Qualora l'esito dei rimedi sia favorevole al ricorrente (con annullamento del verbale di accertamento), viene meno il presupposto per la configurazione della violazione di cui all'art. 126-bis, comma 2, c.d.s. a carico dell'obbligato in esso individuato.
Il Giudice di Pace accoglieva il ricorso presentato dall'automobilista, dichiarando nullo il verbale di accertamento della Polizia Municipale per la violazione dell'art. 126-bis c.d.s., in quanto egli non aveva fornito entro il termine di 60 giorni i dati personali e della patente di guida ai fini della sua identificazione.
Proposto gravame da parte del...
Svolgimento del processo
1. Con sentenza n. 509/2017, il Giudice di pace di Bari accoglieva il ricorso presentato dal sig. M.B. e dichiarava nullo il verbale elevato dalla Polizia Municipale di (omissis) per violazione dell’art. 126-bis c.d.s. (consistita nel non aver fornito al Comando di Polizia municipale del citato Comune, entro il termine di 60 giorni, i dati personali e della patente di guida del conducente del veicolo di sua proprietà, siccome sanzionato per un’infrazione allo stesso c.d.s., senza che fosse stato identificato l’autore della violazione).
2. Decidendo sull’appello proposto dal Comune di (omissis) e nella costituzione dell’appellato, il Tribunale di Bari, con sentenza n. (omissis) (pubblicata il 5 giugno 2019), accoglieva il gravame e, in riforma della sentenza di primo grado, rigettava l’opposizione avverso l’impugnato verbale di accertamento.
A fondamento dell’adottata pronuncia, il citato Tribunale dava atto, preliminarmente, che, in tema di sanzioni amministrative conseguenti a violazioni del codice della strada, il termine entro cui il proprietario del veicolo è tenuto, ai sensi dell’art. 126-bis, comma 2, c.d.s., a comunicare all’organo di polizia che procede i dati relativi al conducente, non decorre dalla definizione dell’opposizione avverso il verbale di accertamento dell’infrazione presupposta, ma dalla richiesta rivolta al proprietario dall’autorità competente, trattandosi di un’ipotesi di illecito istantaneo previsto a garanzia dell’interesse pubblicistico relativo alla tempestiva identificazione del responsabile, del tutto autonomo rispetto all’effettiva commissione di un precedente illecito. Né – ha aggiunto il giudice di appello - è diversamente previsto dallo stesso art. 126-bis che l’organo di polizia debba soprassedere sulla richiesta di comunicazione dei dati in attesa della definizione della contestazione dell’illecito, stabilendo tale norma che il termine decorre dalla data di notifica del verbale di contestazione dell’infrazione presupposta e, dunque, non dalla definizione dell’opposizione a tale contestazione.
Pertanto, il giudice di secondo grado concludeva nel senso che andava disattesa la tesi accolta dal giudice di prime cure, secondo cui la pendenza del ricorso avverso il verbale riguardante la violazione presupposta è idonea a sospendere le indagini degli organi della polizia volti all’identificazione dell’effettivo trasgressore e che, quindi, il B. si poteva ritenere esentato dall’assolvimento dell’obbligo di comunicazione imposto dall’art. 126-bis c.d.s., a decorrere dalla ricezione del relativo avviso.
3. Contro l’indicata sentenza di appello ha formulato ricorso per cassazione, affidato a sei motivi, il B.M..
L’intimato Comune di (omissis) non ha svolto alcuna attività difensiva in questa sede.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo il ricorrente ha denunciato – in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c. - l’omessa pronuncia circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, nonché la violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 111, comma 6, Cost. – per aver il giudice di appello mancato di considerare che il verbale di accertamento presupposto, identificato con il numero (omissis), notificato ad esso ricorrente in data 24 giugno 2016, conteneva l’avvertimento che l’obbligo di comunicazione dei dati del conducente entro sessanta giorni, ai sensi dell’art. 126-bis, comma 2, c.d.s., sarebbe decorso, in caso di ricorso avverso il citato verbale, dalla data di notifica del provvedimento con cui sarebbero stati definiti i rimedi giurisdizionali o amministrativi previsti dalla legge.
