Il CGA Sicilia precisa che la giurisdizione esclusiva in tema di concessioni di pubblici servizi concerne le controversie in materia di selezione del contraente fino a quelle riguardanti la fase dell'esecuzione, ma non anche le controversie meramente patrimoniali.
Con il parere n. 419 del 27 luglio 2022, il CGA Sicilia ha chiarito a quale giudice spetta la giurisdizione sulle controversie meramente patrimoniali in materia di concessioni amministrative.
Il CGA evidenzia innanzitutto che la concessione è lo strumento mediante il quale un privato svolge funzioni di interesse pubblico direttamente nei confronti dei cittadini, permeando il rapporto tra Amministrazione concedente, privato concessionario ed utenti nell'ambito di una dimensione triangolare di forti caratteri pubblicistici. Questi ultimi, tra l'altro, non si esauriscono nella fase di selezione del contraente, come avviene in caso di appalto, ma rimangono anche durante il periodo di esecuzione.
Da ciò deriva che la giurisdizione esclusiva in tema di concessioni di pubblici servizi ricomprende anche le controversie in materia di esecuzione, ad eccezione delle controversie meramente patrimoniali.
È devoluta pertanto al giudice ordinario la controversia concernente l'esercizio corretto della compensazione effettuata dal concessionario tra spese straordinarie da lui anticipate e il canone oggetto della convenzione, considerato il contenuto meramente patrimoniale.
CGA Sicilia, Adunanza delle Sezioni riunite, parere (ud. 5 luglio 2022) 27 luglio 2022, n. 419
Premesso e considerato
1. La A.C.D. Terminata 1952 New, rappresentata e difesa dall’avv. S.S., con atto notificato al Comune di Termini Imerese a mezzo p.e.c. del 25 marzo 2021, depositato presso l’Ufficio legislativo e legale, a mezzo p.e.c. del 15 aprile 2021, ha proposto ricorso straordinario al Presidente della Regione per l’annullamento della determina dirigenziale del 2° Settore - Polizia municipale, ambiente e protezione civile e servizi sociali del Comune di Termini Imerese n. 224 del 15 dicembre 2020, notificata il 17 dicembre 2020, avente ad oggetto «Revoca sanzionatoria, ai sensi dell’art. 2 della Legge 241/1990 e dell’art. 2 della Legge Regionale 7/2019 e s.m.i., dell’affidamento in concessione dell’impianto sportivo Stadio Comunale Crisone per inosservanza degli obblighi previsti dall’art. 17 della Convenzione sottoscritta in data 30 settembre 2016».
2. La ricorrente espone che il Comune di Termini Imerese, con determinazione dirigenziale n. 1237 del 27 giugno 2016, aveva approvato l’avviso pubblico per l’avvio delle procedure finalizzate all’affidamento in concessione dell’impianto sportivo “Stadio Comunale Crisone” e il relativo schema di convenzione.
L’avviso conteneva una relazione tecnica del Comune dei costi da sostenere per la messa in sicurezza dell’impianto, con la specifica degli interventi da eseguire, e prevedeva, tra l’altro, che i partecipanti rendessero la dichiarazione di avere effettuato un sopralluogo presso la struttura, la cui gestione e manutenzione era oggetto di gara, per l’accertamento delle condizioni manutentive e degli elementi tecnici e oggettivi ritenuti necessari per la formulazione dell’offerta.
La ricorrente si aggiudicava, in data 19 luglio 2016, la gara con un canone complessivo pari ad euro 56.000,00.
La convenzione, sottoscritta il 30 settembre 2016, prevedeva che il gestore dovesse effettuare i lavori di messa in sicurezza indicati nella relazione tecnica allegata all’avviso, il cui costo veniva determinato in euro 29.720,00.
I lavori sono stati tempestivamente eseguiti con un costo totale pari ad euro 39.120,00.
In accordo con il Comune sono stati eseguiti ulteriori lavori aventi carattere di urgenza, per un importo di euro 15.250,00.
