La dichiarazione di fallimento non impedisce al creditore di tenere in serbo il titolo di cui sia in possesso per farlo poi valere contro il fallito tornato in bonis.
La Corte d'Appello di Firenze accoglieva parzialmente il gravame esperito dall'ADER – Agenzia delle Entrate contro la sentenza del Tribunale di Pisa, confermando l'accoglimento dell'opposizione proposta dal contribuente in relazione al fermo amministrativo
Svolgimento del processo
1. L'ADER-Agenzia delle Entrate ricorre, sulla base di un unico motivo, per la cassazione della sentenza n. 601/19, del 14 marzo 2019, della Corte di Appello di Firenze, che - accogliendone solo parzialmente il gravame esperito avverso la sentenza n. 749/17, del 12 giugno 2017, del Tribunale di Pisa - così provvedeva.
Essa, in particolare, ha confermato l'accoglimento dell'opposizione ex art. 615 cod. proc. civ., proposta da C.C. in relazione a fermo amministrativo di cui all'art. 86 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, sebbene con riferimento - per quanto qui ancora di interesse - a quelli, fra i crediti richiamati dal provvedimento di fermo opposto, sorti antecedentemente al concordato fallimentare del C.; e ciò sul rilievo che, in relazione ad essi, l'ADER avrebbe potuto fare istanza di insinuazione al passivo.
2. Riferisce, in punto di fatto, l'odierna ricorrente di aver notificato al C. il preavviso di fermo amministrativo, di cui al citato art. 86 del d.P.R. n. 602 del 1973, in relazione al pagamento di ventitré cartelle di pagamento, tutte ritualmente notificate e non onorate.
Il C. proponeva opposizione "ex art. 615 cod. proc. civ." (qualificazione della cui irritualità, l'ADER non risulta essersi mai doluta), in particolare sul presupposto che le iscrizioni a ruolo fossero relative a debiti della società C.M. di C.C. che si pretendevano adempiuti in esecuzione di concordato fallimentare, conclusosi con decreto del 5 dicembre 2007, procedura nella quale l'odierna ricorrente non si era insinuata.
L'adito Tribunale pisano accoglieva l'opposizione, con decisione gravata dall'opposta, che vedeva accogliere solo parzialmente l'impugnazione, visto che il giudice di appello - per quanto qui di interesse - confermava la fondatezza dell'opposizione, sebbene non con riferimento a tutti i crediti di cui al provvedimento di fermo, bensì soltanto a quelli antecedenti al concordato fallimentare.
3. Avverso la pronuncia della Corte fiorentina ricorre per cassazione l'ADER, sulla base - come detto - di un unico motivo.
3.1. Esso - proposto ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. - denuncia violazione e falsa applicazione degli art. 51 e 52 legge fallimentare.
Sul presupposto che il C. fosse un imprenditore individuale, sicché la procedura concorsuale non avrebbe mutato la posizione creditoria dell'ADER nei suoi confronti, una volta tornato esso "in bonis", la ricorrente assume che la decisione impugnata avrebbe disatteso il principio, affermato da questa Corte, secondo cui, in base alle norme suddette, la dichiarazione di fallimento non impedisce al creditore di tenere in serbo il titolo di cui sia in possesso per farlo poi valere contro il fallito tornato "in bonis" (è citata Cass. Sez. 1, sent. 20 giugno 2011, n. 13447).
4. È rimasto solo intimato il C..
5. La ricorrente ha depositato memoria, insistendo nelle censure già proposte.
6. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha rassegnato conclusioni scritte, nel senso dell'inammissibilità del ricorso.
Motivi della decisione
7. Il ricorso va accolto.
8. "In limine", tuttavia, deve escludersene l'inammissibilità, come, invece, eccepito dal Procuratore Generale presso questa Corte, sul rilievo che la sentenza impugnata si fonderebbe su una seconda "ratio decidendi" - la prescrizione dei crediti di ADER - non attinta dall'odierna impugnazione.
8.1. L'eccezione, infatti, non può essere accolta, per le ragioni di seguito indicate.
Difatti, la circostanza che la sentenza impugnata - nell'accogliere, sebbene solo "in parte qua", l'appello dell'ADER - abbia non solo circoscritto l'accoglimento dell'opposizione del C. ai crediti che avrebbero potuto essere fatti oggetto di insinuazione, da parte di ADER, al passivo fallimentare, ma anche dato atto, nel contempo, che la prescrizione dei crediti dovesse escludersi per quelli di cui alle cartelle notificate nel 2010 (ponendosi tale notifica, come poi quella, nel 2014, del fermo amministrativo, quale atto interruttivo della prescrizione), comporta che l'eventuale fondatezza della questione oggetto del presente ricorso potrà condurre, nel merito, al rigetto dell'opposizione anche in relazione a quei crediti - naturalmente, nei limiti in cui essi non risultino prescritti - che pure avrebbero potuto essere fatti oggetto di insinuazione al passivo fallimentare. Ciò, dunque, supera il rilievo espresso dal Procuratore Generale.
9. Ciò detto, l'unico motivo proposto dalla ricorrente è fondato.
9.1.1. Si è già accennato - esponendo i fatti di causa - alla circostanza che l'ADER non ha contestato l'erroneità del ricorso, da parte del C., allo strumento dell'opposizione ex art. 615 cod. proc. civ. (dovendo, per vero, l'impugnativa del fermo amministrativo - attesane la natura non già di atto di espropriazione forzata, ma di procedura a questa alternativa - essere proposta con azione di accertamento negativo della pretesa creditoria, destinata a seguire le regole generali del rito ordinario di cognizione in tema di riparto della competenza per materia e per valore; cfr. Cass. Sez. Un., sent. 22 luglio 2015, n. 15354, Rv. 635989-01; sulla natura di azione di accertamento negativo dell'impugnativa del fermo amministrativo, si vedano anche tra le altre, Cass. Sez. 3, sent. 27 novembre 2015, n. 24234, Rv. 637764-01; Cass. Sez. 3, sent. 8 novembre 2018, n. 28528, Rv. 651657-01; Cass. Sez. 3, sent. 8 aprile 2020, n. 7756, Rv. 657504-01), avendo essa incentrato la sua doglianza, almeno in questa sede, unicamente sul fatto che la mancata insinuazione al passivo fallimentare, una volta tornato il fallito "in bonis", non le precludeva la proposizione dell'azione esecutiva.
La doglianza è fondata, proprio sulla scorta del precedente di questa Corte richiamato dalla ricorrente.
Difatti, è stato affermato che l'art. 51 della legge fallimentare, norma "che vieta azioni esecutive individuali sui beni compresi nel fallimento, opera sul piano formale e contribuisce a dare attuazione alla regola del concorso, che, ai sensi del successivo art. 52, comma 1, vige in ambito fallimentare, e che impone a tutti i creditori che intendano soddisfarsi sul ricavato dalla vendita dei beni acquisiti all'attivo di parteciparvi, proponendo domanda di insinuazione allo stato passivo per far accertare i rispettivi crediti", nulla autorizzando, "però, a trarre dalla norma in esame una sorta di regola capovolta, secondo cui la mancata partecipazione al concorso determinerebbe l'estinzione del titolo esecutivo di cui il creditore sia eventualmente munito nei confronti del fallito: non v'è, infatti, alcuna equivalenza fra perdita della facoltà processuale e perdita del diritto sostanziale di azione, né vi è un obbligo per il creditore concorsuale - divenuto tale ipso iure, per effetto della dichiarazione di fallimento del proprio debitore - di diventare creditore concorrente" (così, in motivazione, Cass. Sez. 1, sent. 20 giugno 2011, n. 13447, Rv. 618362-01). In sostanza, "la dichiarazione di fallimento non impedisce al creditore di tenere in serbo il titolo di cui sia in possesso per farlo poi valere contro il fallito tornato in bonis, né di procurarselo iniziando o proseguendo contro il fallito stesso un giudizio nelle forme e nelle sedi ordinarie, purché questo sia privo di qualunque effetto nei confronti della massa", sicché, escluso "che la «sopravvivenza» (se così si può dire) del titolo esecutivo formato contro il debitore poi fallito sia condizionata alla presentazione della domanda di ammissione al passivo, deve concludersi che in pendenza della procedura, pur essendo divenuta improcedibile (o improseguibile) l'azione singolare volta alla riscossione coattiva del credito nei confronti dell'insolvente, il titolo mantiene la sua validità ad ogni altro effetto" (cfr., nuovamente in motivazione, Cass. Sez. 1, sent. n. 13447 del 2011, cit.). Non risultano sviluppati argomenti in contrario e non si vede ragione per discostarsi da tale approdo ermeneutico.
10. In conclusione, il ricorso va accolto e, per l'effetto, la sentenza impugnata va cassata, rinviando alla Corte di Appello di Firenze, in diversa composizione, per la decisione nel merito, oltre che per la liquidazione delle spese processuali, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso e, per l'effetto, cassa la sentenza impugnata, rinviando alla Corte di Appello di Firenze, in diversa composizione, per la decisione nel merito, oltre che per la liquidazione delle spese processuali, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimità.