Lo ha stabilito la Cassazione con un nuovo principio di diritto, accogliendo il ricorso del contribuente che aveva instaurato rapporti di collaborazione con una segretaria e una società organizzatrice di spettacoli.
La controversia trae origine dagli avvisi di accertamento notificati all'attuale ricorrente, con cui l'Agenzia delle Entrate riscontrava la violazione dell'IRAP.
In sede di legittimità, il ricorrente contesta la sussistenza di un'autonoma organizzazione in capo allo stesso. Sostiene inoltre che, nel ricostruire la sussistenza dei...
Svolgimento del processo
1. L’Agenzia delle Entrate notificava due avvisi di accertamento relativi agli anni 2004 e 2005, con cui riscontrava, in seguito al controllo della documentazione contabile, violazioni ai fini delle imposte dirette, indirette, Irap. Su questa ripresa fiscale il contribuente proponeva due autonomi ricorsi alla Commissione tributaria provinciale la quale, con sentenza numero (omissis) del 2010, respingeva i ricorsi riuniti. Il contribuente proponeva quindi ricorso alla Commissione tributaria regionale, che annullava le riprese relativamente alle spese per viaggi aerei, canoni di locazione dell'immobile di Milano e spese di rappresentanza, confermando però la decisione di primo grado relativamente all'applicazione dell'IRAP. Avverso tale decisione, il contribuente propone ricorso in Cassazione affidato a un motivo. Si è costituita l'Agenzia con controricorso per resistere all'impugnazione. Il 20 giugno 2022 la parte ricorrente ha depositato una memoria in vista dell’udienza odierna.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 e violazione degli artt. 3 e 53 Cost.
In particolare il ricorrente contesta la sussistenza di una autonoma organizzazione in capo allo stesso.
In effetti in virtù dell’art.3 del d.lgs. n.446 del 1997, presupposto dell'IRAP è costituito dall'esercizio abituale di un'attività autonomamente organizzata, diretta alla produzione o allo scambio di beni, ovvero alla prestazione di servizi. In particolare, quella in esame costituisce un'imposta di carattere reale che colpisce il valore aggiunto prodotto dall’attività autonomamente organizzata, così come stabilito dalla sentenza Corte Cost. n. 156 del 2001. A partire da tale nozione, secondo il ricorrente, con riferimento all'ipotesi del lavoratore autonomo, l'elemento dell'organizzazione non è connaturato all'attività professionista. Ed è pertanto necessaria un'attenta valutazione in merito all'esistenza del relativo requisito, per evitare disparità di trattamento. In particolare, nel caso del lavoratore autonomo, l'organizzazione può ritenersi autonoma quando è propria del professionista e non è riferibile a soggetti o strutture terze. Un'integrazione meramente esecutiva o complementare, come ad esempio quella di una segretaria, sarebbe dunque di per sé inidonea da essere considerata quale parte dell'attività resa dal professionista, che per sua natura è completamente diversa. La Corte costituzionale, nel segnalato arresto, avrebbe stabilito che nel caso dei redditi professionali, l'imposta in esame sarebbe oggettivamente applicabile non in presenza di capitali o redditi elevati e lavoro altrui, bensì con la sussistenza dell'organizzazione di tali elementi. Ciò che giuridicamente rileva quindi, non sarebbe la presenza di capitale e lavoro, ma la sussistenza dell'organizzazione autonoma di tali fattori. Di detta ricostruzione vi sarebbe riscontro nella stessa dizione letterale della disposizione, laddove si richiede che l'organizzazione sia non solo tale, ma anche autonoma, quindi un'organizzazione che non dipenda strettamente dal contribuente, ma rappresenti un'entità da lui distinta e separata, sebbene operante sotto la sua direzione e responsabilità, una sorta insomma di etero-organizzazione, in vario modo asservita all'attività dell'imprenditore o del professionista. Applicando tali principi alla fattispecie, secondo il contribuente, sarebbe evidente la configurabilità in capo all'odierno ricorrente di un'organizzazione autonoma di capitale e lavoro, difettando in toto il presupposto in positivo in esame, poiché non è possibile delineare in alcun modo l'organizzazione di elementi personali e reali, capaci di procurare un apporto economico che sia autonomamente apprezzabile rispetto a quello del professionista. Anche in base alla giurisprudenza delle Sezioni Unite della Cassazione, sempre secondo il ricorrente, il requisito dell'attività autonomamente organizzata sussiste quando il contribuente, che esercita l'attività di lavoro autonomo, sia sotto qualsiasi forma responsabile dell'organizzazione e non sia inserito in strutture organizzative riferibili all'altrui responsabilità ed interesse ed impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale del lavoro altrui. Di conseguenza, per assoggettare all'IRAP un professionista, sarebbe necessario che esista un'organizzazione in grado di porlo in una condizione più favorevole di quella che vi sarebbe senza di essa. Venendo alla concreta fattispecie, segnala il ricorrente come una sentenza della stessa Commissione tributaria regionale del 14 dicembre 2006, passata in giudicato, ed emessa in seguito al rifiuto di rimborso dell'imposta pagata per gli anni dal 1998 al 2000, aveva riconosciuto al Parenti il diritto a non versare l'imposta in quanto carente dei requisiti richiesti dalla norma.
Inoltre andrebbe osservato, sempre secondo il ricorrente, che nel ricostruire la sussistenza dei presupposti, la sentenza impugnata si era soffermata solo sulla presunta sussistenza del requisito della non occasionalità del lavoro altrui utilizzato dal contribuente. Con la conseguenza che sarebbero implicitamente confermate le doglianze riportate in appello, relativamente all'impiego, da parte sua, di beni strumentali non eccedenti il minimo indispensabile all’esercizio dell'attività, come attestato dal registro dei beni strumentali, i quali per numero, importanza e valore, non sarebbero suscettibili di creare valore economico. Altrettanto varrebbe per la presenza di alcuni errori, come il costo d'acquisto riferito al 1997 di alcune macchine elettroniche, per euro 28.000 in luogo dell'importo certificato di lire 2.800.000. Così come l’attestazione della presenza di due autovetture, in realtà non più possedute negli anni qui rilevanti (2004 e 2005).
Circa invece l'utilizzo occasionale di lavoro altrui, la sentenza ha concluso per la natura non occasionale di tale attività. La sentenza non avrebbe però precisato come l'attività esercitata da una collaboratrice, da una consulente e da una società con un contratto di assistenza e consulenza, possano avere integrato un'organizzazione autonoma, caratterizzata dall’avvalersi in modo non occasionale di lavoro altrui. Per quanto riguarda la signora B., la stessa svolgeva attività di archiviazione, traduzione e servizi amministrativi. Tale figura è stata ritenuta come soggetto dipendente o assimilato. La stessa però risultava parte di un contratto di collaborazione coordinata e continuativa, finalizzato all'esercizio delle suddette attività, racchiudibile nel concetto di mero segretariato che, in quanto eseguito per un periodo superiore a 30 giorni, non poteva qualificarsi diversamente da quello riservato dalla norma alla collaborazione coordinata e continuativa. Autonomamente organizzata sarebbe poi stata l’attività di collaborazione professionale esercitata dalla signora G.P., consulente televisiva che all'occorrenza prestava ai propri servizi professionali ad una platea di committenti. La suddetta signora sarebbe in realtà una libera professionista, che negli anni oggetto di controllo, avrebbe eseguito delle prestazioni artistiche sia per il P. che per altri committenti, con i quali non avrebbe mai instaurato alcun rapporto continuativo e sistematico di collaborazione. Altrettanto varrebbe per la società di capitali S. Srl, specializzata in un'attività di assistenza e consulenza in campo artistico professionale, non solo però a favore del ricorrente. Tale società, infatti, svolge attività di consulenza, segreteria, assistenza artistica pubblicitaria, discografica, amministrativa nello spettacolo ed è quindi assimilabile a un'ordinaria attività di consulenza effettuata da un libero professionista. Il concetto di adeguata organizzazione non si ravvisa per il semplice fatto di svolgere la propria attività professionale con l'ausilio di collaboratori, ma verificando se tali collaboratori realizzino o meno una struttura organizzativa esterna rispetto al professionista. La S. srl, attraverso la sua consulenza, avrebbe permesso al Parenti di stipulare contratti con committenti prestigiosi, e dunque la sua presenza prestazione sarebbe estranea all'attività intrinseca del ricorrente, consistente nella creazione di programmi televisivi.
Nella memoria 20 giugno 2022 poi i segnala la sussistenza di un precedente, inerente sempre la stessa imposta (annualità diverse) e il medesimo contribuente, nella quale viene affermato il principio della necessità di indagare in ordine alla natura, alla struttura e alla funzione del rapporto collaborativo, indispensabile ad escludere il mero intento agevolativo alle modalità di svolgimento dell'attività professionale.
2. Il motivo è fondato.
2.1. Preliminarmente deve però esaminarsi l’eccezione di giudicato esterno, rispetto alla quale vanno richiamati i principi espressi da Cass. Sez. U. 16/06/2006, n.13916, a mente della quale l’estensione del giudicato esterno a questioni di fatto o di diritto comuni a più cause, che abbiano riferimento ad un medesimo rapporto giuridico, “non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell'autonomia dei periodi d'imposta, in quanto l'indifferenza della fattispecie costitutiva dell'obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello stesso, oltre a riguardare soltanto le imposte sui redditi ed a trovare significative deroghe sul piano normativo, si giustifica soltanto in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo (ad esempio, la capacità contributiva, le spese deducibili), e non anche rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d'imposta (ad esempio, le qualificazioni giuridiche preliminari all'applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumono carattere tendenzialmente permanente”.
In effetti, partendo dall’ormai acquisito presupposto per cui il processo tributario non è (solo) un "giudizio sull'atto" ma si estende al rapporto, va escluso che il giudicato (salvo che il giudizio non si sia risolto nell'annullamento dell'atto per vizi formali o per vizio di motivazione) esaurisca i propri effetti nel limitato perimetro del giudizio, che infatti non è limitato alla verifica della legittimità del provvedimento. Esso anzi ha una potenziale capacità espansiva in un altro giudizio, tra le stesse parti, in accordo con i principi espressi dall'art. 111 Cost., che impone tra l'altro la realizzazione della "effettività della tutela", scopo cui tende l'efficacia del giudicato.
L’applicazione di tale principio alla materia tributaria, come ben sottolineato dal precedente in esame, è peraltro identificabile nell’autonomia dei periodi d'imposta (art. 7, d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917).
Ebbene sempre in base alla richiamata pronuncia la disposizione, peraltro inerente le sole imposte sui redditi e anche qui con vistose deroghe (ad es. per quanto concerne il "riporto delle perdite", il "riporto dei crediti d'imposta", la "rettifica delle rimanenze") - non ha per l’argomento dell’estensione del giudicato effettiva decisività, “in quanto (…) l'autonomia delle obbligazioni d'imposta relative a periodi diversi vale solo a negare la possibile esistenza di un'unica obbligazione corrispondente a più periodi d'imposta o di un rapporto di pregiudizialità-dipendenza tra le più obbligazioni sorte, in periodi d'imposta diversi: ma non vale ad escludere, e ciò proprio per la "periodicità" di alcuni tributi, che possano esistere elementi rilevanti ai fini della determinazione del dovuto che siano comuni a più periodi d'imposta o che l'accertamento giudiziale del modo d'essere dell'obbligazione relativa ad un singolo periodo d'imposta possa implicare anche l'accertamento di una questione capace di "fare stato" (con forza di giudicato) nel giudizio relativo all'obbligazione sorta in un periodo d'imposta diverso”.
Quindi l'indifferenza della fattispecie costitutiva dell'obbligazione, rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori del periodo considerato, trova ragionevole giustificazione solo in relazione a quei fatti che non abbiano caratteristica di durata e che comunque siano variabili da periodo a periodo. Così lo sono, ad es., le qualificazioni giuridiche (che individuano vere e proprie situazioni di fatto) - "ente commerciale", "ente non commerciale", "soggetto residente", "soggetto non residente", "bene di interesse storico- artistico", ecc. - assunte dal legislatore quali elementi "preliminari" per l'applicazione di una specifica disciplina tributaria e per la determinazione in concreto dell'obbligazione per una pluralità di periodi d'imposta (a valere, cioè, fino a quando quella qualificazione non sia venuta meno fattualmente - ad es. trasformazione dell'ente non commerciale in ente commerciale - o normativamente).
Applicando tali principi alla presente fattispecie, non è difficile comprendere che il presupposto costituito dall’autonoma organizzazione non sia di per sé durevole nel tempo, ma appunto soggetto a modifiche, dipendendo dall’assetto aziendale e professionale predisposto dal contribuente in base alle proprie esigenze, per cui l’eventuale assenza di tali modifiche, e anzi la conferma dell’identità fattuale, è presupposto indefettibile circa la fondatezza dell’eccezione. Nel caso di specie non vi è alcuna indicazione in tal senso, ed anzi vi è solo la certezza che la situazione presa in considerazione dalla sentenza passata in giudicato si riferisce al periodo 1998-2000, laddove nella specie tutti i dati sono riferiti al periodo 2004 e 2005. Va ricordato infatti che i presupposti per rilevarsi il giudicato esterno anche d’ufficio presuppone che gli stessi emergano inequivocabilmente dagli atti di causa comunque prodotti.
Poiché in atti vi è solo la generica deduzione del precedente giudizio, senza alcuna ulteriore precisazione nel senso sopra delineato, non può accogliersi l’eccezione di giudicato.
