Nel caso in esame, la Regione Abruzzo non aveva dettato disposizioni vincolanti quanto alla quota relativa alle prestazioni alberghiere, consentendo alle singole strutture di concordare con l'utente una variazione in aumento.
La vicenda trae origine dall'opposizione al decreto ingiuntivo con il quale si ingiungeva all'opponente il pagamento di una certa somma a titolo di rette non ancora dovute per la degenza della congiunta presso la casa per anziani di proprietà della controparte (una Cooperativa).
Nello specifico, l'opponente asseriva che la Cooperativa aveva applicato un aumento arbitrario...
Svolgimento del processo
1. P.G. aveva proposto opposizione avverso il decreto che gli aveva ingiunto di pagare alla Cooperativa sociale Q. la somma di euro 6.591,16, a titolo di rette ancora dovute per la degenza di A.M., congiunta dell’opponente, presso la casa per anziani “Residence C.” di proprietà della medesima Cooperativa.
2. A sostegno dell’opposizione, G. deduceva di non essere debitore della somma oggetto del decreto ingiuntivo, in quanto la Cooperativa aveva applicato un aumento arbitrario della quota giornaliera a carico del privato, essendo, invece, tenuta al rispetto delle tariffe previste nel contratto stipulato con la Regione Abruzzo; inoltre l’opponente lamentava l’annullabilità della scrittura con cui si era impegnato a pagare la maggior quota a carico del privato, perché tale impegno era stato estorto sotto l’illegittima minaccia di non poter fruire delle prestazioni sanitarie offerte dalla medesima struttura.
3. La Cooperativa si è costituita in giudizio, chiedendo il rigetto dell’opposizione avversaria, sul rilievo che le tariffe concordate con la Regione Abruzzo avevano ad oggetto unicamente la quota della retta relativa alle prestazioni sanitarie e non anche la quota relativa alle prestazioni di tipo alberghiero fornite dalla struttura, oggetto di un separato e diverso contratto concluso con il privato, il quale prevedeva la possibilità, a determinate condizioni, di adeguamento del prezzo da parte della medesima struttura.
4. L’adito Tribunale di Torino (già Tribunale di Pinerolo), con sentenza n. 39/2016 pubblicata il 2/03/2016, ha accolto l’opposizione per l’effetto annullando il decreto ingiuntivo.
5. In particolare, il Tribunale ha ritenuto che il corrispettivo maturato dalla struttura per le prestazioni alberghiere rese in residenza assistenziale sarebbe stato esclusivamente quello determinato dall'art. 12 della convenzione tramite rinvio alla delibera della Regione Abruzzo n. 662 del 2002, adottata per l'art. 6 del DPCM n. 191 08/08/1985, emesso ai sensi dell'art. 5 della legge n. 833/78, che avrebbe fissato la tariffa globale giornaliera di ricovero nelle RSA convenzionate, comprensiva quindi non solo della quota sanitaria e di quella sociale, ma anche di quella per le prestazioni alberghiere che sarebbe stata, quindi, sottratta alla libera contrattazione.
6. Pertanto, il contratto concluso tra la casa di cura e l'utente, attributivo alla prima, nel ricorso di determinate condizioni, dello ius variandi della quota alberghiera a carico dell'assistito, doveva considerarsi nullo per contrasto con le norme imperative integranti la disciplina di settore e, comunque, suscettibile di integrale sostituzione con la disciplina contenuta nella convenzione intercorsa con la Regione Abruzzo, e la delibera di giunta.
7. La Cooperativa sociale Q. ha spiegato appello avverso la predetta decisione.
8. La Corte d’appello di Torino, con ordinanza ex art. 348 bis cod. proc. civ. comunicata dalla cancelleria alle parti in data 19/01/2017, ha dichiarato il gravame inammissibile, perché non aveva una ragionevole probabilità di essere accolto, essendo le argomentazioni svolte dal Tribunale pienamente condivisibili.
9. La Cooperativa sociale Q. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza del Tribunale, con atto notificato in data 20/03/2017, sulla base di due motivi.
10. P.G. ha resistito con controricorso.
11. Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 380 bis cod. proc. civ..
Motivi della decisione
12. Con il primo motivo, si deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 5, l. n. 833/1978, dell’art. 6, DPCM 08/08/1985 e dell’art. 1363 cod. civ., con riferimento all’art. 12 della Convenzione, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ..
13. Ad avviso della ricorrente, la decisione impugnata sarebbe incorsa nella dedotta violazione di legge, laddove non ha rilevato che la delibera n. 662/2002 della Regione Abruzzo, emessa in forza del citato DPCM, determinerebbe soltanto la quota sanitaria e la quota sociale, mentre nulla direbbe in relazione alla quota di corrispettivo per le prestazioni alberghiere, la cui contrattazione sarebbe rimessa all’autonomia delle parti.
14. Sostiene la ricorrente che l’utenza che accede alle prestazioni del Servizio Nazionale per mezzo di strutture private convenzionate eserciterebbe una propria libera scelta, come previsto dall’art. 2.2 della convenzione, a mente del quale “tali prestazioni (sanitarie) saranno rese in favore degli utenti che esercitando una propria libera scelta opteranno di accedere per il tramite della Struttura alle prestazioni del Servizio Sanitario Nazionale”.
15. Parimenti, a giudizio della ricorrente, la Cooperativa non avrebbe alcun obbligo di legge ad erogare per conto del Servizio Sanitario le prestazioni oggetto di convenzione, bensì solo l’autorizzazione ad erogarle, con il corrispondente diritto riconosciutole dalla convenzione medesima di percepire dalle ASL locali il pagamento della quota sanitaria, come stabilito dall’art. 2.1 della Convenzione, a tenore del quale “la struttura è autorizzata ad erogare per conto del Servizio Sanitario, e la ASL, nel cui ambito territoriale è ubicata la struttura, si obbliga specularmente a remunerare in favore della Struttura le sole prestazioni sanitarie”.
