato in solido con l'accollante. E poiché tra accollante ed accollato non esiste alcun beneficio d'escussione, la banca mutuante restava libera di rivolgersi all'uno od all'altro nel caso di inadempimento dell'obbligazione restitutoria.
Pertanto, anche a voler trascurare gli insormontabili principi di diritto in precedenza elencati, resterebbe il fatto che l'assicurazione stipulata sulla vita degli accollati non mutava di causa né di scopo per effetto dell'accollo, dal momento che essi, rimanendo obbligati nei confronti della banca, avevano interesse a conservare la suddetta g21ranzia, né il rischio del loro inadempimento veniva meno.
2. Il secondo motivo di ricorso.
Col secondo motivo i ricorrenti lamentano, ai sensi dell'articolo 360, n. 3, c.p.c., la violazione dell'articolo 1891 c.c..
Nella illustrazione del motivo i ricorrenti sostengono una tesi giuridica che può così riassumersi:
-) la corte d'appello ha ritenuto che nel caso di specie non era mai avvenuta una cessione del contratto di assicurazione, da parte dell'accollato ed in favore dell'accollante;
-) questa affermazione è erronea, perché nel caso di specie non venivano in rilievo le norme sulla cessione dei contratti;
-) la banca mutuante, infatti, aveva stipulato con la società assicuratrice L.V. un contratto di assicurazione per conto altrui, ai sensi dell'articolo 1891 c.p.c.;
-) per effetto di tale contratto, il mutuatario assunse la veste di "assicurato";
-) la qualità di "assicurato" dipendeva dunque dalla qualità di mutuatario, con la conseguenza che questi era "ben sostituibile con altro soggetto".
I ricorrenti, in sostanza, intendono sostenere che il contratto di assicurazione stipulato il 15.6.2010 sulla vita di V.M. e C.M. dovesse interpretarsi nel senso che qualunque successivo accollante del mutuo sarebbe divenuto ipso iure "portatore di rischio", e cioè la persona dalla cui morte dipendeva il pagamento dell'indennizzo assicurativo.
2.2. La suddetta deduzione tuttavia è, in primo luogo, inammissibile nella presente sede, perché con essa si sostiene che il giudice di merito avrebbe male interpretato il contratto.
Ma l'interpretazione del contratto adottata dal giudice di merito è sindacabile in sede di legittimità soltanto quando si assuma che siano state violate le regole legali di ermeneutica di cui agli artt. 1362 e ss. c.c..: e tale violazione non può dirsi sussistente sol perché il testo contrattuale consentiva in teoria altre e diverse interpretazioni, rispetto a quella fatta propria dalla sentenza impugnata; né l'interpretazione del contratto prescelta dal giudice di merito può condurre alla cassazione della sentenza impugnata quando sia grammaticalmente, sistematicamente o logicamente scorretta, ma non quando costituisca una non implausibile interpretazione, preferita tra altre non implausibili interpretazioni (ex multis, in tal senso, Sez.. 3 - , Sentenza n. 28319 del 28/11/2017, Rv. 646649 - 01; Sez. 1 - , Ordinanza n. 27136 del 15/11/2017; Sez. 1, Sentenza n. 6125 del 17/03/2014; Sez. 3, Sentenza n. 16254 del 25/09/2012; Sez. 3, Sentenza n. 24539 del 20/11/2009, Rv. 610944 - 01; Sez. 1, Sentenza n. 10131 del 02/05/2006, Rv. 589465 - 01).
2.3. In ogni caso il motivo sarebbe stato infondato nel merito (se del merito si fosse potuto discorrere), per plurime ragioni.
2.3.1. In primo luogo, come puntualmente osserv21to dalla società controricorrente, il contratto di assicurazione prevedeva espressamente (art. 8, primo comma, quarto alinea, delle condizioni generali) che "la garanzia cessa in caso di trasferimento del mutuo".
Tale effetto poteva essere evitato, e quindi il contratto di assicurazione mantenuto in vita, soltanto nel caso in cui ''l'assicurato" (e dunque, nel caso di specie, gli originari mutuatari accollati V.M. e C.M.) avessero "richiesto di fornire la copertura assicurativa a favore del nuovo beneficiario designato".
