Nei fallimenti aperti prima dell'entrata in vigore delle modifiche apportate alla Legge fallimentare dal D. Lgs. n. 169/2007, il termine lungo ex art. 327 c.p.c. per l'impugnazione del decreto di chiusura del fallimento è quello di un anno.
Protagonista della vicenda è una società che propone ricorso per cassazione contro il decreto con cui la Corte d'Appello aveva dichiarato improponibilela domanda di equa riparazione presentata per la non ragionevole durata di una procedura fallimentare. A fondamento della decisione, la Corte territoriale aveva ritenuto che senza il reclamo contro il...
Svolgimento del processo
La società S. s.a.s. di A.M. & C. ha proposto ricorso per la cassazione del decreto n. (omissis) della Corte d’appello di Bologna che - confermando, in sede di opposizione ex art. 5 ter l. 89/2001, il decreto emesso dal Consigliere delegato della stessa Corte - ha giudicato improponibile, in quanto proposta dopo la scadenza del termine semestrale di cui all’articolo 4 della stessa legge n. 89/2001, la domanda di equa riparazione dalla stessa presentata per la non ragionevole durata di una procedura fallimentare aperta l’8 ottobre 2001 e chiusa con decreto (non notificato alla medesima S. s.a.s.) del 21 giugno 2016.
La Corte d’Appello ha ritenuto che, in assenza di reclamo avverso il decreto di chiusura del fallimento, il termine c.d. lungo per l’impugnazione di tale decreto (la cui data di scadenza segna il dies a quo del termine di cui all’articolo 4 l. 89/2001 per la presentazione della domanda di equa riparazione) fosse non quello annuale, previsto dall’art. 327 c.p.c. ante l. n. 69/2009, bensì quello semestrale, previsto dall’art. 327 c.p.c. come modificato dalla legge n. 69/2009, applicabile per i procedimenti iniziati dopo l’entrata in vigore di tale legge; ciò sull’assunto che la disposizione transitoria dettata dall’articolo 58 della medesima legge n. 69/2009, alla cui stregua il nuovo testo dell’articolo 327 c.p.c. si applica ai giudizi istaurati dopo l’entrata in vigore della stessa legge, vada riferito non alla procedura fallimentare, bensì al «procedimento endo-fallimentare di eventuale impugnazione della chiusura» (pag. 3, rigo 5, del decreto qui impugnato).
Con l’unico motivo di ricorso la società S. ha denunciato la violazione e/o falsa applicazione ex art. 360 n. 3 c.p.c. dell’art. 4, legge n. 89/2001, in relazione all’art. 6, paragrafo 1, della CEDU; all’art. 1 del primo protocollo addizionale; agli artt. 111 e 117 della Costituzione; la violazione dell’art. 327 c.p.c.; dell’art. 119 L.F.; dell’art. 58 legge n. 69/2009; dell’art. 150, comma primo, d.lgs. n. 5 del 2006; la ricorrente, in sostanza, pone la questione se il termine c.d. lungo per l’impugnazione del decreto di chiusura del fallimento in cui essa si era insinuata fosse annuale o semestrale, ossia se, nella specie, l’articolo 327 c.p.c. andasse applicato nel testo anteriore o posteriore alla modifica di cui alla legge n. 69/2009.
Il Ministero della Giustizia ha presentato controricorso, chiedendo il rigetto del ricorso.
La causa è stata originariamente chiamata all’adunanza camerale del 22 ottobre 2020, per la quale la ricorrente depositava una memoria. In quella sede il Collegio, con ordinanza interlocutoria n. (omissis), ha rimesso il ricorso all’udienza pubblica, affinché fosse approfondita la questione se, agli effetti dell’ articolo 58, primo comma, della legge n. 69 del 2009 («le disposizioni della presente legge che modificano il codice di procedura civile … si applicano ai giudizi instaurati dopo la data della sua entrata in vigore») debba aversi riguardo alla data di instaurazione della procedura fallimentare - ossia alla data, nella specie anteriore al 2009, della sentenza di apertura del fallimento (o, in ulteriore ipotesi, alla data di insinuazione del creditore nel fallimento, pur essa nella specie anteriore al 2009) - oppure alla data, nella specie posteriore al 2009, di chiusura del fallimento (come sostenuto nel decreto qui impugnato, che intende detta data come quella di inizio dell’eventuale sub-procedimento di reclamo avverso il decreto di chiusura) oppure, ancora, alla data, anch’essa nella specie posteriore al 2009, di instaurazione del sub procedimento camerale di chiusura del fallimento ex art. 119 l.f. (in quest’ultimo senso, Cass. 3824/19, pagg. 6/7), identificabile nella data dell’istanza di chiusura del fallimento avanzata dal curatore o dal debitore o nella data dell’atto di impulso ufficioso del tribunale.
La causa è stata quindi nuovamente chiamata alla pubblica udienza del 20 gennaio 2022, per la quale il ricorrente ha depositato una ulteriore memoria ed il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato requisitoria scritta. All’udienza, il Pubblico Ministero ha concluso, in conformità alla requisitoria scritta, per l’accoglimento del ricorso.
Motivi della decisione
Il ricorso è fondato.
Va premesso che, per le procedure fallimentari già pendenti alla data di entrata in vigore del d. lgs. n. 5 del 2006 (come quella oggetto della presente causa), non opera il termine di cui all'art. 26 1. fall. in tema di reclamo avanti al tribunale fallimentare dei decreti del giudice delegato aventi natura decisoria (in base alla nuova disciplina, indipendentemente dalla comunicazione, il reclamo non può proporsi decorsi novanta giorni dal deposito del provvedimento); qualora il provvedimento impugnato non sia stato comunicato, pertanto, vale il termine ai sensi dell'art. 327 c.p.c. decorrente dalla pubblicazione (Cass. n. 19939/2917; n. 7218/2009).
