La controversia trae origine dal gravame proposto dall'attuale ricorrente con cui deduceva la nullità della notifica del ricorso
Svolgimento del processo
1. Nel 2002 la società A.C.I. N.V. (che in seguito muterà ragione sociale in A. C. y C. S.A. de S. y R.; d'ora innanzi, per brevità, "la A.") garantì con apposito contratto di fideiussione i debiti della società E. 2000 s.r.l. nei confronti dell'A.A.M.S..
A sua volta la A. venne controgarantita, nel caso in cui il creditore principale avesse escusso la suddetta fideiussione, dai soci della E. 2000 s.r.l., tra i quali L.U.B. e L.M.G..
2. Nel 2006 la AAMS escusse la garanzia e intimò alla Atradius il pagamento di euro 683. 342,50.
Nella successiva controversia fra l'A.M. e la A. quest'ultima chiamò in causa, tra gli altri, L.U.B. e L.M.G., chiedendo che fosse accertato il loro obbligo di garantire la Atradius.
Con sentenza 17582/11 il Tribunale di Roma rigettò le contestazioni della A. nei confronti dell'AAMS, e dichiarò i chiamati in causa obbligati a controgarantirla.
3. Nel 2012 la A. convenne dinanzi al Tribunale di Roma, ai sensi dell'art. 702 bis c.p.c., L.U.B. e L.M.G., chiedendone la condanna in solido alla rifusione dell'importo corrisposto alla AAMS.
I convenuti rimasero contumaci.
4. Con ordinanza ex art. 702 ter c.p.c. 28 luglio 2014 n. 14778 il Tribunale di Roma accolse la domanda. Tre anni dopo la A. promosse un procedimento per la correzione di un errore materiale contenuto nella suddetta ordinanza.
5. Nel 2017 L.U.B. e L.M.G. impugnarono dinanzi alla Corte d'appello di Roma la pronuncia di condanna adottata dal Tribunale tre anni prima, deducendo che:
-) avevano appreso dell'esistenza del giudizio e della condanna a loro carico solo per effetto della notifica del ricorso per correzione d'errore materiale;
-) né l'atto introduttivo del giudizio di primo grado, né l'ordinanza conclusiva di esso, erano mai stati loro ritualmente notificati;
-) in particolare, la notifica del ricorso ex art. 702 bis c.p.c. a L.U.B. era nulla perché eseguita ad un indirizzo dal quale il destinatario si era trasferito quattro anni prima; mentre la notifica del ricorso medesimo a L.M.G. era nulla perché recante un indirizzo erroneo, sebbene il piego venisse "immesso nella cassetta delle poste, con indicazione di temporanea assenza".
Quanto al merito, gli appellanti deducevano di avere ceduto le rispettive quote di partecipazione nella E. 2000 s.r.l. nel 2004, e dunque prima che la A. escutesse la garanzia.
6. Con sentenza 23 gennaio 2019 n. 529 la Corte d'appello cli Roma rigettò il gravame.
A fondamento della decisione la Corte adottò una motivazione così riassumibile:
-) le due relazioni di notificazioni del ricorso introduttivo del primo grado di giudizio recavano l'indicazione che i destinatari erano sì residenti nel luogo indicato dal mittente, ma che l'uno era "irreperibile" e l'altro "temporaneamente assente";
-) poiché le attestazioni compiute dall'ufficiale postale nella relata di notifica fanno piena fede fino a querela di falso, sarebbe stato onere degli appellanti impugnarle con tale mezzo;
-) in mancanza d'una querela di falso, erano irrilevanti le certificazioni anagrafiche attestanti l'avvenuto trasferimento di residenza di L.U.B., giacché queste ultime "hanno un valore meramente presuntivo", e sarebbe stato onere dell'interessato dimostrare "che la presenza dei loro nominativi presso i predetti indirizzi era un mero fatto formale", cui non corrispondeva una residenza effettiva.
7. La sentenza d'appello è stata impugnata per cassazione da L.U.B. e L.M.G. con ricorso fondato su tre motivi ed illustrato da memoria.
Ha resistito con controricorso la A..
Motivi della decisione
1. Preliminarmente rileva il Collegio, ex officio, che in appello gli odierni ricorrenti si dolsero unicamente d'una questione pregiudiziale di rito, e cioè della nullità della notifica dell'atto introduttivo del giudizio di primo grado. Ciò tuttavia non rendeva inammissibile l'appello, alla luce del principio consolidato secondo cui l'impugnazione con cui l'appellante si limiti a dedurre soltanto vizi di rito avverso una pronuncia a lui sfavorevole (21nche) nel merito è ammissibile nei soli limiti in cui i vizi denunciati, se fondati, imporrebbero una rimessione del procedimento al primo giudice ex artt. 353, 354 del codice di procedura civile, e non anche nel caso in cui i vizi medesimi non rientrino nelle ipotesi tassativamente elencati dalla norme predette (Sez. 3, Sentenza n. 19159 del 29/09/2005, Rv. 584077 - 01).