2. Con la seconda censura il ricorrente ha dedotto – ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. – la violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge n. 689 del 1981 e dell’ art. 1366 c.c., nonché – in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. – il vizio di omessa motivazione, per aver il Tribunale mancato di argomentare sulla sussistenza dell’elemento soggettivo, nella specie implicitamente escluso, e sulla buona fede del ricorrente in ragione dell’affidamento riposto sul contenuto del verbale presupposto, da cui si evinceva che l’obbligo di comunicazione dei dati del conducente, in caso di proposizione del ricorso, sarebbe decorso solo all’esito della notifica del provvedimento di conclusione dei rimedi giurisdizionali.
3. Con la terza doglianza, il ricorrente ha dedotto – ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. – la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 126- bis, comma 2, c.d.s., nonché – in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. – il vizio di omessa motivazione dell’impugnata sentenza, per non aver il giudice di appello correttamente interpretato il citato art. 126-bis c.d.s., atteso che questa norma presuppone che il generico trasgressore venga adeguatamente informato dall’organo accertatore, con apposita formula contenuta nel verbale impugnato, del detto obbligo di comunicazione (così come espressamente previsto dalla circolare ministeriale n. 3971/2011), laddove, nel caso di specie, non solo non era presente tale avviso, ma, al contrario, si comunicava al trasgressore che detto termine, in caso di ricorso, sarebbe decorso dalla definizione dei rimedi giurisdizionali.
4. Con il quarto motivo, il ricorrente ha prospettato – ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. – la violazione e falsa applicazione dell’art. 91, comma 1., c.p.c, non avendo il giudice di secondo grado considerato che il Comune di (omissis), nel corso del giudizio di primo grado svoltosi innanzi al Giudice di pace, era stato difeso e rappresentato non da un avvocato bensì da un proprio dipendente, ragion per cui egli non avrebbe potuto essere condannato al pagamento degli onorari di avvocato anche per il primo grado di giudizio, difettando le relative qualità nel funzionario amministrativo.
5. Con la quinta censura il ricorrente ha denunciato - in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5 - la nullità dell’impugnata sentenza per violazione di legge ed omessa motivazione in punto spese processuali, per non aver il giudice di appello, in alcun modo, motivato e specificato i criteri adottati al fine di procedere alla liquidazione per i diritti, onorari e spese generali con riguardo al primo e al secondo grado di giudizio.
6. Con la sesta ed ultima doglianza il ricorrente ha dedotto che, nella specie, sussistevano i presupposti per emettere sentenza di condanna, nei confronti del citato Comune, ai sensi dell’art. 96 c.p.c., per aver esso agito in sede di appello con malafede o, comunque, colpa grave.
7. Rileva il collegio che i primi tre motivi, tra loro all’evidenza connessi ed incentrati sulla stessa questione giuridica, possono essere esaminati congiuntamente.
Essi sono fondati per le ragioni che seguono.
Si osserva che, nell’impugnata sentenza, si afferma che la contestata violazione di cui all’art. 126-bis, comma 2, c.d.s. si era venuta a configurare a carico dell’odierno ricorrente sul presupposto che avrebbe dovuto aversi, in proposito, riguardo al decorso del termine (ora di sessanta giorni) dalla data di notifica del verbale di accertamento della violazione presupposta (nel quale, peraltro, si avvertiva il destinatario che “l’obbligo di comunicazione dei dati del conducente entro sessanta giorni, ai sensi dell’art. 126-bis, comma 2, c.d.s., in caso di ricorso avverso il presente verbale, decorre dalla data di notifica del provvedimento con cui si sono conclusi i rimedi giurisdizionali o amministrativi previsti per legge”) e, dunque, non dalla definizione delle eventuali opposizioni proponibili, in sede amministrativa o giudiziale averso lo stesso verbale di contestazione.
