Dopo la modifica dell'art. 18 L. n. 300/1970, il giudice è tenuto a procedere ad una valutazione più articolata in sede di legittimità dei licenziamenti disciplinari rispetto al periodo precedente.
La Corte d'Appello di Catania dichiarava risolto il rapporto di lavoro tra le parti a partire dalla data del licenziamento, condannando la società al pagamento di un'indennità risarcitoria onnicomprensiva in favore del lavoratore.
Nello specifico, il recesso per giusta causa era stato intimato al lavoratore poiché egli, che svolgeva la professione di fattorino presso un hotel, si...
Svolgimento del processo
1. Con la sentenza n. 828/2019 la Corte di appello di Catania, in accoglimento del reclamo principale presentato dalla C. Resort srl nei confronti di C.L., avverso la pronuncia del Tribunale della stessa sede, ha dichiarato risolto il rapporto di lavoro fra le parti dalla data del licenziamento e ha condannato la società al pagamento, in favore del lavoratore, di una indennità risarcitoria onnicomprensiva pari a 15 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto.
2. Il recesso per giusta causa era stato intimato, in data 28.7.2014, perché il C., fattorino in servizio presso il R.P. Luxury Hotel, il 20.7.2014 si era recato presso la struttura alberghiera al di fuori dell'orario di lavoro e ivi stazionava (in attesa di ospiti da accompagnare come da precedenti accordi) per poi accompagnare repentinamente con il proprio mezzo altri ospiti in attesa del taxi, nonostante i colleghi di servizio avessero cercato di dissuaderlo, con conseguente danno all'immagine dell'Hotel.
3. La Corte territoriale, a fondamento della decisione, ritenuta tempestiva l'impugnativa stragiudiziale del licenziamento benché spedita a soggetto diverso ma che nella sostanza era comunque l'effettivo datore di lavoro, ha rilevato la inattendibilità di un teste (tale L.) e la credibilità degli altri che avevano confermato i fatti contestati; ha considerato che per le conseguenze sanzionatorie, non potendosi opinare il fatto grave per la unicità dell'episodio e per gli effetti da esso determinati, la sanzione espulsiva appariva sproporzionata e, pertanto, esclusa la tutela ex art. 18 co. 4 legge n. 300 del 1970, ha applicato la tutela indennitaria cd. forte (art. 18 co. 5 legge citata); ha ritenuto, poi, assorbita la trattazione del reclamo incidentale del lavoratore.
4. Avverso la sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione L.C. affidato a due motivi cui ha resistito con controricorso la C. Resort srl.
5. Il ricorrente ha depositato memoria.
Motivi della decisione
1. I motivi possono essere così sintetizzati.
2. Con il primo motivo si denuncia: a) ai sensi dell'art. 360 co. 1 n. 4 cpc, la violazione e falsa applicazione dell'art. 2106 cc, dell'art. 204 CCNL di Categoria e dell'art. 18 co. 5 Statuto dei Lavoratori; b) la mancata applicazione del combinato disposto degli artt. 202 e 203 del CCNL, dell'art. 2106 cc e dell'art. 18 co. 4 dello Statuto dei Lavoratori; c) il contrasto irriducibile su affermazioni inconciliabili; d) l'assenza di coerenza (sotto il profilo della irriducibile contraddittorie e dell'illogicità manifesta -nel motivo ex art. 360 n. 4 cpc, ossia nullità della sentenza per insussistenza di uno dei requisiti posti dall'art. 132 cpc e dell'art. 118 disp att. cpc). Si sostiene, in pratica, che la Corte di merito, disattendendo i principi in materia, era entrata in palese contraddizione nella motivazione della sentenza affermando, da un lato, che il comportamento sanzionato non era meritevole dell'effetto espulsivo e, dall'altro, confermando il licenziamento del lavoratore; inoltre, si sottolinea che le circostanze rassegnate dal datore di lavoro erano perfettamente tipicizzate e disciplinate dall'art. 202 o al più 203 CCNL, che prevede l'applicazione cli una misura conservativa, non potendo la ipotesi contestata rientrare nella misura più grave prevista dall'art. 204 CCNL.
3. Con il secondo motivo si censura, ai sensi dell'art. 360 co. 1 n. 5 cpc, l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, per non avere la Corte territoriale, rivalutando la deposizione del teste L., tenuto in debita considerazione non solo l'intera vicenda ma anche tutto l'impianto probatorio.
4. Per ragioni di pregiudizialità logico-giuridica deve essere preliminarmente scrutinato il secondo motivo.
5. Esso è inammissibile.
6. Invero, le censure in esso rappresentate, non sono meritevoli di accoglimento perché, al di là delle denunciate violazioni di legge, tendono ad una rivisitazione del merito della vicenda e ad una nuova valutazione del materiale probatorio, non consentite in sede di legittimità.
7. E' un principio ormai consolidato, infatti, quello secondo cui il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità, non il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, ma la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico - formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l'attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando così liberamente prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (Cass. n. 19547/2017; Cass. n. 29404/2017).
8. Il primo motivo è, invece, fondato.
9. La Corte territoriale, quanto alle conseguenze sanzionatorie, ha specificato che l'art. 202 del CCNL prevede, in ipotesi cli inosservanza di leggi, disposizioni, regolamenti ed obblighi di servizio che rechino pregiudizio agli interessi del datore, la sospensione del lavoro fino a sette giorni e la norma successiva (art. 203), qualora le sopra citate ipotesi rivestano particolare gravità e sempre che tale gravità non sia diversamente perseguibile, la sospensione dal lavoro da otto a dieci giorni; ha, altresì, precisato che, per la configurabilità di un licenziamento per giusta causa, occorre, invece (art. 204 CCNL), che l'inosservanza di disposizioni, regolamenti ed obblighi di servizio, già di per sé grave, presenti un ulteriore "surplus" di gravità ("per particolare gravità o recidiva, entro un anno dall'applicazione della sanzione, nelle stesse mancanze previste per la sospensione sino ad un periodo non superiore a 7 giorni"), di talché occorre essere in presenza di una gravità massima ed estrema che non era ravvisabile nella fattispecie in esame, avendo riguardo al carattere episodico ed isolato del fatto contestato; ha opinato,. quindi, che la sanzione espulsiva risultava eccessiva e sproporzionata.
10. Il ragionamento della Corte territoriale non è conforme ai principi statuiti in sede di legittimità relativamente all'accertamento che deve svolgere il giudice di merito in tema di licenziamento per giusta causa, ai sensi della formulazione dell'art 18 l. n. 300 del 1970, vigente ratione temporis.
11. Invero, è stato affermato che, a seguito delle modifiche apportate dalla legge n. 92 del 2012 al regime sanzionatorio dettato dall'art. 18 della legge n. 300 del 1970, il giudice deve procedere ad una valutazione più articolata circa la legittimità dei licenziamenti disciplinari rispetto al periodo precedente (cfr. Cass. n. 13178 del 2017; successive conformi: Cass. n. 5339 del 2018; Cass. n. 9396 del 2018; Cass. n. 18823 del 2018; Cass. n. 32500 del 2018). In primo luogo, deve accertare se sussistano o meno la giusta causa ed il giustificato motivo di recesso, secondo le previgenti nozioni fissate dalla legge, non avendo la riforma del 2012 "modificato le norme sui licenziamenti individuali, di cui alla legge n. 604 del 1966, laddove stabiliscono che il licenziamento del prestatore non può avvenire che per giusta causa ai sensi dell'art. 2119 cod. civ. o per giustificato motivo" (così Cass. 55.UU. n. 30985 del 2017). Nel caso in cui il giudice escluda la ricorrenza di una giustificazione della sanzione espulsiva, deve svolgere, al fine di individuare la tutela applicabile, una ulteriore disamina sulla sussistenza o meno di una delle due condizioni previste dal comma 4 dell'art. 18 per accedere alla tutela reintegratoria ("insussistenza del fatto contestato" ovvero fatto rientrante "tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili"), dovendo, in assenza, applicare il regime dettato dal comma 5 (per tutte Cass. n. 12365/2019; Cass. n. 14500/2019).
12. Nel caso in esame, invece, una volta esclusa, da parte della Corte territoriale, l'applicabilità dell'art. 204 CCNL, che consente in particolari ipotesi di gravità massima ed estrema la sanzione espulsiva, i giudici di seconde cure avrebbero dovuto valutare la applicazione o della disposizione dell'art. 202 o di quella dell'art. 203 del CCNL che puniscono, con sanzioni conservative, la stessa condotta, ritenuta dimostrata, non connotata da quel tipo di gravità, senza procedere ad un giudizio di proporzionalità della sanzione applicata.
13. In altri termini, se non era applicabile l'art. 204 CCNL (e la Corte ne dà pacificamente atto), la fattispecie era automaticamente regolata o dall'art. 202 e dall'art. 203 CCNL, che disciplinano la medesima condotta senza, però, quel "surplus" di gravità richiesto dalla prima disposizione citata, non essendo, quindi, possibile ricorrere all'esame della sproporzionalità della sanzione -che consente la tutela ex art. 18 co. 5 legge n. 300 del 1970- allorquando si sia in presenza, cioè, di una previsione della contrattazione collettiva che preveda, per quel comportamento, una sanzione conservativa.
14. Alla stregua di quanto esposto, il primo motivo del ricorso deve essere accolto, inammissibile il secondo. L'impugnata sentenza va, quindi, cassata con rinvio alla Corte di appello di Catania, in diversa composizione, che procederà ad un nuovo esame attenendosi ai principi sopra menzionati e provvedendo, altresì, sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo, inammissibile il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Catania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio.