In caso di vizio apparente, cioè quello rilevabile attraverso un rapido e sommario esame del bene utilizzando l'ordinaria diligenza, il dies a quo decorre dal giorno del ricevimento della merce, equiparandosi la possibilità di accertamento della condizione del bene alla riconoscibilità dei vizi apparenti.
La società proponeva opposizione al decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Monza su ricorso della società odierna ricorrente ai fini del pagamento di una certa somma a titolo di fornitura di merci.
Secondo l'opponente, le merci erano state consegnate in ritardo rispetto agli accordi ed era affetta da gravi vizi e difetti che erano stati...
Svolgimento del processo
1. La società È.M. srl proponeva opposizione al decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Monza, sezione distaccata di Desio, in data 3 maggio 2011 sul ricorso di I. s.r.l. per il pagamento di euro 14.869,79 dovuto per la fornitura di merci.
Il Tribunale evidenziava che oggetto della causa era la fornitura di merce che la società opponente aveva effettuato per la realizzazione di tre modelli di piumino per la collezione autunno inverno 2010-2011. L’opponente si era rivolta alla società opposta ordinando l’11 ottobre 2010 la merce necessaria alla produzione dei suddetti piumini, concordando come termine di consegna la fine del mese di ottobre del 2010. Secondo l’opponente la merce era stata consegnata in ritardo rispetto ai patti e la stessa si caratterizzava per gravi vizi e difetti, tempestivamente denunciati con conseguenti danni consistenti nell’annullamento di ordini, nel sostenimento di esborsi per la riparazione e di pregiudizio all’immagine commerciale.
2. Il Tribunale di Monza accoglieva l’opposizione, revocava il decreto ingiuntivo e condannava la società opponente al pagamento in favore della società opposta della somma di euro 6037,95.
3. La società I. proponeva appello avverso la suddetta sentenza.
4. È.M. si costituiva in appello chiedendo la conferma della sentenza.
5. La Corte d’Appello di Milano rigettava l’impugnazione. In particolare, quanto al primo motivo di appello evidenziava l’infondatezza della censura circa l’inammissibilità del deposito della memoria istruttoria ex art. 183, sesto comma, n. 2 c.p.c. che secondo l’assunto dell’appellante era stata prodotta in copia trasmessa via telefax e non poteva considerarsi conforme all’originale, stante il difetto di sottoscrizione dell’avvocato ricevente previsto dall’art. 1 della l. n. 183 del 1993, eccezione reiterata all’udienza ex art. 184 c.p.c. del 18 aprile 2012. Secondo la Corte d'Appello, come rilevato dal giudice di primo grado nell’ordinanza del 3 maggio 2012 di ammissione delle prove, la memoria era da ritenersi ammissibile in quanto corredata da sottoscrizione del procuratore alle liti, come poteva evincersi dalla copia via telefax. Infatti, dagli atti di primo grado contenuti nel fascicolo di parte È.M. si rilevava che la suddetta memoria, depositata il 15 marzo 2012, era stata trasmessa via telefax dallo studio legale F. di Roma all’avvocato C.C. con studio in Monza che l’aveva doppiamente sottoscritta in originale, ponendo la propria firma non solo in calce alla memoria ma anche sotto la dichiarazione della conformità dell’atto ai sensi dell’art. 1 della legge n. 183 del 1993. L’avvocato C.C. di Monza era il difensore munito di delega congiunta e disgiunta con l’avvocato A.F. e, dunque, erano rispettati i requisiti di ammissibilità previsti dalla norma come interpretata dalla giurisprudenza di legittimità.
Anche il secondo motivo d’appello con il quale la società appellante lamentava l’erroneo rigetto dell’eccezione di intervenuta decadenza dalla garanzia dei vizi, poiché non tempestivamente denunciati, era infondato, così come il terzo motivo avente ad oggetto il profilo del ritardato inadempimento e della sussistenza dei vizi e difetti della merce.
La Corte d’Appello evidenziava che la merce oggetto di contestazione consisteva in fibbie e bottoni di plastica. Tale merce era stata acquistata con ordine trasmesso da È.M. ad I. e prevedeva la consegna a mezzo spedizione. La società incaricata da È.M. per la realizzazione dei capi di abbigliamento con l’utilizzo di prodotti acquistati dalla I. aveva sede in Moldavia, di conseguenza la merce, non appena consegnata alla È.M., era stata spedita in Moldavia ancora imballata negli scatoloni, sicché i vizi e i difetti della merce dovevano considerarsi da un lato vizi occulti e dall’altro tempestivamente denunciati dalla scoperta degli stessi. Tali vizi consistevano, per i bottoni, in differenze del colore rispetto a quanto ordinato e, per le fibbie, nella inidoneità per dimensione e mancanza delle viti di giuntura e della molla interna. Infatti, trattandosi di elevato quantitativo di prodotto consegnato imballato e pronto per essere nuovamente spedito in Moldavia, i vizi erano stati scoperti solo al momento dell’arrivo della merce presso la ditta che doveva confezionare i piumini. Infine, quanto all’erronea attribuzione di ritardo nell’adempimento dell’obbligazione il termine di intervenuta pattuizione per la consegna della merce era effettivamente relativo solo alle cerniere lampo e non specificamente ai bottoni e alle fibbie. Tuttavia, la valutazione del Tribunale in ordine alla necessità della celerità della consegna del prodotto, data l’esigenza commerciale della controparte, doveva trovare conferma in quanto congruamente motivata anche sulla base delle dichiarazioni rese non solo dai testi ma anche dal legale rappresentante della società appellante.