2.2. Per il resto il motivo si incentra sulla denuncia della erronea applicazione della disciplina che regolamenta la soggettività passiva all'imposta sulle attività produttive. La circostanza che ciò si rifletta sull'indagine fattuale, aspetto su cui insiste la difesa dell’Agenzia, costituisce un effetto secondario delle critiche sollevate dal contribuente e non la ragione dell'impugnazione. Il fulcro del motivo infatti attiene all’esatta nozione di autonoma organizzazione che la legge prevede, declinato per l’ipotesi del professionista dello spettacolo (inteso lato sensu). In particolare ivi si afferma che il P. non rientra tra i soggetti passivi IRAP, non essendo a lui riferibile alcuna forma di organizzazione complessa della propria attività professionale -regista e autore di programmi televisivi. Preliminarmente in proposito deve ricordarsi che è stato costantemente affermato da questa Corte come requisiti per l’autonoma organizzazione, qual presupposto per l’applicazione dell’IRAP, sono costituiti dall’essere il professionista, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell'organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui (in tal senso cfr. già Cass., 16 febbraio 2007, n. 3676; 28 novembre 2014, n. 25311).
In proposito va richiamato il principio di diritto reso da questa Corte (peraltro appunto con riferimento allo stesso contribuente, come segnalato nella memoria sopra citata) in tema di autonoma organizzazione per professionisti dello spettacolo, a mente del quale “In tema di IRAP, l'attività artistica costituisce elemento presuntivo idoneo a sorreggere l'apprezzamento secondo cui il contribuente conti solo sulle proprie capacità professionali, presunzione che, al fine del riconoscimento della soggettività passiva al tributo, non è superabile per il mero concorso di cospicui investimenti alla produzione del reddito, quando comunque indispensabili all'esercizio dell'attività artistica, né per il solo fatto che l'esercente si sia avvalso di un agente o di una società organizzatrice di spettacoli, perché in ordine all'accertamento della esistenza di una autonoma organizzazione occorre una indagine estesa alla natura, alla struttura e alla funzione del rapporto collaborativo, indispensabile ad escludere il mero intento agevolativo alle modalità di svolgimento dell'attività professionale» (Cass. 28/01/2022, n.2614).
In maniera ancor più puntuale rispetto alle caratteristiche della fattispecie, ma nello stesso senso di cui sopra, altra pronuncia di questa Corte ha statuito che “In tema di IRAP, lo svolgimento di un'attività artistica fa presumere che il contribuente conti solo sulle proprie capacità professionali, anche ove produca un reddito cospicuo, non potendosi, peraltro, ritenere sufficiente, ai fini della ricorrenza del presupposto impositivo dell'autonoma organizzazione, la circostanza che il contribuente si avvalga di un agente o di una società organizzatrice di spettacoli, senza estendere l'accertamento alla natura, ossia alla struttura ed alla funzione, del rapporto giuridico, al fine di escludere una mera agevolazione delle modalità di espletamento dell'attività professionale” (Cass. 16/05/2018, n.12027).
Pare così evidente come la giurisprudenza di questa Corte, partendo dall’osservazione secondo cui le peculiarità dell’attività professionale artistica (in verità analogo percorso è stato seguito per il caso del professionista sportivo), in quanto caratterizzata dalle modalità con le quali sono esercitate e in particolar modo dal ruolo che assume la figura e la stessa personalità del professionista, sono idonee a sorreggere l'apprezzamento secondo cui il contribuente conti solo sulle proprie capacità, e da ciò fondandosi la sussistenza di un elemento presuntivo semplice.
Ed appunto in presenza del ricorrere dell’elemento presuntivo sopra indicato (proprio dell’attività professionale nell’ambito dello spettacolo), deve ritenersi che gli elementi riscontrati dal secondo giudice a suffragio della sussistenza di un’autonoma organizzazione non risultano sufficientemente indagati per superare la presunzione medesima.
Da tanto si deve ritenere ricavabile il seguente principio di diritto “In tema di IRAP, lo svolgimento di un'attività artistica lato sensu intesa (incluso quindi il regista di programmi televisivi), fa presumere che il contribuente conti solo sulle proprie capacità professionali, non potendosi ritenere sufficiente, ai fini della ricorrenza del presupposto impositivo dell'autonoma organizzazione, la circostanza che lo stesso si avvalga di una società organizzatrice di spettacoli, ovvero di soggetti pur a lui eventualmente vincolati da uno stabile rapporto, dovendosi piuttosto accertare, al fine del superamento della superiore praesumptio hominis (perché basata non sulla legge, ma sull’osservazione della tipologia di attività svolta e del particolare ruolo del professionista), ed alla luce degli elementi presenti in giudizio, che tali apporti si configurino come un valore aggiunto e non un mero strumento agevolativo, indispensabile e di corredo al know-how del professionista-artista, all’uopo in particolare rilevando la natura, la struttura e la funzione dei rapporti collaborativi”.
3. Tanto determina l’accoglimento del motivo con conseguente annullamento della sentenza d’appello e rinvio alla Commissione Tributaria regionale che si atterrà al superiore principio e provvederà altresì alla determinazione delle spese del giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte
Accoglie il ricorso e cassa la sentenza, rinviando alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia, in diversa composizione, cui demanda altresì la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.