
Secondo l'art. 18, comma 14, L. fall., detto termine è di 30 giorni e decorre dalla comunicazione del testo integrale di tale sentenza, effettuata dal cancelliere mediante PEC.
La Corte d'Appello confermava la decisione del Giudice di primo grado dichiarando il fallimento di una società, la definitiva sospensione del core business della medesima nonché l'inconsistenza della dedotta aspettativa di continuità aziendale basata sull'utilizzo di una rete alternativa a quella tramontata. Inoltre, veniva irrogata nei...
Svolgimento del processo
- C.F., quale trustee del H. Trust, e la Fondazione A.M.D.R.-H. o.n.l.u.s. propongono ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Milano, depositata il 23 aprile 2020, di reiezione del loro reclamo, nonché del reclamo di M F. e S.D., avverso la sentenza del locale Tribunale che aveva dichiarato il fallimento della I.D.B. s.p.a.;
- la sentenza impugnata ha dato atto che il giudice di primo grado aveva dichiarato il fallimento a seguito di istanza della società medesima e previo accertamento dello stato di insolvenza desunto: dalla sospensione dell’attività principale (di vendita dei diamanti di investimento) sin dal 2016; dall’incapacità della società a far fronte alla sanzione di euro 2 mln. comminata dall’Autorità Garante del Mercato e della Concorrenza; dal crollo del valore dell’attività sul mercato; dall’impossibilità di far fronte con il proprio patrimonio alle molteplici richieste restitutorie e/o risarcitorie avanzate, anche in sede giudiziale, per circa euro 30 mln.; dall’impossibilità di addivenire a una soluzione concordata della crisi ex art. 182 bis legge fall.; dall’indisponibilità della compagine sociale a sottoscrivere un prestito obbligazionario per euro 4,5 mln.;
- ha, quindi, confermato la valutazione del Tribunale evidenziando, in particolare, la «definitiva sospensione del core business della società – e dunque in sostanza [nel]la di lei paralisi», nonché l’inconsistenza della dedotta aspettativa di continuità aziendale basata sull’utilizzo di una rete alternativa a quella (tramontata) bancaria, il continuo accumulare di perdite, stimate in euro 300.000,00 al mese per la gestione dei reclami e la restituzione dei preziosi a far data dalla sospensione dell’attività, la presenza di un considerevole numero di istanze restitutorie o risarcitorie, indicate dal curatore in euro 19.000,00, la sottoposizione della società ad amministrazione giudiziaria, il sequestro penale disposto nei confronti dei beni della società e il vulnus alla liquidità dell’impresa rappresentata dalla sanzione di euro 2 mln. irrogata dall’A.G.C.M.;
- il ricorso è affidato a un unico motivo;
- resistono, con distinti controricorsi, sia il Fallimento della I.D.B. s.p.a., sia B.F., quale ex legale rappresentante di tale società, spiegando entrambi ricorso incidentale condizionato;
- M.F. e S.D. non spiegano alcuna difesa;
- le parti costituite depositano memoria ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c.;
Motivi della decisione
- con l’unico motivo i ricorrenti principali deducono la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 5, legge fall., allegando l’erronea, omessa e/o insufficiente motivazione sullo stato di insolvenza, nonché l’omesso esame di fatti decisivi e controversi del giudizio e la contraddittorietà della motivazione;
- censurano la sentenza impugnata nella parte in cui: ha ritenuto impraticabile la prospettata continuità aziendale; ha omesso di considerare che la sanzione dell’A.G.C.M. fosse contestata in sede giurisdizionale; ha attribuito rilevanza al cd. panic selling e al fatto che la società era in amministrazione giudiziaria; ha sovrastimato sia il rischio di debiti per restituzioni e/o risarcimento dei danni, senza considerare, tra l’altro, l’esistenza di un fondo rischi in bilancio per i contenziosi pendenti, sia i costi per la gestione dei reclami; ha omesso di considerare che gran parte dei debiti scaduti verso le banche era sub judice, che i beni in magazzino fossero di facile realizzo, anche in virtù di cauta svalutazione, al pari di una polizza di investimento stipulata per euro 6 mln. e che la posta rappresentata dal t.f.r. fosse inesigibile;
- il motivo è inammissibile, in quanto si risolve, nella sostanza, in una generale critica della valutazione degli elementi istruttori effettuata dalla Corte di appello;
- la doglianza, infatti, investe non già l’omesso esame di fatti storici, i quali risultano essere stati tutti presi in considerazione dalla Corte di appello, ancorché non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie in quanto a ciò non tenuta (cfr. Cass. 8 novembre 2019, n. 28887; Cass. 29 ottobre 2018, n. 27415), bensì la valutazione che degli stessi la Corte di appello ha effettuato;
- una siffatta critica non può trovare ingresso in questa sede, in quanto sono riservate al giudice del merito l'interpretazione e la valutazione del materiale probatorio, il controllo dell'attendibilità e della concludenza delle prove, la scelta, tra le risultanze probatorie, di quelle ritenute idonee a sorreggere il proprio convincimento (cfr. Cass, 2 agosto 2016, n. 16056; Cass. 23 maggio 2014, n. 11511);