6. La società I. ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di due motivi.
7. È.M. ha resistito con controricorso.
Motivi della decisione
1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione dell’art. 1 della l. n. 183 del 1993.
Secondo il ricorrente la sentenza impugnata sarebbe censurabile in quanto le motivazioni, addotte dalla Corte d’Appello a sostegno del rigetto dell’eccezione di inammissibilità della memoria istruttoria depositata il 13 aprile 2012 avanzata nel giudizio di merito dalla società ricorrente, sarebbero fondate sulla violazione ed errata applicazione del disposto dell’art. 1 della l. n. 183 del 1993. Tale ultima norma, infatti, prevede che la copia fotoprodotta il cui originale sia dichiarato conforme all’atto trasmesso da parte dell’avvocato procuratore e trasmittente sia sottoscritto dall’avvocato procuratore ricevente. Nella specie mancherebbe la sottoscrizione dell’avvocato ricevente C.C.. La memoria, infatti, sarebbe stata sottoscritta soltanto dall’avvocato F. mentre difetterebbe della sottoscrizione dell’avvocato C.. Dunque, non avendo l’avvocato C. sottoscritto la memoria istruttoria non sarebbe soddisfatto il requisito previsto dalla norma citata.
1.2 Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
La sentenza ha ammesso la memoria affermando espressamente che la stessa era stata trasmessa via telefax dallo studio legale F. di Roma all’avvocato C.C. con studio in Monza che l’aveva doppiamente sottoscritta in originale, ponendo la propria firma non solo in calce alla memoria ma anche sotto la dichiarazione della conformità dell’atto ai sensi dell’articolo uno della legge numero 183 del 1993. L’avvocato C.C. di Monza era il difensore munito di delega congiunta e disgiunta con l’avvocato A.F. e, dunque, erano rispettati i requisiti di ammissibilità previsti dalla norma come interpretata dalla giurisprudenza di legittimità.
Ne consegue che quello prospettato dal ricorrente è un vizio di mera percezione che deve essere fatto valere con lo strumento della revocazione. Infatti, la parte, in un caso come quello prospettato, ha l'onere di impugnare la sentenza con la revocazione ordinaria e non col ricorso per cassazione, in quanto l'errore dedotto dipende da una falsa percezione della realtà, ovvero da una svista obiettivamente ed immediatamente rilevabile (nella specie, l'apposizione sulla memoria trasmessa via telefax della firma da parte dell’avvocato ricevente C.C.), la quale abbia portato ad affermare o supporre l'esistenza di un fatto decisivo, incontestabilmente escluso dagli atti e documenti, ovvero l'inesistenza di un fatto decisivo, che dagli atti o documenti stessi risulti positivamente accertato e che in nessun modo coinvolga l'attività valutativa del giudice di situazioni processuali esattamente percepite nella loro oggettività (Sez. 2, Ord. n. 20113 del 2020).
Peraltro, non può sottacersi che l’eventuale mancanza di firma dell’avv. C. sulla memoria non avrebbe comportato necessariamente l’inammissibilità della stessa, dovendosi comunque verificare la conformità della copia all’originale ex art. 2719 c.c. (Sez. 5, Ord. n. 12737 del 2018; Sez. L, Sent. n. 7521 del 2010).
2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione degli articoli 1495 e 1511 c.p.c.
La censura attiene al rigetto dell’eccezione preliminare di intervenuta decadenza della società opponente dalla garanzia ex art. 1495 c.c. e, in particolare, quanto alla qualificazione di vizi occulti con riferimento alla merce consegnata. I difetti lamentati dalla società opponente consistevano nella pretesa diversa colorazione dei bottoni, nonché nell’inidoneità delle fibbie per le dimensioni e per la completa mancanza delle giunture e della molla interna. Tali vizi dovrebbero essere qualificati come vizi apparenti essendo facilmente riconoscibili utilizzando la normale diligenza.
Dunque, secondo il ricorrente, il termine di decadenza dalla garanzia ex art- 1495 c.c., in conformità al prevalente indirizzo di legittimità, deve farsi decorrere dal momento in cui era possibile acquisire, in base ad elementi obiettivi, la conoscenza degli stessi e, nella specie, trattandosi di vendita di cose mobili, dalla data della consegna della merce.