La ricorrente, con nota del 5 febbraio 2018, ha diffidato il Comune a procedere all’esecuzione dei lavori necessari per la fruibilità dello stadio, invocando l’art. 7 della convenzione e gli obblighi di spesa che l’Amministrazione comunale avrebbe dovuto sostenere per garantire il funzionamento della struttura.
Con nota del 26 settembre 2018 ha presentato un preventivo di spesa per alcuni lavori accettati dal Comune, il quale, al momento della presentazione della fattura per il rimborso, si è rifiutato di riconoscere gli importi e, con nota dell’11 ottobre 2019, ha chiesto il pagamento di euro 6.506,70 quali rate scadute del canone di concessione, avvertendo che il mancato pagamento avrebbe comportato la revoca della concessione.
La ricorrente, con p.e.c. del 26 febbraio 2020, ha nuovamente diffidato il Comune a provvedere al pagamento degli importi spesi, pari ad euro 54.371,00, o alla loro compensazione con i canoni concessori dovuti, nonché ad avviare i lavori per rendere fruibile il campo, trattandosi di obblighi dell’Amministrazione, come indicato dagli artt. 2 e 6 della convenzione.
3. Il ricorso è affidato ai seguenti rubricati motivi di diritto.
3.1. «Violazione ed errata applicazione dell’art. 2 della L. n. 241/90 e della L.R. n. 7/2019».
Il provvedimento di revoca della concessione non sarebbe proporzionato ai presunti inadempimenti contestati, avendo la ricorrente rispettato gli oneri derivanti dal contratto di concessione ed essendosi sostituita al Comune nell’esecuzione di lavori di manutenzione non previsti dalla convenzione.
3.2. «Violazione ed errata applicazione dell’art. 2 della L. n. 241/90 e della L.R. n. 7/2019 - Eccesso di potere per ingiustizia manifesta».
Il provvedimento gravato sarebbe viziato da ingiustizia manifesta, in quanto l’esponente non ha posto in essere alcun comportamento inadempiente, anzi ha sollecitato più volte l’Amministrazione comunale a porre in essere tutti gli interventi per rendere fruibile l’impianto, giungendo ad eseguire alcuni lavori di competenza del Comune, il quale non ha riconosciuto le spese effettuate e si è rifiutato di rimborsarle o compensarle con il canone.
4. Il Comune di Termini Imerese, con nota p.e.c. del 10 maggio 2021, ha trasmesso la documentazione utile per la trattazione del gravame e il rapporto previsto dall’art. 9 del d.P.R. n. 1199/1971.
5. Con nota prot. n. 11684 del 13 maggio 2021 l’Ufficio legislativo e legale ha comunicato alla ricorrente di aver completato l’acquisizione della documentazione utile alla decisione del gravame, concedendo un termine per l’esercizio del diritto d’accesso e per la presentazione di eventuali memorie.
La ricorrente non si è avvalsa né del diritto d’accesso, né della facoltà di produrre memorie.
6. Il ricorso è ricevibile, in quanto proposto il 25 marzo 2021, entro il termine di centoventi giorni, prescritto dall’art. 9 del d.P.R. n. 1199/1971, dalla notifica dell’atto impugnato, avvenuta il 17 dicembre 2020.
7. Il ricorso è, tuttavia, inammissibile per difetto di giurisdizione.
7.1. Deve, innanzitutto, rilevarsi che il caso in esame rientra nell’ipotesi di decadenza dalla concessione al verificarsi di inadempienze piuttosto che di revoca, in quanto la motivazione del provvedimento impugnato di «[r]evoca sanzionatoria» si fonda sul mancato pagamento di una parte del canone concessorio.
La revoca, a differenza della decadenza, costituisce, esplicazione di una potestà generale dell’amministrazione, oggi consacrata nell’art. 21 quinquies della legge n. 241/1990, che può esercitarsi nel caso in cui la concessione non risponda più alle esigenze pubbliche a seguito o di sopravvenuti motivi o di nuova valutazione dell’interesse pubblico originario sotteso al rilascio.