Il giudice di appello non dà, peraltro, atto – come, invece, posto in risalto dal ricorrente (e risultante dalla rituale documentazione prodotta) – che, a seguito della notificazione del verbale avente ad oggetto la contestazione della violazione presupposta, quest’ultimo era stato impugnato, con ricorso depositato il 19 luglio 2016, davanti al Giudice di pace di Sannicandro, nel cui giudizio quest’ultimo Ente si era anche costituito; ciò nonostante, ovvero malgrado la pendenza di detto giudizio (oltretutto conclusosi con sentenza del 13 gennaio 2017, di accoglimento dell’opposizione), il citato Comune aveva provveduto a notificare – in data 11 novembre 2016 - al B. il verbale di contestazione per la violazione di cui all’indicato art. 126-bis, comma 2, c.d.s., quindi prima della definizione del menzionato giudizio di opposizione al verbale presupposto.
Così motivando, il Tribunale barese (richiamando, invero, un indirizzo sviluppatosi nella giurisprudenza di questa Corte e compendiato nelle pronunce n. (omissis) e n. (omissis)) ha, quindi, considerato irrilevante la circostanza che prima della notifica del verbale relativo alla violazione dell’art. 126-bis, comma 2, c.d.s. fosse stato introdotto il giudizio di opposizione avverso il verbale presupposto e che, comunque, fosse indifferente che lo stesso non era stato ancora definito.
Rileva il collegio che, effettivamente, sulla prospettata questione non esiste un orientamento univoco nella giurisprudenza della Corte (in senso conforme alla soluzione recepita dal giudice di appello v., oltre alle pronunce già riportate, anche Cass. n. 15542/2015; in senso difforme cfr., però, Cass. n. 20974 del 2014).
Secondo l’indirizzo maggioritario (a cui si è uniformato il Tribunale barese), il termine entro cui il proprietario del veicolo è tenuto, ai sensi dell'art. 126-bis, comma 2, c.d.s., a comunicare all'organo di polizia che procede i dati relativi al conducente, non decorre dalla definizione del procedimento di opposizione avverso il verbale di accertamento dell'infrazione presupposta, ma dalla richiesta rivolta al proprietario dall'autorità, trattandosi di un'ipotesi di illecito istantaneo previsto a garanzia dell'interesse pubblicistico relativo alla tempestiva identificazione del responsabile, del tutto autonomo rispetto all’effettiva commissione di un precedente illecito.
Ad avviso, invece, dell’indirizzo contrapposto (riconducibile, soprattutto, alla menzionata sentenza n. 20974/2014), ancorché l'obbligo di comunicare i dati del conducente richiesti dalla P.A. debba considerarsi attinente ad un dovere di collaborazione di natura autonoma ed è separatamente sanzionato, il correlato obbligo, ove non siano stati definiti i procedimenti conseguenti alla proposizione dei ricorsi amministrativi e/o giurisdizionali, resta, tuttavia, sospeso e condizionato e si riattiva in caso di esito sfavorevole di detti ricorsi, con nuova decorrenza dei termini dal deposito della sentenza di primo grado, provvisoriamente esecutiva ai sensi dell'art. 282 c.p.c..
Il collegio – valorizzate sia l’interpretazione del dato letterale dell’art. 126-bis, comma 2, c.d.s., sia la “ratio” della violazione da detta norma prevista (che si pone, peraltro, in linea anche con la circolare – in materia - del Ministero dell’Interno n. 3971 del 29 aprile 2011, opportunamente richiamata dal ricorrente) – intende aderire a questo secondo orientamento.
