Nel caso di specie, la Cassazione ha affermato che, essendo l'aumento retributivo unico anche se pagato in diverse tranches, il fatto che la società avesse corrisposto integralmente la prima tranche senza ridurre il superminimo ha comportato una rinuncia da parte della stessa anche per le tranches successive.
La Corte d'Appello di Milano respingeva l'appello proposto dalla società nei confronti della lavoratrice contro la decisione del Giudice di primo grado con la quale era stato dichiarato illegittimo l'assorbimento del superminimo negli aumenti dei minimi retributivi disposti dal CCNL di settore, condannando la società a corrispondere le differenze...
Svolgimento del processo
1. Con sentenza n. 1632 del 3 ottobre 2017, la Corte di Appello di Milano ha respinto l'appello proposto da S. S.p.A. nei confronti di L.G. avverso la decisione di primo grado che aveva dichiarato l'illegittimità dell'assorbimento del superminimo negli aumenti dei minimi retributivi disposti dal CCNL industria alimentare del 2012, condannando la società alla corresponsione delle differenze retributive dovute alla lavoratrice.
2. La Corte territoriale ha ritenuto che, dall'esame delle evidenze processuali, doveva escludersi la volontà della Società appellante di optare per l'assorbimento nel superminimo dell'aumento contrattuale unico disposto dai CCNL succedutisi nel tempo.
3. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la società S. S.p.A., affidandolo a sette motivi. L.G. ha resistito con controricorso ed ha depositato memoria illustrativa ai sensi dell'art. 380 bis 1 cod.proc.civ..
Motivi della decisione
4. I motivi di ricorso:
4.1. con il primo motivo di ricorso è denunciato, in relazione all'art. 360 comma 1, n. 5 cod. proc. civ., l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ravvisato nella erronea circostanza che l'art. 51 del c.c.n.l. Industria Alimentare 2012 prevedesse un unico aumento suddiviso in quattro tranche e non, piuttosto, in quattro distinti aumenti;
4.2. con il secondo motivo si allega la violazione degli artt. 2731 e 2733 cod. civ. per avere la Corte valorizzato, per ritenere confermata la parcellizzazione in quattro tranche dell'unico aumento disposto dal contratto, quanto affermato dalla società nella memoria di costituzione in primo grado atteso che la confessione deve riguardare l'esistenza oggettiva di un fatto costitutivo del negozio e non un mero convincimento circa la sua qualificazione giuridica; sottolinea inoltre che non può essere attribuita valenza confessoria alle dichiarazioni contenute in un atto che non sia stato sottoscritto dalla parte ma solo dal suo difensore;
4.3. il terzo motivo denuncia l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in ordine alla collocazione del superminimo in busta paga prima e dopo l'assorbimento;
4.4. il quarto motivo ha ad oggetto ancora la violazione dell'art. 360 co.1 n. 5 cod. proc. civ., con riferimento al comportamento omissivo tenuto dalla lavoratrice con riferimento agli obblighi che sulla stessa gravavano ai sensi dell'art. 50 del CCNL Industria Alimentare 2012;
4.5. con il quinto motivo è denunciata la violazione dell'art. 1362 cod. civ. in relazione al comportamento tenuto dalle parti dopo l'assorbimento;
4.6. il sesto motivo ha ad oggetto la violazione e falsa applicazione dell'art. 2729 cod. civ. e si deduce che il mancato assorbimento del primo aumento non poteva essere inteso come espressione certa ed univoca della volontà della datrice di lavoro di rinunciarvi in toto tenuto conto del fatto che non è consentito il ricorso alle presunzioni per accertare l'esistenza della volontà di rinunciare ad un diritto;
4.7. con l'ultimo motivo di ricorso, infine, è denunciata la violazione dell'art. 360 n. 3 e dell'art. 41 Cost. in quanto l'interpretazione data finirebbe per rendere impossibile per la società di esercitare la scelta di riassorbire superminimi mantenuti dopo il rinnovo del contratto collettivo incidendosi così direttamente sulla libertà per l'impresa di posticipare un suo diritto (quello ad imporre il riassorbimento del superminimo) funzionale alla sua iniziativa economica costituzionalmente garantita.
