Il danneggiamento vasto ed indiscriminato di una notevole quantità di cose mobili o immobili integra il delitto di devastazione poiché determina non solo un pregiudizio al patrimonio dei singoli, ma anche un'offesa e un pericolo concreti all'ordine pubblico.
Svolgimento del processo
1. Con sentenza del 29 ottobre 2018 il Tribunale di Salerno, in rito abbreviato, ha condannato C. T., F. I., R. P., A. M., A. I., alla pena di 3 anni e 2 mesi di reclusione, oltre statuizioni accessorie, per il reato di devastazione previsto e punito dall'art. 419 cod. pen.
In particolare, la notte dell'11 ottobre 2017 gli imputati avevano attraversato, a bordo di due autovetture, alcune strade del centro di Salerno, e, sparando con una pistola ad aria compressa, avevano rotto i vetri di sessanta autovetture in sosta sulla pubblica via e di una ambulanza della Croce rossa italiana.
Con sentenza del 6 maggio 2021 la Corte di appello di Salerno ha confermato la sentenza di primo grado.
2. Avverso il predetto provvedimento hanno proposto ricorso gli imputati, per il tramite dei rispettivi difensori, con i seguenti motivi di seguito descritti nei limiti strettamente necessari ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. La difesa di T. articola due motivi.
Con il primo motivo deduce, sotto il profilo della erronea applicazione della legge penale e della motivazione manifestamente illogica o contraddittoria, la non corretta qualificazione giuridica del fatto che avrebbe dovuto essere ritenuto di danneggiamento (art. 635 cod. pen.), e non di devastazione (art. 419 cod. pen.), in quanto, sul piano dell'elemento oggettivo,. la sentenza impugnata ha compiuto un accertamento del nesso di causalità con l'evento di pericolo per l'ordine pubblico in assenza di leggi scientifiche, ed avrebbe, invece, dovuto considerare che la condotta era stata tenuta di notte ed era del tutto inidonea ad andare oltre l'aggressione al patrimonio che è stata perpetrata, e sul piano dell'elemento soggettivo, mancherebbe il dolo del delitto di devastazione in quanto l'azione commessa dagli imputati si risolverebbe in una goliardata.
Con il secondo motivo deduce motivazione manifestamente illogica o contraddittoria in punto di determinazione della pena, in quanto i giudici del merito, pur concedendo l'attenuante del risarcimento del danno e le attenuanti generiche, non avrebbero applicato le rispettive diminuzioni nella massima estensione.
2.2. La difesa di I. articola due motivi, identici nella formulazione a quelli già esposti sopra al punto 2.1.
2.3. La difesa di P. articola due motivi.
Con il primo motivo deduce, sotto il profilo della erronea applicazione della legge penale e della motivazione manifestamente illogica o contraddittoria, la non corretta qualificazione giuridica del fatto che avrebbe dovuto essere ritenuto di danneggiamento (art. 635 cod. pen.), e non di devastazione (art. 419 cod. pen.), in quanto, sul piano dell'elemento oggettivo., la sentenza impugnata ha omesso di considerare che l'evento è avvenuto di notte, che nelle autovetture non vi era nessuna persona, che nelle abitazioni situate nelle strade in cui è avvenuto il fatto soltanto una persona si era affacciata, e sul piano dell'elemento soggettivo, mancherebbe il dolo del delitto di devastazione di cui l'imputato non era consapevole.
Con il secondo motivo deduce, sotto il profilo della erronea applicazione della legge penale e della motivazione manifestamente illogica o contraddittoria, la non corretta determinazione della pena, rilevando anch'egli che i giudici del merito, pur concedendo l'attenuante del risarcimento del danno e le attenuanti generiche, non avrebbero applicato le rispettive diminuzioni nella massima estensione.
2.4. La difesa di M. articola due motivi, identici nella formulazione a quelli già esposti sopra al punto 2.1.
2.5. La difesa di I. articola quattro motivi.
Con il primo motivo deduce, sotto il profilo della erronea applicazione della legge penale, la non corretta qualificazione ,giuridica del fatto che avrebbe dovuto essere ritenuto di danneggiamento (art. 635 cod. pen.), e non di devastazione (art. 419 cod. pen.), per totale inidoneità dell'azione - caratterizzata dall'uso di una sola pistola ad aria compressa e dall'aver attinto soltanto sessanta autovetture - ad essere sussunta sotto il titolo di reato in questione adatto a scenari da guerra civile.
Con il secondo motivo deduce, sotto il profilo della motivazione manifestamente illogica o contraddittoria, che la sentenza impugnata non ha valutato correttamente la posizione personale dell'imputato che si è limitato ad accompagnare gli amici a Salerno senza porre in essere personalmente l'azione delittuosa, anche per le sue precarie condizioni di salute.
Con il terzo motivo deduce, sotto il profilo della violazione di legge e della motivazione manifestamente illogica o contraddittoria, che la sentenza impugnata non ha considerato che la partecipazione dell'imputato doveva essere comunque ritenuta di minima importanza ai sensi dell'art. 114 cod. pen.
Con il quarto motivo deduce, sotto il profilo della motivazione manifestamente illogica o contraddittoria, la non corretta determinazione della pena, rilevando anch'egli che i giudici del merito, pur concedendo l'attenuante del risarcimento del danno e le attenuanti generiche, non avrebbero applicato le rispettive diminuzioni nella massima estensione.
3. Con requisitoria orale il Procuratore generale della Cassazione, dr. L. B., ha concluso per il rigetto del ricorso.
Motivi della decisione
1. Il primo motivo di ricorso, dedicato alla qualificazione giuridica del fatto, e comune a tutte le difese, che hanno speso argomenti sovrapponibili che consentono di esaminarli congiuntamente, è infondato.
L'art. 419 cod. pen. punisce "chiunque, fuori dei casi preveduti dall'articolo 285, commette fatti di devastazione o di saccheggio". A sua volta, l'art 285 cod. pen. sanziona "chiunque, allo scopo di attentare alla sicurezza dello Stato commette un fatto diretto a portare la devastazione, il saccheggio o la strage nel territorio dello Stato o in una parte di esso".
Dal combinato degli artt. 285 e 419 citati si ricava, quindi, in modo immediato che per il legislatore esiste una devastazione che non ha com2 finalità l'attentato alla sicurezza dello Stato ed è sanzionata ai sensi dell'art. 419. La mancanza della finalità di attentare alla sicurezza dello Stato costituisce, pertanto, con evidenza, il limite massimo di questa devastazione "mi1nore" dell'art. 419 cod. pen.
Quale sia, però, il limite minimo di questa devastazione "minore" - ed in cosa essa si differenzi da fattispecie incriminatrici, ed, in particolare, dal danneggiamento, atteso che la condotta di devastazione consiste in atti di violenza contro beni patrimoniali (Sez. 1, Sentenza n. 9520 del 03/12/2019, dep. 2020, P., Rv. 278502) ed anche la condotta di danneggiamento volontario prevista dall'art. 635 cod. pen. si sostanzia in un atto di violenza contro beni patrimoniali - non è ricavabile dalla norma con altrettanta immediatezza.
E' stata la giurisprudenza di legittimità d1e ha provveduto a tracciare il confine tra le due fattispecie, individuandolo, non nella gravità in sé del danno cagionato, gravità che non è coessenziale alla devastazione, ma nella circostanza che il danneggiamento reca offesa soltanto al patrimonio, mentire la devastazione offende anche l'ordine pubblico (Sez. 1, Sentenza n. 11912 del 18/01/2019, Oppedisano, Rv. 275322; Sez. 1, Sentenza n. 3759 del 07/11/2013, dep. 2014, Chiacchieretta, Rv. 258600).
Nel tentativo, poi, di riempire di contenuto questa affermazione - generale, ma anche generica - la giurisprudenza di legittimità ha precisato ulteriormente che la condotta di devastazione deve aver provocato un effetto distruttivo su larga scala (Sez. 1, Sentenza n. 9520 del 03/12/2019, citata sopra) oppure che, anche in mancanza di tale effetto distruttivo, si verifichi devastazione in presenza di "un danneggiamento - comunque complessivo, indiscriminato, vasto e profondo - di una notevole quantità di cose mobili o immobili, tale da determinare non solo un pregiudizio del patrimonio di uno o più soggetti, e con esso il danno sociale conseguente alla lesione della proprietà privata, ma anche un'offesa e un pericolo concreti dell'ordine pubblico, inteso come buon assetto o regolare andamento del vivere civile, cui corrispondono, nella collettività, l'opinione e in senso della tranquillità e della sicurezza (Sez. 6, Sentenza n. 37367 del 06/05/2014, Seppia, Rv. 261932).
In definitiva, un danneggiamento complessivo, indiscriminato, vasto e profondo, di una notevole quantità di cose mobili o immobili, quale quello avvenuto nel caso in esame, integra devastazione, perché determina un pregiudizio non solo al patrimonio di uno o più soggetti, ma anche, per usare le espressioni della pronuncia Seppia appena citati, "un'offesa e un pericolo concreti dell'ordine pubblico, inteso come buon assetto o regolare andamento del vivere civile, cui corrispondono, nella collettività, l'opinione e in senso della tranquillità e della sicurezza".
Nessuno degli argomenti introdotti nei motivi di ricorso è in grado di indurre a ritenere che le particolarità del caso in esame impediscano la configurazione della fattispecie.
Non l'essere stato accertato il nesso di causalità con l'evento di pericolo per l'ordine pubblico in assenza di leggi scientifiche, perché l'evento di pericolo è un evento in senso giuridico, non un evento in senso naturalistico, e quindi non è soggetto al giudizio controfattuale mediante il ricorso alle l,2ggi scientifiche di copertura.
Non l'essere stata usata soltanto una pistola e l'essere state attinte soltanto sessanta autovetture, perchè nel reato di devastazione non esiste un limite minimo di beni che devono essere danneggiati, essendo necessario soltanto che si tratti di un danneggiamento indiscriminato (sono state prese a caso le autovetture in sosta sulla pubblica via), vasto (l'evento di danno non è localizzato in pochi metri quadri, ma copre diverse strade del centro cittadino) e profondo (la rottura dei vetri delle auto, quindi un danno tangibile, immediatamente avvertibile da chiunque come tale).
Non la circostanza che l'evento sia avvenuto di notte (perché le tracce che lasciava erano destinate ad essere notare cinche la mattina successiva), non la circostanza che nelle autovetture colpite non vi fosse alcuna persona (perché alla struttura del reato di devastazione è estranea l'aggressione fisica), non la circostanza che durante la scorreria soltanto una persona si sia affacciata dalle abitazioni situate nelle strade in cui è stato commesso il crimine (perché, al di là del fatto che la compromissione di quel senso della tranquillità e della sicurezza in cui si sostanzia l'ordine pubblico si è comunque verificata la mattina successiva alla constatazione del vasto ed indiscriminato danneggiamento, le chiamate alle linee di emergenza furono diverse, e l'essersi affacciata solo una persona può essere spiegabile anche con il senso di pau1·a trasmesso da quei colpi di pistola sparati nel corso della notte, e quindi può essere usato come ulteriore argomento di conferma della offesa cagionata all'ordine pubblico dal comportamento in esame).
Non la mancanza, quantomeno, del dolo del delitto di devastazione, di cui gli imputati non sarebbero stati consapevoli, perché non è illogico che la sentenza impugnata abbia ritenuto tale affermazione in contrasto con le emergenze probatorie, atteso che nelle conversazioni che hanno intrattenuto dopo il fatto, mediante un applicativo di messaggistica istantanea, gli imputati si sono addirittura rammaricati che la loro azione abbia avuto una eco minore di quella che si sarebbero aspettati, talchè correttamente in punto di elemento soggettivo la Corte d'appello a pag. 5 della sentenza impugnata ha evidenziato che "l'organizzazione della trasferta nei luoghi teatro dell'evento non fu di certo unicamente determinata al fine di danneggiare le auto in sosta ma rispondeva ad un preciso disegno delinquenziale mirante ad affermare l'insofferenza ai dettami dell'ordine pubblico ed una non meglio individuata generica ribellione sociale, attraverso violenze perpetrate in maniera pianificata, fini a se stesse ed oggetto di manifesto compiacimento".
In definitiva, la qualificazione giuridica del fatto è corretta ed il primo motivo di ciascuno dei ricorsi, che mira a ridiscuterla, deve essere respinto.
2. Non è fondato neanche il motivo (il secondo di tutti ricorsi; il quarto in quello di I.) in cui si contesta che i giudici del merito, pur concedendo l'attenuante del risarcimento del danno e le attenuanti generiche, non avrebbero applicato le rispettive diminuzioni nella massima estensione.
L'attenuante del risarcimento del danno, in una situazione in cui il danno era stato risarcito soltanto parzialmente, è stata generosamente concessa dal giudice di primo grado, in quanto l'applicazione dei principi più volti espressi dalla giurisprudenza di legittimità sulla necessaria integralità del risarcimento (Sez. 2, Sentenza n. 46758 del 24/11/2021, S., Rv. 282321 - 01; Sez. 5, Sentenza n. 116 del 08/10/2021, dep. 2022, Maier, Rv. 282424; Sez. 2, Sentenza n. 9877 del 12/02/2021, Di Fortunato, Rv. 280725) avrebbe dovuto condurre il giudice a non riconoscere in alcun modo l'attenuante dell'art. 62, comma 1, 11. 6, cod. pen.
Quanto, invece, alle attenuanti generiche, la previsione dalla riduzione fino ad un terzo per le circostanze ad effetto ordinario comporta la legittimità della decisione, non esistendo un vincolo ad applicare la riduzione nella misura massima, che è solo una delle opzioni a disposizione del giudice del merito. Nel caso in esame, la scelta è sorretta da motivazione congrua (le attenuanti erano state riconosciute dal tribunale sul presupposto della confessione, della giovane età e della vita anteatta, e successivamente stemperate con la considerazione che la confessione era stata necessitata), non ulteriormente censurabile in sede di legittimità.
3. Non sono fondati i due motivi di ricorso, relativi alla posizione personale di I..
Nelle due pronunce di merito non emergono ragioni per differenziare la posizione di I. rispetto agli altri correi. Le circostanze riferite in ricorso sulla minima partecipazione di I., che avrebbe solo accettato di accompagnare gli amici, sono autoriferite. La circostanza che lo stesso debbc1 essere sottoposto a giorni alterni ad un ciclo di dialisi non incide sul concorso anche soltanto morale che lo stesso ha potuto dare all'azione criminosa unendosi aqli amici e facendo gruppo con essi.
Non si comprende, poi, il motivo di ricorso nella parte in cui accenna ad un dolo individuale che sarebbe diverso dal dolo di devastazione che in tesi poteva caratterizzare gli altri correi, posto che il dolo copre non solo la condotta propria, ma anche quella degli altri soggetti con cui si era consapevoli di agire.
Nè è fondata la richiesta dell'attenuante dell'art. 114 cod. pen., per riconoscere la quale non basta l'essere una delle persone che non hanno sparato o postato commenti, ma occorre, come correttamente rilevato dalla Corte d'appello, un contributo del tutto marginale e trascurabile all'azione degli altri correi, che non è emerso nel giudizio, e che continua ad essere soltanto autoriferito.
4. Ai sensi dell'art. 616, comma 1, cod. proc. pen., alla decisione consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il 19 maggio 2022.