La consegna era avvenuta il 16-24 novembre 2010 per i bottoni e il 1° dicembre 2010 per le fibbie. La controparte invece aveva sollevato le proprie doglianze in merito alla asserita non provata sussistenza dei vizi e difetti solo in data 22 dicembre 2010.
2.1 Il secondo motivo di ricorso è fondato.
Da quanto emerge dagli atti, i vizi che la società È.M. ha denunciato alla società I. e che poi ha fatto valere in sede di opposizione a decreto ingiuntivo non possono ritenersi vizi occulti, essendo facilmente riscontrabili con un semplice esame della merce. Ne consegue che il dies a quo degli otto giorni per la denuncia ex art. 1495 c.c. decorreva dalla data di consegna. Il fatto che la società acquirente aveva lasciato la merce imballata per rispedirla in Moldavia dove la medesima merce doveva essere utilizzata per la produzione dei piumini non può essere motivo idoneo a procrastinare il termine per la denuncia ex art. 1495 c.c., in quanto il vizio poteva già essere facilmente individuato con l’ordinaria diligenza mediante l’ispezione anche di un solo campione del prodotto.
Il Collegio intende ribadire che: «In tema di garanzia per vizi della cosa venduta, ai fini della decorrenza del termine breve di otto giorni per la denuncia, va considerato: che in caso di "vizio apparente", che è quello rilevabile attraverso un rapido e sommario esame del bene utilizzando l’ordinaria diligenza, il dies a quo decorre dal giorno del ricevimento della merce, equiparandosi in tal caso la possibilità di accertamento della condizione del bene alla riconoscibilità dei vizi apparenti» (Sez. 2, Sent. n. 7202 del 1994).
In altri termini, in caso di facile riconoscibilità dei vizi, l'onere del compratore, quale risulta dall’art. 1495 c.c., deve rapportarsi alla diligenza occorrente per rilevare i difetti di facile percezione.
In proposito deve darsi continuità al seguente principio di diritto: l'individuazione della riconoscibilità dei vizi redibitori ex art. 1495 cod. civ. quale dies a quo del termine di decadenza dell'azione di garanzia va effettuata tenendo conto della qualità delle parti e della natura della cosa medesima. Pertanto, con riguardo alla vendita di merci suscettibili di trasformazioni (capi di abbigliamento) nel rapporto tra imprenditori esperti del settore, va effettuata con riguardo alla data in cui l'acquirente è messo in condizione di verificare la merce stessa (che normalmente coincide con il giorno della consegna: art. 1511 cod. civ.) e non con riguardo alla diversa data di consegna dalla merce al fine della trasformazione della stessa (cfr. Sez. 2, Sentenza n. 10498 del 1996).
3. Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.
La censura attiene alla ritenuta responsabilità per il ritardo nell’adempimento della ricorrente. La tesi esposta con il motivo in esame attiene al fatto che l’ordine delle merci era stato ricevuto soltanto in data 28 ottobre 2010, dopo che la società È.M. era stata informata delle quotazioni della merce, dei tempi di produzione e di consegna di tutti gli articoli richiesti, ovviamente con la conferma dell’ordine. Ne consegue che non può dirsi provato che tra le parti sia stata concordata la consegna della merce per la fine del mese di ottobre 2010, quando l’ordine era stato effettuato solo il 28 ottobre 2010.
3.1 Il terzo motivo di ricorso è fondato.
La Corte d'Appello non ha motivato in alcun modo sulla circostanza dedotta dalla Società I. circa il fatto che l’ordine della merce si era perfezionato solo in data 28 ottobre 2010. Peraltro, la sentenza sul punto è anche contraddittoria perché la Corte d'Appello, dopo aver affermato che il termine pattuito per la consegna, genericamente individuato nella fine di ottobre (doc. 5 del fascicolo di E’.M.), era relativo solo alle cerniere lampo, ha poi ritenuto che il suddetto termine fosse riferito anche alla restante merce (fermacorda, bottoni in plastica, occhielli in ottone, bottoni a pressione e fibbie) sulla base di esigenze commerciali di celerità che, se pure certamente sussistenti, presupponevano comunque il perfezionarsi dell’ordine. Sulla dedotta circostanza, pertanto, la Corte d'Appello ha omesso ogni considerazione, dovendo invece spiegare le ragioni per le quali ha ritenuto non rilevante il fatto che l’ordine della merce si era perfezionato il 28 ottobre dopo l’interlocuzione tra le parti avvenuta il 20 ottobre.
4. La Corte accoglie il secondo e il terzo motivo di ricorso, rigetta il primo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'Appello di Milano in diversa composizione, e che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo e il terzo motivo di ricorso, rigetta il primo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'Appello di Milano in diversa composizione, e che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.