Nel presente giudizio, se il giudice d'appello avesse accolto l'eccezione di nullità della notificazione del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, avrebbe dovuto rimettere la causa al primo giudice: e dunque si verte nell'ipotesi in cui ammissibile era l'appello, ed ammissibile cli conseguenza è anche il ricorso per cassazione avverso la sentenza di secondo grado.
2. Vanno esaminate per prime le eccezioni pregiudiziali con cui la A. ha eccepito che:
-) il file allegato alla notifica del ricorso per cassazione, avvenuta per mezzo di posta elettronica, non è "PDF nativo" ma è la scansione di un documento cartaceo;
-) il suddetto file non è firmato digitalmente;
-) nella relata della notifica del ricorso si dichiara che essa è "conforme al corrispondente atto/provvedimento presente nel fascicolo informatico dal quale è stata estratta", ma ovviamente il ricorso per cassazione non può dirsi "estratto" da alcun fascicolo informatico.
2.1. La prima delle suddette eccezioni è superata dal fatto che l'atto del quale si invoca la nullità ha raggiunto il suo scopo, come dimostra la circostanza che è stato letto e compreso dalla A..
2.2. La seconda delle suddette eccezioni è infondata, in quanto - come già stabilito da questa Corte - l'atto di impugnazione redatto su carta e successivamente riprodotto in formato digitale ai fini della notificazione telematica, munito dell'attestazione di conformità all'originale, non richiede la firma digitale dei difensori, la quale è sufficiente che compaia in calce alla notificazione effettuata a mezzo posta elettronica certificata (ex multis, Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 11222 del 06/04/2022, Rv. 664462 - 01).
2.3. La terza eccezione è superata dal fatto che è possibile considerare un mero refuso la frase sopra trascritta, dal momento che al ricorso è comunque allegata una ulteriore attestazione di conformità, nella quale si dice che il file contenente il ricorso conforme "all'originale analogico".
3. Col primo motivo i ricorrenti deducono che erroneamente la Corte d'appello ha ritenuto che essi, per dimostrare la nullità delle notificazioni dell'atto introduttivo del primo grado di giudizio, avrebbero dovuto proporre una querela di falso avverso le relate di notifica.
Sostengono che la relata di notifica fa fede fino a querela di falso delle attività direttamente compiute dall'ufficiale postale, ma non già della correttezza del domicilio indicato dal notificante.
3.1. Con riferimento alla posizione di L.M.G. il motivo è inammissibile per insufficiente esposizione dei fatti di causa e dell'interesse che lo sottende, ai sensi dell'art. 366, nn. 3 e 4 c.p.c..
Il ricorso, infatti, in nessun punto spiega perché mai la notifica del ricorso ex art. 702 bis c.p.c. contro di lui diretto sarebbe nulla, né perché mai il giudice di merito avrebbe errato, nel rigettare la eccezione di nullità della stessa.
Dalla sentenza impugnata apprendiamo che l'atto introduttivo del giudizio di primo grado fu notificato a L.M.G. in "via (omissis)", mentre questi risiedeva in "via (omissis) ".
Il ricorrente tuttavia non chiarisce un elemento decisivo: e cioè se l'avviso di notifica fu immesso effettivamente, oppure no, nella cassetta postale dell'indirizzo di via (omissis). In mancanza di tale indicazione, pertanto, è impossibile ravvisare in cosa sarebbe mai consistito l'errore del notificante.
3.2. Con riferimento alla posizione di L.U.B. il motivo e invece fondato.
Infatti la dichiarazione con cui l'ufficiale giudiziario (o l'ufficiale postale, nel caso di notifica per mezzo del servizio postale) dichiara di non aver trovato nessuno all'indirizzo indicato dal mittente non postula alcun accertamento sull'effettiva residenza del destinatario, né costituisce un'attestazione dotata di pubblica fede.
L'ufficiale postale, infatti, quando annota nella relazione di notificazione "l'assenza" del destinatario non compie certo ricerche anagrafiche, né compie indagini di altro tipo. Il postino legge un nome su una cassetta postale, e se corrisponde a quello del destinatario dell'atto, immette quest'ultimo nella cassetta.