5. Tanto premesso rileva il Collegio che la vicenda oggi sottoposta al suo esame è stata già decisa da questa Corte con riguardo ad un diverso segmento temporale con la sentenza n. 10164 del 10/04/2021 che ha esaminato censure sovrapponibili a quelle oggi sottoposte all'attenzione della Corte in relazione alla sentenza della Corte di appello di Milano la cui motivazione è stata richiamata nella sentenza oggi impugnata. Va evidenziato allora che, non essendo state prospettate ulteriori e diverse considerazioni, il Collegio non ha ragione di discostarsi da quel precedente le cui argomentazioni sono utili alla definizione del presente giudizio (vedi anche su decisioni di altra Corte di Appello Cass. 27/07/2020 n. 15967 e 05/06/2020 n. 10779).
5.1. Ed infatti il primo, il terzo ed il quarto motivo di ricorso devono essere dichiarati inammissibili poiché in applicazione dell'art. 348 ter, ultimo comma, cod.proc.civ., non sono impugnabili per omesso esame di fatti storici le sentenze di secondo grado in ipotesi di e.ci. doppia conforme, (cfr., fra le tante, Cass. n. 2922 del 12/11/2019) e peraltro, come è noto, in seguito alla riformulazione dell'art. 360, comma 1, n. 5 del cod. proc. civ., disposto dall'art. 54 col, lett. b), del DL 22 giugno 2012 n. 83, convertito con modificazioni nella legge 7 agosto 2012 n. 134 il vizio di motivazione è circoscritto, al di fuori dell'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti", alla sola verifica della esistenza del requisito motivazionale nel suo contenuto "minimo costituzionale" richiesto dall'art. 111, comma 6, Cost. ed individuato "in negativo" nelle note ipotesi della mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale, nella motivazione apparente, nella manifesta ed irriducibile contraddittorietà, nella motivazione perplessa od incomprensibile, che si convertono nella violazione dell'art. 132, comma 2, n. 4), c.p.c. e determinano la nullità della sentenza per carenza assoluta del prescritto requisito di validità (cfr. per tutte Cass. sez. U. 07/04/2014 n. 8053 e più recentemente Cass. n. 23940 del 2017). Nessuna di queste ipotesi ricorre nel caso in esame.
6. Per quanto concerne il secondo, il quinto, il sesto ed il settimo motivo, da esaminarsi congiuntamente per ragioni di ordine logico - sistematico, va ribadito anche nel presente giudizio che si tratta di censure formulate in modo promiscuo, con le quali si denunciano violazioni di legge o di contratto e vizi di motivazione senza che nell'ambito della parte argomentativa del mezzo di impugnazione risulti possibile scindere le ragioni poste a sostegno dell'uno o dell'altro vizio. Si determina perciò una situazione di inestricabile promiscuità, tale da rendere impossibile l'operazione di interpretazione e sussunzione delle censure (cfr. Cass. n. 18715 del 2016; Cass. n. 17931 del 2013; Cass. n.7394 del 2010; Cass. n. 20355 del 2008; Cass. n. 9470 del 2008), che nella sostanza contestano l'accertamento operato dalla Corte territoriale in ordine alla ritenuta volontà della società di non reputare assorbibile il superminimo.
6.1. In particolare, la Corte, dopo aver premesso che il superminimo è normalmente soggetto al principio generale dell'assorbimento, ha ritenuto che la circostanza che nel contratto di assunzione o, comunque, con successiva lettera della società, sia stata espressamente prevista una somma a titolo di superminimo e che la stessa sia stata poi aumentata, sempre riportandola nella busta paga sotto la voce superminimo, fosse indicativa della volontà della S. di avvalersi dell'assorbimento, senza che il non essersene avvalsa in occasione del precedente rinnovo contrattuale con riferimento al rapporto di lavoro degli intimati avesse determinato la formazione di un uso aziendale.
