Il nulla osta rilasciato dalla Città Metropolitana dopo l'ordinanza prefettizia integrativa che inseriva la strada tra quelle per cui opera la deroga all'obbligo di contestazione immediata non vale a sanare l'assenza del parere.
L'automobilista proponeva opposizione contro il verbale di accertamento per eccesso di velocità, chiedendone l'annullamento in quanto l'autovelox che aveva registrato la violazione era stato installato in virtù di un decreto prefettizio emesso in assenza dell'acquisizione del conforme parere preventivo dell'ente proprietario della strada.
Il Comune,...
Svolgimento del processo
1. Con ricorso in opposizione ex art. 7 D. Lgs. 150/2011 avverso il verbale di accertamento n. (omissis), (omissis) chiedeva al Giudice di Pace di Torino di annullare e comunque dichiarare inefficace l'atto di accertamento impugnato e le relative sanzioni accessorie deducendo, in particolare, la violazione dell'art. 4 D.L. 121/2002 in quanto l'autovelox che aveva registrato l'eccesso di velocità sarebbe stato installato in forza di un decreto prefettizio emesso senza aver acquisito il preventivo parere conforme della Città Metropolitana di (omissis), quale ente proprietario della strada.
2. Nel costituirsi in giudizio, il Comune di (omissis) sosteneva che con decreto prefettizio integrativo del 7.1.2015 la strada era stata inserita tra quelle per cui opera la deroga all'obbligo di contestazione immediata e che, in ogni caso, con successivo provvedimento la Città Metropolitana aveva rilasciato il relativo nulla osta.
3. Il Giudice di prime cure respingeva il ricorso ritenendo che il nulla osta avesse ratificato il decreto integrativo prefettizio del 7.1.2015.
4. Avverso tale decisione (omissis) proponeva appello avanti il Tribunale di Torino. chiedendo la riforma della sentenza impugnata.
5. Il Tribunale, in funzione di giudice di secondo grado, accertata la contumacia del Comune di (omissis), accoglieva l'appello annullando il verbale di accertamento n. (omissis) e condannava il Comune di (omissis) al pagamento delle spese di lite dei due gradi di giudizio.
6. Nel dettaglio, il Tribunale affermava che il nulla osta rilasciato dalla Città Metropolitana dopo l'ordinanza prefettizia integrativa del 7.1.2015 non fosse valso a sanare l'assenza del "conforme parere degli enti proprietari" che, ai sensi dell'art. 4 della L. 2448/1865, costituisce una fase ineludibile dell'iter amministrativo volto all'individuazione dei tratti di strada per i quali sia consentito derogare all'obbligo di immediata contestazione delle violazioni al Cds.
7. Avverso questa decisione propone ricorso per cassazione il Comune di (omissis), affidandosi a due motivi di ricorso, con i quali si duole della violazione e falsa applicazione dell'art. 4, comma 2, D.L. 121/2002, conv. con L. 168/2002, nonché dell'art. 21-octies L. 241/90.
8. Resiste con controricorso (omissis), chiedendo il rigetto dei motivi articolati dal ricorrente e lamentando la violazione dell'art. 91 c.p.c. per aver il giudice di merito liquidato le spese di lite in favore del Comune di (omissis), in assenza di una specifica domanda in tal senso da parte di quest'ultimo.
9. La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio ai sensi dell'art. 380-bis.1 c.p.c.
10. In prossimità dell'udienza le parti hanno depositato memorie.
Motivi della decisione
I.- Ritiene il Collegio, in via preliminare ed assorbente rispetto ad ogni altra questione, che nel caso in esame sussistano le condizioni per pervenire immediatamente alla declaratoria di improcedibilità del ricorso.
Dispone l'art. 369 comma 2 n. 2 c.p.c. che insieme con il ricorso deve essere depositata, sempre a pena di improcedibilità, la copia autentica della sentenza "con la relazione di notificazione, se questa è avvenuta.". Detto deposito deve avvenire nel termine di venti giorni dall'ultima notificazione, come previsto dal comma 1 dello stesso articolo.