La decadenza, al contrario, essendo la conseguenza del venir meno dei requisiti soggettivi del concessionario oppure del verificarsi di talune inadempienze colpose, gravi e reiterate del privato, non comporta l’esercizio discrezionale di alcun potere autoritativo, perché non richiede alcuna valutazione della rispondenza della concessione all’interesse pubblico.
7.2. Inquadrata correttamente la vicenda in esame come decadenza dalla concessione per il mancato pagamento di canoni, occorre verificare se essa rientri nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. b), c.p.a. oppure nella giurisdizione del giudice ordinario, in quanto l’art. 7, comma 8, c.p.a. stabilisce che «[i]l ricorso straordinario è ammesso unicamente per le controversie devolute alla giurisdizione amministrativa.».
7.3. La norma di riferimento che viene in rilievo per la determinazione della giurisdizione è l’art. 133, comma 1, lett. b), c.p.a., il quale statuisce: «[s]ono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, salvo ulteriori previsioni di legge: … b) le controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici, ad eccezione delle controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi e quelle attribuite ai tribunali delle acque pubbliche e al Tribunale superiore delle acque pubbliche;».
L’art. 133, comma 1, lett. b), nell’attribuire la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di concessioni amministrative di beni pubblici, fa espressamente salve le controversie aventi ad oggetto «indennità, canoni od altri corrispettivi», che restano assoggettate al regime generale della giurisdizione ordinaria.
La disposizione riproduce il previgente art. 5 della legge n. 1034 del 1971, cd. “legge Tar”, il quale prevedeva: «[s]ono devoluti alla competenza dei tribunali amministrativi regionali i ricorsi contro atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici. Resta salva la giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria per le controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi …».
L’identità sostanziale delle formulazioni contenute nel nuovo art. 133, comma 1, lett. b), c.p.a. e nel precedente art. 5 della legge n. 1034 del 1971 consente di far tesoro delle questioni interpretative sorte sin dall’originaria introduzione della norma.
7.4. Secondo un indirizzo giurisprudenziale, le controversie concernenti la fase esecutiva della concessione, ivi comprese le questioni inerenti all’adempimento della stessa, sono devolute alla giurisdizione ordinaria, poiché in tale fase l’amministrazione concedente non esercita i propri poteri pubblicistici, ma i diritti e le facoltà che le spettano nell’ambito di un rapporto paritetico tra le parti (vds. Cass., sez. un., 8 luglio 2019, n. 18267; 27 novembre 2019, n. 31029; Cons. Stato, sez. III, 13 ottobre 2020, n. 6181).
Al riguardo, giova ricordare che si tratta di un criterio di riparto della giurisdizione che la Corte regolatrice della giurisdizione ha utilizzato anche nella figura affine di erogazione di sovvenzioni pubbliche.
La giurisprudenza, in diverse occasioni, ha configurato, infatti, l’atto amministrativo di erogazione di sovvenzioni economiche come atto avente natura concessoria e assoggettato al regime pubblicistico di detta categoria di atti ampliativi della sfera giuridica del beneficiario (vds. Cons. Stato, sez. V, 21 novembre 2019, n. 7940; Cons. Stato, sez. VI, 5 novembre 2007, n. 5698).
Nel caso di revoca, decadenza o risoluzione, fondata sull’inadempimento alle obbligazioni assunte di fronte alla concessione del contributo, la Corte regolatrice ha affermato, ripetutamente, che sussiste la giurisdizione del giudice ordinario, in quanto tali inosservanze sono successive alla concessione del finanziamento ed attengono alla fase “esecutiva” del rapporto tra finanziatore e si riferiscono ad una posizione di diritto soggettivo (ex plurimis, Cass. civ., sez. un., ordinanza 18 maggio 2021, n. 13492; Cons. Stato, sez. III, 13 aprile 2022, n. 2733).
Tale orientamento sul riparto di giurisdizione in materia di erogazione e revoca di contributi pubblici è condiviso da questo Collegio (ex plurimis, Cgars, sez. riun., 11 gennaio 2022, parere n. 52/2022).
7.5. La vexata quaestio della giurisdizione in ordine alle controversie che si collocano nella fase esecutiva del rapporto concessorio di beni pubblici di cui all’art. 133, comma 1, lett. b), c.p.a. (e già nella precedente disciplina dettata dall’art. 5 della legge Tar del 1971) è stata ed è tuttora oggetto di ampio dibattito, così come per la figura analoga della concessione di pubblici servizi di cui alla successiva lett. c) dell’art. 133, comma 1, c.p.a., con il quale istituto può configurarsi uno scambio osmotico delle soluzioni interpretative adottate dalla giurisprudenza.
7.5.1. La giurisprudenza “tradizionale”, già formatasi sull’art. 5 della legge n. 1034/1971, in tema di concessioni di beni pubblici, ha ritenuto che la cognizione del giudice amministrativo si estende anche a tutta la fase esecutiva, pure in assenza di impugnativa di un atto o provvedimento dell’autorità pubblica, essendovi comprese le controversie che coinvolgano il contenuto del rapporto concessorio nel suo aspetto genetico e funzionale, anche riguardanti la violazione degli obblighi nascenti dal medesimo rapporto (ad esempio, in tema di adempimento e di risoluzione), ad eccezione soltanto delle controversie di contenuto meramente patrimoniale, senza alcuna implicazione sul contenuto della concessione, così fornendo una interpretazione restrittiva della salvezza della giurisdizione ordinaria sulle controversie concernenti «indennità, canoni e altri corrispettivi» (vds. Cass. civ., sez. un., 9 agosto 2018, n. 20682).
La controversia attinente alla decadenza o alla risoluzione della concessione andrebbe, di conseguenza, attribuita alla giurisdizione amministrativa esclusiva, poiché in tal caso viene posto in discussione il rapporto concessorio nel suo aspetto genetico e funzionale, e ciò anche in assenza di un provvedimento autoritativo e indipendentemente dalla natura delle posizioni giuridiche dedotte in giudizio.
7.5.2. Il suddetto orientamento è stato, tuttavia, superato.
È emersa in giurisprudenza una diversa posizione, secondo la quale le controversie relative alla fase esecutiva di una concessione sono da devolvere alla cognizione del giudice ordinario, in quanto a quest’ultimo spetta di giudicare sull’esatto adempimento di diritti ed obblighi reciproci delle parti, e sui relativi effetti; di conseguenza resta ferma la giurisdizione del giudice amministrativo nella fase esecutiva nei soli casi in cui l’Amministrazione intervenga con atti autoritativi incidenti sul rapporto concessorio sottostante o quando investa l’esercizio di poteri discrezionali-valutativi nella determinazione del canone, e non semplicemente di accertamento tecnico dei presupposti fattuali sia sull’an che sul quantum (Cass. civ., sez. un., 17 dicembre 2020, n. 28973).
Secondo tale orientamento esulano dalla giurisdizione esclusiva le controversie nelle quali il petitum sostanziale è l’accertamento dell’adempimento o dell’inadempimento delle parti alle obbligazioni assunte nell’ambito del rapporto concessorio, in quanto non coinvolgono sotto alcun profilo un controllo sull’esercizio del potere pubblico, in relazione ai parametri di legittimità dell’azione amministrativa provvedimentale (vds. sul punto in materia di concessioni di servizi, Cass. civ., sez. un., 8 luglio 2019, n. 18267).
Al riguardo, giova ricordare il consolidato orientamento per il quale non è sufficiente ai fini della soluzione del problema del riparto della giurisdizione l’attinenza della vicenda ad un interesse di ordine pubblico, perché occorre stabilire se, in funzione del perseguimento di quell’interesse, l’amministrazione sia, o no, dotata di un potere di supremazia (vds. Cass. civ., sez. un., 21 luglio 2015, n. 15207).
In altri termini, peculiare e decisivo rilievo deve essere attribuito al criterio del concreto collegamento con il potere, quale presupposto costituzionalmente imprescindibile per radicare la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, secondo quanto statuito dalla Corte Costituzionale con la nota sentenza n. 204 del 2004.
Di conseguenza, secondo il superiore orientamento, «la giurisdizione del giudice ordinario, riguardante le indennità, i canoni e altri corrispettivi, nella fase esecutiva del contratto di concessione, si estende alle questioni inerenti ai profili di adempimento e inadempimento della concessione e alle conseguenze risarcitorie, vertendosi nell’ambito di un rapporto paritetico tra le parti, fermo restando la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nei casi in cui l’Amministrazione eserciti poteri autoritativi tipizzati dalla legge» (Cass. civ., sez. un., 8 luglio 2019, n. 18267).
7.5.3. A completare il dibattito interpretativo in materia, giova ricordare che la sezione giurisdizionale di questo Consiglio, recentissimamente, sulla questione della giurisdizione in ordine alle controversie che si collocano nella fase esecutiva del rapporto riguardo alla concessione di pubblici servizi, ha posto l’accento sul fatto che «la concessione è lo strumento attraverso il quale vengono svolte da un privato direttamente nei confronti dei cittadini funzioni di interesse pubblico, così da permeare il rapporto tra Amministrazione concedente, privato concessionario e utenti, in una dimensione triangolare, di forti caratteri pubblicistici, i quali non si esauriscono, come avviene nel caso dell’appalto, nella fase di selezione del contraente, ma permangono anche con riferimento al periodo di esecuzione» con la conseguenza «che la giurisdizione esclusiva in materia di concessioni di pubblici servizi si estende anche alle controversie in materia di esecuzione, ad esclusione delle controversie meramente patrimoniali» (Cgars, sez. giur., sentenza n. 774 del 29 giugno 2022).
In altri termini, secondo la superiore decisione sussiste la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nel caso in cui la controversia, pur se afferente all’esecuzione del contratto e, quindi, relativa a situazioni di diritto soggettivo, «non ha contenuto meramente patrimoniale», così come affermato «dalla giurisprudenza più recente del giudice civile (SSUU Cass. Civ. ordinanza 31964 del 5 novembre 2021 e ordinanza 612 del 15 gennaio 2021)».
Secondo l’ordinanza della Corte regolatrice, richiamata nella citata sentenza della sezione giurisdizionale di questo Consiglio, non si configura la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo allorquando difetti quell’agere della P.A. secondo moduli autoritativi, necessari per integrare i presupposti giuridico-fattuali della giurisdizione del giudice amministrativo, e dunque nel caso di controversie relative ad inadempienze contrattuali di contenuto meramente patrimoniale (vds. Cass. civ., sez. un., 15 gennaio 2021, n. 612).
7.6. Venendo al caso in esame, il thema decidendum del presente ricorso è l’adempimento di crediti pecuniari (recte, canoni) ex art. 17 della convenzione sottoscritta in data 30 settembre 2016.
Nella vicenda che ne occupa, l’Amministrazione comunale ha appurato che il ricorrente, a fronte di spese straordinarie anticipate anche per conto del Comune e portate in compensazione, non ha corrisposto integralmente il canone previsto dalla convenzione.
Si tratta, pertanto, di controversia con un contenuto meramente patrimoniale, senza che assuma rilievo alcun potere di intervento dell’Amministrazione comunale a tutela di interessi generali, essendosi il Comune limitato ad un mero accertamento dei presupposti fattuali (vds. Cass. civ., sez. un., 17 dicembre 2020, n. 28973).