E poiché nel caso di specie la suddetta richiesta pacificamente mancò, il contratto di assicurazione si era estinto per effetto della suddetta espressa previsione contrattuale.
2.3.2. In secondo luogo, non può essere condivisa la tesi secondo cui nell'assicurazione sulla vita la persona del portatore di rischio possa mutare quomodolibet, in assenza d'una espressa previsione in tal senso. Nell'assicurazione sulla vita, infatti, l'indennizzo dipende dall'età del portatore di rischio (c.d. rischio demografico), sicché la sostituzione della persona di questi incide necessariamente sul rischio e, di conseguenza, sul premio. Per l'assicuratore sulla vita non è dunque indifferente stipulare una polizza sulla vita d'un ventenne piuttosto che d'un ottuagenario, perché mutando l'aspettativa di vita, muta con essa il rischio assicurato.
2.3.3. In terzo luogo, infine, la tesi propugnata dai ricorrenti non è coerente con la ratio dell'art. 1891 c.c..
Tale norma disciplina due differenti fattispecie: l'assicurazione per conto altrui, e l'assicurazione per conto di chi spetta.
L'assicurazione per conto altrui ha una funzione gestoria, in quanto consente al contraente di curare l'interesse dell'assicurato senza necessità che gli sia conferito un mandato od un potere rappresentativo.
L'assicurazione per conto di chi spetta ha invece una funzione circolatoria, perché consente il trasferimento della qualità di beneficiario senza ricorrere alle formalità richieste per la cessione del contratto.
Nel caso di specie i ricorrenti hanno inteso sostenere che chiunque avesse acquistato la qualità di "mutuatario", avrebbe per ciò solo acquistato anche la qualità sia di "portatore di rischio", sia di "beneficiario" del diritto all'indennizzo.
Hanno invocato, dunque, una funzione circolatoria del contratto di assicurazione, che nella loro prospettiva sarebbe duplice: per effetto dell'accollo, infatti, secondo la prospettazione dei ricorrenti sarebbe mutata sia la persona del beneficiario dell'indennizzo (per tale dovendosi intendere anche gli eredi del mutuatario, che beneficiano dell'estinzione del debito rimasto insoluto al momento della morte dell'accollante), sia la persona del portatore di rischio.
Deve tuttavia in contrario osservarsi che - salvo diverse ed espresse pattuizioni negoziali, nella specie mancanti - l'art. 1891 c.c. consente la circolazione della qualità di creditore dell'indennizzo, non la persona del portatore di rischio.
Se infatti in un contratto di assicurazione sulla vita mutasse il portatore di rischio non circola il credito indennitario (il beneficiario, infatti, potrebbe teoricamente restare invariato), ma muta il rischio dedotto ad oggetto del contratto.
Se le parti concordano un mutamento del beneficiario tale accordo può costituire una cessione (del contratto o del credito); se invece concordano un mutamento del rischio assicurato tale accordo costituisce una novazione, non una cessione, del contratto.
L'assicurazione per conto di chi spetta può tener luogo della cessione, non della novazione: pertanto, salvo diverse ed espresse pattuizioni negoziali, nella specie come s'è detto insussistenti, nell'assicurazione sulla vita la persona del portatore di rischio non può mutare automaticamente per il solo fatto dell'acquisto o della perdita d'una determinata qualità soggettiva, come quella di debitore del mutante.
3. Il terzo motivo di ricorso.
Col terzo motivo i ricorrenti lamentano la nullità del la sentenza "per motivazione perplessa e contraddittoria".
Il motivo è inammissibile perché la mancanza di motivazione può rendere nulla la sentenza in merito agli accertamenti di fatto, non per le affermazioni di diritto: e nel caso di specie l'appello è stato rigettato per un motivo di diritto, ovvero l'inidoneità dell'accollo a far acquisire all'accollante la qualità di beneficiario della polizza sulla vita stipulata a favore dell'accollato.
3.1. Ad abundantiam, osserva il Collegio che il motivo sarebbe comunque infondato, dal momento che la nullità della sentenza ai sensi dell'art. 132
c.p.c. può ricorrere solo in due casi: o quando la motivazione manchi del tutto, "sinanche come segno grafico", oppure quando sia totalmente incomprensibile (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830): ipotesi non ricorrenti nel caso di specie.
