Risposta affermativa della CTR Toscana, la quale precisa che tali elementi devono essere sottoposti ad autonomo vaglio critico da parte del giudice.
Con la sentenza n. 867 del 4 luglio 2022, la CTR Toscana accoglie l'appello del contribuente annullando gli avvisi di accertamento per operazioni inesistenti e omessa presentazione delle dichiarazioni dei redditi.
A sostegno della sua decisione, la Commissione ribadisce che, «fermo il principio del doppio binario tra processo penale e tributario, il...
Svolgimento del processo
Con sentenza emessa dalla Commissione tributaria regionale di Firenze n 334/2019, venivano respinti i ricorsi riuniti presentati dal contribuente H. Y. avverso gli avvisi di accertamento n. (omissis) per l'anno 2012, n. (omissis) per l'anno 2013 e n. (omissis) per l'anno 2014.
Gli accertamenti conseguivano ad una verifica fiscale condotta dalla Guardia di Finanza di Castelfiorentino ed esitata nel PVC notificato in data 15/11/2017, che ricostruiva induttivamente il reddito essendosi verificato attraverso controlli incrociati che la ditta individuale del contribuente aveva continuato l'attività negli anni in esame, cessandone solo formalmente l'esercizio in data 31/01/2006, senza registrare le fatture e senza presentare le relative dichiarazioni dei redditi.
La commissione di primo grado:
- in primo luogo richiamandosi ad un orientamento di legittimità formatosi sul punto, respingeva la censura afferente la dedotta nullità per violazione dell'art. art. 42 del DPR 600/73 e dell'art. 17, comma 1-bis D.Lgs. n. 165/2001, in ordine alla mancata sottoscrizione degli accertamenti da parte del Direttore, visto che gli atti erano stati sottoscritti dal Capo Area, funzionario dell'Agenzia delle Entrate, delegato dal Direttore Provinciale (dirigente di ruolo);
- Quanto alle altre censure - mancanza di legittimazione passiva e conseguente illogicità della motivazione degli avvisi di accertamento-, riteneva la legittimità e la fondatezza dell'accertamento induttivo ex art. 39 co 2 DPR 600/73, stanti le verifiche incrociate della guardia di finanza dalle quali emergevano rapporti con le ditte individuali C. J. e T. L. X.; per contro osservava come la denuncia sporta dal contribuente circa l'abusivo utilizzo del timbro e la sentenza del Tribunale di Firenze di assoluzione dal reato di contraffazione di merce, fossero elementi privi di rilievo sul procedimento fiscale.
- Venivano poste a carico del soccombente le spese del processo.
- Avverso la sentenza ha promosso appello il contribuente deducendo:
- Nullità della sentenza per omessa o insufficiente motivazione, in particolare non sarebbe stato sufficientemente considerato che l'attività era cessata nel 2004 anziché nel 2006, come indicato nel PVC, che il contribuente aveva prestato attività lavorativa come dipendente presso altra impresa; non erano state neppure prese in considerazione le denunce circa l'utilizzo improprio dei timbri dell'azienda negli anni 2004-2007, e l'assoluzione riportata per il delitto di contraffazione di marchi; inoltre non erano esposti elementi induttivi precisi e la GdF aveva attinto anche al sito radar;
- ad ogni modo esso contribuente, attraverso la produzione documentale in atti, aveva ampiamente assolto l'onere della prova contraria a suo carico.
L'Agenzia delle entrate si costituiva a sua volta resistendo all'appello e riportandosi agli argomenti sviluppati dalla sentenza di primo grado della quale segnalava la piena esaustività sotto il profilo motivazionale.
Con successiva memoria l'appellante depositava ulteriore sentenza del tribunale di Firenze di assoluzione dai reati fiscali contestati proprio in relazione alle medesime fatture considerate nel pvc ed oggetto dell'accertamento.
Il processo, dopo la prima udienza, veniva aggiornato alla data odierna essendosi disposta l'acquisizione del PVC non presente in atti.
Motivi della decisione
Ritiene questa commissione, presa visione del pvc acquisito agli atti e presa visione della memoria difensiva 21 /12/2021 cui è stata allegata la sentenza assolutoria emessa dal tribunale di Firenze in data 15/3/2021, irrevocabile, in ordine al delitto di emissione di fatture per operazioni inesistenti e omessa presentazione delle dichiarazioni dei redditi, che l'appello sia meritevole di accogliento nel merito; viceversa il punto relativo alla dedotta nullità dell'accertamento per omessa sottoscrizione da parte di funzionario non abilitato, è sostanzialmente inammissibile perché privo di specifica confutazione rispetto alla soluzione adottata in primo grado.
Nel merito la sentenza di primo grado appare fondata su presupposti erronei.
