
L'accettazione beneficiata non conforma il diritto di credito azionato che rimane tale nella sua natura, portata e consistenza, ma segna i limiti della sua soddisfazione. Essa, infatti, consente la realizzazione soltanto con i beni dell'eredità e non già con quelli personali dell'erede, nei limiti del loro valore.
L'attuale ricorrente esponeva che l'ex marito si era obbligato a pagare a saldo e stralcio del debito di mantenimento non corrispostole per la durata di dodici anni. Alla morte dell'obbligato, i figli e la seconda moglie avevano accettato l'eredità con beneficio d'inventario nella cui redazione era stato inserito, tra le passività, anche il...
Svolgimento del processo
1. Con ricorso dell'8 marzo 2005 N.S., premesso che in forza della transazione stipulata in data 22/10/98 il suo ex marito, R.S. si era obbligato a pagarle, con decorrenza dal 1/7 /98, a saldo e stralcio del debito per assegni di mantenimento non corrispostile, la somma di f. 1.500.000 mensili per la durata di 12 anni, che alla morte dell'obbligato, avvenuta in data 23/10/02, i loro figli e la seconda moglie, L.A., avevano accettato l'eredità con beneficio d'inventario nella cui redazione era stato inserito, tra le passività, pure il suo credito per complessivi E.69.721,65, che L.A. aveva negato il suo credito, che dal gennaio 2003 non era più stato effettuato il versamento della rata mensile e che in conseguenza si era verificata la decadenza dal beneficio del termine, chiese decreto ingiuntivo in danno della sola L.A., quale erede beneficiata, per il pagamento di 1/3 delle somme spettanti a titolo di rate scadute e a scadere, pari ad E.23.240,55, oltre interessi sulle rate scadute.
In parziale accoglimento del ricorso, a L.A. fu ingiunto il pagamento di E. 7.268,82 per l'importo delle sole rate scadute.
In accoglimento dell'opposizione di L.A. che eccepì il suo difetto di legittimazione passiva per avere accettato l'eredità con beneficio di inventario e per essere l'amministratore della eredità già nominato l'unico legittimato nei cui confronti pretendere il pagamento, il Tribunale revocò il decreto ingiuntivo, dichiarando inammissibile la domanda per difetto di legittimazione passiva dell'ingiunta e per avere la creditrice N. il diritto di aggredire unicamente la massa ereditaria.
La Corte d'appello di Messina confermò la decisione, impugnata da N. e ribadì che, come già affermato dal primo giudice, non risultava che la creditrice avesse chiesto "a chi rappresenta(va) la comunione in virtù del decreto del Tribunale del 10/6/2004 di essere pagata ex art. 495 cod. civ. ovvero ex art. 503 cod. civ."; rilevò quindi che l'appellata L. non era tenuta a pagare in proprio i debiti ereditari per avere accettato con beneficio di inventario e che, seppure gli eredi beneficiati non perdono la capacità di stare in giudizio, il creditore ereditario non può aggredirne il patrimonio personale.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso N.S., sulla base di tre motivi a cui L.A. ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie.
Motivi della decisione
1.1. Con il primo articolato motivo, la ricorrente ha denunciato la violazione dell'art.490, primo comma, cod. civ., per non avere la Corte d'appello di Messina considerato che l'accettazione beneficiata implica la distinzione del patrimonio ereditario da quello dell'accettante ma non la perdita della qualità di erede, nonché dell'art.100 cod. proc. civ. per avere la Corte negato la legittimazione passiva dell'erede seppure portatore dell'interesse controverso quale successore, nonché degli artt.1105, 508 e 509 cod. civ. per avere la Corte erroneamente assimilato l'amministratore della cosa comune, nominato ex art.1105 cod. civ., con il curatore dell'eredità beneficiata ex artt. 508 e 509 cod. civ. invece mai nominato, nonché degli artt. 490 cod. civ., secondo comma num. 2 e primo comma, per non avere la Corte distinto l'azione di cognizione per l'accertamento del credito nei confronti di chi lo contesti dall'azione esecutiva, per cui sono aggredibili soltanto i beni ereditari in ipotesi di accettazione beneficiata.
2.2. Con il secondo motivo la ricorrente ha denunciato la violazione e /falsa applicazione dell'art. 111 comma 7 della Cost. in riferimento al num.3 del primo comma dell'art. 360 cod. proc. civ., per avere la Corte reso una motivazione contraddittoria e, perciò, inesistente affermando allo stesso tempo che l'erede beneficiato non perde la capacità di stare in giudizio e che tuttavia il creditore ereditario non può agire nei suoi confronti, nonché vizio dell'art. 112 cod. proc. civ. in riferimento ai nn. 3 e 4 del primo comma dell'art.360 cod. proc. civ., per avere la Corte erroneamente interpretato la domanda senza considerare che ella aveva agito nei confronti dell'erede beneficiata in tale qualità e non in proprio e soltanto per la quota di spettanza.
2.3. Con il terzo motivo la ricorrente ha chiesto che, in conseguenza dell'accoglimento dell'impugnazione, della cassazione della sentenza impugnata e della ammissibilità e della fondatezza della sua domanda, sia cassata anche la statuizione sulle spese in applicazione del principio di soccombenza ex art. 91 cod. proc. civ..
3.1. Il primo motivo - ammissibile, seppure articolato in più censure, perché comunque formulato in modo coerente e perspicuo per ciascuna doglianza - e il secondo motivo sono fondati e possono essere trattati congiuntamente in quanto involgono gli stessi presupposti in fatto e in diritto.
L'effetto del beneficio d'inventario consiste nel tener distinto il patrimonio del defunto da quello dell'erede che è tenuto al pagamento dei debiti ereditari e dei legati nel limite del valore dei beni a lui pervenuti (intra vires, art.490, primo comma e secondo comma num.2, cod. civ.) e soltanto con questi stessi beni (cum viribus hereditatis, art.497 cod. civ.).
L'accettazione beneficiata non conforma, pertanto, il diritto di credito azionato che rimane tale nella sua natura, portata e consistenza, ma segna i limiti della sua soddisfazione, nel senso che ne consente la realizzazione soltanto con i beni dell'eredità e non già con quelli personali dell'erede, nei limiti del loro valore (Sez. 3, sentenza n. 7090 del 2015, Sez. 2, ordinanza n. 20531 del 29/09/2020, in motivazione).
Dall'accettazione beneficiata, pertanto, consegue una limitazione di responsabilità dell'erede, in deroga legale al più generale principio della tendenziale illimitatezza della responsabilità patrimoniale (art. 2740, secondo comma cod. civ.): questa posizione dell'erede debitore più favorevole nei confronti dei creditori del de cuius è, come tale, una "qualità del relativo rapporto" ed assume rilievo proprio e unicamente nel giudizio di cognizione che abbia ad oggetto l'accertamento del credito e la condanna del debitore all'adempimento dello stesso, prima che venga ad instaurarsi la fase dell'esecuzione forzata (o della misura cautelare finalizzata all'esecuzione) (Sez. U, Ordinanza interlocutoria n. 10531 del 07/05/2013, Sez. 3, Sentenza n. 7090 del 2015).
La Corte d'appello non ha correttamente applicato questi principi consolidati nella sentenza impugnata laddove, confermando la sentenza di accoglimento dell'opposizione a decreto ingiuntivo proposta dall'erede beneficiata e il rigetto della domanda della creditrice ricorrente, ha escluso che quest'ultima avesse comunque azione di accertamento e di condanna in danno della coerede, sia pure nei limiti dell'accettazione beneficiata.
A ciò deve aggiungersi che certamente legittimato passivo non era l'amministratore giudiziario della comunione, nominato dal Tribunale di Messina con decreto del 10/6/2004 ai sensi dell'art. 1105 cod. civ.: l'amministratore della comunione ereditaria è, infatti, soltanto il mandatario ex lege dei comunisti e i suoi poteri sono gli stessi di cui gode l'amministratore nominato convenzionalmente dai partecipanti alla comunione come individuati, perciò, dall'art. 1106 cod. civ..
Questa norma, invero, non prevede la rappresentanza in giudizio dei comunisti tra i poteri che ordinariamente spettano all'amministratore della comunione; d'altro canto, neppure è applicabile, in via analogica, a questa fattispecie, l'art. 1131 cod. civ. che consente agli amministratori di condominio di rappresentare in processo i condomini nelle materie di ordinaria amministrazione elencate dall'art. 1130 cod. civ. e in quelle per le quali abbiano ricevuto incarico ad hoc dall'assemblea: la disposizione dell'art. 1131 cod. civ. è, infatti, norma speciale rispetto a quella contenuta nell'art. 1106 c.c. e può essere applicata esclusivamente a quella particolare forma di comunione che è il condominio negli edifici, in quanto dovuta ad una peculiare e meditata scelta legislativa, in applicazione del principio ubi /ex vo/uit, dixit (Cassazione, sez. II civile, sent. n. 2170/95).
Perché l'amministratore della comunione possa rappresentare in giudizio i coeredi è, quindi, necessario allo scopo uno specifico mandato, conferito dalla maggioranza dei comunisti, o, in difetto, dall'autorità giudiziaria: dall'esame del decreto come allegato al ricorso non risulta alcun conferimento di tale potere.
In accoglimento dei primi due motivi di ricorso, pertanto, la sentenza deve essere cassata.
3.2. Il terzo motivo di ricorso è assorbito per effetto dell'accoglimento dei primi due motivi, dovendo il giudice del rinvio regolare ex novo le spese dell'intero giudizio: la relativa censura è infatti diretta contro una statuizione che, per il suo carattere accessorio, è destinata ad essere travolta dall'annullamento della sentenza impugnata, a seguito del quale la liquidazione delle spese delle precorse fasi del giudizio dev'essere effettuata dal giudice di rinvio, tenendo conto dell'esito finale del giudizio (Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 3069 del 06/02/2017 - Rv. 642575 - 01) 4. Il giudice del rinvio - che si designa nella Corte d'appello di Messina in diversa composizione - provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso, con assorbimento del terzo motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte d'appello di Messina in diversa composizione che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.