Niente condanna per la madre che non aveva rispettato il divieto di presentarsi nel luogo stabilito per la consegna del minore in compagnia di familiari o terze persone. L'art. 388, c. 2, c.p. sanziona solamente i comportamenti contrari agli interessi relativi alla cura e all'educazione del minore.
La Corte d'Appello di Messina confermava la sentenza di condanna a carico dell'attuale ricorrente per aver eluso l'esecuzione del provvedimento del Tribunale di Messina riguardante l'affidamento del figlio minore nella parte in cui prescriveva ad entrambi i genitori il divieto di presentarsi nel luogo deputato alla consegna del...
Svolgimento del processo
1. Con la decisione impugnata, la Corte di appello di Messina ha confermato la sentenza di condanna emessa in data 14 settembre 2020 dal Tribunale di Messina, appellata dall'imputata L.Q., che ha condannato al pagamento delle spese processuali del grado, oltre che alla rifusione, in favore della parte civile, delle spese di costituzione e di difesa.
La Q. è stata condannata per il delitto di cui all'art. 388, secondo comma, cod. pen., per aver eluso l'esecuzione del provvedimento del Tribunale di Messina del 21 luglio 2014, concernente l'affidamento del figlio minore R.F., nella parte in cui prescriveva a entrambi i genitori il divieto di presentarsi nel luogo deputato alla consegna del minore in compagnia di familiari o terze persone, in quanto l'imputata in data 2 giugno 2015 si sarebbe presentata presso la comunità (omissis) per prelevare il bambino unitamente al padre N.Q., alla madre N.C. e al fratello G.Q.; fatto commesso in (omissis) il (omissis).
2. L'avvocato S.M.B., nell'interesse della Q., ricorre avverso tale decisione e ne chiede l'annullamento, deducendo tre motivi di ricorso.
Con il primo motivo, la ricorrente deduce il vizio di motivazione della sentenza impugnata con riferimento alla nota del Municipio di Messina, Dipartimento dei Servizi sociali del 6 maggio 2005.
In questa nota, infatti, sarebbe prescritto un lasso temporale di quindici minuti tra la consegna del minore da parte del padre al responsabile della comunità (19.45) e il momento del successivo prelievo del figlio da parte della madre (20.00).
L'imputata, nella specie, sarebbe giunta in comunità correttamente alle ore 20.00, incontrando, tuttavia, il marito, che stazionava ancora nell'area di permanenza della comunità.
La Corte di appello, pertanto, avrebbe illogicamente affermato la sussistenza del dolo eventuale dell'imputata, in quanto la stessa ignorava e non poteva prevedere che l'ex marito attendesse, oltre l'orario consentito, che il minore fosse prelevato.
Con il secondo motivo, la ricorrente deduce la violazione dell'art. 388, secondo comma, cod. pen., in quanto la condotta contestata non rientrerebbe nell'ambito fattispecie di reato contestato.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, infatti, l'inottemperanza a una decisione giudiziale non costituirebbe di per sé reato, atteso che la fattispecie di cui all'art. 388, secondo comma, cod. pen. persegue solo quei comportamenti che frustrano l'attuazione del provvedimento.
Nel caso di specie, peraltro, non si sarebbe in presenza di un'elusione penalmente rilevante, in quanto con la condotta contestata l'imputata non avrebbe ostacolato il diritto di visita del padre, quale genitore non affidatario.
L'inibitoria adottata in sede civile e finalizzata ad evitare, sul luogo deputato alla consegna del minore, l'incontro dei genitori con familiari e persone estranee rappresenterebbe, inoltre, una modalità esecutiva del più ampio esercizio del diritto di visita, che non sarebbe mai stato ostacolato, né impedito; il reato contestato, dunque, non sussisterebbe.
Con il terzo motivo, la difesa deduce l'inosservanza dell'art. 131-bis cod. pen., in quanto la Corte di appello illegittimamente avrebbe escluso l'applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, in quanto l'imputata avrebbe subito l'irrogazione di una sanzione da parte del giudice civile ai sensi dell'art. 709-ter n. 4 cod. proc. civ.
Essendo, tuttavia, questa una sanzione solo amministrativa (e non già un precedente penale specifico), sarebbe inidonea a escludere léi occasionalità della condotta dell'imputata e, dunque, a precludere l'applicazione dell'art. 131-bis cod. pen.
3. Il giudizio di cassazione si è svolto a trattazione scritta, secondo la disciplina delineata dall'art. 23, comma 8, d.l. n. 137 del 2020, conv. dalla legge n. 176 del 2020, prorogata per effetto dell'art. 16, comma 1, del d.l. 30 dicembre 2021, n. 228, convertito con modificazioni dalla legge n. 15 del 25 febbraio 2022.
Con requisitoria e conclusioni scritte depositate in data 9 giugno 2022, il Procuratore Generale ha chiesto di dichiararsi l'inammissibilità del ricorso.
Con memoria depositata in data 10 giugno 2022, il difensore della parte civile V.F., avvocato C.C., ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso e la condanna dell'imputata alla rifusione delle spese del grado.
Con memoria depositata in data 17 giugno 2022, il difensore della ricorrente, avvocato S.M.B., ha chiesto l'accoglimento dei motivi di ricorso
Motivi della decisione
1. Il ricorso deve essere accolto, in quanto fondato.
2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione dell'art. 388, secondo comma, cod. pen., in quanto la condotta contestata non rientrerebbe nell'ambito fattispecie di reato contestato.
3. Il motivo è fondato.
Le sentenze di merito hanno concordemente accertato che l'imputata, in data 2 giugno 2015, ha violato il divieto di presentarsi nel luogo deputato alla consegna del minore in compagnia di familiari o terze persone, imposto del Tribunale di Messina in sede civile, nel provvedimento del 5 novembre 2011 e ribadito in data 21 luglio 2014.
Ritiene, tuttavia, la Corte che il fatto, così come accertato, non sia ascrivibile alla fattispecie contestata di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice relativo all'affidamento.
L'art. 388, secondo comma, cod. pen., per la parte che rileva nel presente processo, sanziona con la pena della reclusione sino a tre anni o con la multa da 103 a 1.032 euro «chi elude...l'esecuzione di un provvedimento del giudice civile...che concerna l'affidamento di minori».
La fattispecie di reato, dunque, tutela l'esecuzione dei provvedimenti relativi all'affidamento dei minori disposti dal tribunale per i minorenni ai sensi degli artt. 333 e 260, ultimo comma, cod. civ., quelli del giudice tutelare pronunciati ai sensi dell'art. 336, ultimo comma, cod. civ., quelli del presidente del tribunale ai sensi dell'art. 708, terzo comma, cod. civ. e quelli conseguenti l'omologazione della separazione consensuale.
La giurisprudenza di legittimità ha, peraltro, rilevato come non tutti i provvedimenti decisi dal giudice civile nell'interesse del minore trovano sanzione in tale norma, ma esclusivamente quelli che concernono «l'affidamento» del minore stesso.
L'ambito tutelato dalla fattispecie di reato è, infatti, costituito dai provvedimenti riguardanti sia la relazione di fatto con la persona, sia il complesso dei rapporti morali e giuridici di protezione relativi alla persona, espresso, ad esempio, dal rifiuto di consegna del figlio al coniuge non affidatario, o dall'inottemperanza dell'obbligo di favorirne gli incontri con le persone stabilite dal giudice (Sez. 6, n. 37118 del 10/06/2004, Patti, Rv. 23024; Sez. F, 34024 del 14/09/2010, F., Rv. 248182), oppure dall'inosservanza di prescrizioni concernenti i rapporti del figlio con persone diverse da quelle indicate; oppure ancora dall'elusione sostanziale degli obblighi dianzi precisati, mediante comportamenti di carattere omissivo (Sez. 6, n. 43292 del 09/10/2013, Guastafierro, Rv. 257450 - 01; Sez. 6, 33719 dell'll/05/2010, C., Rv. 248157; Sez, 6, n. 32846 del 11/06/2009, S., Rv. 244621 - 01).
Pertanto, poiché il secondo comma dell’art. 388 cod. pen ., come si evince dal tenore letterale e dalla ratio della disposizione, è diretto a sanzionare i comportamenti contrari agli interessi relativi alla educazione, alla cura ed alla custodia del minore, la tutela penale non può essere estesa ai provvedimenti patrimoniali consequenziali al provvedimento di affidamento, che non concernono l'affidamento in sé e le sue modalità stabilite dal giudice (Sez. 6, n. 1627 del 20/10/1995, dep. 1996, Liserra, Rv. 203728 - 01; Sez. 6, n. 1038 del 19/12/2012 (dep. 09/01/2013), Dell'Acqua, Rv. 254011 01, fattispecie relativa all'inottemperanza dell'ordine di rilascio della casa di comune abitazione da parte del coniuge non affidatario).
L'ambito applicativo della fattispecie di reato non può, pertanto, essere dilatato, come fatto dalla sentenza impugnata, sino a ricomprendervi provvedimenti interdittivi complementari, quale quello che viene in rilievo nella specie, solo accessori a una serena convivenza tra i genitori separati e che impongono comportamenti che non riguardano, in via immediata e diretta, l'affidamento e la cura del minore.
L'accoglimento di questo motivo esime dal delibare gli ulteriori motivi di ricorso.
4. A questi rilievi consegue l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.