L'elemento indiziario alla base del recupero è costituito dal riscontro presso altre due ditte cinesi di fatture apparentemente emesse dalla ditta del contribuente, elementi peraltro non privo di profili ambigui e a fronte del quale il contribuente ha comunque fornito una propria spiegazione nei limiti della praticabilità della prova negativa, allegando elementi contrari alla riconducibilità a se della attività economica occulta che avrebbe generato i ricavi sottratti all'imposizione:
- Da un lato va difatti considerato che l'elemento indiziario non era esente da criticità: gli stessi operatori della gdf non hanno riscontrato in sede di accesso presso il contribuente alcuna operatività aziendale clandestina, né (come chiarito poi in sede penale) hanno svolto verifiche circa la sussistenza delle prestazioni a favore delle due ditte riceventi le fatture in contestazione, i cui titolari erano risultati perfino irreperibili, come emerge dallo stesso pvc; mancano dunque dati sufficienti tanto a riportare i fatti alla persona del contribuente che in ordine alla reale esistenza delle prestazioni fatturate;
D'altra parte il contribuente ha offerto spunti contrari che minano la fragile tenuta degli elementi indiziari a suo carico:
- Ha dimostrato difatti documentalmente:
- A) di aver, sia pure in epoca anteriore di qualche anno rispetto all'accertamento, sporto denuncia contro ignoti per l'utilizzo improprio del timbro della ditta, cessata da diverso tempo, e riproducente un indirizzo inesatto;
- B) di essere stato costantemente occupato in attività lavorativa a tempo pieno quale dipendente (v. buste paga in atti a copertura dell'intero periodo oggetto dell'accertamento);
- C) Da ultimo con memoria depositata in atti ha prodotto la recente sentenza assolutoria emessa a suo favore del tribunale penale di Firenze dalla quale risulta accertata l'insussistenza dei fatti storici comuni al processo penale e all'accertamento fiscale, trattandosi proprio delle fatture oggetto di contestazione.
Sul punto la giurisprudenza di legittimità pur attestata nel senso della non applicabilità al processo tributario dell'art. 654 c.p.p. stanti le limitazioni probatorie proprie di quest'ultimo, opzione legislativa del c.d. doppio binario, con orientamento condiviso da questa Commissione, (cfr. Cass. sent. 8 luglio 2021, depositata il 22 settembre 2021, n. 25632) ha riconosciuto che il materiale probatorio raccolto in sede penale ben può essere utilizzato in sede di contenzioso tributario, ove sottoposto ad autonomo vaglio critico da parte del giudice tributario.
Nel caso di specie, tenuti presenti gli elementi di cui sopra e il vaglio solo cartolare sotteso alla verifica della guardia di finanza, come da P.V.C in atti, gli elementi sottoposti al giudice penale secondo il quale "Nessun elemento consente di ritenere che le fatture false in questione siano state materialmente emesse dall'attuale imputato e non piuttosto cedute/vendute alle due ditte individuali da terzi e all'insaputa dell'imputato" sono utilizzabili pienamente anche nel presente processo, in quanto è un dato di fatto accertato in quella sede attraverso la deposizione del verbalizzante che " non sono state rinvenute comunicazioni tra l'imputato e gli altri due soggetti né si sa se le fatture in questione siano state pagate (né altri elementi sono stati addotti dal teste di PG se non la circostanza che gli utilizzatori fossero operanti in aree geografiche diverse".
In definitiva dall'assenza di riscontri fattuali ai rilievi solo formali dei militari della GDF come da indicazioni contenute nel PVC , dai credibili elementi contrari offerti dal contribuente, e da ultimo dal conforme contenuto della deposizione testimoniale del verbalizzante resa davanti all'A.G. penale, si deve concludere per l'assenza di elementi attestanti il perdurante svolgimento da parte del contribuente della ipotizzata attività economica clandestina generatrice dei ricavi alla base delle fatture, e quindi dell'assenza del presupposto per l'accertamento induttivo ex art. 39 dpr 600/73.
Né d'altra parte è stato accertato, neppure in sede penale, alcun suo ruolo nel giro di false fatturazioni mancando del tutto anche nel pvc ogni approfondimento di indagine che possa dimostrare con una qualche fondatezza la sussistenza di rapporti intrattenuti con le ditte destinatarie delle fatture.
Non vi sono in definitiva elementi diversi da quelli sopra chiariti.
La sentenza di primo grado che ha erroneamente omesso di prendere in esame gli elementi sopra illustrati deve quindi essere riformata, con conseguente annullamento degli avvisi di accertamento oggetto di contestazione. Stante la complessità della vicenda i cui contorni sono stati definitivamente chiariti solo in esito agli approfondimenti probatori derivanti dallo svolgimento del giudizio penale, ricorrono giusti motivi di compensazione delle spese per entrambi i gradi di giudizio.
P.Q.M.
La Commissione accoglie l'appello e compensa le spese per entrambi i gradi di giudizio.