4. Il quarto motivo di ricorso.
Col quarto motivo i ricorrenti prospettano il vizio di omesso esame d'un fatto decisivo.
Sostengono che il "fatto decisivo" non esaminato dalla Corte d'appello è rappresentato da talune clausole ed avvertenze, contenute nel contratto di mutuo ed in quello di assicurazione, dalle quali si sarebbe dovuta trarre la conclusione che l'accollante del mutuo sarebbe divenuto, per effetto dell'accollo, ipso iure beneficiario della polizza.
4.1. Il motivo è inammissibile, in quanto lungi dal censurai-e l'omesso esame d'un fatto, nella realtà censura l'interpretazione del contratto, che come si è detto non è stata affatto omessa dalla Corte d'appello.
5. I primi quattro motivi di ricorso vanno dunque rigettati alla luce del seguente principio di diritto:
"L'accollo di un mutuo fondiario non comporta ipso iure la cessione all'accollante del contratto di assicurazione sulla vita del mutuatario, stipulato da/l'accollato al momento della conclusione del mutuo".
6. Il quinto motivo di ricorso.
Col quinto motivo i ricorrenti lamentano il vizio di violazione di legge e di nullità della sentenza.
Tale motivo impugna la sentenza d'appello nella parte in cui ha ritenuto dimostrata, da parte della società assicuratrice, l'avvenuta estinzione del contratto di assicurazione da parte dei primi mutuatari, con la restituzione del premio.
I ricorrenti deducono che la Corte d'appello ha fondato tale decisione su un documento formato unilateralmente dalla società assicuratrice, tardivamente prodotto, che comunque dimostrava la restituzione del premio ad uno soltanto degli originari mutuatari. Da ciò i ricorrenti traggono la conclusione che, essendo stato restituito il premio di uno soltanto dei mutuatari, da ciò si sarebbe dovuta trarre la conclusione che il contratto di assicurazione restava in vigore con riferimento alla persona di un solo assicurato, e cioè l'accollante.
6.1. Il motivo resta assorbito dal rigetto dei motivi che precedono. Ed infatti, una volta escluso che il mutamento della persona del "portatore di rischio" potesse essere un effetto automatico dell'accollo del mutuo, diventa irrilevante stabilire quale sia stata la sorte dei contratti stipulati dagli originari mutuatari.
Il motivo in ogni caso - lo si rileva ad abundantiam - sarebbe comunque infondato.
I ricorrenti infatti dichiarano che il documento in questione venne prodotto dalla L.V. all'udienza fissata per la discussione, e dunque tardivamente. Tuttavia va in contrario osservato che: a) il rito sommario di cui all'articolo 702 bis c.p.c. non prevede preclusioni istruttorie;
b) sono gli stessi ricorrenti a riferire che le due lettere che si assumono tardivamente prodotte dalla società assicuratrice recavano una data successiva alla scadenza del termine per le note difensive conclusive, sicché era facoltà del tribunale ammettere la produzione dei suddetti documenti ai sensi dell'articolo 153 c.p.c.;
c) infine, quel che più rileva, la Corte d'appello ha basato l'accertamento dell'avvenuta estinzione del contratto di assicurazione non solo sui documenti che si assumono tardivamente prodotti, ma anche in base a due ulteriori documenti, ritenuti dimostrativi dell'avvenuto rimborso del premio residuo avvenuto in due tranche, 18 marzo 2011 e il 14 luglio 2011.
7. Le spese.
Le spese del presente giudizio di legittimità vanno a poste a carico dei ricorrenti, ai sensi dell'art. 385, comma 1, c.p.c., e sono liquidate nel dispositivo.
Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione, ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228).
P.Q.M.
la Corte di cassazione: (-) rigetta il ricorso;
(-) condannai ricorrenti alla rifusione in favore di L.V. s.p.a. delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di euro 7.200, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie ex art. 2, comma 2, d.m. 10.3.2014 n. 55;
(-) condanna i ricorrenti alla rifusione in favore di U. Banca s.p.a. delle spese del presente giudizio di legittimità, che sii liquidano nella somma di euro 7.200, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie ex art. 2, comma 2, d.m. 10.3.2014 n. 55;
(-) ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.