Siccome la prescrizione non incide sulle conseguenze penali della condanna, i reati della stessa indole dichiarati estinti per prescrizione nell'ambito dello stesso procedimento restano indicativi di una condotta abituale ai fini dell'applicazione della causa di non punibilità ex art. 131-bis c.p..
La Corte d'Appello di Napoli riformava parzialmente la decisione di primo grado, dichiarando non doversi procedere nei confronti dell'imputato in relazione alle violazioni dell'
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
1. Con la sentenza impugnata, in parziale riforma della pronuncia emessa dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, la Corte di appello di Napoli dichiarava non doversi procedere nei confronti di E.M. in relazione alle violazioni dell'art. 6, comma 6, l. n. 401 del 1990 commesse fino al 27 ottobre 2013 perché il reato è estinto per intervenuta prescrizione e rideterminava in mesi sette di reclusione e settemila euro di multa la pena per la residua violazione commessa il 6 gennaio 2014.
2. Avverso la sentenza, l'imputato, tramite il difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione, con cui deduce, con un primo motivo, il vizio di motivazione in relazione all'episodio del 6 gennaio 2014, essendo applicabile la causa di non punibilità ex art. 131-bis cod. pen., una volta dichiarati estinti per prescrizioni i reati commessi fini al 27 ottobre 2013, e, con un secondo motivo, la violazione di legge in relazione all'art 597, comma 3, cod. proc. pen., avendo la Corte di merito inflitto, per la residua violazione dell'art. 6, comma 6, l. n. 401 del 1990, una pena superiore rispetto alla pena base come individuata dal Tribunale.
3. Il ricorso è inammissibile per la manifesta infondatezza dei motivi.
4. Quanto al primo motivo, si osserva che la Corte di merito ha correttamente valutato, per ritenere la non abitualità della condotta, ostativa all'applicazione della causa di non punibilità ex art. 131-bis cod. pen., le pregresse e numerose violazioni all'art. 6, comma 6, l. n. 401 del 1990 dichiarate estinte per prescrizione.
5. Invero, poiché la dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione non elide le conseguenze penali della condanna - a differenza, ad esempio, dell'estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova (Sez. 2, n. 46064 del 30/11/2021, dep. 16/12/2021, Ndyaie, Rv. 282270) ovvero dichiarata ai sensi dell'art. 460, comma 5, cod. proc. pen. (Sez. 4, n. 11732 del 17/03/2021, dep. 29/03/2021, Maiala, Rv. 280705) - il giudice può e deve tener conto, per verificare la sussistenza del necessario requisito della non abitualità del comportamento, di analoghe condotte, integranti il reato in relazione al quale viene chiesta l'applicazione della causa di non punibilità in esame, che siano state dichiarate prescritte nell'ambito del medesimo processo (in senso conforme, con riferimento al reato di omesso versamento dei contributi previdenziali, cfr. Sez. 3, n. 30179 del 11/05/2018, dep. 05/07/2018, Altobrando, Rv. 2736859), come, appunto, è avvenuto nel caso di specie.
In altri termini, posto che, ai fini dell'accertamento dell'abitualità, ostativa all'applicazione della causa di non punibilità in esame, il comma 3 dell'art. 131- bis cod. pen. dà rilevanza alla commissione di "più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità", non vi è alcuna ragione, logica o giuridica, per escludere, da tale valutazione, i reati della medesima indole che siano stati dichiarati prescritti nell'ambito del medesimo procedimento penale, proprio perché, non incidendo la prescrizione sulle conseguenze penali della condanna, tali reati sono, appunto, chiaramente indicativi di un "comportamento abituale", a prescindere dalla loro concreta punibilità.
6. In relazione al secondo motivo, è sufficiente osservare che la pena inflitta dalla Corte di merito è stata determinata semplicemente scorporando gli aumenti per i fatti posti la continuazione, per i quali è intervenuta la declaratoria di estinzione per prescrizione, sicché la pena per l'unica e residua violazione è la medesima di quella individuata dal Tribunale come pena base; non è perciò ravvisabile alcuna violazione dell'art. 597, comma 3, cod. proc. pen.
7. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.