Come si legge nel provvedimento impugnato, «ATTESO, quindi, che le somme sostenute dall’Associazione per i lavori straordinari ammontano ad € 42.986,60 (€ 30.486,60 lavori messa in sicurezza + € 12.500,00 lavori impianto elettrico) la parte residuale dovuta dall’Associazione ammonta ad € 13.013,40 (€ 56.000,00 canone - € 42.986,60 lavori eseguiti), da corrispondere in n. 10 rate semestrali di € 1.301,34 e che per le rate già maturate, nonostante molteplici richieste formali, successive alla ns. nota prot. n. 43196 dell’11.10.2019, la stessa Associazione, a tutt’oggi, non ha provveduto ad alcun tipo di pagamento», il responsabile del settore comunale ha adottato la determina di revoca, rectius di decadenza, dalla concessione dello stadio comunale.
Alla luce delle coordinate ermeneutiche sopra esposte, si appalesa, sotto tale profilo, il difetto di giurisdizione.
Come chiarito della Corte regolatrice della giurisdizione non «è configurabile la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, … trattandosi invece di controversie relative, appunto, ad inadempienze contrattuali, di contenuto meramente patrimoniale» (Cass. civ., sez. un., 15 gennaio 2021, n. 612) ove l’amministrazione concedente non esercita i propri poteri pubblicistici, ma i diritti e le facoltà che le spettano nell’ambito di un rapporto paritetico tra le parti.
Nella fattispecie in esame, nel quale il petitum sostanziale è l’accertamento dell’inadempimento delle obbligazioni assunte nell’ambito del rapporto concessorio, non si rinviene sotto alcun profilo un controllo sull’esercizio del potere pubblico, in relazione ai parametri di legittimità dell’azione amministrativa provvedimentale.
In tal caso, va declinata la giurisdizione in favore del giudice ordinario, in quanto, pur appartenendo alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie sulle concessioni di beni pubblici ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. b), c.p.a., la presente vicenda rientra, tuttavia, nella giurisdizione ordinaria, giacché controversia relativa ad inadempienze contrattuali di contenuto meramente patrimoniale (vds. Cgars, sez. giur., sentenza n. 774 del 29 giugno 2022; Cass. civ., sez. un., 15 gennaio 2021, n. 612; Cass. civ., sez. un., 17 dicembre 2020, n. 28973).
Orbene, applicando questo principio generale alla fattispecie qui in esame e correlandolo al petitum sostanziale concretamente desumibile dalla domanda, non può revocarsi in dubbio che il Comune di Termini Imerese non ha adottato un provvedimento autoritativo costituente esercizio di un potere pubblico di natura discrezionale, neppure a titolo di “discrezionalità tecnica”, essendosi limitato ad un semplice accertamento dei presupposti fattuali, all’esito del quale, essendo risultata non corrisposta una parte del canone concessorio, ha adottato il provvedimento in questa sede impugnato, ragion per cui deve affermarsi l’appartenenza della controversia alla giurisdizione del giudice ordinario.
Non sussiste, pertanto, la giurisdizione del giudice amministrativo; la fattispecie de qua è riconducibile all’ipotesi di «indennità, canoni ed altri corrispettivi», che ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. b), c.p.a. radica la giurisdizione ordinaria nella materia delle concessioni di beni pubblici.
Da ciò consegue la inammissibilità, ai sensi del già citato art. 7, comma 8, del codice del processo amministrativo, del ricorso straordinario in esame, fermo restando che il ricorrente potrà riproporre la domanda innanzi al giudice ordinario.
Questo Consiglio si limita, quindi, a declinare la propria giurisdizione in favore dell’Autorità giudiziaria ordinaria, con conseguente applicazione dell’art. 11 c.p.a., e con l’ulteriore precisazione che il dies a quo del termine perentorio di tre mesi per la riassunzione della causa di cui al comma 2 del citato art. 11 va individuato in quello della futura comunicazione del decreto presidenziale con il quale sarà recepito il presente parere.
P.Q.M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana esprime il parere che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con applicazione dell’art. 11 c.p.a.