La formulazione della norma processuale è chiara nel senso di richiedere, a pena di improcedibilità, il deposito materiale dell'atto unitamente al ricorso. Ebbene, nel caso di specie la parte ricorrente dà atto della avvenuta notifica della sentenza impugnata in data 12.12.2018 (v. pag. 1 ricorso), ma nell'incarto processuale non si rinviene la relazione di notificazione della sentenza (in calce alla pronuncia infatti è presente solo l'attestazione di conformità al provvedimento contenuto nel fascicolo informatico).
È vero che le Sezioni Unite hanno affermato la procedibilità del ricorso per cassazione quando la copia notificata della sentenza impugnata, non prodotta dal ricorrente, che pur abbia dichiarato l'esistenza di tale evento, sia stata depositata da un'altra parte nel giudizio di legittimità o comunque sia presente nel fascicolo di ufficio (Cass. S.U. n. 10648/2017), ma nel caso di specie si è fuori anche da tali ipotesi, come verificato dal Collegio e attestato pure dalla Cancelleria con apposita dichiarazione "consultati gli atti del fascicolo del ricorrente e del controricorrente". Né soccorre la pronuncia delle Sezioni Unite n. 8312/2019 sulle conseguenze della mancanza delle prescritte attestazioni di conformità, ipotesi ben diversa da quella in esame, in cui ciò che manca è addirittura il deposito - che deve essere tempestivo - della copia della relazione di notificazione della sentenza e dei relativi messaggi via PEC in caso di notificazione per via telematica (v. pag. 42 par. 2 S.U. cit.), come risulterebbe, stando alle dichiarazioni del ricorrente (v. sempre pag. 1 del ricorso: "notificata il 12.12.2018").
Infine, non può giovare a parte ricorrente il principio (cfr. Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 11386 del 30/04/2019 Rv. 653711; Sez. 6 - 3, Sentenza n. 17066 del 10/07/2013 Rv. 628539) che esenta dalle formalità di deposito della copia notificata nel solo caso di intervallo, tra pubblicazione della sentenza e notifica del ricorso, inferiore al termine breve, visto che tale intervallo è, nella specie, maggiore (sentenza di appello pubblicata il 20.11.2018 e ricorso notificato il 07.02.2019).
La sanzione dell'improcedibilità è quindi inevitabile ai sensi dell'art. 369 c.p.c. (cfr. tra le varie, Sez. L -, Sentenza n. 3466 del 12/02/2020 Rv. 656775; Sez. 1 -, Ordinanza n. 14360 del 25/05/2021; Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 19695 del 22/07/2019 Rv. 654987; Sez. 2, Ordinanza n. 19359 del 17/05/2022).
II. - In ragione della soccombenza, il ricorrente va condannato a rimborsare al controricorrente le spese del giudizio di cassazione, nell'importo liquidato in dispositivo, con distrazione in favore del difensore dichiaratosi antistatario.
III. - Deve inoltre darsi atto che non si ravvisano nella richiesta del controricorrente di annullamento della sentenza impugnata nel punto delle spese di lite per violazione dell'art. 91 c.p.c., gli estremi del ricorso incidentale, che - se tale configurato - non sarebbe travolto dalla dichiarazione di improcedibilità del ricorso proposto in via principale perché avanzato nei termini. Le doglianze sono infatti palesemente rivolte a censurare la pronuncia del giudice di prime cure, peraltro sul punto già riformata in senso favorevole al controricorrente dalla sentenza n. 5403/2018 del Tribunale di Torino e, per come formulate, assumono la veste di una impropria riproposizione del motivo di appello.
IV. - Visto l'esito del ricorso, possono riconoscersi sussistenti le condizioni per il versamento dell'ulteriore contributo unificato ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, inserito dall'art. 1, comma 17 legge n. 228/12, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara improcedibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 400,00, oltre €. 100,00 per esborsi, oltre spese generali forfettarie nella misura del 15% e oneri accessori. Spese distratte a favore del difensore.
Sussistono a carico del ricorrente i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, inserito dall'art. 1, comma 17 legge n. 228/12, se dovuto.