Va osservato che - pur se la natura di illecito istantaneo della violazione contemplata da detta norma e la tutela pubblicistica dalla stessa perseguita sono indiscutibili - la sola valorizzazione degli stessi comporta un’elisione del dato letterale della norma in questione ed un’obliterazione del suo fondamento logico-razionale, oltre a trascurare la necessaria correlazione, di cui bisogna tener conto, tra il procedimento di opposizione avverso il verbale riferito alla violazione presupposta e l’insorgenza della effettiva cogenza dell’obbligo di comunicazione imposto dallo stesso art. 126-bis, comma 2, c.d.s. .
Invero, il condizionamento – di cui alla controversa norma che viene qui in rilievo - è da riferirsi “all’esito del relativo giudizio instaurato (o dell’eventuale – alternativo - rimedio gerarchico attivato in sede amministrativa)”, ossia all’esito dell’opposizione, dal momento che solo un risultato negativo per l’opponente determina la reviviscenza dell’obbligo in capo al medesimo, mentre un esito opposto – eventualmente maturato in sede di gravame – appare idoneo a produrre la caducazione dell’obbligo stesso.
In sostanza, la sospensione – riferita all’”obbligo”, anziché al termine di sessanta giorni per adempiere – si configura, in realtà, come una sorta di interruzione, tanto che tale termine “inizia a decorrere nuovamente” dal momento in cui sopravviene l’evento qualificabile come “esito negativo del giudizio”, nella concettualizzazione del quale deve essere ricompreso anche l’esito del primo grado di giudizio, non perché pur sempre di giudizio si tratta, ma perché “la sentenza è provvisoriamente esecutiva tra le parti”.
Questo approccio ermeneutico si pone in sintonia anche con il portato della sentenza della Corte costituzionale n. 27/2005, secondo la quale “in nessun caso ... il proprietario è tenuto a rivelare i dati personali e della patente del conducente prima della definizione dei procedimenti giurisdizionali o amministrativi per l’annullamento del verbale di contestazione dell’infrazione”.
8. In definitiva, alla stregua delle ragioni complessivamente svolte, i primi tre motivi del ricorso devono essere accolti (da cui deriva l’assorbimento delle altre tre, subordinate, censure), con la conseguente cassazione dell’impugnata sentenza ed il rinvio al Tribunale di Bari, in composizione monocratica, in persona di altro magistrato, che, oltre a provvedere anche sulle spese del presente giudizio, nell’assumere la nuova decisione della causa si uniformerà al seguente principio di diritto: al fine della configurazione della violazione prevista dall’art. 126-bis, comma 2, c.d.s. 1992, consistente nella mancata comunicazione – nei sessanta giorni dalla data di notifica del verbale di contestazione - da parte dell’obbligato dei dati personali e della patente di guida del conducente al momento della commessa violazione presupposta, e, quindi, della legittima irrogazione della correlata sanzione, il destinatario dell’invito non può ritenersi tenuto a fornire i suddetti dati prima della definizione dei procedimenti giurisdizionali o amministrativi proposti avverso il verbale relativo alla precedente infrazione di riferimento. Da ciò consegue che per poter applicare le sanzioni contemplate dal citato art. 126-bis, comma 2, c.d.s., dopo l’esaurimento dei rimedi giurisdizionali o amministrativi a cui si è fatto ricorso, con esito sfavorevole per il ricorrente, l’organo accertatore deve provvedere ad un nuovo invito a carico dell’obbligato, dalla data di notifica decorre il termine di 60 giorni per adempiere agli obblighi previsti dalla stessa disposizione normativa. Diversamente, ove l’esito dei citati rimedi sia favorevole al ricorrente (con annullamento del verbale di accertamento), viene meno il presupposto per la configurazione della violazione prevista dall’art. 126-bis, comma 2, c.d.s. a carico dell’obbligato in esso individuato (proprietario del veicolo o altro obbligato in solido ai sensi dell’art. 196 c.d.s.).
P.Q.M.
La Corte accoglie i primi tre motivi del ricorso e dichiara assorbiti i restanti. Cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, al Tribunale di Bari in composizione monocratica, in persona di altro magistrato.