- sotto altro aspetto, si evidenzia che l’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., prevede il vizio specifico denunciabile per cassazione relativo all'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, ossia ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, la cui esistenza risulti dalla sentenza o dagli atti processuali che hanno costituito oggetto di discussione tra le parti avente carattere decisivo, per cui in tale paradigma normativo esulano questioni ed argomentazioni difensive non prese in considerazione o disattese dal giudice (Cass. 16 marzo 2022, n. 8584; Cass. 18 ottobre 2018, n. 26305);
- da ultimo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., nella formulazione risultante a seguito della modifica apportata dall’art. 54, d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv., con modif., nella l. 7 agosto 2012, n. 134, applicabile ratione temporis al caso in esame, non è più deducibile quale vizio di legittimità il vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione (cfr. Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053);
- pertanto, per le già indicate considerazioni, il ricorso principale va dichiarato inammissibile;
- in conseguenza dell’inammissibilità del ricorso principale vanno dichiarati inefficaci, ai sensi dell’art. 334, secondo comma, cod. proc. civ., i ricorsi incidentali condizionati in quanto proposti tardivamente;
- sul punto, giova rammentare che la tempestività dell’impugnazione incidentale va valutata rispetto ai termini di cui agli artt. 325, secondo comma, ovvero 327, primo comma, cod. proc. civ., a seconda che vi sia stata o meno la notifica della sentenza, non assumendo rilevanza la circostanza che la stessa sia stata proposto nel rispetto del termine di cui all'art. 371, secondo comma, cod. proc. civ., ossia di quaranta giorni dalla notificazione del ricorso principale (cfr. Cass. 22 giugno 2021, n. 17707; Cass. 16 marzo 2015, n. 6077);
- con particolare riferimento all’impugnazione della sentenza di rigetto del reclamo proposto avverso la dichiarazione di fallimento, si osserva che la comunicazione del testo integrale di tale sentenza, effettuata dal cancelliere mediante posta elettronica certificata, determina la decorrenza del termine breve per l'impugnazione in cassazione ex art. 18, comma 14, legge fall., non ostandovi il dettato dell’art. 133, secondo comma, cod. proc. civ. – secondo cui la comunicazione delle sentenze effettuata per via telematica dal cancelliere non è idonea a far decorrere il termine (breve) per le impugnazioni di cui all'art. 325 cod. proc. civ. – in quanto tale disposizione non incide sulle norme processuali derogatorie e speciali quali quella di cui al menzionato art. 18, comma 14, legge fall., che delinea un meccanismo per effetto del quale la decorrenza del termine per l’impugnazione non è rimesso alla volontà della parte vincitrice, come previsto dalla norma generale di cui all’art. 285 cod. proc. civ., bensì al compimento di un atto del cancelliere – doveroso e sollecito (entro il giorno successivo al suo deposito, ai sensi del richiamato art. 17 legge fall.) – imposto dalla natura degli interessi tutelati dalla procedura concorsuale e dalle connesse esigenze di celerità che caratterizzano il procedimento fallimentare (cfr. Cass. 19 settembre 2019, n. 23443; Cass. 9 ottobre 2017, n. 23575; Cass. 20 maggio 2016, n. 10525);
- la doverosità dell’adempimento posto dal menzionato art. 18, comma 14, legge fall., valutato unitamente alla presunzione di legittimità che assiste l’attività della pubblica amministrazione, conduce a ritenere che laddove, come nel caso in esame, la parte non alleghi la mancata ricezione della sentenza, non sia necessario che sia data evidenza documentale dell’avvenuta notifica telematica del provvedimento, potendo, dunque, considerarsi che la stessa sia avvenuta entro il giorno successivo al suo deposito;
- ciò posto, si rileva che sia il ricorso incidentale proposto dalla curatela, sia quello proposto dall’ex legale rappresentante della società richiedente il fallimento, sono tardivi, in quanto notificati, rispettivamente, il 17 luglio e il 20 luglio 2020, mentre la sentenza di appello è stata depositata il precedente 23 aprile, e, dunque, ben oltre il termine cd. breve di sessanta giorni;
- le spese processuali sono determinate secondo il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo;
- la declaratoria di inefficacia dei ricorsi incidentali condizionati non determina la condanna dei ricorrenti incidentali al pagamento del doppio del contributo unificato, in quanto con la perdita di efficacia il ricorso incidentale tardivo diviene tamquam non esset e non viene preso in esame dalla Corte, non potendosi così pervenire ad una pronuncia di rigetto o ad una declaratoria di inammissibilità o improcedibilità dell'impugnazione, che costituiscono le sole ipotesi in presenza delle quali l'art. 13, comma 1-quater, t.u. spese giust., prevede che chi ha proposto l'impugnazione debba versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato (cfr. Cass. 18 gennaio 2019, n. 1343; Cass. 25 luglio 2017, n. 18348);
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso principale inammissibile e quelli incidentali condizionati inefficaci; condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio di legittimità, che si liquidano, in favore di ciascuna parte controricorrente, in complessivi euro 10.000,00, oltre al rimborso forfettario nella misura del 15%, nonché euro 200,00 per esborsi e gli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, t.u. spese giust., dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti principali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.