Home
Network ALL-IN
Quotidiano
Specializzazioni
Rubriche
Strumenti
Fonti
2 agosto 2022
La comunione dei beni non salva il coniuge dalla dichiarazione per intero dell’attivo ereditario

L'Agenzia delle Entrate chiarisce che nella dichiarazione di successione va indicato l'intero importo del saldo attivo del conto corrente intestato al de cuius, salvo che gli eredi dimostrino che anche il credito è in comunione.

La Redazione

La richiesta di parere all'Agenzia delle Entrate trae origine dalla richiesta dell'istante di sapere se, in caso di decesso di una persona coniugata in regime di comunione legale dei beni, rientra in successione il valore corrispondente al 50% degli stessi.
Nonostante le numerose pronunce in tal senso, l'istante evidenzia la presenza di un indirizzo giurisprudenziale di senso opposto, secondo il quale «il saldo attivo di un conto corrente bancario intestato al de cuius andrebbe tassato per intero, atteso che la comunione legale fra i coniugi riguarderebbe solo gli acquisti, cioè gli atti implicanti il trasferimento della res, o la costituzione di diritti reali sulla medesima».

Con la risposta all'interpello n. 398/2022, l'Agenzia delle Entrate precisa che il regime di comunione legale implica prevalentemente la contitolarità e cogestione dei beni acquistati, anche separatamente, in costanza di matrimonio nonché le aziende gestite da entrambi e costituite dopo le nozze.
Il decesso di uno dei due coniugi rappresenta un'ipotesi di scioglimento della comunione (conseguenza del venir meno del matrimonio). Con la cessione del regime di comunione diventano comuni quei beni che, fino a quel momento, erano di titolarità di uno dei coniugi, solo se non consumati al momento dello scioglimento di questa.
Si tratta della comunione de residuo, che secondo l'art. 177, lett. b) e c) c.c. include, tra l'altro, i frutti derivanti a un coniuge dalla sua attività lavorativa e i frutti derivanti dai beni di titolarità individuale di uno dei coniugi.

Prosegue l'Agenzia delle Entrate osservando che l'art. 11 D.Lgs. n. 346/1990 introduce una presunzione secondo la quale, «in presenza di depositi bancari e conti correnti bancari e postali cointestati, le quote di ciascun cointestatario si presumono uguali, salvo che non risultino diversamente determinate. Pertanto, nell'ipotesi in cui il deposito o il conto risultino intestati ad un solo soggetto, si considera compreso nell'attivo ereditario l'intero ammontare».
Pertanto, se un conto corrente o un libretto sono intestati solo al defunto, nella dichiarazione di successione va indicato l'intero saldo attivo, salvo che l'erede dimostri che sussistono i presupposti per applicare il regime della comunione legale differita.
Per quanto riguarda, infine, le somme e i valori maturati dal de cuius, ma non ancora liquidati al momento decesso (ad esempio, stipendi maturati ed indennità per ferie e permessi non goduti e non riscossi dal de cuius) l'Agenzia delle Entrate ritiene che anch'essi sono da ricomprendere fra i beni caduti in successione e, come tali, da ricomprendere nell'attivo ereditario ai fini dell'imposta sulle successioni e donazioni. Per le predette considerazioni, tali somme potrebbero confluire nella comunione de residuo in quanto non consumati.