Nelle truffe commesse via internet non è possibile utilizzare, quale indicatore della continuazione tra reati, la preventiva individuazione delle persone offese poiché, essendo rivolte in incertam personam, verrebbe sempre esclusa la possibilità di riconoscere l'unicità del disegno criminoso.
Il GIP del Tribunale di Bergamo, in funzione di giudice dell'esecuzione, rigettava la richiesta dell'imputato di ottenere l'applicazione della disciplina di reato continuato in executivis in relazione ai reati di truffa online di cui a due sentenze esecutive pronunciate nei suoi confronti. L'ordinanza di rigetto viene...
Svolgimento del processo
1. Con l'ordinanza indicata in epigrafe il G.i.p. del Tribunale di Bergamo, in funzione di giudice dell'esecuzione, ha rigettato la richiesta presentata da G.R.B., diretta ad ottenere l'applicazione della disciplina del reato continuato in executivis in relazione alle fattispecie di cui a due sentenze esecutive pronunciate nei suoi confronti.
2. Avverso tale provvedimento B. propone ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore di fiducia, deducendo violazione dell'art. 81, comma 2, cod. pen., e vizio di motivazione.
Si duole del mancato riconoscimento da parte del Giudice dell'esecuzione della continuazione per l'impossibilità dell'individuazione nel caso di truffe on fine, come quelle di cui si chiede l'unificazione, prima della commissione dei reati, dell'identità delle persone offese, e per la difformità del messaggio ingannatorio. Osserva il difensore con riguardo al primo profilo che non si tratta di elemento valorizzabile ai fini dell'identità del disegno criminoso, che attiene all'ideazione e quindi alla persona del colpevole e non alla vittima. Quanto al secondo profilo, rileva, sempre il difensore, che dalla lettura dei due capi di imputazione la condotta truffaldina risulta di fatto identica, nonostante la diversa formulazione del contenuto dell'annuncio. Aggiunge che la distanza temporale di appena tre mesi tra i reati avrebbe dovuto indurre il Giudice dell'esecuzione al riconoscimento del vincolo della continuazione.
Insiste, alla luce di tali censure, per l'annullamento del provvedimento impugnato.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è fondato nei limiti di seguito specificati.
1.1 Il riconoscimento della continuazione, necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l'omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, Gargiulo, Rv. 270074).
Ai fini di detto riconoscimento, l'utilizzo di un sito Internet per commettere reiteratamente e con identiche modalità operative plurime condotte delittuose, anche di egual natura, non è di per sé sintomatico del necessario requisito dell'unitaria predeterminazione criminosa, in quanto la rete rappresenta una piattaforma comunicativo-relazionale neutra e la perpetrazione per il suo tramite di una serie di reati costituisce mero indice dello sfruttamento reiterato e specializzato della relativa tecnologia (Sez. 2, n. 287 del 23/09/2021 dep. 2022, Carretta, Rv. 282512).
Tuttavia nel caso in esame, il Giudice dell'esecuzione, pur riconoscendo la similarità delle modalità esecutive delle condotte truffaldine (pubblicazione su internet di falsi annunci di vendita di auto), rileva che non è possibile, per le caratteristiche intrinseche ai reati di truffa commessi con la pubblicazione su Internet di un annuncio di vendita, che l'agente abbia individuato, prima della commissione delle truffe nell'agosto 2018, l'identità delle due persone offese da dette truffe e che le stesse fanno capo a decisioni distinte e autonome, essendo il contenuto del messaggio ingannatorio diverso oltre che inserito in rete a distanza di tre mesi.
Il ragionamento risulta, quindi, inficiato dalla considerazione di un falso indicatore, quale la preventiva individuazione delle persone offese, che nel caso di truffe commesse via Internet, tutte in incertam personam, escluderebbe sempre la possibilità di riconoscere l'unicità del disegno criminoso, in contrasto con l'insegnamento giurisprudenziale sopra indicato.
2. Si impongono, pertanto, l'annullamento dell'ordinanza impugnata ed il rinvio per nuovo giudizio, alla luce delle considerazioni sopra svolte, al Tribunale di Bergamo - Ufficio G.i.p., quale giudice dell'esecuzione, in diversa persona fisica giusta sentenza Corte cost. n. 183 del 2013.
P.Q.M.
Annulla la ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Bergamo - Ufficio G.i.p.