Si tratta di nozioni di fatto rientranti nella comune esperienza, sicché pretendere - come ha fatto la sentenza impugnata - che per effetto di tali semplici gesti il postino abbia attribuito pubblica fede alla circostanza della coincidenza tra residenza effettiva del destinatario e indirizzo indicato dal
mittente è affermazione non solo assai lontana dalla realtà delle cose, ma anche giuridicamente scorretta.
Infatti la circostanza che la notifica risulti effettuata nel luogo indicato dal mittente costituisce "una mera presunzione che in quel luogo si trova la residenza effettiva del destinatario dell'atto", superabile con qualsiasi mezzo senza necessità di ricorrere alla querela di falso: e tra i mezzi di prova idonei a vincere la suddetta presunzione, ovviamente, rientrano anche le certificazioni anagrafiche.
In questo senso è ormai copiosa la giurisprudenza di questa Corte: da ultimo, in tal senso, si vedano Sez. 2, Sentenza n. 24416 del 16/11/2006 (che decise una fattispecie concreta identica a quella oggi in esame: anche in quel caso, infatti, la notifica era stata eseguita ad un indirizzo dal quale il destinatario sosteneva di essersi trasferito; al fine di darne prova l'interessato aveva depositato una certificazione anagrafica, ma il giudice di merito aveva rigettato l'eccezione di nullità della notifica sostenendo che la parte interessata avrebbe dovuto impugnare con querela di falso la relata di notifica; e tale decisione venne cassata da questa Corte); Sez. 1, Sentenza n. 8011 del 26/08/1997; Sez. 2, Sentenza n. 7604 del 17/07/1999; Sez. 1, Sentenza n. 7866 del 15/07/1993; Sez. 3, Sentenza n. 1854 del 20/04/1989.
4. Il secondo motivo di ricorso reitera nella sostanza la censura già formulata col primo, e si diffonde a sostenere che i precedenti di legittimità richiamati dalla Corte d'appello non erano in realtà pertinenti.
4.1. Va innanzitutto rilevato che il motivo deve ritenersi riferito al solo L.U.B., per mancanza di qualsiasi compiuta illustrazione riferibile all'altro ricorrente.
Ciò posto, il motivo resta assorbito dalla sorte del primo.
5. Col terzo motivo ricorrenti prospettano il vizio di omesso esame di un fatto decisivo.
I ricorrenti deducono che i "fatti decisivi" che la Corte d'appello avrebbe omesso di esaminare erano rappresentati dalle relate di notifica del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado e dall'avvenuta separazione di L.U.B. dalla moglie, con conseguente trasferimento della residenza del primo.
5.1. Con riferimento alla posizione di L.M.G. il motivo è inammissibile per le medesime ragioni già indicate con riferimento al secondo motivo di ricorso.
Con riferimento alla posizione di L.U.B. il motivo è inammissibile per estraneità alla ratio decidendi.
La Corte d'appello infatti ha rigettato il gravame sul presupposto che la notificazione del ricorso introduttivo doveva ritenersi rituale, e che per vincere tale presunzione sarebbe stata necessaria una querela di falso. Sicché la Corte d'appello, una volta ritenuta necessaria la querela di falso, e accertato che questa non era stata proposta, non era tenuta a esaminare altri atti o fatti.
6. La sentenza impugnata va dunque cassata con rinvio alla Corte d'appello di Roma (e non al Tribunale ex art. 354 c.p.c.) affinché, esclusa la necessità della proposizione d'una querela di falso, torni a vagliare nel merito la fondatezza dell'eccezione di nullità della notificazione dell'atto introduttivo del giudizio di primo grado, con riferimento alla posizione di L.U.B..
7. Le spese del presente giudizio di legittimità:
-) quanto all'impugnazione proposta da L.M.G., vanno poste a carico del ricorrente;
-) quanto all'impugnazione proposta da L.U.B., saranno liquidate dal giudice del rinvio.
Per questi motivi
la Corte di cassazione:
(-) dichiara inammissibile il ricorso proposto da L.M.G.;
(-) condanna L.M.G. alla rifusione in favore di A.C. y C. S.A. de S. y R. della quota ideale di spese del presente giudizio di legittimità, sostenuta per resistere al ricorso della parte soccombente, spese che si liquidano nella somma di euro 7.200, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie ex art. 2, comma 2, d.m. 10.3.2014 n. 55;
(-) accoglie il ricorso proposto da L.U.B. nei limiti indicati in motivazione, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d'appello di Roma, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità;
(-) ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di L.M.G., di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.