Quando la persona danneggiata ottiene anche un vantaggio patrimoniale, esso va detratto dal risarcimento quando lo stesso soggetto sia tenuto sia al pagamento del risarcimento, sia al pagamento dell'ulteriore vantaggio economico in favore della vittima.
La vicenda trae origine dalla richiesta risarcitoria avanzata dagli eredi di un soggetto che aveva contratto l'infezione da HCV a causa di una trasfusione somministrata presso l'Azienda Ospedaliera che ne aveva causato il decesso.
Il Tribunale aveva ritenuto prescritta la domanda degli eredi vantata iure hereditario, escludendo il diritto degli stessi ad ottenere il...
Svolgimento del processo
1. Nel 2010, A.L., S. e S.S., in proprio e quali credi di C.S., convennero in giudizio, dinanzi al Tribunale di Napoli il Ministero della Salute, la Regione Campania, l'ASL Caserta, la Gestione Liquidatoria ex USL n. 15 di Caserta e l’Azienda Ospedaliera S. A. e S. S. di Caserta, al fine di ottenere il risarcimento dei danni patiti a causa dell'infezione da HCV contratta dal loro dante causa in conseguenza di una trasfusione somministrata nel 1974, in occasione di un ricovero ospedaliero con intervento chirurgico di splenectomia.
Si costituirono in giudizio il Ministero della Salute, l'Azienda Ospedaliera e la Regione Campania, chiedendo il rigetto della domanda.
Istruita la causa mediante consulenza tecniche medico-legale, il Tribunale adito, con sentenza n. 12670/2015, dichiarò la carenza di legittimazione passiva dell'Ospedale e della ASL di Caserta e rigettò le domande proposte nei confronti degli altri convenuti.
In particolare, il Tribunale ritenne prescritta la domanda di risarcimento del danno vantato iure hereditario; escluse inoltre il diritto degli attori ad ottenere il risarcimento dei danni vantati iure proprio, reputando non sussistente il nesso causale tra la trasfusione e il contagio del virus HCV.
2. Con la sentenza n. 4558/2019, depositata il 19 settembre 2019, la Corte d'appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha accolto la domanda esercitata dagli attori iure proprio, osservando che, conformemente al principio affermato dalla giurisprudenza di legittimità il Ministero della Salute, in caso di patologie conseguenti ad infezione da virus, contratte a seguito di emotrasfusioni o di somministrazione di emoderivati, era responsabile atteso che già dalla fine degli anni '60 era noto il rischio di trasmissione di epatite virale ed era possibile la rilevazione (indiretta) dei virus, che della stessa costituiscono evoluzione o mutazione, mediante gli indicatori della funzionalità epatica, gravando pertanto sul Ministero della salute, in adempimento degli obblighi specifici di vigilanza e controllo posti da una pluralità di fonti normative speciali risalenti già all'anno 1958, l'obbligo di controllare che il sangue utilizzato per le trasfusioni e gli emoderivati fosse esente da virus e che i donatori non presentassero alterazione della transaminasi.
Nel caso di specie, la sussistenza del nesso causale tra le trasfusioni ematiche e la contrazione del virus, nonché tra la patologia ematica e il decesso, era stato accertato sia dalla C.M.O. adita dagli eredi S. per la richiesta di riconoscimento dei benefici di cui alla L. 210/ 1992, sia dal ctu nominato in primo grado.
La Corte territoriale ha, inoltre, ritenuto esistente l'elemento psicologico della colpa, integrato dalla circostanza che, se il Ministero della Salute avesse adottato le opportune precauzioni ed esercitato i necessari controlli sui donatori, il danno non si sarebbe verificato.
Di conseguenza, la Corte ha condannato il Ministero della Salute al risarcimento del danno sofferto dalla coniuge e dai figli di S.S., liquidato applicando i parametri contenuti nelle tabelle di Milano.
3. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione, sulla base di un unico motivo, il Ministero della Salute.
3.1. Resistono con controricorso i signori A.L., S.S., S.S..
Motivi della decisione
4.1. Con l'unico motivo di ricorso, il Ministero della Salute lamenta, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la "violazione o falsa applicazione degli artt. 2, comma 3 L. 210/1992, degli artt. 2043, 2056 e ss., dell'art. 2041 e dell'art. 2697 c.c., nonché degli artt. 115, 116 e 345, comma 2 c.p.c.".
La Corte di merito avrebbe dovuto rilevare d'ufficio la comensatio lucri cum damno con l'indennizzo una tantum già erogato ai familiari nella misura fissata ex lege dall'art. 2, comma 3 della L. 210/1992 e quindi detrarre tale importo a quello complessivamente liquidato a titolo di risarcimento del danno iure proprio subito dagli attori per il decesso del proprio familiare.
Né poteva rilevare la mancata proposizione dell'eccezione da parte del Ministero, ovvero la mancata allegazione, da parte dello stesso, delle circostanze di fatto, che risultavano comunque acquisite al giudizio, essendo pacifico, in base a quanto allegato e documentato nel giudizio di primo grado, che gli eredi S. avessero, dopo il decesso del proprio familiare, richiesto i benefici di cui alla L. 210/1992 e che tale indennizzo, la cui misura è prestabilita in misura fissa dalla legge, fosse stato riconosciuto ed erogato.
Secondo la giurisprudenza delle Sezioni Unite (10531/2013), infatti, deve essere ammessa in appello la rilevabilità d'ufficio di eccezioni in senso lato che risultino documentate ax actis.
4.2. Il motivo è fondato.
Questa Corte, infatti, ha stabilito che quando, in conseguenza di un fatto illecito, la persona danneggiata ottenga anche un vantaggio patrimoniale, quest'ultimo va defalcato dal risarcimento quando il medesimo soggetto sia tenuto sia al pagamento del risarcimento, sia al pagamento dell'ulteriore vantaggio economico a favore della vittima (Cass. civ. Sez. U, Sentenza n. 584 del 11/01/2008).
Nel caso di specie, il Ministero della Salute, convenuto con l'azione risarcitoria in esame, è altresì il soggetto passivamente legittimato rispetto alla domanda di pagamento dell'indennizzo ex L. n. 210 del 92, (Cass. civ Sez. U, Sentenza n. 12538 del 09/06/2011).
Al riguardo, le argomentazioni svolte dai controricorrenti non appaiono fondate.
In primo luogo, contrariamente a quanto sostengono gli eredi S., l'indennizzo di cui alla L. n. 210 del 1992, art. 2, comma 3, spetta agli aventi diritto iure proprio, e non iure hereditario, come già stabilito da questa Corte (ex multis, tra le più recenti, Cass. Civ., Sez. Lavoro, n. 26842 del 25/11/2020; Cass. civ Sez. Lavoro, n. 11407 del 11/05/2018).
Quanto all'ulteriore deduzione con cui i controricorrenti hanno dedotto che il Ministero della Salute non avrebbe mai provato l'erogazione in loro favore del beneficio una tantum previsto dalla L. n. 210 del 1992, art. 2, comma 3, si evidenzia che l'avvenuta percezione dell'indennizzo ex l. n. 210 del 1992, venne ammessa dalle odierne controricorrenti nell'atto introduttivo del giudizio di primo grado.
Le affermazioni ivi contenute costituiscono una confessione giudiziale, vincolante per chi l'ha resa ai sensi dell'art. 2733 c.c., comma 2.
In ogni caso, si ricorda che, l'orientamento di questa Corte, nel giudizio promosso nei confronti del Ministero della Salute per il risarcimento del danno conseguente al contagio a seguito di emotrasfusioni con sangue infetto, l'indennizzo di cui alla L. n. 210 del 1992, può essere scomputato dalle somme liquidabili a titolo di risarcimento del danno quando, "sia stato effettivamente versato o, comunque, sia determinato nel suo preciso ammontare o determinabile in base a specifici dati della cui prova è onerata la parte che eccepisce il "lucrum" (Cass. n. 21837 del 20'l9; Cass. n. 20909 del 2018).
Da ciò si deduce che anche le somme non ancora percepite, ma comunque riconosciute, e dunque liquidate e determinabili, al momento della pronuncia, vanno comprese nel calcolo della compensazione (specificamente Cass. n. 31543 del 2018, Cass. civ., Sez. VI - 3, Ord. 31/03/2021, n. 8866).
Nel caso in esame, da un lato, gli eredi Stellato ammettono, anche nel controricorso (p. 13), l'avvenuto riconoscimento dell'indennizzo nei confronti della moglie del de cuius, dall'altro lato, l'importo di detto indennizzo viene stabilito in misura fissa dalla legge.
5. In conclusione, la Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata, come in motivazione, rinvia alla Corte di Appello di Napoli in diversa composizione personale, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte la Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata, come in motivazione, rinvia alla Corte di Appello di Napoli in diversa composizione personale, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.