Accolto il ricorso dell'imputato poiché la Corte d'Appello ha erroneamente postdatato il momento in cui l'offeso avrebbe raggiunto la piena consapevolezza ai fini della decorrenza del termine per presentare querela.
Svolgimento del processo
1. La Corte di appello di Lecce, Sezione Distaccata di Taranto, confermava la sentenza del Tribunale che aveva condannato il ricorrente alla pena di giustizia ed al risarcimento del danno nei confronti della parte civile in ordine al reato di truffa, per avere indotto la persona offesa a consegnargli dei mobili da arredamento non provvedendo al loro pagamento per euro 18 mila circa.
2. Ricorreva per cassazione il difensore dell'imputato, deducendo:
2.1. violazione di legge (art. 124 cod. pen.) per non avere la Corte emesso declaratoria di non doversi procedere per difetto di tempestività della querela, sporta dalla persona offesa solo il 28 aprile del 2014, mentre il reato era stato consumato nel novembre del 2012.
Secondo il ricorrente la Corte avrebbe erroneamente spostato in avanti il dies a quo per la presentazione della querela, correlandolo non al momento in cui il creditore sarebbe venuto a conoscenza del fatto illecito, ma a quello in cui questi avrebbe deciso di verificare la capienza del ricorrente per una eventuale azione per il recupero del credito;
2.2. violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all'accertamento di responsabilità: mancherebbero gli artifici ed i raggiri essendosi l'imputato limitato a non adempiere alla sua obbligazione, circostanza di rilievo esclusivamente civilistico. Inoltre la Corte di appello avrebbe travisato la testimonianza della vittima, sostenendo che vi fosse un rapporto fiduciario che aveva indotto la persona offesa a concludere il contratto, in realtà non deducibile dalla sua testimonianza (allegata al ricorso).
Motivi della decisione
1.II primo motivo di ricorso che contesta la sussistenza della condizione di procedibilità, in quanto la querela era stata presentata il 28 aprile 2014, nonostante la truffa risultasse consumata il 6 novembre 2012, è fondato ed assorbe gli altri motivi.
Invero il tempo intercorso - di quasi due anni - tra la consumazione della truffa e la presentazione della querela, tenuto conto delle massime di comune esperienza - non smentite da elementi specifici in ipotesi caratterizzanti il caso di specie - è incompatibile con la effettuazione degli "accertamenti" che avrebbero generato la postdatazione del momento in cui l'offeso avrebbe raggiunto la piena consapevolezza.
Tali accertamenti secondo la Corte di appello erano consistiti nella identificazione del M. come persona «nullatenente e protestata»: si tratta di informazioni reperibili in un tempo ampiamente inferiore rispetto al tempo intercorso tra l'inadempimento e la querela.
Si ritiene dunque assente la condizione di procedibilità essendo la querela tardiva: devono esser pertanto annullate sia la sentenza di appello che quella di primo grado.
Assente la condizione per incardinare il processo penale le statuizioni civili devono essere revocate
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e quella di primo grado perché l'azione penale non doveva essere iniziata per tardività della querela. Revoca le statuizioni civili.