La trasgressione rilevante riferita a una misura cautelare può rientrare esclusivamente nell'inosservanza di obblighi espressamente previsti, in virtù del principio di tassatività.
Il Tribunale respingeva l'appello proposto contro l'ordinanza di aggravamento della misura cautelare degli arresti domiciliari con quella della custodia in carcere emessa dal GIP nei confronti dell'indagato, il quale era sottoposto a cautela in relazione al reato di maltrattamenti e lesioni personali ai danni della moglie. Nello specifico, l'ordinanza era fondata sulla...
Svolgimento del processo
1. Con l'ordinanza impugnata, il Tribunale ha respinto l'appello ex art. 310 cod. proc. pen. avverso l'ordinanza di aggravamento della misura cautelare degli arresti domiciliari con quella della custodia in carcere ex art. 276, comma 1, cod. proc. pen., adottata dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palermo il 21 gennaio 2022 nei confronti di F.R., per la violazione del "divieto di incontro e comunicazione" con persone non conviventi.
L'indagato, sottoposto a cautela in relazione ai reati di maltrattamenti e lesioni personali ai danni della moglie, era stato sorpreso nell'interno della abitazione, luogo di esecuzione degli arresti, in presenza della madre e dei figli minori E. e S., onde l'assunto, espresso nella ordinanza di aggravamento, della inadeguatezza del presidio cautelare in essere a fronteggiare le inalterate esigenze cautelari, stante la gravità della trasgressione.
2. L'ordinanza reiettiva dell'appello ha denegato il ripristino della misura - anche con il dispositivo di controllo elettronico, come richiesto dalla difesa - evidenziando che il fatto risale ad epoca di poco posteriore all'applicazione degli arresti e che l'incapacità di autocontrollo del soggetto è dimostrata dal riavvicinamento dei figli minori, persone offese del delitto di maltrattamenti, ai sensi dell'art. 572, comma 4, cod. proc. pen..
2. Propone ricorso l'indagato, con atto del difensore, avv. V.G., deducendo, con un unico motivo cumulativo, vizi di motivazione e violazione di legge in relazione agli artt. 572, 582, 585, 577 cod. pen., 125, 274, 275, 276, 284, 285, 310 cod. proc. pen.
Si lamenta la carenza dei presupposti di applicabilità dell'art. 276 cod. proc. pen., per avere il Tribunale omesso la valutazione della gravità della trasgressione, posto che il divieto di comunicare con altri, previsto dal provvedimento cautelare genetico, non poteva ritenersi operante nei confronti dei figli dell'indagato.
I motivi del rigetto sarebbero del tutto avulsi dall'ambito degli elementi che possono giustificare la modifica in peius della cautela, e la stessa misura custodiale intramuraria non risulterebbe proporzionata al reale disvalore della condotta.
3. Il Procuratore Generale ha depositato una memoria nella quale afferma che i motivi dedotti in ricorso "tesi a sostenere la lievità del fatto, la plusvalutabilità di circostanze giustificanti la trasgressione, la cessazione di situazioni ostative debbono essere dichiarati inammissibili perché formulati al di fuori dell'ambito della revisione codicistica dell'art. art. 606 comma 3 cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 3629 del 18/08/1994, Moccia, Rv. 201400)".
Motivi della decisione
1.11 ricorso è fondato anche se per ragioni in parte diverse da quelle indicate dalla difesa.
2. L'aggravamento ha impulso dalla violazione delle prescrizioni di cui all'art. 284 cod. pen., comma 2, cod. proc. pen., il quale prevede che il giudice possa conformare la misura degli arresti imponendo al soggetto che vi è sottoposto limiti o divieti di comunicare con persone diverse da quelle che con lui coabitano o lo assistono. Nella specie, si assume essere intervenuta una violazione del "divieto di incontro e comunicazione" con persone non conviventi.
L'art. 276 cod. proc. pen., nel prevedere la sostituzione o il cumulo della misura cautelare gi' disposta con altra più grave, in caso di trasgressione alle prescrizioni impostrattribuisce al giudice - escluso ogni automatismo - un potere discrezionale che deve essere esercitato mediante la valutazione della gravità e delle circostanze della violazione, al fine di verificare se la trasgressione abbia reso manifesta l'inidoneità della misura in atto a salvaguardare le esigenze cautelari (Sez. 5, n. 36060 del 09/10/2020, Hadjari, Rv. 280036; Sez. 5, n. 3175 del 08/11/2018, dep. 2019, Leonardi, Rv. 275260).
3. Nell'ottica di verificare se siano enucleabili nella situazione in esame elementi rivelatori della sopravvenuta inadeguatezza della misura (Sez. 6, n. 58435 del 04/12/2018, D'albenzio, Rv. 275040), l'ordinanza ha correttamente posto in risalto l'accresciuto pericolo di condotte reiterative, correlandolo alla circostanza che l'indagato, autore di condotte maltrattanti, nell'occasione incontrava i figli minori, i quali erano anche persone offese di quel reato (se non altro per avere assistito alle condotte prevaricatrici poste materialmente in essere nei confronti della loro madre); dunque l'inadeguatezza del presidia cautelare.
4. Tuttavia, è in relazione all'accertamento della trasgressione che il provvedimento evidenzia gravi carenze e contraddittorietà sul piano logico.
Il Tribunale motiva sull'aggravamento in relazione alla violazione del "divieto di incontro" e non invece in relazione al divieto di comunicazione.
Si tratta, all'evidenza, di una restrizione imposta al R. nella ordinanza genetica, a contenuto atipico, in quanto non avente riscontro nella lettera dell'art. 284 cod. proc. pen., sicchè - ad avviso ella Corte - dalla sua inosservanza non può conseguire l'esito ritenuto nell'ordinanza di aggravamento e convalidato dal Tribunale dell'appello cautelare.
Ciò perché nella trasgressione alle prescrizioni inerenti ad una misura cautelare rilevanti ex art 276 cod. proc. pen. non possono che rientrare, per il principio di tassatività, le inosservanze agli obblighi espressamente previsti e non invece ogni condotta genericamente elusiva della finalità perseguita con l'imposizione del provvedimento limitativo della libertà personale. (Sez. 1, n. 32823 del 27/05/2014, Carrieri, Rv. 2614311 in fattispecie in cui è stata ritenuta irrilevante, dopo la revoca del divieto di frequentare estranei, la presenza presso l'abitazione dell'indagato di alcune persone gravate da precedenti di polizia e pendenze penali)".
Secondo l'indicato indirizzo ermeneutico, che il Collegio condivide e cui intende dare continuità, l'art. 276 istituisce, difatti, un'ipotesi tipicamente sanzionatoria afferente lo status libertatis, che può persino prescindere dalla domanda del Pubblico ministero. Per conseguenza, a fronte della inequivoca formulazione normativa che - a differenza di quanto previsto dall'art. 299 cod. proc. pen., comma 4 - riconnette la sanzione a comportamenti tipizzati dal legislatore, la pretesa di estensione a forme innominate o a condotte non specificamente richiamate appare essere in contrasto sia con la lettera della disposizione, sia con il principio di tassatività.
Specie in materia di misure sanzionatorie incidenti sulla libertà personale, la adeguata tipizzazione dell'illecito resta un irrinunciabile presidio di garanzia.
5. Sotto altro profilo, osserva il Collegio che, senza darne persuasiva spiegazione sul piano logico, i Giudici dell'appello cautelare non hanno attribuito significativa valenza alla violazione - invero accertata - del divieto, tipico, di comunicare; e ciò malgrado fosse stata rilevata la presenza, presso l'abitazione dell'indagato, sia della madre di lui, che dei figli, l'incontro con i quali ha certamente concretizzato una infrazione al relativo divieto (con esiti anche molto gravi rispetto alle esigenze contenitive, posto che gli stessi avrebbero potuto rendersi veicolo di messaggi, eventualmente anche intimidatori, diretti alla loro - rispettivamente - nuora e madre).
D'altra parte, il provvedimento sembra postulare la continuità della coabitazione dell'indagato con i figli, facendo riferimento ad una situazione ordinaria antecedente alla imposizione della cautela, senza precisare se tale relazione, in dipendenza dei gravi fatti per cui si procede, fosse stata o meno d'imperio sospesa nell'interesse del residuo nucleo familiare nella sua interezza, minori compresi (come sembrerebbe dalla diversità del luogo di esecuzione degli arresti rispetto alla abitazione familiare), e non nell'interesse della sola moglie dell'indagato.
6. Si impone, conseguentemente, l'annullamento della ordinanza impugnata, con rinvio al giudice del merito, il quale dovrà fornire adeguata, corretta e logica motivazione con riferimento ai profili sin qui illustrati.
P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Palermo, competente ai sensi dell'art. 309, comma 7, cod. proc. pen.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.