16. Tanto premesso, il motivo è fondato per le ragioni di seguito indicate.
17. Ritiene il Collegio che debba darsi soluzione all'indicata questione in adesione al principio — di cui si individua una linea di stabile applicazione in recenti pronunce di questa Corte di legittimità (Cass. 05/10/2018 n. 24546; Id., 28/11/2017 n. 28321; Id., 13/07/2017 n. 17234; Id., 22/03/2012 n. 4558) — per il quale la Regione, nella specie la Regione Abbruzzo, con delibera n. 662 del 2002, nel fissare le tariffe delle strutture che svolgono attività di rilievo sanitario e socio-assistenziali connesse, predeterminando la somma complessiva giornaliera per il ricovero dei degenti, non vi ricomprenda le prestazioni alberghiere.
18. Segnatamente, con lo specificare secondo le indicazioni contenute nelle Linee guida del 1994, l'entità della "quota sanitaria" da porsi a carico del SSN e della "quota sociale" e alberghiera posta a carico dell'utente della struttura - salva la contribuzione dei privati o dei Comuni in caso di redditi insufficienti - la Regione non ha dettato disposizioni vincolanti quanto a quest'ultima, in tal modo consentendo alla struttura di poter concordare con il degente della quota alberghiera una variazione in aumento.
19. Con ordinanza di questa Corte di legittimità n. 28321 del 2017, adottata nei confronti della medesima casa di cura per una fattispecie di identico contenuto a quella in esame, e con la giurisprudenza ivi richiamata, si e` valorizzato, nella premessa fisiologica gratuità delle prestazioni sanitarie pubbliche (legge n. 833 del 1978, art. 3, comma 2, ed art. 54) che per le prestazioni socio- assistenziali che non rientrano nella prima categoria - anche ove attinte da limiti derivanti da atti di normazione di fonte primaria o secondaria o da provvedimenti amministrativi generali quanto alle quote di partecipazione alla spesa di enti pubblici territoriali o istituzionali - non deve escludersi l'autonoma determinazione del corrispettivo tra struttura di erogazione del servizio ed utente.
20. Nell'indicata affermazione di principio, resta fermo il limite del nesso di strumentalità necessaria tra le prestazioni socio- assistenziali e quelle sanitarie che, ove esistente, determina la gratuità della prestazione complessivamente resa, o prestazione di "cura integrata" in quanto diretta alla cura dell'assistito e come tale sottratta ad un accordo di natura privatistica tra utente e struttura convenzionata diretto a fissare elementi di costo aggiuntivi, variabili a discrezione della seconda.
21. Là dove, invece, la prestazione socio-assistenziale rimanga disgiunta dallo scopo terapeutico, non risultando il ricovero presso una struttura residenziale operato in forza di un piano di cura personalizzato, la prestazione, non ricompresa nell'ambito dell’assistenza sanitaria obbligatoria, resta assoggettata alla legge n. 328/2000 che "prevede soltanto una "integrazione economica" della relativa spesa a carico degli enti pubblici locali (Comuni), senza per ciò prescindere dalla conclusione del contratto di ricovero tra l'utente (od altra persona che contrae in favore dell'utente- terzo) e la struttura residenziale, soggetti tra i quali viene a costituirsi il rapporto obbligatorio le cui condizioni possono essere oggetto di libera contrattazione, in difetto di norme imperative ostative all'esercizio dell'autonomia negoziale dei privati, ben potendo pertanto essere pattuito un diverso corrispettivo commisurato alla differente qualità dei servizi offerti dalla struttura residenziale" (sent. n. 28321 cit. p. 18; in termini le successive ordinanze nn. 24546/2018, 27452/2018, 31949/2018).
22. La predeterminazione a monte da parte della Regione della "quota complessiva", pari alla quota sanitaria, a carico del SSN, ed alla quota sociale, a carico di Comuni o privati, non preclude al contratto tra casa di cura e degente di rivedere al rialzo la quota alberghiera in ragione della qualità dei servizi offerti dalla struttura.
23. Il Tribunale di Torino incorrendo nella dedotta violazione di legge, non facendo applicazione degli indicati principi che delle invocate norme governano il significato, non ha provveduto ad apprezzare in alcun modo, nella presupposta distinzione tra "prestazione sociale integrata", e quindi inscindibile rispetto a quella di cura, e "prestazione socio-assistenziale pura", l'esistenza del percorso terapeutico in concreto adottato dal soggetto ricoverato presso la struttura residenziale e gli eventuali trattamenti in corso.
24. Con il secondo motivo, si deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1418, primo comma, 1339 e 1419, secondo comma, cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.;
25. Ad avviso della ricorrente, la sentenza impugnata sarebbe incorsa nella dedotta violazione di legge, laddove ha accertato la nullità del contratto, pur in assenza di alcuna imposizione ex lege del prezzo dei servizi alberghieri erogati in RSA, non essendo in alcun modo espressamente prevista la inderogabilità delle tariffe concordate, con la conseguenza che tale corrispettivo resterebbe liberamente determinabile di comune accordo.
26. L’esame del secondo motivo risulta assorbito dall’accoglimento della prima censura proposta.
27. La sentenza impugnata va pertanto, in accoglimento del ricorso nei termini sopra indicati, cassata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Torino, in persona di diverso magistrato, che provvederà anche alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso nei sensi di cui in motivazione, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa al Tribunale di Torino, in persona di diverso magistrato, anche per la regolazione delle spese del presente giudizio.