La presente procedura fallimentare è stata aperta prima dell'entrata in vigore delle modifiche apportate alla legge fallimentare dal d. lgs. 169 del 2007. L'art. 150 di tale decreto prevede che le procedure fallimentari pendenti sono definite secondo la legge anteriore. L'art. 22 del medesimo d. lgs. n. 169 del 2007 prevede che le norme di tale decreto trovano applicazione alle procedure concorsuali aperte successivamente alla sua entrata in vigore, ad eccezione di talune disposizioni, che non attengono al caso in esame. È stato già chiarito che, con riferimento alla legge fallimentare ante modifiche ex d. lgs. 169 del 2007, il termine semestrale di decadenza per la proposizione della domanda indennitaria ex art. 4 della l. n. 89 del 2001, decorre da quanto il decreto di chiusura è divenuto definitivo, ossia non più impugnabile per decorso del termine (Cass. n. 8185/2017 n. 221/2017; n. 1091/2015) o perché esaurito il giudizio di impugnazione proposto. Ora, per quanto riguarda l'individuazione del momento in cui il decreto sia divenuto definitivo, occorre tenere conto della sentenza della Corte costituzionale n. 279 del 2010, che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione, l'art. 119, comma 2, della legge fallimentare, nel testo anteriore alle modifiche apportate dal d. lgs. n. 169 del 2007, nella parte in cui fa decorrere il termine per il reclamo avverso il decreto di chiusura dalla data di pubblicazione dello stesso nelle forme previste prescritte dall'art. 117 della legge fallimentare, anziché dalla comunicazione dell'avvenuto deposito con lettera raccomandata con avviso di ricevimento ovvero a mezzo di altre modalità di comunicazione previste dalla legge. Nel caso in cui sussista la predetta raccomandata A.R., il termine per proporre la domanda indennitaria ex art. 4 della 1. n. 89 del 2001 decorre dal quindicesimo giorno dall'avvenuta comunicazione del deposito del decreto di chiusura, mentre qualora tale comunicazione manchi il su indicato decreto diventerà definitivo solo allo spirare del termine lungo di cui all'art. 327, comma 1, c.p.c., termine che è stato ridotto da un anno a sei mesi dall'art. 46, comma 17, della legge n. 69 del 2000. Ora il termine di mesi sei in luogo di quello di un anno trova applicazione, ai sensi dell'art. 58 della legge n. 69 del 2000, ai giudizi instaurati in primo grado successivamente all'entrata in vigore dell'art. 46, e cioè dopo il 4 luglio 2009 (Cass. n. 99020/2018 n. 19969/2015). Ebbene, al fine di stabilire se sia o no applicabile il termine di sei mesi in luogo di quello di un anno, occorre considerare non la data di instaurazione del sub procedimento culminato con il decreto di chiusura, ma la data di apertura della procedura fallimentare, la quale, del resto, rappresenta il giudizio presupposto di cui si lamenta la non ragionevole durata.
Nonostante vi siano precedenti di questa Corte che hanno fatto propria la diversa tesi propugnata dal Ministero della Giustizia (Cass. n. 3824/2019; n. 13237/2019), il Collegio ritiene preferibile il diverso orientamento, in base al quale sull'autonomia del sub procedimento camerale deve «prevalere, ai fini della pendenza, la data di dichiarazione del fallimento, di cui il decreto in questione costituisce l'esito» (Cass. n. 28496/2020; in termini Cass. 35793/21).
Va altresì precisato che, agli effetti dell’articolo 58, primo comma, della legge n. 69 del 2009, la data alla quale deve farsi riferimento è quella dell’apertura del fallimento e non quella dell’insinuazione al passivo di ciascun creditore; quest’ultima data rileva ai fini della determinazione della durata del procedimento per ciascun creditore, ma l’entità – semestrale o annuale – del termine lungo di impugnazione del decreto di chiusura di un fallimento già pendente alla data di entrata in vigore del d. lgs. n. 5 del 2006 non può che essere la medesima per tutti i creditori; donde il suo necessario ancoraggio alla data della sentenza di apertura del fallimento.
Il ricorso va quindi accolto e l’impugnato decreto va cassato con rinvio alla Corte di appello di Bologna, in altra composizione, che si atterrà al seguente principio di diritto:
Nei fallimenti aperti prima dell'entrata in vigore delle modifiche apportate alla legge fallimentare dal d. lgs. 169 del 2007, il termine lungo ex art. 327 c.p.c. per l’impugnazione del decreto di chiusura del fallimento è quello di un anno, previsto nel testo anteriore alla modifica recata all’articolo 327 c.p.c. dalla legge n. 69 del 2009, e non quello di sei mesi, previsto nel testo successivo a tale modifica; ciò perché la data a cui deve farsi riferimento per stabilire, ai sensi dell’articolo 58 della citata legge n. 69 del 2009, se l’articolo 327 c.p.c. vada applicato nel testo anteriore o in quello successivo alla modifica di cui alla legge n. 69 del 2009, entrata in vigore il 4 luglio 2009, è quella della apertura del fallimento.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnato decreto e rinvia alla Corte di appello di Bologna, in altra composizione che, regolerà anche le spese del presente giudizio di cassazione.