6.2. La Corte ha poi aggiunto che la società con il CCNL dell'ottobre 2012 aveva previsto un aumento retributivo unico ma liquidato in tranches a scadenze diverse: conseguentemente, il fatto che la liquidazione della prima tranche non sia stata oggetto di alcun assorbimento è indicativo della volontà concludente della società che l'aumento della retribuzione base non debba comportare alcuna diminuzione del superminimo anche in ordine al pagamento delle tranches successive.
6.3. Il Collegio ha, quindi, ritenuto che, essendo l'aumento retributivo unico anche se pagato in diverse tranches, come ammesso dalla stessa società, il fatto di aver corrisposto integralmente la prima tranche, senza ridurre il superminimo, abbia comportato una rinuncia da parte della ricorrente.
6.4. Tale ricostruzione motivazionale non può essere censurata in sede di legittimità atteso che l'interpretazione del regolamento contrattuale è attività riservata al giudice di merito, pertanto sottratta al sindacato di legittimità salvo che per il caso della violazione delle regole legali di ermeneutica contrattuale (sul punto fra le più recenti, Cass. 27 luglio 2020, n. 15967), la quale, tuttavia, non può dirsi esistente sul semplice rilievo che il giudice di merito abbia scelto una piuttosto che un'altra tra le molteplici interpretazioni del testo negoziale, sicché, quando di una clausola siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito alla parte, che aveva proposto l'interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che ne sia stata privilegiata un'altra (sul punto, ex plurimis, Cass. n. 11254 del 10/05/2018).
6.5. La Corte, basandosi sulla ricostruzione della volontà delle parti in base ai richiamati indici rivelatori, ha escluso l'intenzione della società di procedere all'assorbimento.
6.6. D'altro canto, la sentenza impugnata non si pone nemmeno in contrasto con la presunzione, relativa, connessa all'assorbimento, nel senso che il superminimo si ritiene di solito assorbito dai miglioramenti retributivi previsti dalla contrattazione collettiva ovvero per il conseguimento di un inquadramento superiore, sicché in tali evenienze ben può il giudice di merito ritenere superata detta presunzione in base alle acquisite risultanze istruttorie (fra le altre, Cass. 17/10/2018, n. 26017).
6.7. Ha osservato, al riguardo, Cass. 12/10/2004, n. 21555, che l'interpretazione delle disposizioni collettive di diritto comune è riservata, data la loro natura contrattuale, all'esclusiva competenza del giudice del merito, le cui valutazioni soggiacciono, in sede di legittimità, ad un sindacato limitato alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica contrattuale (artt. 1362 e segg. cod. civ.) ed al controllo della sussistenza di una motivazione coerente e logica, ferma la necessità che le censure precisino gli errori addebitati al giudice di merito, non essendo sufficiente la mera prospettazione di una interpretazione o di una conclusione diversa da quella genericamente censurata.
6.8. La Corte ha aggiunto, poi, che "con specifico riguardo al preteso principio di diritto del normale assorbimento del superminimo nei miglioramenti contrattuali, va precisato che un tale principio non è mai stato affermato da questa Corte, essendo state, invece ( e non poteva essere altrimenti, considerati i ricordati limiti del giudizio di legittimità con riferimento a disposizioni contrattuali di diritto comune), semplicemente confermate sentenze di merito che avevano ritenuto sussistente, nel caso concreto, tale regola contrattuale".
6.9. Nel caso di specie, a fronte, peraltro di una doppia pronuncia conforme ci si confronta con una motivazione congrua, non illogica, cui la parte ricorrente si limita a contrapporre una diversa interpretazione, che vorrebbe compensabile la migliore retribuzione (rispetto al minimo contrattuale), concessa a tutti i dipendenti fin dall'inizio del rapporto, con futuri aumenti contrattuali.
7. In conclusione, alla luce delle esposte considerazioni, il ricorso deve essere respinto e le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza e devono essere distratte in favore dell'Avv. N.M. che se ne è dichiarato antistatario. Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell'art. 1 -bis dell'articolo 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in € 2.000,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, 15% per spese forfetarie oltre agli accessori di legge.
Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell'art. 1 -bis dell'articolo 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto